Ideologia, potere e turbocapitalismo

Coordinate per comprendere il fascismo in Venezuela

Ernesto Cazal

Parlare di fascismo, nel nostro paese e dal governo del Comandante Chávez, si riferisce a tratti discorsivi e comportamentali che storicamente sono stati legati alle strategie di golpe e alle tattiche di scontro utilizzate, dal 2002, dai fattori permanenti del cambio di regime.

Il fascismo, qui, si identifica con l’uso della violenza —mercenaria, criminale, colorata— come metodo di destabilizzazione politica, l’eliminazione dell’altro come stato di tensione psicosociale e pratica occasionale, il disconoscimento delle istituzioni venezuelane come gioco a somma zero, la rivendicazione imperiale di intervento militare, il sentimento iper-religioso a favore del sistema capitalistico nella sua fase neoliberale, l’adozione di una posizione geopolitica e civilizzatrice rispettivamente prostatunitense e prooccidentale.

Tutte queste variabili sono verificabili nel discorso e prassi di una parte importante della dirigenza dell’opposizione e di una certa, seppur minuscola, base sociale dei loro seguaci, soprattutto quelli che sono stati protagonisti delle giornate golpiste del 2014, 2017, 2019 e 2024. In tutte queste, María Corina Machado ha avuto un ruolo di primo piano.

Il fascismo di ieri e di oggi

Così come “ogni epoca ha il suo fascismo”, affermazione dello scrittore italiano Primo Levi —ebreo sopravvissuto al campo di concentramento di Auschwitz Monowitz—, così anche ogni esperienza nazionale o regionale ha il suo. Sia la geopolitica che le condizioni sociali, il tempo storico e le tecnologie del momento influenzano, scolpendo con tratti specifici il fascismo di questa o quella latitudine.

Con i totalitarismi espansionisti di Adolf Hitler e Benito Mussolini si stabilirono i parametri ideologici e morali di un campo politico che aveva industrializzato il crimine razziale, basato sui sentimenti di rabbia, rivalsa e risentimento accumulati per decenni tra i popoli europei. E così anche di una struttura giuridico-governativa dalla quale il Terzo Reich trasse ispirazione dalle leggi razziali di Jim Crow negli USA e dalla divisione geopolitica del Raj britannico in India. Successivamente, il nazismo e il fascismo divennero simboli del politicamente scorretto, meritevoli di esilio e proscrizione, le cui origini —la barbarie colonialista occidentale, direbbe il poeta martinicano Aimé Césaire— rimangono nell’opacità analitica per essere usati come jolly retorici ed etichette accomodanti dal fianco liberale.

Ma con il passare dei decenni, e con speciale impulso dal Maggio Francese, del 1968, il termine “fascista” si è generalizzato per caratterizzare il totalitarismo aggressivo delle tecnologie del potere liberale. I cambi sociali prodotti dalla transizione economica dal fordismo al postfordismo durante la seconda metà del XX secolo venivano analizzati da questa prospettiva da Guy Debord, Michel Foucault, Gilles Deleuze e Félix Guattari, per citare i filosofi e teorici francesi più influenti dell’epoca, i quali manifestarono che la società dei consumi e dello spettacolo aveva trionfato in un mondo sempre più complesso e interconnesso.

Pier Paolo Pasolini, nelle sue colonne analitiche sul Corriere della Sera, negli anni ’70, arrivò a delineare una critica in tempo reale del consumismo edonista che si stava imponendo in Italia, un processo guidato da un potere i cui volti erano transnazionali e che non esitò a definire come “una forma fatale di fascismo” per il fatto che il suo pragmatismo ha un solo scopo: “La riorganizzazione e l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo”.

In questa stessa linea di ricerca, il sociologo portoghese Boaventura de Sousa Santos ha costruito una categoria di fascismo (“fascismo sociale”) che integra il totalitarismo del mercato e i dispositivi economici del neoliberismo con le conseguenze sociali (miseria ed esclusione) sotto sistemi democratici liberali. In definitiva, un regime sociale e civilizzatore con diverse forme di sociabilità che punta verso un unico obiettivo: “La completa resa della democrazia alle esigenze di accumulazione del capitalismo”.

