Nelle reti, la droga; nel cervello, noi

El Cayapo

Con l’abilità dei padroni e la pigrizia mentale di coloro che dicono che bisogna cambiare il mondo, ancora una volta trasformeranno le reti cibernetiche e l’intelligenza artificiale nei capri espiatori. Si sono sempre venduti ai governi, alle armi da guerra, agli strumenti di propaganda, alle religioni, alle droghe in generale, alle scuole, ai partiti, ai sindacati, ai licei, alle università, come strumenti colpevoli della situazione che viviamo come schiavi; strumenti con la capacità innata di sottometterci.

Ma la verità, la testarda realtà, è che niente di tutto ciò è vero, perché affinché una pistola ci uccida, qualcuno deve avere interesse a premere il grilletto. Ma affinché quel qualcuno prema il grilletto, qualcuno deve avere l’interesse a fabbricarla e qualcuno deve avere l’interesse ad avere un’industria di armi che gli produca guadagni, e questo, in definitiva, è una corporazione che vende armi ai governi, alle aziende di sicurezza, ai criminali e agli sciocchi che credono di aver bisogno di un’arma per difendersi, come se qualcuno, indipendentemente, individualmente, potesse difendersi dal sistema che ci schiavizza. Se studiassimo con l’intenzione di sostituire il sistema, alla fine del filo che sbrogliamo troveremmo sempre i padroni delle corporazioni che lo tengono.

Non continuiamo a vedere le reti come una volta abbiamo visto e analizzato i vecchi media, dai pettegoli e intriganti che inventavano notizie false per portare i popoli in guerra l’uno contro l’altro, passando per la religione fino ai giornali, radio, televisione. Oggi si pretende di analizzare le reti come un tempo si analizzavano i precedenti media della menzogna mascherati da trasmettitori di verità, dagli stessi padroni, che attraversano i secoli devastando il pianeta. Abbiamo già gli esperti del mondo che le banalizzano o le trasformano nel terrore dei terrori, come la bomba atomica, o lo squalo a quaranta teste o Godzilla, dove alla fine delle analisi terminano per validare le reti come uno strumento che può essere utilizzato senza problemi, con alcune restrizioni, da schiavi e padroni.

Come se la freccia, il missile, il cannone, la bomba atomica si fossero inventati da soli, o fossero comparsi come i conigli dal cilindro del mago: no. Le armi sono sempre state inventate dai padroni per accrescere il loro potere e sottomettere gli schiavi; se non è da questa prospettiva che analizziamo l’esistenza delle reti, allora i padroni finiranno per convincerci attraverso le reti che il chavismo è un’aberrazione della specie e che chiunque lo pratichi deve essere sterminato. Le reti non possono convertirsi in un altro drappo rosso, un altro capro espiatorio, come una volta il capitalismo convertì i governi del mondo. Dobbiamo vedere le reti per quello che sono: uno strumento inventato e usato dai padroni per la guerra. Il nemico non è la rete, sono i padroni.

Da quando la Chiesa, nel suo declino come potere, iniziò il processo di promuoversi come unico mezzo per arrivare a Dio, da allora il capitalismo ha usato gli stessi mezzi: il libro, la rivista, il giornale, come meccanismi per obbligarci a comprare e accettare come verità le sue promozioni, che siano guerre, crimini, fantasie, rimedi o intrugli miracolosi che curano tutto, con il manto della menzogna davanti, travestiti da mezze verità. Per fare ciò, si avvalsero di persone senza scrupoli, che si facevano pagare come mercenari della parola, chiamati giornalisti, scrittori, scribacchini, reporter, gazzettieri, che erano capaci di esaltare con il proprio lavoro un semplice crimine e portarlo, con le loro fantasiose trovate, a una tragedia di proporzioni epiche, e i giornali passarono dall’essere semplici bollettini di relazioni di viaggi e contenuti di navi a imperi industriali o corporazioni editoriali, che potevano esaltare un criminale e trasformarlo da un insignificante pietra grigia cerebrale a un eminente saggio. O al contrario, distruggere vite in un secondo, sollevando e diffondendo ai quattro venti, attraverso i loro giornali, riviste o bollettini, i pettegolezzi più crudeli creati da questi cosiddetti degni professionisti dell’informazione.

