Illusioni e realtà della campagna “Ya Casi Venezuela”

Dopo diversi giorni di speculazioni sulla sua natura, la campagna “Ya Casi Venezuela” è iniziata, lunedì 16 settembre, con Erik Prince a capo di questa iniziativa.

Sebbene alcuni sperassero in modo delirante che quel giorno segnasse l’inizio di un’operazione militare straniera per rovesciare il presidente Nicolás Maduro, il lancio del sito web yacasivenezuela.com si è rivelato un deposito per la raccolta fondi attraverso valute convenzionali e criptovalute.

Le donazioni sarebbero destinate a realizzare una “strategia” che, secondo l’ex commissario e golpista Iván Simonovis, uno dei portavoce della piattaforma, condurrà “rapidamente” alla “libertà del nostro paese”.

Secondo il sito web, si tratta di un progetto fatto da venezuelani, anche se la figura di Prince è stata la più rilevante come portavoce, occupando i titoli dei principali media.

In un video pubblicato compaiono persone anonime e altre etichettate come poliziotti ed effettivi militari che sostengono il progetto.

Tuttavia, l’iniziativa si è concentrata su Prince stesso, un ex Navy SEAL fondatore della famosa società di appaltatori militari Blackwater, accusata di crimini di guerra in Iraq e Afghanistan, e le cui motivazioni politiche e commerciali riguardo al Venezuela sono state precedentemente analizzate da questo sito. Ma questo è l’unico elemento di “peso” apparente.

Aspettative e opacità

Ora che “Ya Casi Venezuela” raccoglie denaro con presunti scopi politico-militari, i passi successivi non sono chiari.

Basandosi sull’esperienza di Prince, oltre a ciò che lui stesso ha pubblicato su X, ci si aspetterebbe la preparazione di qualche tipo di operazione specifica contro il presidente Maduro.

Ma la realtà potrebbe essere un’altra. Il denaro raccolto potrebbe essere destinato a scopi oscuri: un remake del clamoroso caso di corruzione dell’”aiuto umanitario”, del 2019, nel quadro del fittizio interim di Juan Guaidó, in cui Simonovis era un “funzionario”?

In un altro contesto, Prince ha più volte suggerito all’amministrazione Biden di aumentare la “ricompensa” per la cattura del presidente Maduro a 100 milioni di $. L’obiettivo della campagna di crowdfunding, indicato sulla pagina stessa, è di 10 milioni di dollari.

Le aspettative sulle reti sociali sono varie, tra oppositori entusiasti e scettici riguardo l’iniziativa. La stessa campagna annuncia che si tratterà di “spiegare perché è il momento di fidarsi e agire”, oltre a sottolineare che “questo NON è  altro fumo negli occhi”. Troppe spiegazioni che generano ogni tipo di sospetto.

L’account X della crociata ha ripubblicato messaggi di María Corina Machado, di Prince e di Simonovis.

Di Prince è stato pubblicato un video in cui afferma che “ora è il momento di votare con i dollari”, riferendosi al fatto che l’iniziativa è la fase successiva alle elezioni del 28 giugno. In realtà, si tratterebbe di un nuovo elemento all’interno della stessa agenda golpista basata su fattori terroristici e criminali sviluppata da quella giornata.

Nel portale si afferma anche che la crociata non appartiene a “nessun movimento, partito politico o personalità in particolare”.

Infatti, sebbene non si chiarisca chi sia dietro, si autodefinisce come “movimento”: “Il nostro movimento è la cristallizzazione del desiderio collettivo di libertà, un grido che nasce dal profondo del cuore di ogni cittadino che sogna un futuro migliore”.

L’opacità intorno alla raccolta fondi potrebbe suggerire l’esistenza di un gruppo di investitori e operatori già pronti a partecipare a un piano militare destituente, e che “Ya Casi Venezuela” sia una copertura cittadina per fabbricare legittimità sociale riguardo a una possibile azione di forza contro la sovranità del paese.