Questa visione enfatizza che il fascismo non è più caratteristico e detenuto da uno Stato — alla Mussolini— bensì da certe forme in cui si sviluppa una società. Tuttavia, de Sousa Santos ha già aggiornato la sua analisi, le istituzioni statali giocano un ruolo cruciale, sia per omissione che per coercizione: “Il fascismo della nostra epoca presenta le seguenti facce: neodarwinismo sociale, religione politica, estrema destra tradizionale, guerra giuridica, individualismo accidioso. Ognuna di esse è compatibile con la democrazia, a patto che questa non sia molto più di un gioco di apparenze”.

La storia e l’evoluzione del trito vocabolo in questione è molto più complessa di quanto possano comprendere queste poche e concentrate righe; è importante ribadire che il fascismo di ieri non è lo stesso di oggi, pur condividendo radici comuni in quanto figlio della modernità capitalista e dispositivo totalitario. L’accademico portoghese scrive: “Qual è il fascismo della nostra epoca? Definisco fascismo come la condizione socio-politica di concentrazione del capitale che, senza controllo democratico, legittima la totale indifferenza per l’umanità dell’altro. Il fascismo, pertanto, è un fenomeno proprio delle società capitaliste”.

A questa differenziazione tra ieri e oggi si deve aggiungere che il fascismo deve essere attualmente compreso come una pratica sociale, ideologicamente contraddittoria —senza postulati definiti— e permeata, in lungo e in largo, dal campo psico-somatico della società globale.

Ma anche il fascismo nasce ai limiti —o nel cuore— del liberalismo, laddove la supremazia del mercato capitalista è assoluto sovrano.

Le nuove destre… e il Venezuela

Sotto questa prospettiva, sistemica se vogliamo, possiamo comprendere l’ascesa di nuove correnti di destra, alcune eredi del nazismo e del fascismo storici, altre di correnti di estrema destra o libertarie che durante il XX secolo furono emarginate dall’ordine liberale.

L’espansione delle ideologie di destra del XXI secolo ha trovato importanti nicchie sociali in tutti gli angoli del mondo, si sono adattate all’emergenza dei tempi attuali e hanno conquistato il potere statale in paesi importanti dell’America, Europa e Asia. È interessante notare che tra loro ci sono convergenze, ma anche discordanze programmatiche, ideologiche, discorsive. Non sono un movimento omogeneo.

Negli USA, ad esempio, i libertari e i liberali conservatori hanno influenza sul trumpismo, così come i neoconservatori e i falchi liberali sui partiti Repubblicano e Democratico. Altri gruppi come i neoreazionari non trovano posto nel mainstream ideologico del Nord, ma i loro capitali investiti a Washington, D.C. —Peter Thiel, fondatore di PayPal e guru della Silicon Valley, è uno degli investitori politici e tecnologici più importanti— assicurano spazi di influenza alla Casa Bianca e al Congresso.

Jair Bolsonaro, simbolo di un’estrema destra tradizionale brasiliana con condimenti ideologici forniti dal defunto Olavo de Carvalho, e Javier Milei, autodefinito liberale e libertario, sono un altro esempio di come le correnti di destra, di questo secolo, lottino per gli spazi politici con un linguaggio e uno stile populista; con preferenza per la “battaglia culturale” —sessualità e genere, individuo contro società, libertà contro “comunismo”, eccetera— piuttosto che —benché non esclusa— la tematica razziale, nazionale ed etnica; e utilizzano le nuove tecnologie a favore della propria propaganda.

Nascono in un contesto in cui non si esaspera più l’animosità fascista dei futuristi italiani, l’aggressività virile e la velocità tecnologica, bensì in un’epoca caratterizzata, da un lato, dalla depressione economica e, quindi, psichica delle grandi maggioranze nel pianeta; e, dall’altro, dalla rabbia e dal risentimento sociale prodotto da un sistema totalitariamente liberale e globale che ha posto al centro dei suoi interessi la circolazione, l’acquisto e la vendita di merci e l’accumulazione capitalista, mentre l’essere umano veniva relegato ai margini di questa dinamica.

