Il ruolo del rettore Juan Carlos Delpino nell’escalation dell’opposizione dopo il 28 luglio

Assenza e imprecisioni, per cosa?

misionverdad.com

La strana polemica attorno a Juan Carlos Delpino Boscán, uno dei rettori principali del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), sembra avere come quadro operativo la continua diffusione di voci, se si deduce che il suo posizionamento riguardo al processo di elezione presidenziale è stato nebuloso, quando non parziale e impreciso.

Arbitro e portavoce dell’opposizione allo stesso tempo?

Dalla campagna elettorale, l’avvocato ha fatto dichiarazioni critiche riguardo agli atti compiuti dal Potere Elettorale in vista delle elezioni. Lo scorso giugno ha accusato il presidente dell’ente di “violare i diritti dei rettori del CNE nel prendere decisioni senza convocare sessioni”.

In quella occasione ha criticato la revoca dell’invito esteso alla missione dell’Unione Europea (UE) per esercitare l’osservazione internazionale nei suffragi presidenziali. Nelle sue dichiarazioni ha omesso la parzialità di Bruxelles nella diatriba politica venezuelana mantenendo sanzioni contro funzionari dello Stato venezuelano, il che è in violazione di quanto firmato nell’Accordo di Barbados.

Nell’accordo citato, le parti si sono impegnate a “promuovere un discorso pubblico e un clima politico e sociale favorevole allo sviluppo di un processo elettorale pacifico e partecipativo, senza ingerenze esterne”.

Il rettore, nominato il 24 agosto 2023 dall’Assemblea Nazionale (AN), presiede la Commissione di Registro Civile ed Elettorale dell’ente elettorale. Anni fa ha avuto una breve militanza politica in Acción Democrática (AD) ed è figlio di un noto dirigente sindacale della IV Repubblica, Juan José Delpino, ormai deceduto.

Come portavoce di sé stesso Delpino è stato favorito e coccolato dai media internazionali. Ha accusato il governo nazionale di essere repressivo mentre, coperti dalla campagna elettorale, vari dirigenti del movimento Vente Venezuela (VV) partecipavano ad atti cospirativi, come è diventato evidente durante l’ondata violenta scoppiata il 29 luglio, dopo l’emissione del risultato delle elezioni.

Va notato che, già prima dell’inizio della campagna, i corpi di sicurezza e il Ministero Pubblico hanno smantellato piani di assassinio contro il presidente Nicolás Maduro durante l’iscrizione della sua candidatura per la rielezione, il 25 marzo scorso.

Il rettore si è schierato in difesa di questi e altri membri del gruppo fondato da María Corina Machado che sono stati indagati e detenuti per istigazione al terrorismo e associazione.

I dirigenti di VV si sono rifugiati nell’ambasciata della Repubblica Argentina, dall’aprile scorso, e da lì hanno operato per organizzare e mettere in atto l’escalation violenta, secondo le denunce del presidente dell’AN e capo del Comando di Campagna “Venezuela Nuestra”, Jorge Rodríguez.

In linea con il piano della fazione estremista dell’opposizione di screditare l’evento elettorale, Delpino ha fatto riferimento a temi extra elettorali come le procedure giudiziarie dello Stato contro elementi politici che, presumibilmente, hanno radicato la loro militanza nel reato di odio.

A che scopo sono servite l’assenza e l’imprecisione di Delpino?

Delpino si è mantenuto nascosto — o “in clandestinità”, direbbero i media internazionali e i commentatori sulle reti sociali — durante la divulgazione dei risultati elettorali lo stesso 28 luglio.

Dopo quel giorno si è intensificata la circolazione di voci sul suo luogo di permanenza poiché non si è presentato durante l’atto di proclamazione del candidato vincitore, né negli atti concernenti il ricorso contenzioso elettorale presentato presso la Sala Elettorale del Tribunale Supremo di Giustizia (TSJ).

Come parte dell’escalation dell’operazione di disinformazione sulle reti sociali avanzata dal comando di campagna di Edmundo González, si sono diffuse versioni e contraddizioni riguardo al ruolo che svolgeva nel disconoscimento dei risultati elettorali.

Queste andavano dal suo presunto rapimento al suo ruolo di “talpa” nel CNE tramite il presunto invio degli atti elettorali ad attori internazionali come António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite (ONU), e all’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) o all’UE.

La sua assenza è servita a mantenere un clima di incertezza che ha rafforzato la narrazione secondo cui i risultati “non sono trasparenti né verificabili”.