E non vengano a raccontare che “io non sono così”. La risposta è semplice: se sei pagato, lo sei; ora, se hai un’altra posizione, correrai il rischio di Ricardo Durán e altri che nel mondo hanno dato la vita per convinzioni politiche, non per essere giornalisti. Non c’è dignità nella professione, perché quale dignità può avere un schiavo, o (se si sentono offesi) un salariato?

Era la stessa menzogna diretta dal pulpito dai gerarchi e dai preti malsani della Chiesa, contro chiunque si opponesse al loro banditismo, solo che l’industria editoriale lo elevò al rango di maggioranze in meno di 24 ore. Questo metodo non fu usato solo, come all’inizio, per vendere beni e screditare la concorrenza, ma si trasformò in giudice e padrone delle ideologie, fondamentalmente di tutte quelle che cercavano o parlavano dello sfruttamento degli schiavi moderni e della necessità di sostituire l’apparato di produzione capitalista che ci riproduce, ma soprattutto per nascondere i grandi crimini che il capitalismo commette, quotidianamente, contro le persone e la natura in generale, sostenuto sui principi dell’umanismo.

L’estensione del potere di queste corporazioni arrivò a tal punto che finirono per chiamarle il Quarto Potere, obbligando le altre corporazioni a dover usare lo Stato per regolarne le funzioni e poter fare causa per ingiuria, falsa testimonianza, diffamazione. Tuttavia, violavano sempre la legge con qualsiasi sotterfugio che validasse la libertà di espressione, che peraltro, gli schiavi che lottavano per le loro rivendicazioni o elemosine, finirono per essere i migliori difensori degli interessi dei padroni: le corporazioni dei giornalisti si convertirono nei più rabbiosi difensori della libertà di espressione, nella dubbia convinzione che fosse la loro libertà che si limitava, come se fossero i padroni delle grandi corporazioni editoriali.

Con il passare del tempo, i padroni ci sorpresero con l’apparizione della radio e poi della televisione. Allora non solo si leggeva la menzogna, bensì la si ascoltava e la si vedeva. Con loro nasce la pubblicità subliminale consapevolmente applicata dalle agenzie pubblicitarie, la mitragliatrice che spara in tutte le direzioni le motivazioni del consumo di massa. In questo modo, i padroni ci hanno riempito di beni da togliere e mettere, dalla casa, all’auto, agli elettrodomestici, al partner e persino ai figli. Da allora, abbiamo visto guerre e massacri con un’abitudine dopaminica che ci fa sbavare, chiedendo maggiore crudeltà nell’azione contro la gente.

Ma quando credevamo che ciò fosse tutto, ci hanno sorpreso di nuovo con una gigantesca rete che ha avvolto l’intero pianeta, una rete militare nella quale potevamo dichiarare i nostri istinti più bassi. Non c’era più bisogno di agenzie di intelligence, di editoriali voluminosi, sociologi o psicologi. Nelle reti c’era posto per tutti e che entrino, che ce ne stanno cento. Ogni corporazione acquistò la sua quota di integrazione nella rete e ancora una volta si esaltarono le menti malate, e di nuovo l’insulto, l’incitamento al crimine, la diffamazione, l’ingiuria divennero di moda, perché dalla rete si poteva sparare dall’anonimato e la mal chiamata dignitosa professione giornalistica o comunicatore sociale crebbe nella sua miseria, e a milioni apparvero i mercenari della parola, della voce, dell’immagine, del movimento, e chiunque potesse colpire gli elementi sensoriali che vanno oltre i noti sensi comuni o sesto senso, fino a raggiungere i più di 40 che esistono nel cervello, con cui possiamo captare una quantità infinita di informazioni senza passare attraverso i filtri difensivi che questo ha, lasciandoci alla mercé dei pochi padroni del mondo che, nella propria ambizione, smisurata e malata, hanno deciso di assicurarsi che tutto il pianeta sia proprio e di nessun altro.