Il fascismo contemporaneo si arricchisce di questo e amplifica la sua aggressività attraverso i diversi partiti e movimenti delle attuali estreme destre che lo riconoscono come una pratica sociale.

La simpatia di María Corina Machado per le forme di Milei parlano della sua affiliazione ideologica, sebbene provengano da classi e scuole diverse. In lei convivono le idee del liberalismo economico —privatizzazione dei beni pubblici, capitalismo laissez faire— e la partecipazione passiva o ridotta dello Stato nella società, ma anche la retorica populista e la volontà di distruggere l’avversario. Sono tratti distintivi delle loro personalità poiché oscillano tra il fascismo contemporaneo, del quale poco o nulla menzionano, e il liberalismo neoclassico che dicono di ammirare.

Ma è vero che le espressioni di fascismo più forti si trovano nelle società dove prevale l’ordine liberale (Nord America ed Europa), o in gruppi politici che si identificano ideologicamente con il liberalismo e rivendicano la violenza come strumento di sterminio sociale, proprio come ha fatto l’estrema destra venezuelana in tempi chavisti.

Così come è vero anche che le nuove destre rispondono all’instabilità sociale del tardo capitalismo, la loro origine è il malcontento sistemico, tuttavia, sono tendenze che non propongono alternative bensì riforme all’egemonia capitalista. Propongono una forma di governo o trasformazione governativa in accordo con gli interessi ideologici —i libertari uno Stato minimo e deregolatore; i neoreazionari uno Stato-impresa governato da un CEO— e mai il superamento del modello civilizzatore imperante.

Il fascismo della Machado naviga in queste coordinate ideologiche che combinano il culto liberale e gli usi distruttivi della violenza politica, tutto affinché la figlia coccolata di Corina Parisca Pérez tenti di cavalcare sul caos e sulla destabilizzazione verso Miraflores. È forse fattibile per il Venezuela che le pratiche fasciste si stabiliscano dal governo e dallo Stato, in un paese che storicamente le ha rifiutate, e addirittura discute la loro impugnabilità? È una domanda da porsi anche quando la risposta è evidente.


Ideología, poder y turbocapitalismo

Coordenadas para comprender el fascismo en Venezuela

Ernesto Cazal

Hablar de fascismo, en nuestro país y desde el gobierno del Comandante Chávez, se refiere a rasgos discursivos y conductuales que históricamente han estado ligados a las estrategias de golpe y a las tácticas de choque usadas desde 2002 por los factores permanentes del cambio de régimen.

El fascismo, aquí, se identifica con el uso de la violencia —mercenaria, criminal, de color— como método de desestabilización política, el exterminio del otro como estado de tensión psicosocial y práctica ocasional, el desconocimiento de las instituciones venezolanas como juego de suma cero, el reclamo imperial de intervención militar, el sentimiento hiperreligioso a favor del sistema capitalista en su fase neoliberal, la adopción de una postura geopolítica y civilizatoria respectivamente proestadounidense y prooccidental.

Todas estas variables son verificables en el discurso y la praxis de una parte importante de la dirigencia opositora y de cierta, aunque minúscula, base social de sus seguidores, sobre todo las que han protagonizado las jornadas golpistas de 2014, 2017, 2019 y 2024. En todas ellas, María Corina Machado ha tenido un papel estelar.

El fascismo de ayer y de hoy

De modo que, así como “cada época tiene su fascismo”, afirmación del escritor italiano Primo Levi —judío sobreviviente del campo de concentración Auschwitz Monowitz—, así también cada experiencia nacional o regional tiene el suyo. Tanto la geopolítica como las condiciones sociales, el tiempo histórico y las tecnologías del momento influyen, esculpiendo con rasgos específicos el fascismo de tal o cual latitud.

