Imprecisioni, pregiudizi e omissioni
La Missione Internazionale Indipendente di Accertamento dei Fatti sul Venezuela è stata istituita dal Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU nel settembre 2019, dopo il voto favorevole di paesi che, coordinati dall’estinto Gruppo di Lima, hanno sostenuto il falso governo di Juan Guaidó.
Il Venezuela ha respinto la decisione di stabilire tale commissione, le cui motivazioni si basano su un’agenda politica di destabilizzazione progettata e promossa da Washington, convalidata dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA).
Il mandato di questa missione scade questo mese di settembre dopo tre rinnovi. Si tratta di un gruppo ad hoc composto da tre esperti internazionali che non ha legami con l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani. I loro rapporti o opinioni non sono vincolanti e non hanno il permesso di essere presenti nel paese, quindi operano da Panama.
Inoltre, i loro rapporti si sono distinti negativamente rispetto al lavoro svolto dall’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, con cui lo Stato venezuelano ha mantenuto una stretta collaborazione per il monitoraggio delle denunce.
Cosa dice, suppone e non dice il rapporto
Il rapporto, emesso il 19 settembre scorso, reitera il termine “gravi violazioni dei diritti umani” nei suoi primi paragrafi e definisce “crisi post-elettorale” il tentativo di colpo di Stato orchestrato, sia dall’interno che dall’esterno del Venezuela, mediante l’uso di modalità di guerra sul piano comunicativo, armato, cibernetico e psicologico.
Inoltre, le sue analisi, accuse e conclusioni si basano sullo standard di prova denominato “ragionevoli motivi per credere” che, secondo il testo, “si raggiunge quando sono state raccolte informazioni fattuali che soddisfano un osservatore obiettivo e prudente sul fatto che l’incidente si è verificato come descritto con un grado ragionevole di certezza” (punto 9).
In altri casi, “la missione presenta solo indizi preliminari che i fatti potrebbero essersi ragionevolmente verificati”.
In dieci punti si possono decifrare i pregiudizi, la pretesa obiettività e le incongruenze del rapporto in questione.
1.Disconoscimento della destabilizzazione pre-elettorale
L’analisi della situazione precedente alle elezioni presidenziali del 28 luglio racconta quanto accaduto dalle primarie dell’opposizione dello scorso ottobre.
Non viene contestata la mancanza di trasparenza di quel processo, dopo il quale il precandidato di Acción Democrática, Carlos Prosperi, ha detto che è stato un “disastro” avvenuto “per non aver avuto il supporto tecnico del CNE”.
Il documento menziona la campagna elettorale presidenziale alludendo agli arresti di dirigenti politici accusati dal Ministero Pubblico (MP) venezuelano di atti cospirativi.
Va sottolineato che il MP ha presentato prove che tre dirigenti regionali del movimento Vente Venezuela (VV) erano coinvolti in una trama terroristica come supporto logistico per l’operazione “Brazalete Blanco”.
Questa consisteva nel fatto che, il 23 gennaio scorso, un gruppo paramilitare avrebbe assaltato diverse caserme militari e proceduto all’assassinio sia del presidente Nicolás Maduro che del governatore dello stato di Táchira, Freddy Bernal.
2.Discrezionalità del racconto sui diritti umani
Nel rapporto, queste linee di indagine sviluppate dallo Stato vengono minimizzate; tuttavia, i fatti violenti e le violazioni di legge avvenute a partire dal 29 luglio, una volta divulgati i risultati elettorali, denotano la realtà: il settore dell’opposizione legato a María Corina Machado stava preparando un’escalation di azioni cibernetiche, armate e psicologiche mirate a disconoscere -ulteriormente- le istituzioni venezuelane e minacciare la stabilità.
La missione non ha stabilito contatti, né confrontato dati, con le autorità venezuelane. Le versioni dei fatti, così come le supposizioni o probabilità che espone, corrispondono ad attori e media apertamente affiliati a questo settore dell’opposizione. Ciò conferma l’uso discrezionale della narrativa dei diritti umani contro paesi non allineati con l’egemonia USA.
