Venezuela nella geopolitica mondiale: la disputa per la sovranità

Marcos Roitman Rosenmann

Lo scenario per proclamare presidente Edmundo González si gioca su due fronti: interno e internazionale. Sul fronte interno, la Piattaforma Unitaria Democratica (PUD) manca della capacità di imporre la sua narrativa di frode. La sua unica carta consiste nell’incrementare i livelli di violenza, appellandosi a Dio come principale alleato.

La sconfitta elettorale l’ha portata a ricorrere alle guarimbas (rivolte di strada ndt), come ha fatto in precedenti occasioni. Creare uno stato di incertezza per far sembrare che il Venezuela stia vivendo una “guerra interna”, gli consenta di chiamare le forze armate a rompere l’istituzionalità e giustificare un colpo di Stato. Il documento firmato da Corina Machado ed Edmundo González, datato 5 agosto, punta in questa direzione.

“Facciamo un appello alla coscienza dei militari e dei poliziotti affinché si schierino dalla parte del popolo e delle loro stesse famiglie. Con questa massiccia violazione dei diritti umani, l’alto comando si allinea con Maduro e i suoi vili interessi. Mentre voi siete rappresentati da quel popolo che è andato a votare, i vostri compagni della Forza Armata Nazionale, per i loro familiari e amici, la cui volontà è stata espressa il 28 luglio e che voi conoscete.”

In questa congiuntura, Corina Machado capitalizza il protagonismo. La dirigente di Vente Venezuela viene sostenuta a discapito di Edmundo González, il che fa sospettare che si tratti dell’operazione nota come “gambetto di re”. Proclamare presidente Edmundo González, per poi provocarne la rinuncia, cedendo la presidenza a Machado. Il governo e le dichiarazioni delle Forze Armate, che mostrano il loro sostegno alla Costituzione e al candidato eletto, sono riusciti a disinnescare, in linea di massima, il piano.

Tuttavia, la situazione è diversa sul piano internazionale. Lì, l’opposizione ha già vinto la battaglia narrativa. È difficile rompere la sua egemonia nei media e nelle reti. S’impone la sua idea di frode elettorale.

Un esempio è stata la distorsione delle parole di Nicolás Maduro, affermando che avrebbe proibito l’uso di WhatsApp in Venezuela. Le principali emittenti radio e televisive in Spagna non hanno tardato a definirlo un pagliaccio e un dittatore. Decontestualizzano, confondono e screditano: “Vietare WhatsApp è da pazzi!” In America Latina, Europa occidentale e presso gli organismi internazionali, la PUD ha mobilitato i partiti alleati, il che le consente di sostenere l’idea di frode elettorale.

Ma è presente anche nei gruppi di pressione, ampliando il proprio spazio per diffondere le sue menzogne. È il caso del gruppo noto come Iniziativa Democratica di Spagna e America (IDEAS), in cui convivono 33 ex presidenti, tra cui Luis Alberto Lacalle (Uruguay), Ricardo Lagos (Cile), Ricardo Martinelli (Panama), Gustavo Noboa (Ecuador), Álvaro Uribe (Colombia), Felipe González e José María Aznar (Spagna), Óscar Arias (Costa Rica) o Felipe Calderón e Vicente Fox (Messico). Tutti avallano il discorso di frode proposto dalla PUD. In Spagna, centro operativo dell’opposizione venezuelana per l’Europa, Vox, PP, settori del PSOE, il PNV e Junts per Catalunya fungono da cassa di risonanza: “Frode! Maduro dittatore!”

In America Latina la situazione è più difficile. Da un lato, l’OSA e i paesi dell’ex Gruppo di Lima si schierano per dichiarare la frode elettorale, a cui si è unito il presidente cileno Gabriel Boric. Tuttavia, Messico, Brasile e Colombia non avallano il discorso della PUD. La differenza è chiara tra Milei, Boric, Dina Boluarte o Luis Lacalle e i presidenti Gustavo Petro, Andrés Manuel López Obrador e Luiz Inácio Lula da Silva. I primi parlano di frode elettorale. I secondi invocano la pace, il dialogo, il rispetto delle istituzioni, la trasparenza e la consegna dei verbali che confermano i risultati del CNE che hanno dato la vittoria a Maduro.