“Non dice quanto serve, non chiarisce per cosa verrà utilizzato il denaro, non spiega cosa intendono fare se non riescono a raccogliere la somma necessaria e non menziona la possibilità di un eventuale fallimento. Come se non bastasse, alcuni dei video che hanno accompagnato la piattaforma sono piuttosto amatoriali, per così dire”, nota un commentatore del portale Panampost.

Riempiendo il vuoto?

Nel contesto attuale, vale la pena sottolineare che questa campagna sorge in parallelo alla partenza dal paese di Edmundo González Urrutia, che -insieme a Machado- avrebbe dovuto guidare una supposta “transizione” in Venezuela.

González rappresentava la figura transitoria dalla narrativa conferitagli di “presidente eletto”, una funzione che Machado non può svolgere, nonostante si sia imposta come la capa de facto dei settori oppositori che rappresenta.

In sostanza, con l’ex candidato ora residente a Madrid, le aspettative di un cambio di regime in Venezuela si sono affievolite. Altri avvenimenti globali hanno avuto più urgenza dal punto di vista politico e informativo, mentre l’impulso del colpo di Stato si è raffreddato in termini di manifestazioni di piazza, e tutti gli sforzi si sono concentrati sull’opinione pubblica, mediante pagamenti e promozione di influencer.

La raccolta fondi, fino a ora, sembra mirare a mantenere operativa la fauna digitale della base radicalmente antichavista, che viene tenuta in sospeso dalle aspettative di una possibile operazione che, in mancanza di chiarezza, alimenta speculazioni di ogni genere. Ma ciò che è emerso sui social, da account poco rilevanti fino a Jaime Baily, oscilla tra il sospetto di truffa e la delusione.

D’altra parte, Prince è storicamente associato alla parola “opportunista”. Lo scopo dell’agiato appaltatore si lega direttamente ad un possibile ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, da cui il fondatore di Blackwater/Academi spererebbe di trarre vantaggio se il magnate approvasse una mossa per coinvolgersi in un’azione di forza contro il Venezuela, alla quale in passato non ha dato il via libera.

Ricordiamo anche che gli USA mantengono una taglia per la cattura del presidente Nicolás Maduro e del ministro Diosdado Cabello.

Secondo un rapporto di Reuters, nel 2019, Erik Prince cercò di vendere l’idea a Trump di rovesciare il presidente Maduro con un contingente di 5000 militari “in nome del capo dell’opposizione venezuelana Juan Guaidó”.

Ma la Casa Bianca non approvò la proposta. L’anno successivo, la fallita Operazione Gedeón si svolse senza tale sostegno e, secondo gli stessi autori intellettuali, la CIA era a conoscenza della sua preparazione ed esecuzione.

Diosdado Cabello, anche vicepresidente settoriale per la Politica, la Sicurezza dei Cittadini e la Pace, ha denunciato in un’intervista a TeleSur, il 14 settembre, un’operazione alla quale partecipava attivamente il militare USA Wilber Joseph Castañeda, catturato dalle autorità venezuelane. Le indagini hanno dimostrato che Castañeda aveva legami con i fattori destabilizzanti durante le giornate del 29 e 30 luglio.

Un comunicato stampa spiega che “oltre a occupare militarmente varie installazioni, tra cui l’aeroporto di Maiquetía —con la partecipazione di mercenari francesi— e il Palazzo di Miraflores, il piano prevedeva di attaccare i servizi vitali e basilari, per colpire sensibilmente la popolazione”.

Il ministro Cabello ha inoltre accusato Iván Simonovis, protetto dagli USA, di trafficare le armi che sarebbero state utilizzate nell’operazione. Pertanto, si potrebbe stabilire un collegamento tra il piano terroristico neutralizzato e il lancio di “Ya Casi Venezuela”, considerando gli elementi in comune (Simonovis) e gli obiettivi (azione militare).

Al 18 settembre, la delusione, lo scetticismo e l’eco di una probabile truffa segnano il lancio di una campagna profondamente radicata nel folclore miamense, che cerca nuovamente di agitare le passioni tristi e i deliri più pericolosi di coloro che, da anni, promuovono la guerra in Venezuela.

