Román Cuesta: “Minare il sistema elettorale significa attaccare la radice della democrazia”

Franco Vielma

L’operazione continua di colpo di Stato in Venezuela ha generato nuovi nodi critici dalla congiuntura politica successiva al 28 luglio.

Il settore estremista dell’opposizione venezuelana, -sostenuto da Washington- ha proceduto a strumentalizzare un quadro di delegittimazione istituzionale a partire dalla divulgazione di presunti “verbali” elettorali, in modo parallelo e in violazione della Legge Organica dei Processi Elettorali.

Sul sito web risultaticonvzla.com, acquistato da un provider, nel Regno Unito, un giorno prima delle scorse elezioni presidenziali, sono stati divulgati presunti verbali di voto nel tentativo di usurpare le funzioni di base del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE).

È utile precisare che, nel sistema elettorale automatizzato del Venezuela, tutti i verbali elettorali compilati da ogni seggio hanno un formato esclusivamente digitale, con un supporto fisico cartaceo che contiene le informazioni dei verbali digitali. Questi verbali vengono consegnati ai partiti attraverso i loro rappresentanti presenti ai seggi e fanno parte essenziale della catena di fiducia del sistema.

Tali documenti sono stati denominati “verbali” nel mezzo dell’operazione di golpe. Ora, con la “pubblicazione” — pubblicare un documento non implica la sua veridicità — sulla pagina già citata, sono state sollevate domande e azioni di delegittimazione delle elezioni dentro e fuori il Venezuela.

Nelle ultime settimane, diversi attori politici e analisti hanno esaminato i “verbali” dell’opposizione e hanno concluso che ci sono serie incongruenze in essi, alcune così gravi da indicare l’esistenza di una massiccia falsificazione.

Uno di questi studiosi è stato il ricercatore spagnolo Román Cuesta, che dal suo account su X (@wiesenthal1632) ha svolto un autentico lavoro forense sui “verbali” dopo il 28 luglio.

Cuesta ha una prolifica carriera come analista, ma anche come sceneggiatore. In Spagna ha reso pubbliche scoperte in casi di corruzione. In America Latina ha collaborato all’indagine della serie documentaria, acclamata a livello internazionale, Matarife, su Álvaro Uribe Vélez. Ha collaborato e collabora per media di stampa alternativi e di inchiesta come Crónica Libre e Diario Red.

Mision Verdad ha intervistato Cuesta con l’obiettivo di approfondire il tema più discusso, dibattuto e commentato nell’ultimo mese in Venezuela.

Nel tuo account su X ti identifichi come un “raccoglitore di dati”, anche se hai lavorato come giornalista investigativo sulla politica in diversi temi difficili in Spagna, Colombia e altri paesi dell’America Latina. Raccontaci, come sei arrivato ai “verbali” dell’opposizione? Cosa ti ha portato a questo tema?

Sì, “raccoglitore di dati” è un termine che definisce perfettamente il mio lavoro. Ho iniziato questo percorso elaborando rapporti su casi di corruzione politica, accumulando migliaia di dati di diverse trame e indagando le connessioni tra le famiglie di una vera mafia in Spagna, con molteplici connessioni in America Latina; i fili di uno di questi casi, in cui compaiono implicati un ex presidente della comunità di Madrid, Ignacio González, e l’azienda pubblica dell’acqua in quella città, il Canal de Isabel II, mi hanno portato nei Caraibi con tappa in Colombia, ma è stato a seguito di un rapporto redatto per la fondazione Rosa Luxemburgo sull’estrema destra nel nostro paese e la setta cristofascista “El Yunque”, originaria del Messico, che ho ampliato l’indagine sull’influenza e i contatti di questa organizzazione in tutti i paesi dell’America Latina.

La facciata di questa setta, ultracattolica e paramilitare, in Spagna, Hazte Oír, è stata pioniera, ed è attualmente uno dei principali attivi della “battaglia culturale” dell’estrema destra, che genera campagne di disinformazione e odio, ed è arrivata a essere protagonista dell’accanimento giudiziario contro la moglie del presidente del governo spagnolo.

Questa setta ha dispiegato tutta la sua strategia destabilizzatrice durante la pandemia. In quel periodo collaboravo con Pandemia Digital, un progetto all’avanguardia contro la disinformazione, diretto da Julián Macías, che mi ha dato la possibilità di studiare le loro tattiche, nelle reti sociali, di guerra psicologica e cognitiva, come quelle applicate in Venezuela.

La sequenza dittatura-frode-rivolta ormai ci suona familiare da queste parti.

