Le motivazioni politiche e commerciali di Erik Prince in Venezuela

In un articolo precedentemente pubblicato da Misión Verdad, il giornalista Robert Inlakesh sosteneva che Erik Prince, imprenditore USA fondatore di Blackwater, stesse cercando un’opportunità come appaltatore militare con la proposta pubblica, via X, di rovesciare con la forza il governo del presidente Nicolás Maduro.

A tal fine, si è unito a una campagna chiamata Ya Casi Venezuela, i cui obiettivi non sono chiari e sollevano dubbi sul tipo di operazione che l’ex Navy SEAL potrebbe promuovere con così tanto anticipo sulle reti sociali.

Secondo il giornalista dell’opposizione David Placer, residente a Madrid, si tratterebbe di una raccolta fondi con l’obiettivo di raccogliere 600 milioni di $ per scopi militari. Tuttavia, c’è molta più speculazione che certezza intorno all’intrigo.

Non sarebbe la prima volta che ha cercato di condurre una missione militare al di fuori degli USA negli ultimi anni: nel 2022 ha proposto di creare una compagnia privata di servizi militari con i soldati residui dell’esercito ucraino, nel contesto dell’Operazione Militare Speciale russa, ma non ha potuto realizzarla per mancanza di approvazione da parte dei comandi ufficiali USA e propriamente ucraini.

Il passato di Blackwater nelle guerre in Iraq e Afghanistan — inclusi crimini di guerra e contro l’umanità — ha messo sotto giudizio la figura di Prince in contesti di conflitto. Tuttavia, da allora, questi non ha desistito dal presentarsi come un attivo operatore nel campo politico e nel fare lobby a Washington.

Connessione diretta con Washington e l’establishment politico

Prince ha sfruttato le opportunità che gli ha offerto l’appartenenza a una famiglia benestante e ben inserita nel campo commerciale e politico negli USA. Da giovane ha svolto uno stage alla Casa Bianca, un’esperienza che lo ha segnato per tutta la vita, da cui ha consolidato le sue relazioni con politici del Partito Repubblicano e figure della destra tradizionale e conservatrice.

Dagli anni 2000 è stato un contributore abituale quasi esclusivamente per legislatori repubblicani. Il suo vasto istoriale comprende donazioni a campagne politiche di rappresentanti e senatori del Partito Repubblicano, pagamenti per attività di lobby, finanziamenti di supporto a leggi, ecc.

Il suo coinvolgimento nel campo politico ha influenzato i contratti a favore di Blackwater, rendendolo una figura citata nei media e in libri — inclusi biografie laudative — in cui sostiene l’imperialismo USA.

I rapporti secondo cui Prince, erede di una fortuna originaria del Michigan, ha forti legami con i repubblicani e gruppi cristiani conservatori risalgono al 2007; da allora è stato legato a questi mondi e alla scena pubblica.

In un ampio profilo doppio realizzato da Vanity Fair su Erik Prince e sua sorella Betsy DeVos, si suggerisce che derivi dalla famiglia l’abilità di combinare i propri obiettivi politici con quelli commerciali, naturalmente, in un paese in cui le corporazioni hanno voce e voto, per diritto commerciale, nell’elaborazione delle politiche del governo federale e del regime legislativo.

Questa posizione è in linea con molti nel cerchio politico più vicino a Donald Trump e, in effetti, entrambi sono stati fedeli sostenitori nei circoli pro-Trump fin dall’elezione del magnate a presidente.

La sorella di Prince è stata segretaria dell’Istruzione durante l’amministrazione Trump e Prince è stato considerato un “consigliere ombra” del presidente repubblicano. La sua partecipazione di rilievo in un’operazione di spionaggio contro politici oppositori del presidente repubblicano ha ulteriormente minato la sua immagine pubblica, insieme agli scandali attribuiti alla compagnia che ha fondato e da cui si è dissociato per ragioni di marketing politico e commerciale.