Ilusiones y realidades de la campaña “Ya Casi Venezuela” | Misión Verdad (misionverdad.com)


Ilusiones y realidades de la campaña “Ya Casi Venezuela”

 

Tras varios días de especulación sobre su naturaleza, la campaña “Ya Casi Venezuela” comenzó el lunes 16 de septiembre con Erik Prince a la cabeza de esta iniciativa.

Aunque algunos aspiraban de forma delirante que ese día fuera el inicio de una operación militar extranjera que derrocara al presidente Nicolás Maduro, el lanzamiento del sitio web yacasivenezuela.com resultó ser un repositorio para la recaudación de fondos a través de moneda convencional y criptomonedas.

Las donaciones estarían destinadas a llevar a cabo una “estrategia” que, de acuerdo con el excomisario y golpista Iván Simonovis, uno de los voceros de la plataforma, conducirá “de forma expedita” hacia “la libertad de nuestro país”.

Según la web, se trata de un proyecto hecho por venezolanos, aun cuando la figura de Prince ha sido la más destacada en tanto vocero, ocupando los titulares de los grandes medios.

En un video publicado aparecen personas anónimas y otras etiquetadas de policías y efectivos militares que apoyan el proyecto.

Sin embargo, la iniciativa se ha centrado en el propio Prince, un exNavy SEAL fundador de la famosa contratista militar Blackwater, acusada de crímenes de guerra en Irak y Afganistán, y cuyas motivaciones políticas y comerciales respecto a Venezuela se han analizado anteriormente desde esta tribuna. Pero este es el único factor de “peso” aparente.

Expectativas y opacidad

Ahora que “Ya Casi Venezuela” recopila dinero con supuestos propósitos político-militares, los pasos siguientes no están claros.

Basados en la experiencia de Prince, más lo que él mismo ha venido publicando en X, se esperaría la preparación de algún tipo de operación específica contra el presidente Maduro.

Pero la realidad podría ser otra. Lo recaudado podría tener otros destinos oscuros: ¿Remake del sonoro caso de corrupción de la “ayuda humanitaria” en 2019 en el marco del ficticio interinato de Juan Guaidó, del que Simonovis fue “funcionario”?

En otro frente, Prince ha recomendado a la administración Biden, varias veces, aumentar la “recompensa” por la captura del presidente Maduro a 100 milones de dólares. La meta de la campaña del crowdfunding, establecida en la propia página, es de 10 millones.

Las expectativas son variadas en las redes sociales, entre opositores entusiastas y escépticos de la iniciativa. La propia campaña anuncia que se tratará de “argumentar el porqué es el momento de confiar y de actuar”, además de remarcar que “esto NO es otro pote de humo”. Demasiadas explicaciones que generan todo tipo de sospechas.

La cuenta en X de la cruzada ha republicado mensajes de María Corina Machado y de los mencionados Prince y Simonovis.

Del estadounidense se publicó un video en el que afirma que “ahora llegó la hora de votar con dólares”, con lo cual refiere que la iniciativa es la siguiente fase luego de las elecciones del 28J. Pero, en realidad, consistiría en un nuevo elemento dentro de la misma agenda golpista basada en factores terroristas y criminales desarrollada desde esa jornada.

En el portal también se indica que la cruzada no pertenece a “ningún movimiento, partido político o personalidad en específico”.

De hecho, aunque no determina quiénes están detrás, se autocalifica como “movimiento”: “Nuestro movimiento es la cristalización del deseo colectivo de libertad, un grito que nace desde lo más profundo del corazón de cada ciudadano que sueña con un futuro mejor”.

La opacidad en torno a la recaudación podría sugerir que existe un cúmulo de inversores y operadores ya dispuestos a tomar parte en un plan militar destituyente, y que “Ya Casi Venezuela” es una mampara ciudadana para fabricar legitimidad social acerca de una eventual acción de fuerza contra la soberanía del país.