Dopo la II guerra mondiale, con l’apparizione dell’ingegneria dell’obsolescenza programmata, le persone sono state trasformate in bisognose, in consumatrici di ciò che produce il capitalismo. Sulle reti, questo principio si applica compulsivamente senza alcun filtro, nulla si interpone tra il prodotto e il consumatore, e le persone che entrano nelle reti, condizionate a consumare qualsiasi cosa attraverso algoritmi e tendenze, siano cibo, sesso, guerra, morbosità, arte, spettacolo o politica, in base agli interessi dei padroni.

I padroni del mondo hanno scoperto, con le reti, che finora non esiste arma più potente per raggiungere l’obiettivo ma, ancora una volta, si scontrano con lo Stato regolatore, che così come cercò, timidamente, di regolamentare i giornali, la radio, la televisione e il cinema a suo tempo, sta anche cercando di regolamentare le reti, un mezzo che spara senza filtro, direttamente al cervello.

I giornali, la radio, la televisione, il cinema e le agenzie pubblicitarie, a malincuore, hanno avuto leggi che li regolavano, ma Internet è un mezzo ad ampio spettro che contiene i precedenti, trasformandosi nell’arma più potente per la gestione e il controllo dei cervelli, obiettivo perseguito da sempre dal potere per il maggior dominio sulla gente.

La battaglia in corso è l’eliminazione dello Stato-nazione e delle culture che si oppongono alla proposta di consumo sfrenato, promossa dal capitalismo nel mondo, in modo che cinesi, iraniani, arabi, slavi, indiani e qualsiasi altra cultura originale debbano essere eliminate e i loro territori confiscati con tanto di gente, per applicare la dittatura assoluta del piano capitalista.

La gente non è stupida, e quando ci viene spiegata la verità, al di fuori di ogni ideologia, ci preoccupa e ci si confonde il cervello. Per quanto crudele possa essere la verità, bisogna dirla, per poter capire la guerra in cui i padroni del capitale finanziario ci hanno coinvolto.

Attraverso i media, i padroni drogano le masse schiavizzate e ci manovrano a loro piacimento. Ovunque dicano di andare, ci comportiamo come un gregge animale. Le reti non sono diverse perché sono un altro mezzo di dominio, dove ci dicono che siamo liberi senza capire che in realtà siamo schiavi, pagando per esserlo, perché nelle reti siamo consumatori compulsivi assorbendo sfrenatamente, come tossicodipendenti, ciò che i padroni delle corporazioni ci dicono di consumare. Oggi ci dicono “salva le formiche” e domani ci dicono di uccidere i chavisti perché sono delle maledette formiche. In questo consumo non c’è connessione tra una cosa e l’altra: uccidere chavisti, mangiare caviale o cambiare sesso nel cervello individuale che controllano i padroni tramite le reti.

Tutti ci comportiamo allo stesso modo, tutti con lo stesso tratto, tutti intrappolati da programmi che ci forniscono troppe informazioni che ci rimbambiscono, ma non interagiamo con nulla. Siamo uno zombi ben progettato che viene messo a consumare giorno e notte in modo nevrotico e, quando conviene politicamente, ci usano per uccidere senza coscienza del crimine commesso, senza vergogna, senza pentimento, senza percezione che sono solo nell’altro, senza alcuna interazione, senza senso di appartenenza, guidato dai fili che tessono le reti degli interessi dei padroni. Qualsiasi film distopico è ridicolo rispetto alla realtà.

Noi non stiamo facendo politica; con noi gli schiavizzati, i padroni stanno facendo politica. Se pensiamo, possiamo stare fuori dalle reti umaniste; altrimenti, rimaniamo intrappolati come qualsiasi drogato sbavante. Se li mettiamo in discussione e diciamo “aspetta, cosa mi stai vendendo?”, allora significa che possiamo considerare e fare politica diversa da quella che ci stanno applicando, con la quale ci dominano i padroni.

