Salvador Allende, se fosse stato…

Marcos Roitman Rosenmann

Sempre a settembre, mese del colpo di Stato in Cile, ci troviamo con gli adoratori della post-verità intonando il loro mea culpa. Il loro metodo di analisi è reinterpretare i fatti sotto un “come se”. In questo modo, l’instaurazione della dittatura civile-militare, il bombardamento de La Moneda, l’assassinio, la persecuzione politica, la tortura, i detenuti scomparsi, possono essere visti al di fuori della storia, facendo tabula rasa della struttura di classe, della situazione di dipendenza economico-politica e delle relazioni internazionali. Al loro posto, presentano un racconto di fanta-politica. Tutto il peso dell’argomentazione si concentra nel confrontare ciò che avrebbe potuto essere e non è stato.

Se Allende non fosse stato marxista, se non fosse stato socialista, se non fosse stato massone, se non fosse stato un democratico, se non avesse difeso il programma dell’Unidad Popular, se non si fosse scontrato con l’oligarchia, se fosse stato comprensivo verso gli interessi USA.

La lista dei “non fosse stato” è lunga. A cui si devono aggiungere le denigrazioni personali. Era donnaiolo, infedele, gli piaceva vestirsi bene. In definitiva, era un piccolo borghese con manie di grandezza.

Eugenio Tironi, sociologo della concertazione, operatore politico, imprenditore, ex democristiano, direttore delle comunicazioni del governo di Patricio Aylwin (1990-1994), in un’intervista concessa al quotidiano La Tercera, del 28 agosto, pontifica: “Per me, Allende era un dandy borghese riformista, allevato nella logica parlamentare, nella democrazia borghese. Inoltre, era ostentatamente e provocatoriamente infedele. E rimpiazzava la mancanza di solidità teorica con l’astuzia (…) Per Allende conquistare voti era come conquistare donne”.

E se rimangono dubbi, conclude: “Io credo che, se Allende avesse avuto la flessibilità che ha avuto Boric, non ci sarebbe stato il colpo di Stato. Se Allende avesse avuto l’indipendenza che ha mostrato Boric rispetto ai suoi partiti, non ci sarebbe stato il golpe. Se Allende avesse mostrato la libertà che ha mostrato Boric sulla scena internazionale, si sarebbe arrivati a un accordo con gli USA riguardo alla negoziazione del rame e si sarebbe contenuto il blocco”. Per Tironi, è chiaro, il governo dell’Unidad Popular fu sconfitto. Da chi? Da Salvador Allende.

Riassumendo: se Allende non fosse stato Salvador Allende, se il Cile non fosse stato il Cile, se gli USA non fossero stati gli USA, se il popolo cileno non avesse votato per l’Unidad Popular, se Salvador Allende fosse stato militante democristiano, non ci sarebbe stato il colpo di Stato. Causa causae causa causati est. Letteralmente: la causa della causa è la causa di ciò che è stato causato.

Risulta grottesco presentare un racconto di fanta-politica per giustificare il zizzagare del governo di Gabriel Boric e rileggerli come successi di una gestione esemplare.

Ancora Tironi: “Mi sorprende come questa nuova sinistra, quella che oggi governa, quella guidata da Gabriel Boric, sia stata capace di raccogliere le lezioni di Allende”.

A quali lezioni si riferisce Tironi? Molto semplice. Salvador Allende avrebbe dovuto rinunciare a quanti principi fossero stati necessari se non voleva infastidire la destra e portare a termine il suo mandato, mentre l’Unidad Popular avrebbe dovuto abbandonare la via pacifica della transizione al socialismo per ampliare i consensi con l’oligarchia e governare in pace. Per capirlo. Alla lunga, i diritti umani delle classi lavoratrici possono aspettare, essere posticipati o eliminati. Allende avrebbe fatto meglio ad accettare il motto della plutocrazia cilena espresso da Eduardo Matte Larraín: “I padroni del Cile siamo noi, i padroni del capitale e della terra; il resto è massa influenzabile e vendibile; non ha peso né come opinione né come prestigio”.