“No dice cuánto se necesita, no aclara para qué lo van a usar, no señala qué piensan hacer si no consiguen la suma necesaria ni tampoco hacen referencia alguna sobre la posibilidad de un eventual fracaso. Como si fuera poco, algunos de los videos que acompañaron la plataforma son bastante amateurs, por así decirlo”, anota un opinador del portal Panampost.

¿Llenando el vacío?

En el presente contexto, vale la pena subrayar que esta campaña aparece en paralelo a la salida del país de Edmundo González Urrutia, quien estaba llamado —junto a Machado— a liderar una supuesta “transición” en Venezuela.

González representaba la figura transicional desde la narrativa conferida de “presidente electo”, una función que Machado no puede colmar a pesar de haberse impuesto como la jefa de facto de los sectores opositores que representa.

Básicamente, con el excandidato ahora residiendo en Madrid, las expectativas de un cambio de régimen en Venezuela se han desvanecido. Otros acontecimientos globales han sido más apremiantes desde el punto de vista político e informativo, mientras se enfría el impulso del golpe de Estado en términos de manifestaciones de calle y todo el esfuerzo se vuelca a la opinión pública, mediante pago y promoción de influencers.

La recaudación de fondos, hasta los momentos, buscaría mantener operativa la fauna digital de base radicalmente antichavista, a la que se mantiene en vilo en torno a las expectativas de una posible operación que, a falta de claridad, da pie a especulaciones de todo pelaje. Pero lo que ha emergido después en las redes, desde cuentas poco relevantes hasta Jaime Baily, oscila entre la sospecha de estafa y la decepción.

Por otro lado, Prince históricamente viene acompañado de la palabra “oportunista”. El propósito del acaudalado contratista se relaciona directamente con un posible regreso de Donald Trump a la Casa Blanca, del que el fundador de Blackwater/Academi esperaría beneficiarse si el magnate aprueba un punto de cuenta para involucrarse en una acción de fuerza contra Venezuela, a la que anteriormente no quiso dar luz verde.

Aunado al hecho de que Estados Unidos mantiene una recompensa por las cabezas del presidente Nicolás Maduro y del ministro Diosdado Cabello.

Recordemos que, según un reporte de Reuters, en 2019 Erik Prince intentó vender la idea a Trump de derrocar al presidente Maduro con un contingente de 5 mil efectivos militares “en nombre del líder opositor venezolano Juan Guaidó”.

Pero la Casa Blanca terminó no aprobando la propuesta. Al año siguiente, la fracasada Operación Gedeón se dio sin tal respaldo y además, de acuerdo con sus propios autores intelectuales, la CIA tenía conocimiento de su preparación y ejecución.

El también vicepresidente sectorial de Política, Seguridad Ciudadana y Paz, Diosdado Cabello, denunció en una entrevista de TeleSur el sábado 14 de septiembre una operación en la participaba activamente el militar estadounidense Wilber Joseph Castañeda, capturado por las autoridades venezolanas. Operador que, de acuerdo con las investigaciones, tenía nexos con los factores de la desestabilización en las jornadas del 29 y 30 de julio.

Explica una nota de prensa que “además de tomar militarmente diversas instalaciones, entre ellas el aeropuerto de Maiquetía —con participación de mercenarios franceses— y el Palacio de Miraflores, el plan comprendía atacar servicios vitales, básicos, para afectar sensiblemente a la población”.

Además, el ministro Cabello señaló a Iván Simonovis, protegido por Estados Unidos, de traficar las armas que se usarían en la operación. De modo que pudiera establecerse una conexión entre el plan terrorista neutralizado y el lanzamiento de “Ya Casi Venezuela”, teniendo en cuenta los elementos en común (Simonovis) y los pretendidos fines (acción militar).

Al 18 de septiembre, la decepción, el escepticismo y el eco de una probable estafa signan el lanzamiento de una campaña que está profundamente insertada en el folclor mayamero, y que busca agitar nuevamente las pasiones tristes y los delirios más peligrosos de quienes desde hace años han promovido la guerra en Venezuela.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.