Da questi percorsi, virtuali, nei Caraibi è nata una modesta collaborazione con il giornalista e avvocato colombiano Daniel Mendoza Leal per la sua premiata serie Matarife, sull’ex presidente Álvaro Uribe Vélez. Voglio cogliere l’occasione per inviare tutto il mio sostegno a questo collega. Ho conosciuto Daniel in esilio e non avrei mai creduto che avrebbe dovuto lasciare di nuovo il suo paese per le minacce della mafia; pochi giorni fa hanno sparato alla sua auto e ha appena annunciato che riprenderà il suo esodo.

La mia veste di “relatore” — non sono un giornalista, sono sempre stato un attivista — è iniziata in rete, balbettando goffamente finché non sono riuscito a uscire dal freddo formato del rapporto e farmi capire.

Qualche anno fa ho iniziato a collaborare con Crónica Libre, un media digitale diretto da una delle migliori giornaliste investigative del nostro paese, Patricia López. E in questa ultima stagione ho collaborato con Diario.Red con una sezione, Tirando del hilo, in cui tratto, fondamentalmente, temi di corruzione. Lì già stavo pubblicando la relazione tra Maria Corina Machado e i media di disinformazione legati alla famiglia Capriles, che operavano in Spagna.

A seguito di questi articoli, Jeitson Cabrera, il rappresentante del partito di Maria Corina a Madrid, associato a gruppi fascisti e paramilitari, è arrivato a minacciare di morte uno dei redattori di Diario.Red.

Questa minaccia mi ha permesso di aggiornare il panorama virtuale sul Venezuela e di mettere l’occhio sulla tempesta tropicale che si stava avvicinando, verificando che per formarla stavano operando, contemporaneamente, tutti gli attivi abituali dell’estrema destra patria e internazionale.

Dagli ultraliberisti di Atlas Network ai negazionisti di un guru politico di moda, con il patrocinio della setta El Yunque, Alvise Pérez, che arrivò a fare un appello alla sollevazione militare il 29; erano tutti in subbuglio.

Per non parlare dei naturali alleati Vox e Partito Popolare. Questi ultimi provocarono l’incidente, con tanto di numero e bandiera inclusa, nell’aeroporto di Caracas, quando non avevano richiesto i permessi regolamentari per entrare come osservatori internazionali e che hanno venduto come “il tiranno Maduro e la dittatura venezuelana non ci lasciano entrare per verificare la frode”. Tutti gli indizi indicavano che si stava preparando una mossa sporca.

Nel caso dei “verbali” dell’opposizione venezuelana hai affermato, con prove, che sono fraudolenti. Prima di entrare nei dettagli, hai conosciuto un altro caso di falsificazione di massa simile a questo nella tua carriera?

Con queste caratteristiche ti dico di no, i tempi cambiano, i campi di battaglia anche e questo montaggio virtuale dei verbali con il supporto di artiglieria mediatica e sostegno in rete ha rappresentato un nuovo capitolo della guerra ibrida che il Venezuela subisce. E che tutti soffriremo, o già soffriamo con diverse intensità.

In Spagna è l’ultradestra che è abbonata a quella dinamica che raccontavo di dittatura-frode-rivolta, arrivando a fare appelli al colpo di Stato con rumore di sciabole, impensabili pochi anni fa in questa Europa delle democrazie — capite l’ironia.

Ho partecipato a molti processi di votazione in Spagna, nel 2015 sono stato rappresentante presso la Giunta Elettorale di zona della mia provincia. In numerose occasioni ho partecipato come delegato o scrutatore alle elezioni municipali e locali, e salvo minori incidenti sono processi garantisti, non suscettibili di ospitare massicce frodi.

È chiaro che minare, senza fondamento e sistematicamente, la credibilità del sistema di elezione popolare significa attaccare la radice della democrazia. E questo è l’obiettivo principale.

Parliamo ora del tema concreto. Nelle tue ultime pubblicazioni hai riferito che l’opposizione ha utilizzato verbali del processo di installazione dei seggi elettorali. Spiegaci cosa hai trovato.

Voglio chiarire che il mio studio si limita al primo lotto di circa 9000 “documenti” che sono stati caricati sulla pagina web resultadosconvzla.com e che ho iniziato a scaricare il 30 luglio. Del totale, ho estratto un lotto di 1200 per una prima analisi, il che mi ha permesso di verificare, già in prima istanza, l’inconsistenza di quei presunti verbali che pretendevano di avallare una vittoria di Edmundo González.

In qualsiasi processo elettorale in Spagna, la maggior parte di quei documenti sarebbero stati dichiarati nulli di piena validità; l’assenza di firme di attori rilevanti dei seggi elettorali, la evidente manipolazione di altri, scansioni incomplete con l’occultamento di dati fondamentali per identificare correttamente il verbale… già da subito mi è sembrato un lavoro piuttosto raffazzonato.