Come pedina di Trump, Prince ha tentato di diventare senatore per lo stato del Wyoming, nel 2017, ma l’establishment repubblicano non lo ha permesso. È stato accusato di voler trarre profitto dall’allora occupazione USA in Afghanistan, ripulire la sua immagine di imprenditore imputato davanti alla legge e promuovere l’agenda trumpista al Senato.

Un reportage della NBC News, nel 2017, commentava che “Prince ora dirige il Frontier Services Group, un’impresa di logistica con sede a Hong Kong e investitori cinesi. L’azienda, quotata a Hong Kong, ha recentemente acquisito una quota del 25% in una scuola privata di formazione in sicurezza e ha appena ottenuto un contratto per fornire sicurezza e logistica a un’autorità di investimento in una zona franca in Somalia”.

Prince combina tutto questo con il suo desiderio politico di rimanere connesso all’establishment non solo USA, ma anche occidentale. Il 30 maggio scorso, il giornalista Ken Silverstein ha rivelato che Prince gestisce un gruppo chat su WhatsApp “per i suoi affiliati, che include una raccolta di funzionari governativi di destra, agenti di intelligence, trafficanti d’armi e giornalisti” dove discutono di Biden, “marxismo culturale”, Israele e Palestina, Yemen e Iran e, naturalmente, di misure esplosive contro questi paesi dell’Asia occidentale.

Silverstein racconta che nel gruppo ci sono “icone dell’ecosfera MAGA come Tucker Carlson, la figura più venerata tra i partecipanti al gruppo chat, eccezion fatta per il capo supremo stesso; Kimberly Guilfoyle, la fidanzata di lunga data di Donald Trump Jr.; e il tenente generale in pensione Michael Flynn, il primo consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, condannato e poi graziato. Flynn ha partecipato, Carlson solo minimamente e Guilfoyle per niente”.

Prince è una figura nota nei circoli di Trump e del Partito Repubblicano in generale, rimane attivo nella scena di Washington senza successi duraturi e, probabilmente, il Venezuela rientra nella sua equazione per reinserirsi come figura rilevante tra i repubblicani, i neoconservatori e altri gruppi politici pro-imperialisti negli USA.

Imprenditoria militare?

In una conferenza, tenuta a New York nel 2019, a cui hanno partecipato diverse figure mediatiche delle destre liberali e conservatrici USA, Prince sosteneva che la maggiore minaccia per gli USA non è il terrorismo né la Russia, ma il “socialismo mascherato da liberalismo. È il tipo di cavallo di Troia che potrebbe introdurre il 16º Emendamento nella Costituzione e obbligare la gente a pagare le tasse”.

Ciò significa che Prince è convinto che il “libero mercato” possa risolvere ciò che il governo federale naturalmente danneggia. “Dobbiamo privatizzare ogni volta che sia possibile”, ha detto Prince in quell’occasione, seguito da “lo spirito imprenditoriale ha reso grande gli USA”.

La sua carriera negli affari — privati — e la politica si armonizzano con questi concetti, che egli sostiene — e si definisce un “libertario” — di portarli a un livello successivo.

Lo scorso agosto, ha partecipato, con un piccolo gruppo di legislatori conservatori, annunciando parte della propria indagine sull’attentato contro Donald Trump dello scorso luglio. Il gruppo ha “presentato un panel di testimonianze di esperti in stile audizione del Congresso” tramite streaming, anche se non era un fatto ufficiale.

Piuttosto, si trattava di un tentativo di istituire un’istituzione parallela a quella dei membri del gruppo di lavoro bipartisan ufficiale che sta indagando sul tentato omicidio dell’ex presidente e ora candidato repubblicano.

Tra i relatori c’erano Erik Prince “e Ben Shaffer, un ufficiale della squadra SWAT della polizia che era presente al tentato omicidio del 13 luglio, seduto in una sala a pochi isolati dal Campidoglio”.

