Elezioni all’ombra del dolore economico

Le misure coercitive unilaterali (MCU) imposte dal governo USA al Venezuela hanno provocato – secondo una stima – la contrazione del 37% del PIL pro capite in questo paese.

Laura Mercedes Giráldez

Caracas, Venezuela – Le misure coercitive unilaterali (MCU) imposte dal governo USA al Venezuela hanno provocato – secondo una stima – la contrazione del 37% del PIL pro capite in questo paese.

Senza dubbio, «l’impatto delle sanzioni settoriali e secondarie è indiscriminato e deliberato. Il dolore economico è il mezzo per cui si suppone funzionino. Ma non sono i funzionari venezuelani a soffrire i costi. È il popolo venezuelano».

Così lo ha descritto il congressista Jim McGovern nella lettera che ha inviato, nel maggio 2021, al presidente Joe Biden, in cui chiede anche la cessazione del regime sanzionatorio.

La sua posizione è supportata da un rapporto pubblicato dal Centro di Ricerca Economica e Politica (CEPR), in cui esperti USA specializzati in queste aree analizzano il contesto in cui si sono svolte le elezioni presidenziali del 28 luglio scorso.

Secondo lo studio, e come già noto, gli USA «sono intervenuti pesantemente in Venezuela negli ultimi 25 anni, a partire dal colpo di stato militare del 2002». Questo include lo sciopero petrolifero degli anni 2002-2003 e l’imposizione progressiva di sanzioni economiche dal 2004.

Secondo il dottor Fernando Camejo Pérez, specialista del Ministero degli Esteri di Cuba, «il sistema di misure coercitive unilaterali verso il Venezuela si basa sulla Legge per la Difesa dei Diritti Umani e della Società Civile del Venezuela (Public Law 113-278), del 18 dicembre 2014, e sull’Ordine Esecutivo 13692 (Decreto Obama), dell’8 marzo 2015».

A queste si aggiungono sette ordini esecutivi e altrettanti emessi dal Congresso, che si completano «con le regolamentazioni emesse dall’Ufficio per il Controllo degli Attivi Esteri, l’approvazione di fondi federali per la sovversione interna e l’esecuzione di azioni di politica estera dirette a costringere i partner economici del paese».

Tuttavia, l’impatto delle misure e dell’attività d’ingerenza in questa nazione va oltre gli ambiti economico e politico. Il loro peso non grava solo sui settori finanziari e imprenditoriali e su alcuni funzionari «non convenienti». Secondo il documento del CEPR, «hanno provocato decine di migliaia di morti, oltre a causare danni devastanti alla salute pubblica».

Ora, cosa si ottiene con l’asfissia economica del popolo? Evidentemente, queste sono un meccanismo di condizionamento che si inserisce nella guerra ibrida contro la nazione sudamericana.

Colpire direttamente l’economia familiare e il benessere della popolazione comporta scontento, disagio, insoddisfazione e persino la percezione – per alcuni – che mantenere un Governo socialista implicherebbe la persistenza o l’inasprimento delle sanzioni.

Potremmo dire che la campagna elettorale di María Corina Machado ed Edmundo González Urrutia sia stata l’escalation di sanzioni e minacce che ha preceduto il voto. Ma la disputa, nelle elezioni e dopo di esse, non è stata tra quella coppia e Nicolás Maduro, ma tra gli USA e ciò che rappresenta il chavismo per Washington.

CASUALITÀ INTORNO A UNO DEI PAESI PIÙ RICCHI DEL MONDO

Nella saggezza popolare, una delle certezze più veritiere, senza dubbio, è che non esistono le casualità. Tanto è vero che non potremmo dire che la perenne insistenza di Washington di attaccare il Governo bolivariano sia solo il prodotto della superbia di voler prendere il potere.

Secondo le informazioni di WikiLeaks, tra i documenti rivelati da questa piattaforma, nel corso degli anni, il nome del Venezuela è menzionato in oltre 170000 occasioni.

Dove? In archivi che illustrano come USA e l’Europa abbiano cercato di rovesciare – per molto tempo e senza successo – i governi legittimamente istituiti, soprattutto attraverso l’ingerenza straniera, con il finanziamento di circa 300 ONG.