Il 3 agosto ho pubblicato un primo filone con le conclusioni dell’analisi di circa 3000 documenti, un terzo del totale, che mi permetteva già di trarre certe conclusioni sui modelli seguiti dalle irregolarità, e così ho confermato che queste riguardavano un numero significativo di questi 1200 documenti, tanto da considerarlo un caso di massiccia frode.

All’epoca stavo elaborando informazioni da molte fonti e non mi ero fermato a pensare alla metodologia della frode. La domanda che è sorta in quei giorni, alla quale nessuno ha saputo rispondere, è che se Edmundo e María Corina avevano i verbali autentici che proclamavano la loro vittoria, perché mai pubblicare questi verbali “falsi”?

Pochi giorni dopo, il 10 agosto, Diario.Red pubblicava il primo articolo: Gravi irregolarità nei presunti verbali pubblicati dall’opposizione in Venezuela.

A quel punto avevo già esaminato il 75% e, sebbene avessi voluto completare il rapporto, bisognava giocare sui tempi e c’era fretta di smantellare la frode di chi gridava alla frode. Eravamo ancora impigliati in questioni che si rivelarono secondarie, come i codici QR e Hash facilmente manipolabili, ma in questo testo ho già anticipato uno dei possibili modus operandi del processo di falsificazione di massa: l’uso delle firme dei verbali di inizializzazione per creare quelli di scrutinio che si intendeva far passare per buone.

Le tracce di questa pratica potevano seguirsi per municipi in tutto il paese, e il lavoro con i documenti rimanenti lo ha confermato.

Per il 15 agosto abbiamo intitolato “Come ha manipolato i verbali l’opposizione in Venezuela? Sveliamo il meccanismo utilizzato”. Un’analisi completa delle irregolarità nei presunti verbali pubblicati da Edmundo González, María Corina Machado e loro soci sulla pagina resultadosconvzla.com permette di giungere a certe conclusioni sul processo di manipolazione degli stessi.

A quel punto avevo già elaborato un’ipotesi plausibile, sostenuta da prove raccolte in più di 3500 documenti che indicavano l’uso dei verbali di inizializzazione, una strategia che offriva, inoltre, un notevole margine di 12 ore per perpetrare il reato.

Poco tempo fa il diplomatico venezuelano Samuel Moncada ha dimostrato come i “verbali” dell’opposizione avessero codici QR di locali commerciali o prodotti negli USA. Anche tu avevi trovato alcune irregolarità in quei QR e nei codici o firme digitali delle macchine nei presunti “verbali” fin dall’inizio.

La questione della sicurezza e dei codici ha provocato un profondo dibattito tecnico che sembra essere stato risolto, vero? Il codice che compariva nella parte superiore e identificava il seggio elettorale non risultò essere un codice Hash ma un codice UUID (anche chiamato GUID), che compariva anche nei verbali di inizializzazione.

Abbiamo dimostrato che il codice QR poteva essere generato a piacere con il programma adeguato. Per quanto riguarda il codice Hash alla fine del verbale, se gli unici che potevano verificarlo erano i tecnici del CNE, che valore probatorio poteva avere per qualsiasi utente che visitasse la pagina?

La coerenza dei documenti cadeva a pezzi… Ho trovato centinaia di QR manipolati con un programma di editing digitale e deficienze nelle scansioni che riguardavano, principalmente, i QR e le firme digitali.

Fondamentalmente riferisci che, per dare l’apparenza che si trattasse di codici di macchine (firme digitali) e QR di macchine, sono state presentate modifiche, il che è grave e sofisticato. Ma d’altro canto menzioni problemi con le firme. Quali modelli hai visto nelle firme dei verbali che hai valutato? Ci sono analisi di metadati delle immagini che suggeriscono che sono state alterate o che è stato cancellato il loro registro.

Anche la questione dei metadati potrebbe fare luce sul processo di elaborazione di questi documenti; mi resisto a chiamarli verbali, ma non è un terreno nel quale mi sia addentrato.

Per quanto riguarda i modelli nell’uso delle firme, è facilmente verificabile, come in migliaia di casi, che le firme dei verbali di scrutinio sono state “elaborate” in modo simile a quelle che comparivano in quelli di inizializzazione, essendo molto comune che compaiano due firme “parallele” nella stessa casella del verbale, una di esse segnata con penna insieme ai suoi dati, e un’altra, presumibilmente, realizzata digitalmente sulla macchina di votazione e dalla stessa persona, che differiscono totalmente nella calligrafia. Differenze che non sono attribuibili alla naturale distorsione dei segni quando si firma sullo schermo. La firma è un processo automatico che il nostro cervello immagazzina e, anche se varia nel corso della nostra vita, la tracciabilità dei tratti caratteristici e la tipologia dei segni che usiamo non variano nel giro di poche ore.

Ci sono anche molti casi in cui le firme non corrispondono nemmeno ai cittadini che appaiono riflessi come membri dei seggi, o sono firme piatte o elaborate in serie dalla stessa mano.