3.Fonti pregiudizievoli
Il rapporto si fa eco delle dichiarazioni di osservatori elettorali come il Carter Center, che non ha atteso la conclusione o l’avanzamento significativo del processo elettorale per esprimere opinioni a riguardo.
Inoltre, fa riferimento alle informazioni di ONG come Foro Penal o il Centro per i Difensori e la Giustizia, che fanno parte del circuito di gruppi politici costituiti e finanziati da agenzie USA interessate a interferire nella politica venezuelana.
4.Disconoscimento dell’elemento criminale
Anche se la Procura ha affermato di non aver ricevuto o conosciuto denunce che colleghino lo Stato alle morti avvenute negli scontri del 29 e 30 luglio, il rapporto afferma che “la repressione ha causato 25 morti e centinaia di feriti e detenuti” (punto 8).
Ignora, così, gli attacchi alle infrastrutture e al personale civile da parte di presunti manifestanti, nonché le minacce pubbliche e private contro dirigenti di base nelle comunità.
In nessuna parte del rapporto menziona gli omicidi, con dimostrata motivazione politica, di Isabel Cirila Gil nello stato di Bolívar né di Mayauri Coromoto Silva Bielma nello stato di Aragua.
La missione ignora la partecipazione di bande criminali, in diverse località del paese, minacciando la popolazione e i dirigenti politici, giustificando, così, la presenza della Guardia Nazionale Bolivariana (GNB) e l’uso graduale della forza.
5.Chiama “proteste spontanee” la violenza post-elettorale
La sezione riguardante gli arresti avvenuti durante l’escalation violenta -che qualificano “proteste spontanee”- sostiene che ci sono state “gravi e sistematiche violazioni del giusto processo” (punto 44). Tuttavia, evita di menzionare casi specifici o offrire statistiche precise.
Per sostenere le sue affermazioni, la missione cita i propri rapporti o fa riferimento a casi presuntamente avvenuti negli anni precedenti.
Le autorità hanno arrestato dirigenti politici sospettati di essere gli ideatori intellettuali di varie azioni terroristiche sviluppate sotto la figura di “proteste”; tuttavia, la missione ha “ragionevoli motivi per credere che i loro arresti siano stati arbitrari”.
A questo proposito, il rapporto afferma che “il rischio di disintegrazione dello Stato di Diritto è molto alto” (punto 73), tuttavia omette continuamente la campagna di minacce e istigazioni, tramite reti sociali, contro il settore politico del chavismo, e anche contro gli stessi oppositori che criticavano la violenza convocata dal settore legato a María Corina Machado e Edmundo González Urrutia.
6.Validazione del disconoscimento delle istituzioni
Machado, che già nel 2022 affermava che le elezioni dovevano svolgersi con “zero CNE, zero TSJ, zero Plan República, zero macchinette (macchine per il voto)”, ha mantenuto un costante disconoscimento dei poteri pubblici e ha incoraggiato azioni, interne ed esterne, per la loro eliminazione violenta.
Tuttavia, la missione considera che le “critiche o opinioni” di coloro che si sono espressi e hanno agito in accordo con il suo discorso estremista sono crimini “di tipizzazione ambigua” (punto 70).
7.Uso forzato del termine “sparizioni forzate”
La missione introduce il termine “sparizioni forzate di breve durata” per descrivere gli arresti di dirigenti e militanti dell’opposizione coinvolti in vari crimini di odio o terrorismo. Fa una “interpretazione estensiva” del concetto di sparizione forzata, anche se riconosce che il termine non regge una interpretazione restrittiva (punto 78).
Anche se elenca casi in cui dirigenti di VV sono stati arrestati e presentati davanti ai tribunali, omette di menzionare i presunti crimini di cui sono accusati e convalida, in modo forzato, il racconto mediatico di sparizione forzata.