In questa linea, sei paesi europei i cui governi mantengono differenze ideologiche, Spagna, Francia, Italia, Olanda, Polonia e Portogallo, si sono espressi come Messico, Colombia e Brasile, insistendo affinché “le autorità venezuelane pubblichino senza indugio tutti i verbali di voto al fine di garantire la piena trasparenza e integrità del processo elettorale”. E gli USA? Il loro governo riconosce la vittoria di González e aderisce alla tesi di una grande frode, a cui si unisce il Partito Repubblicano. Nel frattempo, i paesi contrari all’idea della frode vengono tacciati di nemici della democrazia, della pace mondiale e di pericolo per l’Occidente.

Le carte sono in tavola. In gioco c’è la sovranità del Venezuela. Che l’opposizione riesca a raggiungere i suoi obiettivi, vincendo fuori quello che ha perso alle urne, potrebbe consentire, il 1 gennaio 2025, l’operazione del gambetto del re. Ha tempo fino a dicembre per riuscirci. Così, cercherà disperatamente di dividere le forze armate, di non riconoscere tutte le istanze venezuelane di conteggio dei voti, come afferma Edmundo González nel comunicato, del 7 agosto, rifiutandosi di accettare la mediazione del Tribunale Supremo di Giustizia, definendolo un’istituzione “chavista”. Secondo questa logica, si accenderebbe un colpo di Stato. A livello internazionale, non smetterà di promuovere l’isolamento internazionale, attraverso l’approfondimento del blocco e delle sanzioni. Parafrasando Richard Nixon: far gridare l’economia venezuelana.

In conclusione, si tratta di difendere la sovranità di un popolo che ha votato in maggioranza per il Gran Polo Patriottico Simón Bolívar e il suo candidato, Nicolás Maduro Moros. Qualsiasi altro tema è fuori dall’agenda e introdurli favorisce solo l’opposizione e la sua proposta di consegnare il paese agli interessi stranieri, avidi di controllare il petrolio.

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Marcos Roitman Rosenmann – Cileno-spagnolo, sociologo e scrittore


Venezuela en la geopolítica mundial: la disputa por la soberanía

Por Marcos Roitman Rosenmann

El escenario para proclamar presidente a Edmundo González se libra en dos frentes, el interno y el internacional. En el interno, la Plataforma Unitaria Democrática carece de capacidad para imponer su relato de fraude. Su única baza consiste en incrementar los niveles de violencia, apelando a Dios como principal aliado.

La derrota electoral le ha llevado a recurrir a las guarimbas, como hizo en anteriores ocasiones. Crear un estado de incertidumbre para hacer ver que Venezuela vive una “guerra interna”, le permite llamar a las fuerzas armadas a romper la institucionalidad y justificar un golpe de Estado. El documento firmado por Corina Machado y Edmundo González fechado el 5 de agosto, apunta en esta dirección.

“Hacemos un llamado a la conciencia de militares y policías para que se coloquen al lado del pueblo y sus propias familias. Con esta masiva violación de los derechos humanos, el alto mando se alinea con Maduro y sus viles intereses. Mientras ustedes están representados por ese pueblo que salió a votar, sus compañeros de la Fuerza Armada Nacional, por sus familiares y amigos, cuya voluntad quedó expresada el 28 de julio y ustedes conocen.”

Bajo esta coyuntura, Corina Machado capitaliza el protagonismo. La lideresa de Vente Venezuela es aupada en detrimento de Edmundo González, lo cual hace sospechar que estamos ante la operación conocida como “gambito del rey”. Proclamar presidente a Edmundo González, para a continuación, provocar su renuncia, cediendo la presidencia a Machado. El gobierno y las declaraciones de las Fuerzas Armadas mostrando su apoyo a la Constitución y el candidato electo, han logrado desactivar, en principio, el plan.