Perché? Beh, da quando Hugo Chávez Frías è stato eletto Presidente, e poi con Nicolás Maduro alla guida, lo Stato ha messo a disposizione del popolo i beni comuni, come evidenziato perfettamente attraverso le Sette Trasformazioni.

Con questo programma si lavora sul potenziamento nei settori dell’economia; indipendenza piena; pace, sicurezza sociale e territoriale; il sociale; la politica; l’ecologia, e l’inserimento e la direzione del Venezuela nella nuova configurazione mondiale.

Lo scorso giovedì, la vicepresidentessa esecutiva, Delcy Rodríguez, ha annunciato che le banche private aggiungeranno finanziamenti destinati agli imprenditori, così come la creazione di un sistema bancario di protezione del rischio creditizio.

Inoltre, secondo quanto riferito dalla Banca Centrale del Venezuela, il PIL è aumentato dell’8,78% nel secondo trimestre dell’anno, con il quale il paese aggiunge 13 trimestri di crescita economica sostenuta, nonostante le oltre 900 misure coercitive unilaterali imposte dal governo USA.

D’altra parte, il Venezuela bolivariano si sta dirigendo a rafforzare i legami con attori emergenti della nuova configurazione multipolare, come garanzia dello sviluppo collettivo e nazionale. In tal senso, spicca l’interesse mostrato per l’integrazione nei BRICS, infliggendo così un colpo alle multinazionali egemoniche.

Tornando alle cifre: il Venezuela ha una posizione geostrategica, essendo un punto cruciale per le rotte marittime e aeree che collegano il Nord e il Sud America, l’Europa e i Caraibi.

Inoltre, possiede grandi giacimenti di coltan, il cosiddetto «oro blu», altamente richiesto nell’industria tecnologica. È dichiarata la più grande riserva d’oro del continente e possiede più di 40 tipi di minerali e pietre preziose, e in essa coesistono numerosi ecosistemi e biomi. Inoltre, controlla la più grande riserva di petrolio del mondo e si colloca tra le prime per gas naturale, ferro e diamanti.

E, qual è il principale consumatore di petrolio a livello mondiale? Gli USA, con circa 19000000 di barili al giorno. Allora, casualità o perspicacia quella degli amici imperialisti nel loro tentativo di impadronirsi di uno dei territori più ricchi?


Elecciones a la sombra del dolor económico

Las medidas coercitivas unilaterales (MCU) a las que el Gobierno de Estados Unidos ha sometido a Venezuela, provocaron –según un estimado– la contracción del 37 % del PIB per cápita en este país

Laura Mercedes Giráldez

CARACAS, Venezuela – Las medidas coercitivas unilaterales (MCU) a las que el Gobierno de Estados Unidos ha sometido a Venezuela, provocaron –según un estimado– la contracción del 37 % del PIB per cápita en este país.

Sin duda, «el impacto de las sanciones sectoriales y secundarias es indiscriminado y deliberado. El dolor económico es el medio por el cual se supone que funcionan. Pero no son los funcionarios venezolanos quienes sufren los costos. Es el pueblo venezolano».

Así lo calificó el congresista Jim McGovern en la carta que envió, en mayo de 2021, al presidente Joe Biden, en la que también demanda el cese del régimen sancionatorio.

Su planteamiento es apoyado por un informe que publicó el Centro de Investigación Económica y Política (CEPR), en el que expertos estadounidenses especializados en esas áreas analizan el contexto en el que se desarrollaron las elecciones presidenciales del pasado 28 de julio.

Según el estudio, y como ya es sabido, EE. UU. «ha intervenido fuertemente en Venezuela durante los últimos 25 años, comenzando con el golpe militar de 2002». Incluye el paro petrolero de los años 2002-2003 y la progresiva imposición de sanciones económicas desde 2004.

De acuerdo con el licenciado Fernando Camejo Pérez, especialista del Ministerio de Relaciones Exteriores de Cuba, «el sistema de medidas coercitivas unilaterales hacia Venezuela se basa en la Ley de Defensa de los Derechos Humanos y de la Sociedad Civil de Venezuela (Public Law 113-278), del 18 de diciembre de 2014, y en la Orden Ejecutiva 13692 (Decreto Obama), del 8 de marzo de 2015».

A ellas se suman siete órdenes ejecutivas y otras tantas emitidas por el Congreso las que se complementan «con las regulaciones emitidas por la Oficina de Control de Activos Extranjeros, la aprobación de fondos federales a la subversión interna y la ejecución de acciones de política exterior dirigidas a coaccionar a socios económicos del país».