8.Accuse di tortura senza fondamento
Nella sezione “Tortura e trattamenti crudeli, inumani o degradanti”, la missione formula supposizioni come “è probabile che la maggior parte dei casi di tortura e trattamenti crudeli, inumani o degradanti successivi al 28 luglio 2024 non siano stati ancora denunciati dalle vittime o dalle loro famiglie” (punto 87).
Il documento denuncia l’inazione della Commissione Nazionale per la Prevenzione della Tortura e di altri Trattamenti Crudeli, Inumani o Degradanti, collegata al Difensore Civico, a partire da una probabilità che lo stesso rapporto presenta basata su voci, poiché non ci sono state denunce concrete.
Come in questa sezione, nel corso del rapporto si evidenzia che la missione sviluppa argomenti che sembrano mirare a generare un impatto mediatico attraverso titoli ad effetto basati su informazioni non confermate o probabilità.
9.Accuse vaghe di violenza sessuale
Si fa inoltre riferimento a “una moltitudine di casi di perquisizioni invasive e di nudità forzata di donne e ragazze detenute” (punto 98) che costituirebbero violenza sessuale e di genere, ma non viene documentata una tendenza generalizzata che, secondo il rapporto, minaccia lo Stato di Diritto.
In linea con la scarsa rigorosità che caratterizza i suoi rapporti, la missione fa riferimento a casi isolati o utilizza qualificazioni vaghe come “una moltitudine”, “numerose” e così via.
Un altro aspetto curioso riguarda una delle sue fonti di informazione: il Centro per i Difensori e la Giustizia utilizza loghi del movimento Otpor, legato a varie rivoluzioni colorate.
10.Disconoscimento dell’aggressione alla comunicazione popolare
Nel documento in questione si fa riferimento a presunte chiusure di stazioni radio, divieti di trasmissione di programmi e blocchi di siti web, con informazioni provenienti dall’Istituto Prensa y Sociedad Venezuela, un’altra ONG collegata ai consorzi che operano con finanziamenti esteri per sostenere un cambio di regime in Venezuela.
Tuttavia, viene omesso il cruento attacco alla stazione radio comunitaria “Radio Venceremos” a Carora, nello stato di Lara. Il 30 luglio scorso, nella sede del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) di quella città, un gruppo di oppositori incappucciati ha distrutto le attrezzature della stazione radio, ha versato benzina e ha picchiato brutalmente circa 20 persone, di cui almeno due sono rimaste gravemente ferite.
L’agenda della criminalizzazione
Con questi dieci punti critici, si dimostra che il documento elaborato dalla Missione Internazionale Indipendente di Accertamento dei Fatti è un altro elemento nel dossier che mira a promuovere la criminalizzazione del Governo venezuelano.
Ciò è più dimostrabile da ciò che viene omesso che da ciò che viene detto senza chiari standard di prova. Oltre alle informazioni parzializzate o incoerenti, il linguaggio utilizzato parte dal presupposto di colpevolezza dei poteri pubblici e, su questa premessa, trasforma ogni indizio o voce in una presunta prova che la confermi.
Le accuse si verificano in un contesto particolare in cui portavoce come il segretario generale dell’OSA, Luis Almagro, e il governo argentino, guidato da Javier Milei, hanno chiesto l’arresto del presidente Maduro. Allo stesso modo, alcuni settori della destra latino-americana e spagnola promuovono l’emissione di mandati di cattura.
Questi settori cercano di far rivivere lo spirito regionale di scontro del Gruppo di Lima, mentre, dagli USA, senatori repubblicani dello stato della Florida intendono fissare una alta ricompensa per promuovere l’arresto di autorità venezuelane, come elemento narrativo per giustificare azioni armate contro il Venezuela, come quelle promosse da Erik Prince con la campagna “Ya Casi Venezuela”.