Dobbiamo generare un movimento fisico, reale, concreto, nella realtà, strada, casa, fabbrica, campo, muri, dove possiamo far funzionare il cervello, dove possiamo progettare una politica che promuova l’essere in collettività, nell’accettazione, in territorio reale, fuori dalle reti. Ma quella politica non possiamo farla nelle reti, possiamo portarla lì e inondarle fino a che non ci blocchino, come succede con “El Mazo Dando” o il programma di Maduro e i suoi interventi nelle varie reti, dove il padrone, dittatore democratico, li censura.

Il punto è che le reti non sono la vita: in esse ci vendono la morte mascherata da vita. Tutti noi dobbiamo sapere che non sono la vita, sono un’arma di guerra che viene usata e che è stata creata per il controllo massiccio delle grandi maggioranze, sottomesse dai padroni. Per questo è stato creato questo strumento mortale, perché non l’hanno fatto i poveri, non l’hanno fatto i pensatori utopici, né i poeti, né i musicisti, l’hanno fatto i tipi che controllano eserciti, corporazioni, fabbriche, lavoratori, e l’hanno fatto per controllarli ancora di più fuori dalla fabbrica, affinché potessero comprare massicciamente il loro prodotto ma, oltre a poter comprare il prodotto, hanno sperimentato per vedere come agivano in politica e lo hanno fatto: lo hanno fatto in Ucraina, in Libia, in Iraq. Lo hanno fatto in tutti i paesi per manovrare, manipolare, modellare il cervello della gente, affinché reagisca favorevolmente ai loro disegni politici, in questo caso lo smantellamento dello Stato-nazione.

Creare alternative concettuali alle reti è una sfida che deve essere affrontata dal pensiero schiavo in contraddizione, perché nessun pensiero precedente all’umanesimo né creato dall’umanesimo ci servirà per risolvere questo problema, perché è stato creato da cervelli concettualmente umanisti, non è venuto dal cielo, né da Marte. Dobbiamo capire che abbiamo un cervello e che non dobbiamo permettere che venga manipolato dai padroni, ma dobbiamo capirlo fisicamente e creare le condizioni. In questo caso, il governo deve creare le condizioni, bisogna creare un movimento autentico, non può essere finto, che risvegli nella gente il senso della propria appartenenza, prima a sé stessi e poi al territorio. Questo va stimolato e deve essere fatta una campagna massiccia e investirci, perché lottiamo per la sopravvivenza della specie ed è necessario risvegliare l’intracultura dormiente nel corpo collettivo.

Tutto può essere smontato con un progetto politico serio, che comprenda che siamo tutti drogati dalle informazioni delle reti e dagli altri media con cui penetrano senza controllo nei nostri cervelli. E ci vendono l’idea che la politica è una merda, che dobbiamo essere apolitici, cioè non dobbiamo appartenere a noi stessi, non dobbiamo avere un piano, perché loro hanno già un piano per noi, questo è ciò che viene veicolato dai media, dalle reti. E i politici sono diventati tipi molto chiusi, che guardano la popolazione da lontano. La guardano quando ci sono elezioni, o quando vedono in pericolo il controllo del loro potere, è così che arrivano a noi.

Abbiamo bisogno di politici che generino progetti politici dove siamo coinvolti e da cui attingiamo e ci nutriamo ogni giorno, non quel dinosauro politico che ci usa e ci vomita, che non c’è, non vive con la gente. Tutti i politici sono separati dalla gente, non sono connessi con la gente, se non tramite le reti, il telefono, la radio, la televisione e quando ci sono campagne. Dobbiamo formarci come politici per organizzarci dalla realtà e dal territorio, imparando la politica fresca, reale, concreta, della vita quotidiana, unificandoci per il lavoro, per lo studio e il divertimento, dove il cervello è sempre in funzione. Finché pensiamo e produciamo politica sulla realtà, non ci saranno reti in grado di penetrare e distruggere il cervello collettivo.