Queste sono prove, non opinioni.

In un lavoro arduo e scrupoloso hai esaminato tutte i verbali falsi pubblicati sul municipio Tinaquillo dello stato di Cojedes. In Misión Verdad abbiamo pubblicato una nota basata sulla tua indagine. A quel punto, hai determinato che l’85% sarebbe falso. Pensi che questo possa essere rappresentativo di una situazione generale?

Sono già passati davanti ai miei occhi le 9000 più volte. Nel processo, man mano che impari cosa cercare, risulta più facile il tracciamento. Con il campione di Tinaquillo ho voluto ridurre il perimetro del campo di battaglia per mostrare un caso concreto, palpabile e comprensibile che possa capire qualsiasi persona comune: un numero limitato di verbali che potessero essere confrontati tra di loro e, a loro volta, con quelli che comparivano sulla pagina dell’opposizione.

Il panorama che ho trovato a Tinaquillo era desolante: dei 61 documenti pubblicati, il 30 luglio, sulla pagina resultadosconvzla.com, circa 52, più dell’85% di quei verbali, erano carta straccia (in Spagna questo significa “documento invalido”).

Le maggiori incidenze riguardavano l’assenza delle firme digitali delle macchine e la scansione incompleta di molti QR, una deficienza che avrebbe potuto essere facilmente risolta ricaricando i verbali. Il fatto è che quel 17 agosto tutti i documenti che denunciavo come inutilizzabili erano ancora pubblicati sulla pagina dell’opposizione e avallati da due presunte verifiche. Negligenza, incompetenza o causalità?

I dati di Tinaquillo sostenevano i dati che esponevano una frode massiccia in tutto il paese, che riguardava, essendo lassisti con i controlli, il 50% dei documenti presentati come verbali.

Un lavoro di falsificazione di queste caratteristiche avrebbe dovuto essere sviluppato con sufficiente anticipo?

Se ti dico la verità, sono ancora immerso nel processo 12 ore, non ho avuto il tempo di guardare indietro, ma è evidente che quella dei verbali era una campagna all’interno della battaglia in Venezuela; pianificata con anticipo e uno dei pilastri strategici del golpe.

Considerando che sei un ricercatore di dati e fonti. Questo caso implica l’uso di elementi alternativi in contrasto con le istituzioni ufficiali. Si tratta di “verbali” falsi e un CNE parallelo. Paesi come USA, quelli dell’Unione Europea e altri in America Latina, in molti casi, tendono a rifiutare questo tipo di fonti. Ora sembra che preferiscano basarsi sull’uso di queste fonti non verificate e inoltre contestate, anche per costruire la loro politica estera sul Venezuela. Cosa ti dice questo? Che senso ha che quei governi si aggrappino a questi “verbali” essendo dati così fragili?

Questa guerra è globale e il Venezuela è una pedina fondamentale dello scacchiere geopolitico. In molti governi, anche catalogati come progressisti, è radicato il racconto che il Venezuela sia una dittatura. Non vedono il pericolo, l’ombra della frode ha già attraversato le campagne di tutta l’estrema destra dell’America Latina senza che imparino la lezione. Gli toccherà, e parlo di Lula o Boric.

Ma detto allineamento disciplinato, senza crepe, obbedisce, senza dubbio, agli interessi del Dipartimento di Stato e dei suoi governi satellite in Europa. Per organismi allineati come l’OSA o il Centro Carter, dare credibilità a questa farsa ha fatto loro perdere quel poco (di credibilità ndt) che gli rimaneva.

È possibile che in Venezuela si sia sperimentato un modello di fabbricazione di “prove di frode” che potrebbe essere replicato in altri paesi? Questo può considerarsi un precedente?

Senza alcun dubbio, perfezioneranno la tecnica e torneranno ad agire. Per eseguire questa operazione non hanno esitato a dispiegare una quantità ingente di risorse, economiche e umane. Potrebbe non essere andata loro bene, ma non cesseranno nel loro intento.

E agiranno allo stesso modo in tutti quegli scenari dove confluiscano o facciano convergere i loro interessi — me ne vengono in mente diversi in America Latina — e riescano a implementare un racconto simile. Sebbene il caso del Venezuela, dopo anni di sofferenze per le conseguenze della guerra ibrida, fosse un terreno fertile per dispiegare questa campagna.

Devo anche dire che questo tipo di manovre, solitamente, si inserisce in operazioni che necessitano di uno sbocco rapido e violento: 24-72 ore. Se il golpe non ha successo, nel momento in cui qualsiasi processo elettorale accusato di frode — negli USA, in Europa e in America Latina —, entra nel tratto giudiziario, finisce per risolversi davanti a un tribunale presentando documenti. E quello era il punto finale della strategia dei verbali “falsi”, per questo non li hanno presentati né li presenteranno davanti alla giustizia venezuelana.