Con los totalitarismos expansionistas de Adolf Hitler y Benito Mussolini se establecieron los parámetros ideológicos y morales de un campo político que había industrializado el crimen racial, basado en los sentimientos de rabia, revancha y resentimiento acumulados durante décadas aguas abajo por los pueblos europeos. Y asimismo de una estructura jurídica-gubernamental de la que el Tercer Reich consiguió inspiración en las leyes raciales de Jim Crow en Estados Unidos y en la división geopolítica del Raj británico en la India. Posteriormente, el nazismo y el fascismo se convirtieron en símbolos de lo políticamente incorrecto, merecedores del destierro y de la proscripción, cuyos orígenes —la barbarie colonialista occidental, diría el poeta martiniqueño Aimé Césaire— se mantienen en la opacidad analítica para usarlos de comodines retóricos y etiquetas acomodaticias desde el flanco liberal.

Pero con el pasar de las décadas, y con especial impulso desde el Mayo Francés en 1968, el término “fascista” se generalizó para caracterizar el totalitarismo agresivo de las tecnologías del poder liberal. Los cambios sociales producidos por la transición económica del fordismo al posfordismo durante la segunda mitad del siglo XX estaban siendo analizados desde esa perspectiva por Guy Debord, Michel Foucault, Gilles Deleuze y Félix Guattari, por nombrar a los filósofos y teóricos franceses más influyentes de esa época, quienes manifestaron que la sociedad del consumo y el espectáculo había triunfado en un mundo cada vez más complejo e interconectado.

Pier Paolo Pasolini, en sus columnas analíticas en el Corriere della Sera durante la década de 1970, llegó a esbozar una crítica en tiempo real del consumismo hedonista que estaba imponiéndose en Italia, proceso liderado por un poder cuyos rostros eran transnacionales y que no dudó en calificar como “una forma fatal del fascismo” por el hecho de que su pragmatismo tiene solo un fin: “La reorganización y la homologación brutalmente totalitaria del mundo”.

En esta misma línea de investigación, el sociólogo portugués Boaventura de Sousa Santos ha venido construyendo una categoría de fascismo (“fascismo social”) que integra el totalitarismo del mercado y los dispositivos económicos del neoliberalismo con las consecuencias sociales (miseria y exclusión) bajo sistemas democráticos liberales. En definitiva, un régimen social y civilizatorio con diferentes formas de sociabilidad que apunta hacia un mismo objetivo: “La completa rendición de la democracia ante las necesidades de acumulación del capitalismo”.

Esta visión enfatiza que el fascismo ya no es característico y detentorio de un Estado —à la Mussolini— sino de ciertas formas en que se desarrolla una sociedad. Sin embargo, de Sousa Santos ya actualizó su análisis, las instituciones estatales juegan un papel crucial, sea por omisión o por coacción: “El fascismo de nuestra época presenta las siguientes caras: neodarwinismo social, religión política, extrema derecha tradicional, guerra jurídica, individualismo acidioso. Cualquiera de ellas es compatible con la democracia, siempre y cuando esta no sea mucho más que un juego de apariencias”.

La historia y evolución del manido vocablo en cuestión es mucho más compleja de lo que pueden abarcar estas pocas y concentradas líneas; importante es recalcar que el fascismo de ayer no es el mismo de hoy, si bien comparten raíces comunes en tanto engendro de la modernidad capitalista y dispositivo totalitario. El académico portugués escribe: “¿Cuál es el fascismo de nuestra época? Defino fascismo como la condición sociopolítica de concentración de capital que, sin control democrático, legitima la total indiferencia por la humanidad del otro. El fascismo, por tanto, es un fenómeno propio de las sociedades capitalistas”.

A esta diferenciación entre el ayer y el hoy se tiene que añadir que el fascismo se debe entender actualmente como una práctica social, ideológicamente contradictoria —sin postulados definidos— y permeada a lo largo y ancho del campo psico-somático de la sociedad global.

Pero que también el fascismo nace en los límites —o en el corazón— del liberalismo, allí donde la primacía del mercado capitalista es absoluto soberano.

Las nuevas derechas… y Venezuela

Bajo este planteamiento, sistémico si se quiere, podemos comprender el auge de nuevas corrientes de la derecha, algunas herederas del nazismo y el fascismo históricos, otras de vertientes de extrema derecha o libertarias que durante el siglo XX fueron marginadas por el orden liberal.