Bisogna creare le condizioni materiali per fare politica. Studiamo, discutiamo di politica, seriamente, dove capiamo che siamo attori politici. Potrebbe essere che si voglia studiare ingegneria, ma andiamo a studiare ingegneria perché abbiamo un piano. E qual è quel piano? Rendere vivibile il territorio dove siamo, condividere con la gente e imparare affinché la gente abbia acqua migliore o cibo migliore, questo è politica. Che studiare sia per vivere in un territorio con una mentalità politica diversa dalla politica di sfruttamento che oggi mantengono i padroni, perché tutto è politica.

Nelle reti, la droga; nel cervello, noi


En las redes, la droga; en el cerebro, nosotros

El Cayapo

Con la habilidad de los dueños y la flojera mental de quienes dicen que hay que cambiar el mundo, una vez más convertirán a las redes cibernéticas y la inteligencia artificial en las paga peo. Siempre se han vendido a los gobiernos, las armas de guerra, los instrumentos de propaganda, las religiones, las drogas en general, las escuelas, los partidos, los sindicatos, los liceos, las universidades, como aparatos culpables de la situación que vivimos los esclavos, instrumentos con la cualidad innata de someternos.

Pero la verdad, la terca realidad, es que nada de eso es cierto, porque para que una pistola nos mate alguien debe tener interés en apretar el gatillo. Pero para que ese apriete el gatillo, alguien tuvo el interés de fabricarlo y alguien debe tener el interés de tener una industria de armas que le produzca ganancias, y esa en definitiva es una corporación que le vende armas a los gobiernos, a las empresas de seguridad, a los delincuentes y a los pendejos que creen que necesitan un arma para defenderse, como si alguien independiente, individualmente se pudiera defender del sistema que nos esclaviza. Si estudiáramos con intenciones de sustituir el sistema, siempre al final de la cabuya que desanudamos encontraremos a dueños de corporaciones sosteniéndola.

No sigamos viendo a las redes como una vez vimos y analizamos a los antiguos medios, desde los chismosos e intrigantes que inventaban noticias falsas para llevar a la guerra a pueblos contra pueblos, pasando por la religión hasta periódicos, radio, televisión. Hoy se pretende el análisis de las redes, como antaño se analizaron los anteriores medios de la mentira disfrazados como transmisores de la verdad por los mismos dueños que atraviesan el umbral de los tiempos azolando al planeta. Ya tenemos a los expertos del mundo banalizándolas o convirtiéndolas en el terror de los terrores, como la bomba atómica, o tiburón de cuarenta cabezas o Godzilla, donde al final de los análisis terminan validando a las redes como instrumento que pueden usar sin problemas, bajo algunas restricciones, esclavos y dueños.

Como si la flecha, el misil, el cañón, la bomba atómica, se inventaron ellos mismos, o aparecieron como los conejos del mago: no. Las armas siempre la han inventado los dueños para agrandar su poder y someter a los esclavos; si no es desde esa perspectiva que analizamos la existencia de las redes, entonces los dueños nos terminarán convenciendo por las redes que el chavismo es una aberración de la especie y que todo aquel que lo practique debe ser exterminado. Las redes no se pueden convertir en un trapo rojo más, otro paga peo, un chivo expiatorio, como una vez el capitalismo convirtió a los gobiernos del mundo. Las redes debemos verlas como lo que son: un instrumento inventado y usado por los dueños para la guerra. El enemigo no es la red, son los dueños.

Desde que la Iglesia, en su decadencia como poder, comenzó el proceso de promocionarse como único medio de llegar a Dios, en adelante el capitalismo usó los mismos medios: el libro, la revista, el periódico, como mecanismos para obligarnos a comprar y aceptar como verdad sus promociones, ya sean guerras, crímenes, fantasías, remedios o menjurjes milagrosos cura todo, con el manto de la mentira por delante, disfrazadas de medias verdades. Para ello se valieron de personas sin escrúpulos, que cobraban como mercenarios de la palabra, llamados periodistas, escritores, tinterillos, reporteros, gacetilleros, que eran capaces de exaltar con su trabajo un simple crimen y llevarlo con sus fantasiosas ocurrencias a una tragedia de proporciones épicas, y los periódicos pasaron de ser unas simples gacetas de informes de viajes y contenidos de barcos, a emporios industriales o corporaciones editoriales, que podían exaltar a un criminal y convertirlo de una gris piedra cerebral a un prominente hombre sabio. O al contrario, destruir vidas en un segundo, levantando y elevando a los cuatro vientos, por medio de sus periódicos, revistas o gacetillas, los más crueles chismes creados por estos diz que dignos profesionales de la información.