Il momento culminante del suo atto è stato il comunicato pubblicato lunedì 26 agosto scorso. Nel testo, ampiamente diffuso, mette apertamente in dubbio la trasparenza e la veridicità dei risultati emessi dal CNE, che hanno dato come vincitore Nicolás Maduro con il 52% dei voti.

Pur riconoscendo la “relativa calma” del processo di voto, mette in discussione quanto accaduto dopo la chiusura dei seggi elettorali. Senza cifre che lo dimostrino, si riferisce allo “sfratto dei testimoni in non pochi centri” durante la chiusura dei seggi elettorali, senza fare riferimento nemmeno a uno in concreto.

Delpino oscura ulteriormente il suo ruolo di rettore principale esprimendosi sull’interruzione della trasmissione dei risultati, strumentalizzata tramite un attacco informatico alla piattaforma digitale del CNE.

Esprime che, a causa della “mancata trasmissione dei codici QR ai data center dei comandi, e della mancanza di una soluzione efficace al presunto hackeraggio”, ha deciso di non salire nella sala di totalizzazione e non assistere all’annuncio del primo bollettino.

Quell’atto lo ha lasciato senza prove per sostenere o respingere i risultati annunciati e così ha fatto sapere. Tuttavia, i media aderenti alla narrativa dell’opposizione sono arrivati a titolare “La prova con cui il rettore del Consiglio Nazionale Elettorale afferma che Nicolás Maduro non ha vinto limpidamente le elezioni in Venezuela”.

Non si può tralasciare il fatto che giustifica la sua assenza nell’atto di totalizzazione per la mancanza di una “soluzione efficace” a un attacco informatico che definisce come “presunto”. Né il fatto che non si “compromette” omettendo qualsiasi riferimento al sito web pubblicato dall’opposizione con la presunta maggioranza degli “atti elettorali”.

Il comunicato in questione ha generato alti livelli di frustrazione nelle reti sociali che hanno affinato il loro metodo da quando l’opposizione è stata costretta ad assumere la via elettorale.

La realtà, secondo le sue stesse dichiarazioni, è che non ha prove ma dubbi e imprecisioni nei suoi argomenti. Quello che appare come prova è la scarsa forza del suo comunicato.

La disinformazione come spina dorsale

Il presidente Maduro ha denunciato che dietro l’orchestrazione degli attori internazionali contro il risultato elettorale ci sia un colpo di Stato. Mentre da Washington si fanno sforzi perché la “comunità internazionale” non riconosca i risultati, sono sempre più numerose le prove di come l’operazione abbia incluso persino elementi del crimine organizzato.

Il rettore Delpino è stato ridotto al livello di un altro influencer pagato per non essere stato in grado di adempiere alle funzioni che la Costituzione prevede per il suo incarico.

Tanto evidente è l’orchestrazione, che un reportage pubblicato dal New York Times inizia dicendo che la sua dichiarazione “di sicuro scuoterà un paese stanco di essere in crisi”. Inoltre lo qualifica, senza rossore, come “membro dell’opposizione dell’organo governativo che ha annunciato la vittoria di Maduro”.

Non avendo prove della presunta mancanza di trasparenza e legalità delle elezioni, ha solo iniettato più disinformazione, l’unico combustibile a disposizione della Piattaforma Unitaria Democratica in questo nuovo episodio del conflitto politico venezuelano. Le reti sociali sono stati il canale privilegiato per questo.

Nel frattempo, l’allora deputato all’AN e primo vicepresidente del Partito Socialista Unito del Venezuela, Diosdado Cabello, ha chiesto, lo stesso lunedì, che venga applicata una procedura costituzionale contro di lui per abbandono di carica.

L’ondata narrativa che cerca di minare la legalità nello Stato venezuelano ha funzionato il giorno prima del comunicato. Poche ore prima della sua pubblicazione, i rumorologi hanno manovrato per concentrare l’attenzione sul funzionario, rendendo virali presunte notizie riguardo a delle dichiarazioni del governo panamense.

Da sabato 24 agosto diversi media con tendenza all’opposizione hanno replicato una nota di El Pitazo che si riferiva a “una fonte” del governo di José Raúl Mulino, promotore di un nuovo Gruppo di Lima, che negava di avere registri sull’ingresso del funzionario in quel paese.