Hai qualche riflessione o opinione che vuoi aggiungere?

Niente colleghi, credo che siate già all’erta e impegnati nella lotta. Sono a vostra disposizione per collaborare in quello che posso; dobbiamo unire la lotta da entrambi i lati dell’oceano. Nella guerra futura non si tratta più solo di dirigere ciò che i cittadini devono pensare, bensì di introdurre meccanismi di pensiero destinati alla costruzione di idee, le loro idee. I media decenti devono combattere queste campagne di odio del fascismo, campagne globali che, lo stesso Joseph Goebbels, avrebbe potuto firmare. Un abbraccio.


Román Cuesta: “Minar el sistema electoral es atacar la raíz de la democracia”

Franco Vielma

La operación continua de golpe de Estado en Venezuela ha generado nuevos nudos críticos desde la coyuntura política posterior al 28 de julio.

El sector extremista de la oposición venezolana —auspiciado por Washington— ha procedido a instrumentalizar un cuadro de deslegitimación institucional a partir de la divulgación de supuestas “actas” comiciales, de manera paralela y en violación a la Ley Orgánica de Procesos Electorales.

En el sitio web resultadosconvzla.com, adquirido a un proveedor en Reino Unido un día antes de los pasados sufragios presidenciales, se han divulgado supuestos comprobantes de voto en un intento de usurpar las funciones básicas del Consejo Nacional Electoral (CNE).

Conviene precisar que, en el sistema electoral automatizado de Venezuela, todas las actas levantadas por mesa electoral tienen un formato únicamente digital, con un soporte físico en papel que contiene la información de las actas digitales. Estos comprobantes son entregados a los partidos mediante sus testigos con presencia en mesas, y forman parte esencial de la cadena de confianza del sistema.

Tales documentos han sido denominados “actas” en medio de la operación de golpe. Ahora, con la “publicación” —publicar un documento no implica su veracidad— en la página ya comentada, se han planteado dudas y acciones de deslegitimación a las elecciones dentro y fuera de Venezuela.

En las últimas semanas, diversos actores políticos y analistas han revisado las “actas” opositoras y han concluido que hay serias inconsistencias en ellas, algunas tan graves que indican la existencia de falsificación masiva.

Uno de estos estudiosos ha sido el investigador español Román Cuesta, quien desde su cuenta en X (@wiesenthal1632) ha realizado un auténtico trabajo forense sobre las “actas” después del 28 de julio.

Cuesta tiene una prolífica carrera como analista, pero además como guionista. En España ha aportado al público hallazgos en casos de corrupción. En América Latina colaboró en la investigación de la internacionalmente aclamada serie documental Matarife, sobre Álvaro Uribe Vélez. Ha colaborado y colabora para medios de prensa alternativos y de investigación como Crónica Libre y Diario Red.

Mision Verdad entrevistó a Cuesta con el objetivo de profundizar en el tema más discutido, debatido y comentado en el último mes en Venezuela.

En tu cuenta en X te identificas como un “juntadatos”, aunque también has trabajado como periodista de investigación sobre política en diversos temas difíciles en España, Colombia y otros países en América Latina. Cuéntanos, ¿cómo llegaste a las “actas” opositoras? ¿Qué te trajo hasta este tema?

Sí, “juntadatos” es un término que define a la perfección mi trabajo. Comencé este devenir elaborando informes sobre casos de corrupción política, almacenando miles de datos de diferentes tramas e investigando las conexiones entre las familias de una auténtica mafia en España, con múltiples conexiones en Latinoamérica; los hilos de uno de esos casos, en el que aparecen implicados un expresidente de la comunidad de Madrid, Ignacio González, y la empresa pública del agua en dicha ciudad, el Canal de Isabel II, me llevaron hasta el Caribe con escala en Colombia, pero fue a raíz de un informe elaborado para la fundación Rosa Luxemburgo sobre la extrema derecha en nuestro país y la secta cristofascista “El Yunque”, originaria de México, que amplié la investigación sobre la influencia y los contactos de esta organización en todos los países de Latinoamérica.

La pantalla de esta secta, ultracatólica y paramilitar, en España, Hazte Oír, fue pionera, y actualmente es uno de los principales activos de la “batalla cultural” de la extrema derecha, que genera campañas de desinformación y odio, y ha llegado a protagonizar el acoso judicial a la mujer del presidente del gobierno español.

Esta secta desplegó toda su estrategia desestabilizadora durante la pandemia. En aquel momento colaboraba con Pandemia Digital, un proyecto vanguardia contra la desinformación dirigido por Julián Macías que me dio la posibilidad de estudiar sus tácticas en redes sociales de guerra psicológica y cognitiva, como las que han aplicado en Venezuela.

