Clara Statello per l’AntiDiplomatico
Carmen Parejo Rendón è una giornalista indipendente spagnola, direttrice de Revista la Comuna e collaboratrice di RT, Telesur e HispanTV. A fine luglio è stata un membro della delegazione di osservatori internazionali che hanno supervisionato le elezioni in Venezuela che hanno portato alla riconferma di Nicolas Maduro Moros. Le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza e quello che ha visto a Caracas per un confronto tra la realtà venezuelana e la narrazione dei media occidentali.
Come osservatrice hai trascorso oltre una settimana a Caracas, qual è stato il clima elettorale?
Sia nelle giornate precedenti le elezioni che il giorno stesso del voto, l’atmosfera è stata molto tranquilla. Si poteva parlare con persone che sostenevano il governo come con le altre che sostenevano le diverse liste dell’opposizione e, inoltre, condividendo lo stesso spazio e con la massima normalità. Ricevevo informazioni dalla Spagna e da altri paesi europei di una presunta tensione politica che, in realtà, non ho visto né a Caracas né altrove. L’esistenza di due realtà parallele, una che vivevo io sul posto e l’altra che mi arrivava dai media spagnoli mi ha particolarmente colpito. Sia il Grande Polo Patriottico che le opposizioni hanno condotto la campagna elettorale il giovedì prima delle elezioni. Numericamente, il sostegno al chavismo era maggioritario, con il viale Bolívar a Caracas strapieno di gente. La principale opposizione, quella di Edmundo González, si è concentrata in modo più umile a Las Mercedes, sempre a Caracas.
Dopo le accuse di Blinken, molti leader latinoamericani, da Boric a Milei, non hanno riconosciuto le elezioni parlando di brogli. Su X sono apparsi diversi video non verificati di presunti brogli. In qualità di osservatrice, in base alla tua esperienza, come si sono svolte le elezioni?
Come osservatori, nei giorni precedenti le elezioni abbiamo dovuto partecipare a una sessione di formazione, nella quale i funzionari del CNE (Consejo Nacional Electoral) ci hanno spiegato il sistema elettorale venezuelano e il funzionamento dei meccanismi di verifica e garanzia. Durante la giornata del voto, nei centri elettorali abbiamo avuto accesso al controllo sul posto del funzionamento del sistema e abbiamo potuto porre qualsiasi domanda agli operatori del CNE che si stavano al seggio. Ho avuto l’opportunità di recarmi nei centri di voto sia in zone a maggioranza chavista, sia in zone dove di solito vince l’opposizione, e in entrambi i casi l’atmosfera era festosa, calma e rilassata. Come ho detto all’inizio, mi ha colpito molto quello che ho letto sui media internazionali e da alcuni leader politici di altri Paesi, in contrasto con quello che vedevo con i miei occhi, che mostrava un’assoluta normalità democratica. Questo non significa che non ci siano stati incidenti durante la giornata, ma insisto sul fatto che non c’è stato nulla di più di quello che può accadere in qualsiasi altro processo elettorale in qualsiasi parte del mondo.
Come si è organizzata l’opposizione a Maduro?
Il responsabile della campagna elettorale di Nicolas Maduro, Jorge Rodriguez, ha parlato di un attacco hacker al sistema elettorale prima del voto da parte di “settori estremisti del Venezuela”, riferendosi anche ad un’ingerenza esterna. Cos’è successo?
Secondo quanto riferito, un attacco informatico ha fatto sì che il risultato provvisorio, che viene reso pubblico quando la tendenza è irreversibile, sia stato comunicato in ritardo dal CNE. C’erano già stati diversi tentativi di sabotaggio. Solo un giorno prima erano state arrestate sei persone, tra cui due paramilitari di origine colombiana, che avevano tentato di attaccare il sistema elettrico, cosa che avrebbe potuto lasciare sei Stati senza elettricità. Considerando che il sistema elettorale venezuelano è elettronico, se questo sabotaggio fosse riuscito, avrebbe reso più difficile le procedure elettorali e alimentato le accuse di brogli. Alla fine, però, il problema è stato risolto, poiché i precedenti attacchi avevano messo in allarme i sistemi di sicurezza.
Dai video e dalle immagini che compaiono sui social, si ha la sensazione che in Venezuela ci siano grandi manifestazioni anti-Maduro, violenta repressione e che il Paese sia sull’orlo di una guerra civile. Corrisponde alla realtà?