Non è un caso che la componente armata che si cerca di implementare come una puntata superiore del conflitto venga ripetutamente ignorata nel rapporto.
Desmontando el informe de la Misión de Determinación de Hechos | Misión Verdad (misionverdad.com)
Imprecisiones, sesgos y omisiones
Desmontando el informe de la Misión de Determinación de Hechos
La Misión Internacional Independiente de Determinación de los Hechos sobre Venezuela fue establecida por el Consejo de Derechos Humanos de la ONU en septiembre de 2019, tras el voto afirmativo de países que, articulados en el extinto Grupo de Lima, respaldaron el gobierno fake de Juan Guaidó.
Venezuela rechazó la decisión de establecer dicha comisión, cuyas motivaciones se sustentan en una agenda política de desestabilización diseñada y promovida por Washington, convalida desde la Organización de Estados Americanos (OEA).
El mandato de esta misión vence este mes de septiembre luego de tres renovaciones. Se trata de un grupo ad-hoc integrado por tres expertos internacionales que no tiene vinculación con la oficina del Alto Comisionado para los Derechos Humanos. Sus informes u opiniones no son vinculantes y no posee permiso para hacer presencia en el país, por lo que opera desde Panamá.
Además, sus informes se diferenciaron negativamente del trabajo desarrollado por la Oficina del Alto Comisionado para los Derechos Humanos, con la que el Estado venezolano ha mantenido coordinación estrecha para el monitoreo de denuncias.
Lo que dice, supone y no dice el informe
El informe, emitido el pasado 19 de septiembre, reitera el término “violaciones graves a los derechos humanos” en sus primeros párrafos, asimismo califica de “crisis postelectoral” al proceso de golpe de Estado que se buscó instrumentar, desde dentro y fuera de Venezuela, mediante el uso de modalidades de guerra en los planos comunicacional, armado, cibernético y psicológico.
Además, sus análisis, acusaciones y conclusiones parten del estándar de prueba denominado “motivos razonables para creer” que, según el texto, “se cumple cuando se ha reunido información fáctica que satisfaga a un observador objetivo y prudente de que el incidente se ha producido tal como se ha descrito con un grado razonable de certidumbre” (punto 9).
En otros casos, “la misión presenta únicamente indicios preliminares de que los hechos han podido razonablemente ocurrir”.
En diez puntos se pueden descifrar los sesgos, la pretendida objetividad y las inconsistencias del informe en cuestión.
- Desconocimiento de la desestabilización pre-electoral
El análisis de la situación anterior a las elecciones presidenciales del 28 de julio relata lo ocurrido desde las elecciones primarias de la oposición en octubre pasado.
No se objeta la falta de transparencia de aquel proceso, luego del cual, el precandidato de Acción Democrática, Carlos Prosperi, dijo que fue un “desastre” que se produjo “por no haber contado con el apoyo técnico del CNE”.
El documento menciona la campaña electoral presidencial aludiendo a detenciones de dirigentes políticos que fueron acusados por el Ministerio Público (MP) venezolano de actos conspirativos.
Cabe destacar que el MP expuso pruebas de que tres líderes regionales del movimiento Vente Venezuela (VV) se encontraban vinculados a una trama terrorista como apoyo logístico para la operación “Brazalete Blanco”.
Esta consistía en que, el 23 de enero pasado, un grupo paramilitar asaltaría varios cuarteles militares y procedería a asesinar tanto al presidente Nicolás Maduro como al gobernador del estado Táchira, Freddy Bernal.
- Discrecionalidad del relato de los derechos humanos
A lo largo del informe se subestiman estas líneas de investigación desarrolladas por el Estado, sin embargo, los hechos violentos y violaciones a la ley ejecutadas a partir del 29 de julio, una vez divulgados los resultados electorales, denotan la realidad: el sector opositor ligado a María Corina Machado estuvo fraguando una escalada de acciones cibernéticas, armadas y psicológicas dirigidas a desconocer —aun más— la institucionalidad venezolana y amenazar la estabilidad.