Dopo quasi un mese di voci sulla sua posizione e dichiarazioni imprecise su un presunto broglio elettorale, ciò che è emerso è quanto sia cruciale la narrativa, ancorata alle fake news, per questa nuova escalation dell’opposizione.

La delusione di alcuni rumorologi tradisce che il rettore in questione non ha svolto appieno il ruolo che gli era stato assegnato: seminare dubbi sull’elezione presidenziale.


¿Ausencia e imprecisiones para qué?

El rol del rector Juan Carlos Delpino en la escalada opositora post 28J

La extraña polémica en torno a Juan Carlos Delpino Boscán, uno de los rectores principales del Consejo Nacional Electoral (CNE), pareciera tener como marco operativo la continua difusión de rumores, si se infiere que su posicionamiento ante el proceso de elección presidencial ha sido nebuloso, cuando no parcializado e impreciso.

¿Árbitro y vocero opositor a la vez?

Desde la campaña electoral, el abogado sostuvo declaraciones críticas respecto a los actos realizados por el Poder Electoral de cara a los comicios. En junio pasado acusó al presidente del ente de “violar los derechos de los rectores del CNE al tomar decisiones sin convocar sesiones”.

En aquella ocasión criticó que fuera revocada la invitación extendida a la misión de la Unión Europea (UE) para ejercer la observación internacional en los sufragios presidenciales. En sus declaraciones obvió la parcialidad de Bruselas en la diatriba política venezolana al mantener sanciones contra funcionarios del Estado venezolano, lo que sí es violatorio de lo firmado en el Acuerdo de Barbados.

En el referido acuerdo, las partes se comprometieron con la “promoción de un discurso público y un clima político y social favorable al desarrollo de un proceso electoral pacífico y participativo, sin injerencias externas”.

El rector, nombrado el 24 de agosto de 2023 por la Asamblea Nacional (AN), preside la Comisión de Registro Civil y Electoral del ente comicial. Tuvo hace años una corta militancia política en Acción Democrática (AD) y es hijo de un conocido dirigente sindical de la Cuarta República, Juan José Delpino, ya fallecido.

La vocería unipersonal de Delpino fue consentida y mimada por la mediática internacional. Acusó al Gobierno nacional de represivo mientras, encubiertos por la campaña electoral, varios dirigentes del movimiento Vente Venezuela (VV) participaban en actos conspirativos, como se hizo evidente durante la ola violenta desatada el 29 de julio, luego de emitido el resultado de los comicios.

Cabe destacar que, desde antes del inicio de la campaña, los cuerpos de seguridad y el Ministerio Público desmantelaron planes de magnicidio contra el presidente Nicolás Maduro durante la inscripción de su candidatura a la reelección, el pasado 25 de marzo.

El rector salió en defensa de estos y otros miembros del grupo fundado por María Corina Machado que fueron investigados y detenidos por incitación al terrorismo y asociación.

Dirigentes de VV se han mantenido refugiados en la embajada de la República Argentina desde abril pasado, y desde allí operaron para la organización y puesta en marcha de la escalada violenta, según denuncias del presidente de la AN y jefe el Comando de Campaña “Venezuela Nuestra”, Jorge Rodríguez.

En concordancia con el plan de la facción extremista de la oposición de desprestigiar el evento electoral, Delpino hizo alusión a temas extraelectorales como los procedimientos judiciales del Estado contra elementos políticos que, presuntamente, afincaron su militancia en el delito de odio.

¿Qué utilidad ha tenido la ausencia e imprecisión de Delpino?

Delpino se mantuvo oculto —o en la “clandestinidad”, dirían medios internacionales y comentaristas en las redes sociales— durante la divulgación de los resultados electorales el mismo 28 de julio.

Luego de ese día se intensificó la circulación de rumores en torno a su paradero debido a que no se presentó durante el acto de proclamación del candidato ganador, ni en los hechos concernientes al recurso contencioso electoral introducido ante la Sala Electoral del Tribunal Supremo de Justicia (TSJ).

Como parte del escalamiento de la operación de desinformación en redes que adelantó el comando de campaña de Edmundo González, se desataron versiones y contraversiones respecto al papel que jugaba en el desconocimiento de los resultados electorales.

Estas iban desde su supuesto secuestro hasta su rol como “topo” en el CNE mediante el supuesto envío de las actas electorales a actores internacionales como António Guterres, secretario General de la Organización de Naciones Unidas (ONU), y a la Organización de Estados Americanos (OEA) o la UE.