Y no vengan con el cuento de que “yo no soy así”. La respuesta es simple: si cobras, eres; ahora, si tienes otra posición, correrás con el riesgo de Ricardo Durán y otros que en el mundo dieron sus vidas por convicciones políticas, no por periodistas. No hay dignidad en la profesión, pues ¿qué dignidad puede tener ser un esclavo, o (si se sienten ofendidos) un asalariado?

Era la misma mentira dirigida desde el púlpito por los jerarcas y curitas malsanos de la Iglesia, contra todo aquel que se opusiera a su bandidaje, solo que la industria editorial lo elevó al rango de mayorías en menos de 24 horas. Este método no solo fue usado, como al principio, para vender peretos y desprestigiar a la competencia, sino que se convirtió en juez y señor de las ideologías, fundamentalmente todas aquellas que buscaran o hablaran de la explotación de los esclavos modernos y la necesidad de sustituir el aparato de producción capitalista que nos reproduce, pero por sobre todo para ocultar los grandes crímenes que a diario comete el capitalismo contra la gente y la naturaleza en general, sustentado en los principios del humanismo.

El alcance del poder de estas corporaciones llegó a ser tal que les terminaron llamando el Cuarto Poder, obligándose las otras corporaciones a tener que usar al Estado para regular sus funciones y poder demandar por injuria, falso testimonio, difamación. Sin embargo, siempre violaban la ley con cualquier subterfugio que validara la libertad de expresión, que por cierto, los esclavos que luchaban por sus reivindicaciones o limosnas, terminaron siendo los mejores defensores de los intereses de los dueños: los gremios sindicales periodísticos se convirtieron en los más rabiosos defensores de la libertad de expresión, en la dudosa creencia que era su libertad la que se coartaba, como si fueran los dueños de las grandes corporaciones editoriales.

Con el transcurrir del tiempo, los dueños nos sorprendieron con la aparición de la radio y luego la televisión. Entonces ya no solo se leía la mentira, sino que se escuchaba y se veía. Con ellos nace la publicidad subliminal de manera consciente aplicada por las agencias de publicidad, la ametralladora que dispara a todos lados las motivaciones del consumo masivo. De esta manera, los dueños nos atapuzaron de peretos quita y pon, desde la casa, el carro, los electrodomésticos, la pareja y hasta los hijos. Desde entonces, hemos visto las guerras y masacres con una costumbre dopamínica que nos hace babear, exigiendo mayor crueldad en la acción contra la gente.

Pero cuando creímos que esto era todo, nos volvieron a sorprender con una inmensa red que arropó a todo el planeta, una red militar en la cual podíamos declarar nuestros más bajos instintos. Ya no había necesidad de agencias de inteligencia, de editoriales mamotréticas, sociólogos o sicólogos. En las redes cabían todas y entren que caben cien. Cada corporación compró su cuota de integración a la red y una vez más se exaltaron las mentes enfermizas, y de nuevo se puso de moda el insulto, azuzar el crimen, la difamación, la injuria, porque desde la red se podía disparar desde el anonimato y la mal llamada digna profesión periodística o comunicador social se creció en su miseria, y por millones aparecieron los mercenarios de la palabra, la voz, la imagen, el movimiento, y todo aquel que pueda afectar los elementos sensoriales que están más allá de los conocidos sentidos comunes o sexto sentido, hasta llegar a los más de 40 que existen en el cerebro, con los cuales podemos captar infinidad de informaciones sin pasar por los filtros defensivos que este tiene, dejándonos a merced de los pocos dueños del mundo que, en su ambición desmedida y enfermiza, han decidido asegurarse que todo el planeta es suyo y de nadie más.