Oggi, gli ideologi del regime hanno fatto capire a Gabriel Boric che è più facile andare d’accordo con la plutocrazia che impegnarsi nella difesa dei diritti lavorativi, sociali, etnici, di classe e di genere delle classi lavoratrici, dominate e sfruttate. Per dare una parvenza di credibilità, si attaccano ai benefici della flessibilità di carattere di Boric come fonte del successo del suo governo (sic). Sembrano ignorare il significato.

Richard Sennett, uno dei sociologi più importanti del XX e XXI secolo, ha definito la flessibilità come la perdita del valore etico che attribuiamo alle relazioni con gli altri. Così lo esprime nel suo saggio ‘La corrosione del carattere: le conseguenze personali del lavoro nel nuovo capitalismo’: “Il carattere si esprime attraverso la lealtà e il reciproco impegno, sia nella ricerca di obiettivi a lungo termine, sia nella pratica di posticipare la gratificazione in funzione di un obiettivo futuro”.

Abbandonarsi alla flessibilità come segno distintivo significa arrendersi a una società impaziente, senza obiettivi a lungo termine, senza impegno reciproco né lealtà. Parafrasando Hans Christian Andersen, hanno costruito un nuovo vestito per l’imperatore Gabriel Boric, che mette a nudo le sue vergogne.

Non dimentichiamo, Salvador Allende si è formato su valori etici, ha forgiato il suo carattere nel rispetto della parola data, nel suo impegno politico con il popolo cileno. Solo così ha capito che poteva essere degno e meritevole della fiducia riposta in lui dal popolo cileno. È stata la sua incrollabile difesa della democrazia a collocare Salvador Allende come un grande tra i grandi.

Ma siate pragmatici, se fosse stato flessibile, probabilmente sarebbe vissuto molti anni. Tuttavia, oggi sarebbe ricordato come un altro presidente traditore del suo popolo. E la storia del Cile è piena di loro.

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Marcos Roitman Rosenmann Cileno-spagnolo, sociologo e scrittore


Salvador Allende, si hubiese sido…

Por Marcos Roitman Rosenmann

Siempre en septiembre, mes del golpe de Estado en Chile, nos encontramos con los adoradores de la posverdad entonando su mea culpa. Su método de análisis, reinterpretar los hechos bajo un como sí. De esta manera la instauración de la dictadura civil militar, el bombardeo de La Moneda, el asesinato, persecución política, tortura, los detenidos desaparecidos, pueden ser vistos al margen de la historia, haciendo tabula rasa de la estructura de clases, la situación de dependencia económico-política y las relaciones internacionales. En su lugar, presentan un relato de política ficción. Todo el peso del argumentario se centra en contrastar lo que pudo ser y no fue.

Si Allende no hubiese sido marxista, si no hubiese sido socialista, si no hubiese sido masón, si no hubiese sido un demócrata, si no hubiese defendido el programa de la Unidad Popular, si no se hubiese enfrentado a la oligarquía, si hubiese sido comprensivo con los intereses de Estados Unidos.

La lista de los no hubiese es larga. A la cual se deben sumar las descalificaciones personales. Era mujeriego, infiel, gustaba ir bien vestido. En definitiva, era pequeño burgués con ínfulas de grandeza.

Eugenio Tironi, sociólogo de la concertación, operador político, empresario, ex demócrata cristiano, director de comunicaciones del gobierno de Patricio Aylwin (1990- 1994), en entrevista concedida al diario La Tercera del 28 de agosto, pontifica: “Para mí, Allende era un dandi burgués reformista, criado en la lógica parlamentaria, en la democracia burguesa. Además, era ostensible y provocativamente infiel. Y remplazaba la falta de solidez teórica con astucia (…) Para Allende conquistar votos era como conquistar mujeres”.