La misión no ha establecido contacto, ni contrastado datos, con las autoridades venezolanas. Las versiones de los hechos, así como las suposiciones o probabilidades que expone, se corresponden con actores y medios de comunicación abiertamente afiliados a este sector de la oposición. Lo que ratifica el uso discrecional de la narrativa de los derechos humanos contra países no alineados con la hegemonía estadounidense.
- Fuentes sesgadas
El informe se hace eco de las declaraciones de observadores electorales como el Centro Carter, organismo que no esperó la conclusión, o el avance significativo, del proceso electoral para emitir opinión al respecto.
Además, remite a informaciones de ONG como Foro Penal o el Centro para los Defensores y la Justicia que forman parte del circuito de grupos políticos constituidos y financiados por agencias estadounidenses interesadas en interferir en la política venezolana.
- Desconocimiento del elemento criminal
Aunque la Fiscalía ha afirmado que no se han recibido ni conocido denuncias que vinculen al Estado con las muertes ocurridas en las confrontaciones de los días 29 y 30 de julio, el informe afirma que “la represión provocó 25 fallecidos y centenares de personas heridas y detenidas” (punto 8).
Desconoce así los ataques a la infraestructura y personal civil de supuestos manifestantes, asimismo las amenazas públicas y privadas en contra de dirigentes de base en la comunidades.
En ninguno de sus pasajes menciona los asesinatos, con demostrada motivación política, de Isabel Cirila Gil en el estado Bolívar ni de Mayauri Coromoto Silva Bielma en el estado Aragua.
La misión obvia la participación de bandas criminales, en distintas localidades del país, amenazando a la población y dirigentes políticos, lo que justificó la presencia de la Guardia Nacional Bolivariana (GNB) y el uso gradual de la fuerza.
- llama “protestas espontáneas” a la violencia post electoral
La sección referida a las detenciones realizadas durante la escalada violenta —que califican de “protestas espontáneas”— argumenta que hubo “graves y sistemáticas violaciones del debido proceso”(punto 44). Sin embargo, evita hacer mención a casos concretos u ofrecer estadísticas precisas.
Para fundamentar sus afirmaciones, la misión cita a sus propios informes o remite a casos supuestamente ocurridos en años anteriores.
Las autoridades capturaron a dirigentes políticos bajo la presunción de su autoría intelectual en distintas acciones terroristas desarrolladas bajo la figura de “protestas”, sin embargo la misión “alcanzó motivos razonables para creer que sus detenciones fueron arbitrarias”.
A este respecto, afirma el informe que “el riesgo de desintegración del Estado de Derecho es muy alto” (punto 73), sin embargo, obvia permanentemente la campaña de amenazas e instigación, vía redes sociales, contra el sector político del chavismo, también contra los mismos opositores que criticaran la confrontación convocada por el sector vinculado a María Corina Machado y Edmundo González Urrutia.
- Validación del desconocimiento a las instituciones
Machado, quien ya en 2022 afirmaba que las elecciones debían realizarse con “cero CNE, cero TSJ, cero Plan República, cero maquinitas (máquinas de votación)”, ha mantenido un constante desconocimiento a los poderes públicos y ha estimulado acciones —internas y externas— para la desaparición de estos por la vía violenta.
Sin embargo, la misión considera que las “críticas u opiniones” de quienes se han expresado y actuado en consecuencia a su discurso extremista son delitos “de tipificación ambigua”(punto 70).
- Utilización forzada del término “desapariciones forzadas”
La misión introduce el término “desapariciones forzadas de corta duración” para describir las detenciones de dirigentes y militantes opositores involucrados en distintos delitos de odio o terrorismo. Hace una “interpretación extensiva” del concepto de desaparición forzada, aunque reconoce que el término no aguanta una interpretación restrictiva (punto 78).