La secuencia dictadura-fraude-revuelta ya nos suena familiar por estos lares.

De estos paseos, virtuales, por el Caribe surgió una modesta colaboración con el periodista y abogado colombiano Daniel Mendoza Leal para su premiada serie Matarife, sobre el expresidente Álvaro Uribe Veléz. Quiero aprovechar para enviar todo mi apoyo a este compañero. A Daniel lo conocí en el exilio y nunca creí que tuviese que volver a abandonar su país por las amenazas de la mafia; hace unos días balearon su vehículo y acaba de anunciar que retoma su éxodo.

Mi faceta como “relator” —no soy periodista, siempre he sido activista— comenzó en la red, balbuceando torpemente hasta que conseguí salir del frío formato del informe y hacerme entender.

Hace un par de años empecé a colaborar con Crónica Libre, un medio digital dirigido por una de las mejores periodistas de investigación de nuestro país, Patricia López. Y esta última temporada he estado colaborando en Diario.Red con una sección, Tirando del hilo, en la que trato, básicamente, temas de corrupción. Ahí ya venía publicando la relación entre Maria Corina Machado y medios de desinformación vinculados a la familia Capriles, que operaban en España.

A raíz de estas piezas, Jeitson Cabrera, el representante del partido de Maria Corina en Madrid, asociado con grupos fascistas y paramilitares, llegó a amenazar de muerte a uno de los redactores de Diario.Red.

Esta amenaza me permitió actualizar el panorama virtual sobre Venezuela y poner el ojo en la tormenta tropical que se avecinaba, comprobando que para formarla estaban operando, simultáneamente, todos los activos habituales de la extrema derecha patria e internacional.

Desde los libertarios de Atlas Network a los negacionistas de un gurú político de moda, con patrocinio de la secta El Yunque, Alvise Pérez, quien llegó a realizar un llamamiento de sublevación militar el día 29, andaban alborotados.

Por no hablar de los aliados naturales Vox y el Partido Popular. Estos últimos provocaron el incidente con numerito y bandera incluida en el aeropuerto de Caracas, cuando no habían solicitado los permisos reglamentarios para ingresar como observadores internacionales y que vendieron como “el tirano Maduro y la dictadura venezolana no nos deja entrar a verificar el fraude”. Todos los indicios apuntaban a que se estaba preparando una jugada sucia.

Sobre el caso de las “actas” de la oposición venezolana has afirmado con bases que son fraudulentas. Antes de entrar a detalle, ¿has conocido otro caso de falsificación masiva parecido a este en tu carrera?

Con estas características ya te digo que no, los tiempos cambian, los campos de batalla también y este montaje virtual de las actas con apoyo de artillería mediática y soporte en red ha supuesto un nuevo capítulo en la guerra híbrida que sufre Venezuela. Y que sufriremos todos, o sufrimos ya con diferentes intensidades.

En España es la ultraderecha la que está abonada a esa dinámica que les contaba de dictadura-fraude-revuelta, llegando a protagonizar llamamientos al golpe de Estado con ruido de sables, impensables hace pocos años en esta Europa de las democracias —entiéndanme la ironía—.

He participado en muchos procesos de votación en España, en 2015 fui representante ante la Junta Electoral de zona de mi provincia. En numerosas ocasiones he participado como apoderado o interventor en elecciones municipales y locales, y salvo incidencias menores son procesos garantistas, no susceptibles de albergar fraudes masivos.

Está claro que minar, sin fundamento y por sistema, la credibilidad del sistema de elección popular significa atacar la raíz de la democracia. Y ese es el objetivo principal.

Hablemos ahora sí del tema en concreto. En tus últimas publicaciones has referido que la oposición usó actas del proceso de instalación de mesas electorales. Explícanos qué encontraste.

Quiero aclarar que mi estudio se limita al primer lote de aproximadamente 9 mil “documentos” que fueron colgados en la página de resultadosconvzla.com y que comencé a descargar el 30 de julio. Del total, extraje un lote de 1 200 para un primer análisis, lo que me permitió comprobar, ya en primera instancia, la inconsistencia de aquellas supuestas actas que pretendían avalar una victoria de Edmundo González.

En cualquier proceso electoral en España, la mayoría de aquellos documentos habrían sido declarados nulos de plena validez; la ausencia de firmas de actores relevantes de las mesas electorales, la evidente manipulación de otras, escaneos incompletos con el escamoteo de datos fundamentales para identificar correctamente el acta… ya desde un primer momento me pareció un trabajo bastante chapucero.

El 3 de agosto publiqué un primer hilo con las conclusiones del análisis de unos 3 mil documentos, un tercio del total, que me permitía sacar ya ciertas conclusiones sobre los patrones que seguían las irregularidades, y así confirmé que afectaban a un número significativo de estos 1 200 como para considerarlo un fraude masivo.