Y si quedan dudas, concluye: “Yo creo que, si Allende hubiese tenido la flexibilidad que ha tenido Boric, no habría habido golpe de Estado. Si Allende hubiese tenido la independencia que ha mostrado Boric respecto a sus partidos, no habría habido golpe. Si Allende hubiese mostrado la libertad que ha mostrado Boric en la red internacional, se habría llegado a un acuerdo con Estados Unidos respecto de la negociación del cobre y se habría contenido el bloqueo”. Para Tironi, está claro, el gobierno de la Unidad Popular fracasó y fue derrotado ¿Por quién? Por Salvador Allende.

Resumiendo: si Allende no hubiese sido Salvador Allende, si Chile no hubiese sido Chile, Si Estados Unidos no hubiese sido Estados Unidos, si el pueblo chileno no hubiese votado por la Unidad Popular, si Salvador Allende hubiese sido militante democratacristiano, no se hubiese producido el golpe de Estado. Causa causae causa causati est. Literalmente: la causa de causa es la causa de lo causado.

Resulta grotesco presentar un relato de política ficción para justificar los zigzagueos del gobierno de Gabriel Boric y reditarlos como éxitos de una gestión ejemplar.

Nuevamente Tironi. “A mí me admira cómo esta nueva izquierda, la que hoy día gobierna, la que encabeza Gabriel Boric, cómo ha sido capaz de recoger las lecciones de Allende”.

¿A qué lecciones se refiere Tironi? Muy simple. Salvador Allende debió renunciar a cuantos principios hubiesen sido necesarios si no quería molestar a la derecha y terminar su mandato, al tiempo que la Unidad Popular debió deshacerse de la vía pacífica de transición al socialismo para ampliar consensos con la oligarquía y gobernar en paz. Para entenderlo. A la larga, los derechos humanos de las clases trabajadoras pueden esperar, postergarse o eliminarse. Allende hubiese hecho mejor en acatar la máxima de la plutocracia chilena expresada por Eduardo Matte Larraín: “Los dueños de Chile somos nosotros, los dueños del capital y del suelo; lo demás es masa influenciable y vendible; ella no pesa ni como opinión ni como prestigio”.

Hoy, los ideólogos del régimen le han hecho entender a Gabriel Boric que es más placido llevarse bien con la plutocracia que comprometerse con la defensa de los derechos laborales, sociales, étnicos, de clase y género de las clases trabajadoras, dominadas y explotadas. Para darle un barniz de credibilidad se adhieren a los beneficios de la flexibilidad de carácter de Boric como la fuente del éxito de su gobierno (sic). Parecen desconocer su significado.

Richard Sennett uno de los sociólogos más destacados del siglo XX y XXI, definió la flexibilidad como la pérdida del valor ético que atribuimos a las relaciones con los demás. Así lo expresa en su ensayo “La corrosión del carácter: Las consecuencias personales del trabajo en el nuevo capitalismo”: “El carácter se expresa por la lealtad y el compromiso mutuo, bien a través de la búsqueda de objetivos a largo plazo, bien por la práctica de postergar la gratificación en función de un objetivo futuro”.

Abandonarse a la flexibilidad como sello de identidad supone entregarse a una sociedad impaciente, sin metas a largo plazo, sin compromiso recíproco ni lealtad. Parafraseando a Hans Cristian Andersen, le han construido un traje nuevo al emperador Gabriel Boric, lo cual desnuda sus vergüenzas.

No olvidemos, Salvador Allende se educó en valores éticos, forjó su carácter en el respeto a la palabra dada, a su compromiso político con el pueblo chileno. Sólo así, entendió que podría ser digno y merecedor de la confianza depositada por el pueblo chileno. Fue su inquebrantable defensa de la democracia lo que sitúa a Salvador Allende como un grande entre los grandes.

Pero seamos pragmáticos, si hubiese sido flexible, posiblemente hubiese vivido muchos años. Eso sí, hoy se le recordaría como otro presidente traidor a su pueblo. Y la historia de Chile está plagada de ellos.

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Marcos Roitman Rosenmann Chileno-español, sociólogo y escritor

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