No obstante, el impacto de las medidas y de la actividad injerencista en esta nación va más allá de los ámbitos económico y político. Su peso no solo recae sobre los sectores financieros y empresariales, y algunos funcionarios «no convenientes». Según el documento del CEPR «han cobrado decenas de miles de vidas, además de causar daños devastadores a la salud pública».

Ahora bien, ¿qué se logra con la asfixia económica al pueblo? Evidentemente, esas son un mecanismo de condicionamiento que se inserta dentro de la guerra híbrida contra la nación sudamericana.

Atacar de manera directa la economía familiar y el bienestar de la población acarrea el descontento, la incomodidad, la insatisfacción e incluso, la percepción –para algunos– de que mantener un Gobierno socialista implicaría la persistencia o el recrudecimiento de las sanciones.

Podríamos decir que la campaña electoral de María Corina Machado y Edmundo González Urrutia fue la escalada de sanciones y amenazas que precedió al sufragio. Pero la disputa, en los comicios y tras ellos, no ha sido entre esa dupla y Nicolás Maduro, sino entre Estados Unidos y lo que representa el chavismo para Washington.

CASUALIDADES EN TORNO A UNO DE LOS PAÍSES MÁS RICOS DEL MUNDO

En la sabiduría popular, una de las certezas más veraces, sin duda, es la que reza que no existen las casualidades. Tanto es así, que no pudiésemos decir que la insistencia perenne de Washington de atacar al Gobierno bolivariano es solo producto de la soberbia de querer tomar el poder.

De acuerdo con información de WikiLeaks, entre de los documentos revelados por esa plataforma a lo largo de los años, el nombre de Venezuela es mencionado en más de 170 000 ocasiones.

¿Dónde? En archivos que ilustran cómo EE. UU. y Europa han tratado de derrocar –por mucho tiempo y sin éxito– a los gobiernos legítimamente instituidos, sobre todo mediante injerencia extranjera, con financiamiento de unas 300 ONG.

¿Por qué? Pues, desde que Hugo Chávez Frías fue electo Presidente, y luego con Nicolás Maduro al frente, el Estado puso a disposición del pueblo los bienes comunes, perfectamente evidenciado mediante las Siete Transformaciones.

Con este programa se trabaja en la potenciación en los ámbitos de la economía; la independencia plena; la paz, seguridad social y territorial; lo social; la política; la ecología, y la inserción y el liderazgo de Venezuela en la nueva configuración mundial. 

El pasado jueves, la vicepresidenta Ejecutiva, Delcy Rodríguez, anunció que la banca privada sumará financiamientos destinados a emprendedores, así como la creación de un sistema bancario de protección del riesgo crediticio.

Además, según informó el Banco Central de Venezuela, el PIB aumentó en 8,78 % en el segundo trimestre del año, con lo cual el país suma 13 trimestres de crecimiento económico sostenido, a pesar de las más de 900 medidas coercitivas unilaterales impuestas por el Gobierno estadounidense.  

Por otra parte, la Venezuela bolivariana se encamina a fortalecer vínculos con actores emergentes de la nueva configuración multipolar, como garantía del desarrollo colectivo y nacional. En ese sentido, resalta el interés mostrado por integrarse a los Brics, asestando así un golpe a las transnacionales hegemónicas.

Volviendo a las cifras: Venezuela tiene una posición geoestratégica, pues es un punto crucial para las rutas marítimas y aéreas que conectan a América del Norte y del Sur, Europa y el Caribe.

Asimismo, cuenta con grandes yacimientos de coaltán, el denominado «oro azul», altamente demandado en la industria tecnológica. Está declarada como la mayor reserva de oro del continente y posee más de 40 tipos de minerales y piedras preciosas, y en ella coexisten numerosos ecosistemas y biodemas. Además, controla la mayor reserva de petróleo del mundo y se encuentra entre las primeras de gas natural, hierro y diamantes.

Y, ¿cuál es el principal consumidor de petróleo a nivel mundial? Estados Unidos, con aproximadamente unos 19 000 000 de barriles por día. Entonces, ¿casualidad o perspicacia la de los amigos imperialistas en su afán de asirse con uno de los territorios más ricos?

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