Después de la segunda guerra, con la aparición de la ingeniería de la obsolescencia programada, a las personas las convirtieron en necesitadas, en consumidoras de lo que produzca el capitalismo. En las redes ese principio se aplica compulsivamente sin filtro alguno, nada intermedia entre el producto y el consumidor, y las personas que entran en las redes, a las que se les condiciona a consumir lo que sea a través de los algoritmos y tendencias, sea comida, sexo, guerra, morbo, arte, espectáculo y política, de acuerdo con los intereses de los dueños.

Los dueños del mundo descubrieron, con las redes, que no existe hasta ahora arma más poderosa para el logro del objetivo, pero una vez más se enfrentan al Estado regulador, que así como intentó tímidamente regular el periódico, la radio, la televisión y el cine en su tiempo, también está intentando regular a las redes, medio que dispara sin filtro, directo al cerebro.

Los periódicos, la radio, la televisión, el cine y las agencias de publicidad, a regañadientes, tuvieron leyes que las regulaban, pero la Internet es un medio de amplio espectro que contiene a los anteriores, convirtiéndose en la más poderosa arma para el manejo y control de los cerebros, objetivo buscado desde siempre por el poder para el mayor dominio de la gente.

La batalla que está en marcha es la eliminación del Estado-nación y las culturas a las que se enfrenta la propuesta de consumo desenfrenado, propuesta por el capitalismo en el mundo, de manera que chinos, iraníes, árabes, eslavos, indios y cualquier otra cultura original deben ser eliminadas y sus territorios confiscados con todo y gente, para aplicar la dictadura absoluta del plan capitalista.

La gente no es bruta, y cuando se nos explica la verdad fuera de toda ideología, nos preocupa y se nos tuerce el cerebro. Por muy cruel que sea la verdad, hay que decirla, para poder entender la guerra en que los dueños del capital financiero nos han metido.

A través de los medios, los dueños drogan a las mayorías esclavizadas y nos manejan a su antojo. Adonde digan que vayamos, nos comportamos como todo arreo animal. Las redes no son distintas porque son un medio más de dominio, donde nos dicen que somos libres sin comprender que realmente somos esclavos pagando por serlo, porque en la redes somos consumidores compulsivos absorbiendo desaforadamente como adictos lo que nos indican los dueños de las corporaciones que consumamos. Hoy nos dicen “salva a las hormigas” y mañana nos dicen que matemos a los chavistas porque son unas malditas hormigas. En este consumo no tiene ilación una cosa con otra: matar chavistas, comer caviar o cambiar de sexo en el cerebro individual que controlan los dueños vía redes.

Todos nos comportamos de la misma manera, todos con el mismo rasgo, todos atrapados por programas que nos dan demasiada información que nos embrutece, pero no interactuamos con nada. Somos un zombi bien diseñado al que lo ponen a consumir día y noche de manera neurótica, y cuando les conviene políticamente nos usan para asesinar sin conciencia del crimen cometido, sin vergüenza, sin arrepentimiento, sin percepción de que solo soy en el otro, sin ninguna interacción, sin sentido de pertenencia, guiado por los hilos que tejen las redes de los intereses de los dueños. Cualquier película distópica se quedó pendeja con la realidad.

Nosotros no estamos haciendo política; con nosotros los esclavizados, los dueños están haciendo política. Si pensamos, podemos estar fuera de las redes humanistas; de otra manera, permanecemos atrapados como cualquier babeante adicto. Si los cuestionamos y decimos “ya va, ¿qué me estás vendiendo?”, entonces quiere decir que podemos considerar y hacer política distinta a la que nos están aplicando, con la que nos dominan los dueños.

Tenemos que generar un movimiento físico, real, concreto, en la realidad, la calle, la casa, la fábrica, el campo, las paredes, donde pongamos a funcionar el cerebro, donde podamos diseñar política que promueva al ser en colectivo, en aceptación, en territorio real, fuera de las redes. Pero esa política no la podemos hacer en la redes, la podemos después llevar a ellas e inundarlas hasta que nos bloqueen, como pasa con “El Mazo Dando” o el programa de Maduro y sus intervenciones en las distintas redes, en donde el dueño, dictador democrático, los censura.