Aunque enumera casos en los que dirigentes de VV fueron detenidos y presentados ante los tribunales, obvia referir los presuntos delitos por los cuales son acusados y valida, de manera forzada, el relato mediático de desaparición forzada.
- Acusaciones de torturas sin fundamento
Respecto a la sección “Tortura y tratos crueles, inhumanos o degradantes” la misión emite suposiciones como “es probable que la mayoría de los casos de tortura y tratos crueles, inhumanos o degradantes posteriores al 28 de julio de 2024 no hayan sido reportados todavía por las víctimas o sus familias” (punto 87).
El documento denuncia la inacción de la Comisión Nacional para la Prevención de la Tortura y otros Tratos Crueles, Inhumanos o Degradante, adscrita a la Defensoría del Pueblo, a partir de una probabilidad que el mismo informe plantea basada en rumores, dado que no ha habido denuncias firmes.
Como en esta sección, a lo largo del informe se evidencia que la misión desarrolla tópicos que parecieran buscar generar impacto mediático mediante titulares efectistas con base en informaciones no confirmadas o probabilidades.
- Acusaciones vagas de violencia sexual
También refiere “una multitud de casos de requisas invasivas y de desnudez forzada de mujeres y niñas detenidas” (punto 98) que constituirían violencia sexual y de género, sin embargo no documenta la tendencia generalizada que, según el informe, amenaza el Estado de Derecho.
En concordancia con la poca rigurosidad que caracteriza a sus informes, la misión se refiere a casos aislados o utiliza calificaciones vagas como “una multitud”, “numerosas”, entre otras.
Otro aspecto curioso tiene que ver con una de sus fuentes de información: el Centro para los Defensores y la Justicia utiliza logos del movimiento Otpor, vinculado a distintas revoluciones de color.
- Desconocimiento de la agresión a la comunicación popular
En el documento en cuestión se hace referencia a supuestos cierres de emisoras, prohibición de emisión de programas y bloqueos de páginas web, con información proveniente del Instituto Prensa y Sociedad Venezuela, otra ONG vinculada a los consorcios que operan en torno al financiamiento exterior para apuntalar un cambio de régimen en Venezuela.
Sin embargo, se obvia el cruento ataque a la emisora comunitaria “Radio Venceremos” en Carora, estado Lara. El pasado 30 de julio, en la sede del Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV) de dicha ciudad, un grupo de opositores encapuchados destruyó los equipos del medio de comunicación, bañó con gasolina y golpeó con saña a unas 20 personas de las cuales quedaron, al menos, dos heridos de gravedad.
la agenda de la criminalización
Con estos diez puntos críticos queda demostrado que el documento elaborado por la Misión Internacional Independiente de Determinación de los Hechos es otro elemento en el expediente que busca promover la criminalización del Gobierno venezolano.
Esto es más demostrable por lo que se obvia que por lo que se dice sin estándares claros de pruebas. Además de las informaciones parcializadas o inconsistentes, el lenguaje utilizado parte de culpabilizar a los poderes públicos y, bajo esa premisa, transformar cualquier indicio o rumor en supuesta prueba que la confirme.
Sus acusaciones se dan en un contexto particular en el que voceros como el secretario general de la Organización de Estados Americanos, Luis Almagro y el gobierno de Argentina, encabezado por Javier Milei, han pedido el arresto del presidente Maduro. Asimismo, algunos sectores de la derecha latinoamericana y española promueven la emisión de órdenes de captura.
Estos sectores buscan revivir el espíritu regional de confrontación del Grupo de Lima mientras, desde Estados Unidos, senadores republicanos del estado de Florida pretenden fijar una alta recompensa para promover el arresto de autoridades venezolanas, como un ingrediente narrativo para justificar acciones armadas contra Venezuela, como las promovidas por Erik Prince con la campaña “Ya Casi Venezuela”.
No es casualidad que el componente armado que se busca implementar como una apuesta superior de conflicto sea reiteradamente obviado en el informe.