“Guidato dai rappresentanti Cory Mills e Crane, insieme a Matt Gaetz, Andy Biggs e Chip Roy, questo gruppo di legislatori afferma di non fidarsi di ciò che emergerà da nessuna delle indagini condotte all’interno e all’esterno del Congresso”, riporta il reportage.

Colpisce il fatto che quella sfiducia nelle autorità ufficiali per sviluppare l’indagine in modo efficiente potrebbe essere lo stesso argomento di Prince per pianificare un’operazione militare in Venezuela, non ufficiale ma con grandi riflessi di marketing politico. Un’altra opportunità di affare, con il “socialismo” e l’attuale congiuntura venezuelana come scusa.

Il settore estremamente redditizio in cui operano i contraenti militari privati è così profondamente radicato nel sistema politico USA che le aziende di mercenari hanno sicuramente poco da temere da un potere politico nelle mani dei repubblicani o dei democratici a Washington. Per appaltatori militari come Prince, queste sono ottime notizie.

Ciò non significa che, se vende un’invasione in Venezuela, automaticamente un ipotetico nuovo governo Trump approverebbe la proposta. Infatti, è stato tutto il contrario da quando è stato accusato per i crimini di Blackwater in Iraq, ma ciò non lo ha allontanato dalle sue ossessioni politiche e commerciali. Vale la pena ricordare che, citando il già menzionato lavoro di Inlakesh, “secondo quattro fonti citate da Reuters, nel 2019, Prince ha fatto pressioni sull’amministrazione Trump per dispiegare un esercito privato in Venezuela per rovesciare il dirigente socialista, democraticamente eletto, Nicolás Maduro”.

Il giornalista, residente a Londra, chiarisce che “secondo quanto riportato, Prince ha trascorso mesi cercando di assicurarsi il sostegno politico e finanziario per quel progetto”. Cioè, è stata un’altra opportunità di affare fallita.

Ma la sua esposizione su X, insieme alle aspettative della campagna Ya Casi Venezuela, sembra mirare a elevare la sua figura tra i repubblicani in vista di un’altra possibile amministrazione Trump nel prossimo futuro, come lo ha dimostrato Elon Musk nel contesto post-elettorale venezuelano.


Las motivaciones políticas y comerciales de Erik Prince en Venezuela

En un artículo anteriormente publicado por Misión Verdad, el periodista Robert Inlakesh argumentaba que Erik Prince, empresario estadounidense fundador de Blackwater, estaba buscando una oportunidad como contratista militar con la propuesta pública, vía X, de derrocar por la fuerza el gobierno del presidente Nicolás Maduro.

Para ello se sumó a una campaña llamada Ya Casi Venezuela, cuyos fines no están claros y plantean dudas sobre el tipo de operación que pudiera promover el exNavy SEAL con tanta anticipación en las redes digitales.

Según el periodista opositor David Placer, radicado en Madrid, se trataría de una recaudación de fondos con aspiraciones de recoger 600 millones de dólares para fines militares. Pero lo cierto es que hay mucha más especulación que certeza en torno a la intriga.

No sería la primera vez que intentara conducir una misión militar fuera de Estados Unidos en años recientes: en 2022 planteó crear una compañía privada de servicios militares con los soldados remanentes del ejército de Ucrania, en el marco de la Operación Militar Especial rusa, pero no pudo llevarla a cabo por falta de aprobación en los mandos oficiales estadounidenses y propiamente ucranianos.

El prontuario de Blackwater en las guerras de Irak y Afganistán —crímenes de guerra y lesa humanidad incluidos— puso en escrutinio la figura de Prince en contextos de conflicto. Sin embargo, este no ha desistido en mostrarse como un activo operador en el campo de la política y en hacer lobby en Washington desde entonces.