Su ausencia sirvió para el sostenimiento de un ambiente de incertidumbre que reforzó el relato de que los resultados “no son transparentes ni verificables”.

El momento cumbre de su acto fue el comunicado publicado el pasado lunes 26 de agosto. En el texto, ampliamente difundido, cuestiona abiertamente la transparencia y veracidad de los resultados emitidos por el CNE, que dieron como ganador a Nicolás Maduro con 52% de los votos.

Aunque reconoce la “relativa calma” del proceso de sufragio, cuestiona lo ocurrido luego del cierre de las mesas de votación. Sin cifras que lo demuestren, se refiere al “desalojo de testigos en no pocos centros” durante el cierre de mesas de votación, sin referirse siquiera a uno en concreto.

Delpino enturbia más su papel como rector principal al manifestarse respecto a la interrupción de la transmisión de resultados, instrumentada mediante un ataque cibernético a la plataforma digital del CNE.

Expresa que, a causa de “la falta de transmisión de códigos QR a los data center de los comandos, y la falta de solución efectiva del presunto hackeo”, tomó la decisión de no subir a la sala de totalizaciones y no asistir al anuncio del primer boletín.

Ese acto lo dejó sin evidencia para respaldar o rechazar los resultados anunciados y así lo hizo saber. Sin embargo, medios adheridos a la narrativa opositora han llegado a titular “La evidencia con la que el rector del Consejo Nacional Electoral afirma que Nicolás Maduro no ganó limpiamente elecciones en Venezuela”.

No puede quedar por fuera el hecho de que justifica su ausencia en el acto de totalización a la falta de “solución efectiva” a un ataque cibernético que denomina como “presunto”. Tampoco el hecho de que no se “moja” al obviar toda referencia a la página web publicada por la oposición con la supuesta mayoría de las “actas electorales”.

El comunicado en cuestión generó altos niveles de frustración en redes que han afinado su método desde que la oposición se viera obligada a asumir la ruta electoral.

La realidad, según sus mismas declaraciones, es que no tiene evidencias sino dudas e imprecisión en sus argumentos. Lo que aparece como evidencia es la poca contundencia de su comunicado.

La desinformación como columna vertebral

El presidente Maduro ha denunciado que hay un golpe de Estado detrás de la orquestación de actores internacionales contra el resultado electoral. Mientras desde Washington se hacen esfuerzos para que la “comunidad internacional” desconozca los resultados, son cada vez mayores las evidencias de cómo la operación ha incluido hasta elementos del crimen organizado.

El rector Delpino ha quedado al nivel de otro influencer pagado al no haber podido cumplir con las funciones que la Constitución estipula para su cargo.

Tan evidente es la orquestación, que un reportaje publicado por el New York Times comienza diciendo que su declaración “de seguro sacudirá a un país cansado de estar en crisis”. También lo califica, sin rubor, como “miembro de la oposición del órgano gubernamental que anunció la victoria de Maduro”.

Al no tener pruebas de la supuesta falta de transparencia y legalidad de los comicios solo ha inyectado más desinformación, el único combustible con el que cuenta la Plataforma Unitaria Democrática en este nuevo episodio de la conflictividad política venezolana. Las redes sociales han sido el canal privilegiado para ello.

Entretanto, el entonces diputado a la AN y primer vicepresidente del Partido Socialista Unido de Venezuela, Diosdado Cabello, solicitó ese mismo lunes que se aplique un procedimiento constitucional en su contra por abandono de cargo.

La ola narrativa que busca minar la legalidad en el Estado venezolano funcionó el día anterior al comunicado. Pocas horas antes de que lo publicara, los rumorólogos maniobraron para concentrar la atención sobre el funcionario, viralizando supuestas noticias respecto a unas declaraciones del gobierno panameño.

Desde el sábado 24 de agosto varios medios con tendencia opositora replicaron una nota de El Pitazo que refería a “una fuente” del gobierno de José Raúl Mulino, promotor de un nuevo Grupo de Lima, que negó tener registros sobre el ingreso del funcionario a ese país

Tras casi un mes de rumores sobre su paradero y sus declaraciones imprecisas sobre un supuesto fraude electoral, lo que quedó al descubierto fue lo vertebral que es la narrativa, anclada en las fake news, para esta nueva escalada de la oposición.

La decepción de algunos rumoreadores delata que el rector en cuestión no cumplió a cabalidad el papel que se le había asignado: sembrar de dudas la elección presidencial.

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