Il 3 agosto, Edmundo González ha fatto appello ai suoi seguaci e, stando ai video e alle foto pubblicate, la manifestazione non ha riscosso un grande successo. Molte immagini diffuse sui social non sono attuali e talvolta nemmeno relativi al Venezuela. Sarebbe necessario analizzarle una per una. Risaltato invece le scene di violenza. Il giorno dopo le elezioni ci sono stati saccheggi e azioni violente, ma se guardiamo i video si trattava di piccoli gruppi, incappucciati, che attaccavano negozi o farmacie popolari. Non sembra un’azione politica seria, ma piuttosto atti di delinquenza comune.
Milei si era appellato alle Forze Armate del Venezuela per difendere la volontà popolare. Come hanno risposto?
Prima di tutto, è importante denunciare il fatto che il presidente di un Paese abbia chiesto pubblicamente un colpo di Stato militare in un altro Paese, cosa che non è solo un atto di ingerenza, ma anche un atto criminale. Le forze armate della Repubblica Bolivariana del Venezuela hanno risposto come in tante altre occasioni in cui è stato chiesto loro di andare contro la volontà del popolo: difendendo la sovranità del loro Paese e mettendosi al servizio del popolo. Non è la prima volta che l’esercito è chiamato a commettere un alto tradimento, tuttavia, dopo il tentativo di colpo di Stato contro Chávez nel 2002, i militari sono sempre rimasti fedeli al governo.
Milei tenta di coordinare azioni con altri presidente latinoamericani. Cosa dobbiamo aspettarci da questa coalizione anti-Venezuela?
Milei rappresenta uno stimolo per la destra e l’estrema destra nella regione e nel mondo. L’appoggio dei Paesi occidentali al suo governo e il sostegno di Milei agli interessi degli Stati Uniti e dell’Unione Europea creano un’alleanza solida e pericolosa per gli attuali processi di emancipazione in America Latina. Abbiamo visto come, per il momento, l’UE e gli USA stiano giocando un ruolo secondario nell’attuale scenario di aggressione al Venezuela. Una delle ragioni potrebbe essere che, dopo le sanzioni contro la Russia e l’escalation del conflitto in Ucraina, gli Stati Uniti hanno ripreso gli affari petroliferi con il Venezuela, sanno di aver bisogno delle sue risorse e che una maggiore instabilità non è nel loro interesse in questo momento. A mio avviso, l’Argentina e altri Paesi come Cile, Perù ed Ecuador potrebbero seguire le orme del Gruppo di Lima e diventare un gruppo di pressione per procura, almeno temporaneamente.
A differenza delle passate elezioni, il voto in Venezuela sembra aver diviso il continente latinoamericano in Paesi pro-Maduro e Paesi anti-Maduro. Questa contrapposizione in blocchi rispecchia lo scenario mondiale, dal momento che la Russia di Putin ha riconosciuto le elezioni. Sono solo elezioni o è una grossa partita per l’affermazione di un nuovo ordine mondiale?
È chiaro che la situazione generale nel mondo è cambiata. La diversificazione dei partner commerciali è una realtà praticamente in tutta l’America Latina. Le relazioni con la Cina e la Russia sono in crescita, ma anche con altri attori come la Turchia e l’Iran. In questo senso, a livello politico, vediamo come si stiano forgiando anche le alleanze e non è un segreto che oggi i Paesi coinvolti in processi di emancipazione neocoloniale condividano interessi e nemici comuni con le principali potenze del crescente multilateralismo, come Russia e Cina. Queste correlazioni di forze sono già presenti, ma credo che diventeranno ancora più forti nei prossimi mesi e anni.
Come pensi che si svilupperà le situazione?
Le pressioni contro il Venezuela continueranno, anche se credo più all’esterno che all’interno del Paese. Si sta rafforzando una narrativa di disconoscimento istituzionale, uno scenario che non è nuovo, è già successo con Guaidó, e che apre la strada a nuove pressioni a livello finanziario, economico e diplomatico. Credo che ci siano le condizioni perché il chavismo esca da questa nuova crisi, visto che all’interno ci sono stati significativi miglioramenti economici e a livello internazionale, come ho sottolineato, stanno emergendo nuove correlazioni di forze.