El planteamiento es que las redes no son la vida: en ellas nos venden la muerte disfrazada de vida. Nosotros todos debemos saber que no son la vida, son un arma de guerra que se usa y que la crearon para el control masivo de las grandes mayorías, sometidas por los dueños. Para eso se hizo ese instrumento mortal, porque eso no lo hicieron los pobres, eso no lo hicieron los pensadores utópicos, ni los poetas, ni los músicos, las hicieron los tipos que controlan ejércitos, corporaciones, fábricas, trabajadores, y lo hicieron para controlarlos aún más fuera de la fábrica, para que le pudieran comprar masivamente su producto, pero además de que le pudieran comprar el producto, experimentaron para ver cómo actuaban en política y lo han hecho: lo hicieron en Ucrania, Libia, Irak. Lo han hecho en todos los países para maniobrar, manipular, moldear el cerebro de la gente, para que reaccione favorablemente a sus diseños políticos, en este caso el desbaratamiento del Estado-nación.

Crear alternativas conceptuales a las redes es un reto que ha de plantearse el pensamiento esclavo en contradicción, porque ningún pensamiento anterior al humanismo ni creado por el humanismo nos servirá para resolver ese problema, porque eso lo hicieron unos cerebros conceptualmente humanistas, eso no vino del cielo, ni vino de Marte. Debemos entender que tenemos cerebro y que no debemos dejar que lo manipulen los dueños, pero lo debemos entender en físico y crear condiciones. En este caso, el gobierno tiene que crear condiciones, hay que crear un movimiento auténtico, no puede ser fingido, que despierte en la gente el dato de su pertenencia, primero a ella y luego al territorio. Eso hay que avivarlo y debe hacerse una campaña masiva e invertirle, porque luchamos por la supervivencia de la especie y se hace necesario despertar la intracultura dormida en el cuerpo colectivo.

Todo se puede desmontar con un diseño de política seria, que comprenda que todos estamos drogados con las informaciones de las redes y los otros medios con los que penetran sin control nuestros cerebros. Y nos venden la idea de que la política es una mierda, que debemos ser apolíticos, es decir, no debemos pertenecernos, no debemos tener un plan, porque ellos ya tienen el plan para nosotros, eso es lo que se maneja por los medios, por las redes. Y los políticos se han convertido en tipos muy encerrados, en tipos que solo miran a la población de lejos. La miran cuando hay elecciones, o cuando ven en peligro el control de su poder, así es que llegan a nosotros.

Necesitamos políticos que generen diseños políticos donde estamos imbricados y de donde bebemos y nos alimentamos todos los días, no ese dinosaurio político que nos usa y vomita, que no está, no vive con la gente. Todos los políticos están separados de la gente, no están conectados con la gente, sino por las redes, teléfono, radio, televisión y cuando hay campañas. Requerimos formarnos como políticos para organizarnos desde la realidad y el territorio, aprendiendo la política fresca, real, concreta, de la vida cotidiana, unificándonos para el trabajo, para el estudio y la diversión, donde siempre el cerebro esté funcionando. Mientras estemos pensando y produciendo política sobre la realidad, no habrá redes que puedan penetrar y destruir el cerebro colectivo.

Hay que crear condiciones materiales para hacer política. Estudiemos, discutamos de política, seriamente, donde entendamos que somos actores políticos. Puede ser que se quiera estudiar ingeniería, pero vamos a estudiar ingeniería porque tenemos un plan. Y ¿cuál es ese plan? Hacer vivible el territorio donde estamos, compartir con la gente y aprender para que la gente tenga mejor agua o mejor comida, eso es política. Que estudiar sea para vivir en un territorio con mentalidad política distinta a la política de explotación que hoy mantienen los dueños, porque todo es política.

En las redes, la droga; en el cerebro, nosotros.

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