La expansión de las ideologías derechistas del siglo XXI ha logrado encontrar importantes nichos societarios en todos los rincones del mundo, se han adaptado a la emergencia de los tiempos actuales y han conseguido el poder estatal en países importantes de América, Europa y Asia. Llama la atención que entre ellas hay convergencias, pero también discordancias programáticas, ideológicas, discursivas. No son un movimiento homogéneo.

En Estados Unidos, por ejemplo, los libertarios y liberales conservadores tienen ascendencia sobre el trumpismo, así como los neoconservadores y halcones liberales sobre los partidos Republicano y Demócrata. Otros grupos como los neorreaccionarios no tienen cabida en el mainstream ideológico del Norte, pero sus capitales invertidos en Washington, D.C. —Peter Thiel, fundador de PayPal y gurú de Silicon Valley, es uno de los inversores políticos y tecnológicos más importantes— aseguran espacios de influjo en la Casa Blanca y el Congreso.

Jair Bolsonaro, insignia de una tradicional extrema derecha brasileña con condimentos ideológicos suministrados por el finado Olavo de Carvalho, y Javier Milei, autocalificado liberal y libertario, son otra muestra de que las corrientes derechistas de este siglo pugnan por los espacios políticos con un lenguaje y estilo populista; con preferencia por la “batalla cultural” —sexualidad y género, individuo vs. sociedad, libertad vs. “comunismo”, etcétera— por sobre —aunque sin estar exento de— la temática racial, nacional y étnica; y usan las nuevas tecnologías a favor de su propaganda.

Nacen en un contexto donde ya no se exacerba la animosidad fascista de los futuristas italianos, la agresividad viril y la velocidad tecnológica, sino en una época signada, por un lado, por la depresión económica y, por ende, psíquica de las grandes mayorías en el planeta; y, por el otro, por la ira y el resentimiento social producto de un sistema totalitariamente liberal y global que puso en el centro de sus intereses la circulación, compra y venta de mercancías y la acumulación capitalista, mientras el ser humano quedaba desplazado a las sobras de dicha dinámica.

El fascismo contemporáneo se enriquece de esto y apalanca su agresividad a través de los diferentes partidos y movimientos de las extremas derechas actuales que lo reconocen como una práctica social.

La simpatía de María Corina Machado por las formas de Milei hablan de su filiación ideológica, aunque provengan de clases y escuelas distintas. En ella caben las ideas del liberalismo económico —privatización de bienes públicos, capitalismo laissez faire— y la participación pasiva o disminuida del Estado en la sociedad, pero también el verbo populista y la voluntad de destruir al contrario. Son rasgos definitorios de sus personalidades ya que basculan entre el fascismo contemporáneo, del que poco o nada mencionan, y el liberalismo neoclásico que dicen admirar.

Pero es cierto que las expresiones de fascismo más contundentes se encuentran en las sociedades donde impera el orden liberal (Norteamérica y Europa), o en grupos políticos que se identifican ideológicamente con el liberalismo y vindican la violencia como herramienta de exterminio social, tal cual lo ha hecho la extrema derecha venezolana en tiempos chavistas.

Así como también es cierto que las nuevas derechas responden a la desestabilización social del capitalismo tardío, su origen es el descontento sistémico, sin embargo, son tendencias que no proponen alternativas sino reformas a la hegemonía capitalista. Plantean una forma de gobierno o transformación gubernamental de acuerdo con los intereses ideológicos —los libertarios un Estado mínimo y desregulador; los neorreaccionarios un Estado-empresa gobernado por un CEO— y nunca la superación del modelo civilizatorio imperante.

El fascismo de Machado navega en estas coordenadas ideológicas que combinan el culto liberal y los usos destructivos de la violencia política, todo para que la hija mimada de Corina Parisca Pérez intente cabalgar sobre el caos, y la desestabilización, hacia Miraflores. ¿Acaso es viable para Venezuela que las prácticas fascistas se instalen desde el gobierno y el Estado, en un país que históricamente las ha rechazado, e incluso discute su impugnabilidad? Cabe preguntarse aun cuando la respuesta sea evidente.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.