Conexión directa con Washington y el establishment político

Prince ha aprovechado las oportunidades que le ha brindado pertenecer a una familia acaudalada bien ubicada en el ámbito comercial y político en Estados Unidos. De joven fungió de pasante en la Casa Blanca, una experiencia que lo marcó para el resto de su vida, de donde cimentó su relación con políticos del Partido Republicano y figuras de la derecha tradicional y conservadora.

Desde la década del 2000 ha sido un contribuyente usual de legisladores republicanos casi exclusivamente. Su extensivo historial abarca la donación a campañas políticas de representantes y senadores del Partido Republicano, pagos de lobby, financiamiento de apoyo a leyes, etcétera.

Su involucramiento en el campo político condicionó los contratos a favor de Blackwater y se convirtió en una figura citada en medios y libros —incluso biografías laudatorias— en los que aboga por el imperialismo estadounidense.

Los reportes de que Prince, heredero de una fortuna oriunda de Michigan, tiene fuertes lazos con los republicanos y grupos cristianos conservadores datan de 2007; de ahí en adelante estará atado a esos mundillos y a la palestra pública.

En un extenso perfil doble que realizó Vanity Fair a Erik Prince y su hermana Betsy DeVos se sugiere que viene de familia el hecho de trazar sus metas políticas con las comerciales, claro, en un país donde las corporaciones tienen voz y voto, por derecho mercantil, en el establecimiento de las políticas del gobierno federal y del régimen legislativo.

Esta posición se encuentra en concordancia con muchos en el círculo político más cercano a Donald Trump y, en efecto, ambos han sido fieles dentro de los círculos proTrump desde la asunción del magnate como presidente.

La hermana de Prince fue la secretaria de Educación durante la administración Trump y Prince fue considerado un “asesor en las sombras” del presidente republicano. La participación estelar de este en una operación de espionaje contra políticos opositores al presidente republicano minó aun más su figura pública, junto a los escándalos imputados a la compañía que fundó y de la que se desvinculó por razones de marketing político y comercial.

Como ficha de Trump, Prince intentó convertirse en senador por el estado de Wyoming en 2017, pero el establishment republicano no lo permitió. Se le acusaba de querer beneficiarse de la entonces ocupación estadounidense en Afganistán, blanquear su imagen de empresario imputado ante la ley y de promover la agenda trumpista en el Senado.

Un reportaje de NBC News en 2017 comentaba que “Prince ahora dirige Frontier Services Group, una empresa de logística con sede en Hong Kong e inversores chinos. La firma, que cotiza en Hong Kong, adquirió recientemente una participación de 25% en una escuela privada de formación en seguridad y hace poco consiguió un contrato para proporcionar seguridad y logística a una autoridad de inversión en una zona franca de Somalia”.

Esto lo combina con su afán político de mantenerse conectado al establishment no solo estadounidense sino también occidental. El 30 de mayo pasado el periodista Ken Silverstein reveló que Prince gestiona un grupo de chat en WhatsApp “para sus allegados que incluye una colección de funcionarios gubernamentales de derecha, agentes de inteligencia, traficantes de armas y periodistas” donde discuten sobre Biden, “marxismo cultural”, Israel y Palestina, Yemen e Irán y, por supuesto, medidas explosivas contra dichos países de Asia Occidental.

Silverstein cuenta que en el grupo hay “íconos de la ecósfera MAGA como Tucker Carlson, la figura más venerada entre los participantes del chat grupal, con la excepción del propio líder supremo; Kimberly Guilfoyle, la prometida de Donald Trump Jr. desde hace mucho tiempo; y el teniente general retirado Michael Flynn, el primer asesor de seguridad nacional de Trump condenado y luego indultado. Flynn ha participado, Carlson solo mínimamente y Guilfoyle en absoluto”.