Sin embargo, cosa distinta se da en el plano internacional. Ahí, la oposición tiene ganado el relato. Difícil romper su hegemonía en medios de comunicación y redes. Se impone su idea de fraude electoral.

Un ejemplo ha sido la tergiversación de las palabras de Nicolás Maduro, afirmando que prohibía el uso de WhatsApp en Venezuela. Las principales emisoras de radio y televisión en España no tardaron en adjetivarlo de payaso y dictador. Descontextualizan, confunden y desacreditan ¡Prohibir WhatsApp está loco! En América latina, Europa Occidental y organismos internacionales, la PUD, ha movilizado a los partidos hermanos, lo cual le permite solventar la idea de fraude electoral.

Pero también está presente en los grupos de presión, ampliando su espacio para difundir su mentira. Es el caso del grupo conocido como Iniciativa Democrática de España y América (Ideas), en el que cohabitan 33 expresidentes, entre otros, Luis Alberto Lacalle (Uruguay), Ricardo Lagos (Chile), Ricardo Martinelli (Panamá), Gustavo Noboa (Ecuador), Álvaro Uribe (Colombia), Felipe González y José María Aznar (España), Óscar Arias (Costa Rica) o Felipe Calderón y Vicente Fox (México). Todos avalaban el discurso de fraude propuesto por la PUD. En España, centro de operaciones de la oposición venezolana para Europa, Vox, PP, sectores de PSOE, el PNV, y Junts per Catalunya son caja de resonancia: ¡fraude! ¡Maduro dictador!

En América Latina lo tienen más difícil. Por un lado, la OEA, y países del ex Grupo de Lima se decantan por declamar fraude electoral, a lo cual se ha sumado el presidente chileno Gabriel Boric. Sin embargo, México, Brasil y Colombia no avalan el discurso de la PUD. La diferencia es clara entre Milei, Boric, Dina Boluarte o Luis Lacalle, y los presidentes Gustavo Petro, Andrés Manuel López Obrador y Luiz Inácio Lula da Silva. Los primeros hablan de fraude electoral. Los segundos llaman a la paz, el diálogo, el respeto a las instituciones, la trasparencia y la entrega de las actas que corroboren los resultados del CNE que dieron el triunfo a Maduro.

En esta línea, seis países europeos cuyos gobiernos mantienen diferencias ideológicas, España, Francia, Italia, Holanda, Polonia y Portugal, se han pronunciado como México, Colombia y Brasil, insistiendo a “las autoridades venezolanas que publiquen sin demora todas las actas de votación con el fin de garantizar la plena transparencia e integridad del proceso electoral”. ¿Y Estados Unidos? Su gobierno reconoce el triunfo de González y se adhiere a la consigna de estar en presencia de un gran fraude, a lo cual se suma el Partido Republicano. Mientras, países contrarios a la idea del fraude, son tildados de enemigos de la democracia, la paz mundial y un peligro para Occidente.

Las cartas están sobre la mesa. En juego está la soberanía de Venezuela. Que la oposición logre sus objetivos, ganando fuera lo que perdió en las urnas, posibilitaría el 1º de enero de 2025, la operación del gambito del rey. Tiene hasta diciembre para conseguirlo. Así, buscará denodadamente dividir a las fuerzas armadas, desconocer todas las instancias venezolanas de conteo de votos, como afirma Edmundo González en el comunicado del 7 de agosto, negándose a la mediación del Tribunal Supremo de Justicia, tildándolo de ser una institución “chavista”. Tras esta lógica, avivar un golpe de Estado. Internacionalmente no cejará en promover el aislamiento internacional, mediante la profundización del bloqueo y las sanciones. Parafraseando a Richard Nixon: hacer gritar la economía venezolana.

En conclusión, se trata de defender la soberanía de un pueblo que ha votado mayoritariamente por el Gran Polo Patriótico Simón Bolívar y su candidato, Nicolás Maduro Moros. Cualquier otro tema está fuera de la agenda e incorporarlos sólo favorece a la oposición y su propuesta de entregar el país a los intereses extranjeros, ávidos de controlar el petróleo.

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Marcos Roitman Rosenmann Chileno-español, sociólogo y escritor

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