Lo stesso racconto, diverso protagonista


Che Edmundo González Urrutia non si sia presentato a nessuna delle fasi della perizia è una prova schiacciante che quella frode è una «favola».

Laura Mercedes Giráldez

Caracas, Venezuela – Il tentativo di insinuare una frode elettorale in Venezuela non è una novità. Non lo è nemmeno il sostegno al settore più radicale dell’opposizione da parte della Casa Bianca e di altri governi che, in alleanza di interessi transnazionali ed egemonici, insistono nel legittimare il racconto ipocrita della necessità di «trasparenza» e «garanzie democratiche».

Quando le aspirazioni della destra non si sono realizzate nelle urne, hanno fatto ricorso alla loro strategia ben nota: gridare alla frode, chiamare e finanziare la violenza, disconoscere il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), arrogandosi le sue funzioni, e utilizzare i mezzi di comunicazione per creare correnti di opinioni favorevoli.

Nel 2002, durante il colpo di Stato contro Chávez, cercarono di delegittimare il CNE attraverso un Decreto che prevedeva l’istituzione di un Governo provvisorio; il che era al di fuori del quadro costituzionale. Successivamente, sia nelle elezioni parlamentari che presidenziali del 2005, 2018 e 2020, ripeterono lo stesso copione.

Nel 2004, la formula della presunta frode fece il suo ingresso e iniziò a essere la «preferita». La Coordinadora Democrática sostenne che ci fu una frode nel referendum revocatorio contro il legittimo presidente Hugo Chávez. Tuttavia, non riuscirono a dimostrarlo.

Dopo la morte del Comandante della Rivoluzione Bolivariana, nel 2013, con l’elezione di Nicolás Maduro come presidente per la prima volta, Henrique Capriles Radonski – all’epoca principale candidato dell’opposizione – riprese la vecchia storia delle presunte irregolarità nel processo elettorale, senza ottenere prove concrete.

Per le elezioni del 2018, vista l’evidente impossibilità di vincere per via democratica, la principale coalizione di opposizione, la Mesa de la Unidad Democrática (MUD), decise di non presentare un candidato affinché i loro sostenitori non andassero alle urne. Nel frattempo, il candidato presidenziale, Henri Falcón, dichiarò frode, come «ordina» la consuetudine?

Nel 2024 è cambiato solo il personaggio che cerca di essere protagonista, ma non chi lo manipola a proprio favore. Il potere, il finanziamento e il meccanismo restano quelli di un tempo. Dal 2023 hanno iniziato a preparare il terreno per gridare alla frode nelle elezioni. Così hanno fatto lo scorso 28 luglio. Maduro ha reagito con un contenzioso elettorale davanti all’istanza legalmente stabilita per risolvere la polemica e, poche ore prima che il Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ) emettesse la sua sentenza definitiva, l’estrema destra aveva già dichiarato un preannunciato nuovo caso di frode.

Che Edmundo González Urrutia non si sia presentato a nessuna delle fasi della perizia, né abbia presentato i materiali probatori richiesti da quella sede per chiarire la trama che lui stesso ha promosso, è una prova schiacciante che quella frode è una «favola».

I fatti lo dimostrano, così come dimostrano la frode che non sono riusciti a provare. Fratturare ad ogni costo l’istituzionalità è la manovra premeditata per il golpe che intendono infliggere al popolo e allo Stato bolivariano.

Questo è il prezzo da pagare per far parte delle voci dissonanti che si alzano in mezzo a un mondo prevalentemente egemonico e monroista. Quello che l’estrema destra nazionale e internazionale non può negare è l’esistenza della Costituzione, dei cinque Poteri in Venezuela e della multipolarità.


El mismo cuento, diferente protagonista

Que Edmundo González Urrutia no se presentase a ninguna de las fases del peritaje es una prueba contundente de que ese fraude es un «cuento de camino»

Laura Mercedes Giráldez

Caracas, Venezuela – El intento de instalar un fraude electoral en Venezuela no es algo novedoso. Tampoco lo es el apoyo al sector más radical de la oposición por parte de la Casa Blanca y otros gobiernos que, en alianza de intereses transnacionales y hegemónicos, insisten en legitimar el relato hipócrita de necesidad de «transparencia» y «garantías democráticas».

Cuando las aspiraciones de la derecha no se han cumplido en las urnas, han acudido a su estrategia consabida: cantar fraude, llamar y financiar la violencia, desconocer al Consejo Nacional Electoral (CNE), adjudicándose sus funciones, y emplear los medios de comunicación para crear matrices de opinión que les favorezcan.

En 2002, en el golpe de Estado contra Chávez, intentaron desautorizar al CNE mediante un Decreto que suponía el establecimiento de un Gobierno provisional, lo cual se salía del marco de la Constitución. Luego, tanto en las elecciones parlamentarias como en las presidenciales de 2005, 2018 y 2020, repitieron el guion.    

Para 2004, la fórmula del supuesto fraude hizo entrada, y comenzó a ser la «favorita». La Coordinadora Democrática alegó fraude en el referendo revocatorio contra el presidente legítimo Hugo Chávez. No obstante, no consiguieron demostrarlo.

Tras la muerte del Comandante de la Revolución Bolivariana, en 2013, al salir electo por primera vez Nicolás Maduro como presidente, Henrique Capriles Radonski -entonces principal candidato opositor-retomó la vieja historia de las supuestas irregularidades en el proceso electoral, sin obtener resultados probatorios.  

Para los comicios de 2018, ante la evidente imposibilidad de vencer por la vía democrática, la principal coalición opositora, la Mesa de la Unidad Democrática (MUD), decidió no presentar candidato para que la población que los sigue no acudiese a las urnas. Entre tanto, el aspirante a la presidencia, Henri Falcón, declaró fraude, como «manda» ¿la costumbre?

En 2024 solo ha cambiado el personaje que busca protagonismo, no así quien lo maneja en su favor. El poder, el financiamiento y el mecanismo siguen siendo los de antaño. Desde 2023 comenzaron a preparar el escenario para cantar fraude en las elecciones. Así lo hicieron el pasado 28 de julio. Maduro les salió al paso con un contencioso electoral ante la instancia establecida legalmente para dirimir la polémica y, horas antes de que el Tribunal Supremo de Justicia (TSJ) ofreciese su sentencia definitiva, ya la extrema derecha estaba declarando fraude adelantado, otra vez.

Que Edmundo González Urrutia no se presentase a ninguna de las fases del peritaje, ni consignase los materiales probatorios requeridos por esa instancia, para aclarar la trama que él mismo promovió, es una prueba contundente de que ese fraude es un «cuento de camino».

Los hechos lo evidencian, tanto como el fraude que no han podido demostrar. Fracturar a toda costa la institucionalidad es la maniobra preconcebida para el Golpe que pretenden asestar al pueblo y al Estado bolivarianos.

Ese es el precio de formar parte de las voces disonantes que se alzan en medio de un mundo predominantemente hegemónico y monroista. Lo que sí no pueden negar los de la extrema derecha nacional e internacional es la existencia de la Constitución, de los cinco Poderes en Venezuela y de la multipolaridad.  

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