Entonces estaba procesando información de muchos palos y no me había parado a pensar en la metodología del fraude. La pregunta que surgió esos días, que nadie me ha sabido responder, es que si Edmundo y María Corina tenían las actas buenas que proclamaban su victoria, ¿a qué venía colgar estas actas “chimbas”?

Unos días más tarde, el 10 de agosto, Diario.Red publicaba la primera pieza: Graves irregularidades en las supuestas actas publicadas por la oposición en Venezuela.

Para entonces ya había revisado 75% y, aunque me hubiese gustado acabar el informe, los tiempos hay que jugarlos y había prisa por desmontar el fraude de quien gritaba fraude. Todavía andábamos enredados en cuestiones que resultaron secundarias, los fácilmente manipulables códigos QR y Hash, pero en este texto ya adelantaba uno de los posibles modus operandi del proceso de falsificación masiva: el uso de las firmas de las actas de inicialización para elaborar las de escrutinio que quisieron pasar por buenas.

Los rastros de esta práctica podían seguirse por municipios de todo el país, y el trabajo con los documentos restantes lo confirmó.

Para el 15 de agosto titulamos “¿Cómo manipuló las actas la oposición en Venezuela? Desvelamos el mecanismo utilizado”. Un análisis completo de las irregularidades en las supuestas actas colgadas por Edmundo González, María Corina Machado y sus socios en la página resultadosconvzla.com permite llegar a ciertas conclusiones sobre el proceso de manipulación de las mismas.

A esas alturas ya había elaborado una hipótesis plausible, sustentada en evidencias recogidas en más de 3 500 documentos que apuntaban al uso de las actas de inicialización, una estrategia que además ofrecía un estimable margen de 12 horas para perpetrar el delito.

Hace poco el diplomático venezolano Samuel Moncada demostró cómo las “actas” opositoras tenían códigos QR de locales comerciales o productos en Estados Unidos. Tú también encontraste desde antes algunas irregularidades en esos QR y los códigos o firmas digitales de las máquinas en las supuestas “actas”.

El tema de la seguridad y los códigos provocó un sesudo debate técnico que parece estar zanjado, ¿no? El código que aparecía en la parte superior e identificaba la mesa electoral resultó no ser un código Hash sino un Código UUID (también llamado GUID), que también aparecía en las actas de inicialización.

Probamos que el código QR se podía generar a capricho con el programa adecuado. En cuanto al código Hash del final del acta, si los únicos que podían verificarlo eran los técnicos del CNE, ¿qué valor probatorio podría tener para cualquier usuario que visitase la página?

La consistencia de los documentos se caía a pedazos… Encontré cientos de QR manipulados con un programa de edición digital y deficiencias en los escaneos que afectaban, principalmente, los QR y las firmas digitales.

Básicamente refieres que, para dar la apariencia de que se trataba de códigos de máquinas (firmas digitales) y QR de máquinas, presentaron ediciones, lo cual es grave y sofisticado. Pero por otro lado mencionas problemas de firmas. ¿Qué patrones has visto en las firmas de las actas que has evaluado? Hay análisis de metadatos de las imágenes que sugieren que han sido intervenidas o que se ha borrado su registro.

El asunto de los metadatos también podría arrojar luz sobre el proceso de elaboración de estos documentos; me resisto a llamarlas actas, pero no es terreno en el que me haya metido.

En cuanto a patrones en el uso de las firmas, es fácilmente comprobable, como en miles de casos, que las rúbricas de las actas de escrutinio han sido “elaboradas” a semejanza de las que aparecían en las de inicialización, siendo muy usual que aparezcan dos firmas “paralelas” en la misma casilla del acta, una de ellas reseñada con bolígrafo junto a sus datos, y otra supuestamente realizada digitalmente en la máquina de votación y por la misma persona, que difieren totalmente en lo caligráfico. Diferencias que no son atribuibles a la natural distorsión de los grafos al firmar en la pantalla. La firma es un proceso automático que almacena nuestro cerebro y, aunque va variando a lo largo de nuestra vida, la trazabilidad de los rasgos característicos y la tipología de los gráficos que usamos no varían en cuestión de horas.

Hay muchos casos también en los que las firmas ni siquiera corresponden a los ciudadanos que aparecen reflejados como miembros de las mesas, o son firmas planas o elaboradas en serie por la misma mano.

Esto son evidencias, no opiniones.

En un trabajo arduo y acucioso revisaste todos los comprobantes falsos publicados sobre el municipio Tinaquillo del estado Cojedes. En Misión Verdad publicamos una nota basada en tu investigación. Para entonces, determinaste que 85% serían falsos. ¿Piensas que eso puede ser representativo de una situación general?