Prince es una figura conocida dentro de los círculos de Trump y del Partido Republicano en general, se mantiene activo en la escena de Washington sin éxitos duraderos y probablemente Venezuela entre en su ecuación de volver a insertarse como una figura relevante entre los republicanos, neoconservadores y demás grupos políticos proimperiales en Estados Unidos.

¿Emprendimiento militar?

En una conferencia donde participaron varias figuras comunicacionales de las derechas liberales y conservadoras estadounidenses en Nueva York, año 2019, argumentaba que la mayor amenaza de Estados Unidos no es el terrorismo ni Rusia sino el “socialismo disfrazado de liberalismo. Es el tipo de caballo de Troya que puede colar la 16ª Enmienda en la Constitución y obligar a la gente a pagar impuestos”.

Significa que es un convencido de que el “libre mercado” puede arreglar lo que el gobierno federal naturalmente daña. “Tenemos que privatizar siempre que sea posible”, dijo Prince en aquella oportunidad, seguido de “el espíritu empresarial hizo grande a Estados Unidos”.

Su carrera en los negocios —privada— y la política entran en armonía con estos conceptos, a los que aboga —él mismo se califica de “libertario”— llevarlos a un próximo nivel.

En agosto reciente participó con un pequeño grupo de legisladores conservadores anunciando parte de su propia investigación sobre el atentado contra Donald Trump en julio pasado. El grupo “presentó un panel de testimonios de expertos al estilo de una audiencia del Congreso” vía streaming, aunque no fue un hecho oficial.

Más bien se trata de un intento por instalar una institución paralela a la de los miembros del grupo de trabajo bipartidista oficial que investiga el intento de asesinato contra el expresidente y ahora candidato republicano.

Entre los panelistas se encontraban Erik Prince “y Ben Shaffer, un oficial del equipo SWAT de la policía que estuvo presente en el intento de asesinato del 13 de julio, sentado en una sala a pocas cuadras del Capitolio”.

“Liderado por los representantes Cory Mills y Crane, junto con Matt Gaetz, Andy Biggs y Chip Roy, este grupo de legisladores dice que no confía en lo que saldrá de ninguna de las investigaciones que se llevan a cabo dentro y fuera del Congreso”, cuenta el reportaje.

Llama la atención que esa desconfianza en las autoridades oficiales para desarrollar la investigación de manera eficiente pudiera ser el mismo argumento de Prince para planificar una operación militar en Venezuela, no oficial pero con grandes visos de marketing político. Otra oportunidad de negocios, con el “socialismo” y la actual coyuntura venezolana de excusa.

El sumamente rentable sector en el que operan los contratistas militares privados está tan profundamente incrustado en el sistema político estadounidense que las empresas de mercenarios tienen sin duda muy poco que temer de un poder político en manos de los republicanos o de los demócratas en Washington. Para los contratistas militares, como Prince, estas son muy buenas noticias.

Ello no quiere decir que, si vende una invasión en Venezuela, automáticamente un hipotético nuevo gobierno de Trump aprobaría el punto de cuenta. De hecho, ha sido todo lo contrario desde que fue acusado por los crímenes de Blackwater en Irak, pero ello no lo ha alejado de sus obsesiones políticas y comerciales. Conviene recordar que, citando el mencionado trabajo de Inlakesh, “de acuerdo con cuatro fuentes citadas por Reuters, en 2019 Prince presionaba la administración Trump con vistas a desplegar un ejército privado en Venezuela para derrocar al líder socialista, democráticamente electo, Nicolás Maduro”.

Aclara el periodista radicado en Londres que “según consta, Prince pasó meses tratando de asegurar el apoyo político y financiero para ese proyecto”. Es decir, fue otra oportunidad de negocios fallida.

Pero su exposición en X, junto a la expectativa de la campaña Ya Casi Venezuela, pareciera apuntar a elevar su figura entre los republicanos en el escenario de otra administración Trump en el futuro cercano, tal como lo ha mostrado Elon Musk en el contexto postelectoral venezolano.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.