Ya han pasado por delante de mis ojos las 9 mil varias veces. En el proceso, a medida en que vas aprendiendo qué buscar, resulta más fácil el rastreo. Con la muestra de Tinaquillo quise reducir el perímetro del campo de batalla para mostrar un caso concreto, palpable y abarcable que pudiese entender cualquier paisano: un número limitado de actas que se pudiesen cotejar entre sí y, a su vez, con las que aparecían en la página de la oposición.

El panorama que me encontré en Tinaquillo fue desolador: de los 61 documentos publicados el 30 de julio en la página resultadosconvzla.com, unas 52, más de 85% de esas actas, eran papel mojado (en España esto significa “documento inválido”).

Las mayores incidencias correspondían a las ausencias de las firmas digitales de las máquinas y del escaneo incompleto de muchos QR, una deficiencia que podría haber sido solventada fácilmente volviendo a subir las actas. El caso es que aquel 17 de agosto todos los documentos que denunciaba como inservibles seguían colgados en la página de la oposición y avalados por dos supuestas auditorias. ¿Negligencia, incompetencia o causalidad?

Las cifras de Tinaquillo apuntalaban los datos que exponían un fraude masivo en todo el país, que afectaba, siendo laxos con los controles, 50% de los documentos presentados como actas.

¿Un trabajo de falsificación de estas características ha debido desarrollarse con suficiente antelación?

Si te digo la verdad, sigo inmerso en el proceso de las 12 horas, no me ha dado tiempo a mirar atrás, pero es evidente que la de las actas era una campaña dentro de la batalla en Venezuela, planeada con tiempo y uno de los puntales estratégicos del golpe.

Considerando que eres investigador de datos y fuentes. Este caso implica el uso de elementos alternativos a contracorriente de instituciones oficiales. Se trata de “actas” falsas y un CNE paralelo. Países como Estados Unidos, los de la Unión Europea y otros en América Latina, en muchos casos, suelen rechazar ese tipo de fuentes. Ahora parece que prefieren afianzarse sobre el uso de esas fuentes no verificadas y además cuestionadas, incluso para construir su política exterior sobre Venezuela. ¿Qué te dice eso? ¿Qué sentido tiene que esos gobiernos se aferren a esas “actas” siendo datos tan endebles?

Esta guerra es global y Venezuela es una pieza fundamental del tablero geopolítico. En muchos gobiernos, incluso catalogados como progresistas, está implantado el relato de que Venezuela es una dictadura. No ven las orejas al lobo, la sombra del fraude ha recorrido ya las campañas de toda la ultraderecha de América Latina sin que escarmienten. Les tocará, y hablo de Lula o Boric.

Pero dicho alineamiento disciplinado, sin fisuras, obedece, sin duda, a los intereses del Departamento de Estado y sus gobiernos satélites en Europa. Para organismos alineados como la OEA o el Centro Carter, dar credibilidad a esta pantomima les ha hecho perder la poca que ya les quedaba.

¿Es posible que en Venezuela se haya ensayado un modelo de fabricación de “pruebas de fraude” que podría ser replicado en otros países? ¿Esto puede considerarse un precedente?

Sin ninguna duda, perfeccionarán la técnica y volverán a actuar. Para ejecutar esta operación no han titubeado en desplegar una cantidad ingente de activos, económicos y humanos. Puede no haberles salido bien, pero no cejarán en su empeño.

Y actuarán de la misma manera en todos aquellos escenarios donde confluya o hagan confluir sus intereses —se me ocurren varios en Latinoamérica— y logren implementar un relato similar. Si bien el caso de Venezuela, tras años de sufrir las consecuencias de la guerra híbrida, era un terreno abonado para desplegar esta campaña.

También he de decir que esta clase de jugadas suele incluirse en operaciones que necesitan de un desenlace rápido y violento: 24-72 horas. Si no triunfa el golpe, en el momento cuando cualquier proceso electoral acusado de fraude —en Estados Unidos Europa y Latinoamérica—, entra en el tracto judicial, acaba dirimiéndose ante un tribunal presentando documentos. Y ese era el punto final de la estrategia de las actas “chimbas”, por ello no las presentaron ni las presentarán ante la justicia venezolana.

¿Tienes alguna reflexión o apreciación que quieras agregar?

Nada compañeros, creo que ya estáis alerta y metidos en brega. Soy un servidor encantado de colaborar en lo que pueda; tenemos que unir la lucha de ambos lados del charco. En la guerra futura ya no se trata únicamente de dirigir lo que los ciudadanos deben pensar sino de ir implantando mecanismos de pensamiento destinados a la construcción de ideas, sus ideas. Los medios de comunicación decentes debemos combatir estas campañas de odio del fascismo, campañas globales que hubiese podido firmar el propio Joseph Goebbels. Un abrazo.

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