“Ya Casi Venezuela” implica un bivio per l’opposizione

Dopo una presunta campagna di intrigo sulle reti sociali, il 16 settembre l’imprenditore fondatore della famosa compagnia mercenaria Blackwater, Erik Prince, ha promosso un piano per raccogliere fondi con l’obiettivo di preparare una possibile azione armata contro il Paese e le sue principali autorità. Anche se Prince non si è attribuito completamente l’iniziativa della campagna, è stato uno dei suoi portavoce più prominenti.

Secondo alcune fonti, l’iniziativa “Ya Casi Venezuela”, guidata da Prince, ha già superato i 500 mila $ di raccolta attraverso donazioni private.

Nel suo annuncio sulla campagna in questione, ha spiegato: “I tuoi contributi saranno destinati ad azioni strategiche orientate a ripristinare le istituzioni e i rappresentanti eletti in modo legittimo, restituire la giustizia e garantire un cambio epocale.”

Uno dei principali promotori del cambio di regime dall’estero, accusato di crimini contro l’umanità, l’ex commissario Iván Simonovis, si è dissociato e ha affermato di non avere nulla a che fare con la raccolta di denaro per finanziare, in modi poco chiari, la rimozione del governo nazionale. Tuttavia, in precedenza lo stesso Simonovis aveva indicato che, in effetti, la campagna aveva tale obiettivo principale, e non aveva lasciato dubbi sulla sua partecipazione.

María Corina di fronte a un bivio

Per la coordinatrice di Vente Venezuela, María Corina Machado, “Ya Casi Venezuela” rappresenta un dilemma strategico, poiché il suo sostegno a un’azione armata nel territorio nazionale potrebbe avere conseguenze sul sostegno che riceve da altri settori dell’opposizione meno radicali.

Da un lato, una eventuale dissociazione da un’escalation di aggressione e conflitto bellico —chiamate “azioni strategiche” dal sito web in questione— la esporrebbe a critiche da parte dei settori estremisti che validano il suo rifiuto delle istituzioni venezuelane per raggiungere il potere.

Dall’altro lato, un sostegno totale o parziale la esporrebbe ad accuse dirette di tradimento della Patria, il che peggiorerebbe ulteriormente la sua già limitata capacità di azione politica e mediatica.

Va sottolineato che le convocazioni alle mobilitazioni di strada fatte da Machado hanno perso impatto dopo le elezioni presidenziali del 28 luglio. Inoltre, la partenza dal Paese del suo ex candidato, Edmundo González Urrutia, ha lasciato perplessi i dirigenti dell’opposizione, che, come lei, non sono riusciti a stabilire una posizione solida di fronte all’accaduto.

Inoltre, attraverso le reti socviali è evidente che l’impasse discorsivo di Machado sta cominciando a creare un quadro tra la disperazione e l’urgenza di delegare qualsiasi “soluzione” a terzi, come Prince.

Il rumore negativo della via violenta

La frammentazione dell’universo dell’opposizione è stata una costante dalle elezioni primarie, passando per la designazione del candidato che avrebbe sostituito una inabilitata María Corina, fino alla risposta violenta post-elettorale che lei stessa ha guidato.

Mentre Machado ha lasciato intendere che la lotta dell’estremismo anti-chavista si “sta accelerando su diversi fronti”, dirigenti come Manuel Rosales, governatore dello stato Zulia, si sono mantenuti nelle loro attività di governo.

Altri emettono dichiarazioni dall’interno o dall’esterno del Paese, ma sempre disconnessi da una linea, discorsiva o tattica, coerente con una direzione politica sotto il velo di “calma e moderazione”.

Nel frattempo, la coordinatrice di Vente Venezuela si sta diluendo nell’opinione pubblica, un effetto che si trasmette ai suoi appoggi nell’opposizione, oltre il suo specifico settore. La Piattaforma Unitaria Democratica (PUD), coalizione che la sostiene pubblicamente, ha optato per rafforzare il racconto che il viaggio di González sia “strategico” per rimuovere dal potere il presidente rieletto, Nicolás Maduro.

Una possibile via violenta sostenuta da Erik Prince, il cui fulcro sarebbe l’iniziativa “Ya Casi Venezuela”, introduce confusione tra la dirigenza dell’opposizione e lascia ancora più aperto il gioco interno di un settore senza una rappresentanza stabile.

È chiaro che la partenza di González ha lasciato una scia di contraddizioni e movimenti nello scacchiere che coinvolgono Primero Justicia, con le dimissioni di Henrique Capriles dalla sua direzione, e anche quella di Eudoro González, che ha facilitato la partenza del candidato dell’opposizione per Madrid.

Il bilancio delle forze accumulate da questo settore fino al 28 luglio, dopo aver optato per una via elettorale, è negativo. Oggi, senza una strategia politica chiara e con il rumore introdotto da una possibile avventura mercenaria, che comporta anche denaro di origine dubbia, l’opposizione torna a confondere e disorientare i suoi sostenitori e basi di appoggio nella PUD.

Alla base, l’opposizione perde la bussola politica di fronte a un’iniziativa poco chiara, che ha riacceso speranze nel segmento più radicale. Ai vertici, i dirigenti dei partiti sono costretti a prendere posizioni chiare riguardo alla proposta di Prince, il che comporta alti costi politici, sia che la sostengano, la respingano o optino per il silenzio, che non è sostenibile nel medio termine.

Nel frattempo, il presidente Maduro stabilisce nuove linee di governabilità consolidando politiche sociali ed economiche che hanno assicurato al Paese una situazione attuale di stabilità. In questo modo, ha approfondito un ciclo ascendente di normalizzazione nei vari ambiti della vita nazionale, dopo le giornate di destabilizzazione del 29 e 30 luglio e della prima settimana di agosto.

Di fronte a tale scenario, per l’universo dell’opposizione, “Ya Casi Venezuela” porta più effetti negativi che positivi. Una nuova complicazione che si aggiunge al panorama di disorientamento lasciato dalla fuga di Edmundo González e dall’inattività di María Corina Machado, costretta a utilizzare le reti sociali come unico spazio di azione politica, con la fragilità e la mancanza di incisività che ciò comporta.

“Ya Casi Venezuela” implica una encrucijada para la oposición | Misión Verdad (misionverdad.com)


“Ya Casi Venezuela” implica una encrucijada para la oposición

Luego de una pretendida campaña de intriga en redes sociales, el 16 de septiembre el empresario fundador de la famosa compañía mercenaria Blackwater, Erik Prince, promociónó un plan para recoger fondos con el objeto de preparar una eventual acción armada contra el país y sus principales autoridades. Aunque Prince no se ha adjudicado totalmente la autoría de la campaña, sí ha sido uno de sus portavoces más prominentes.

Según algunas fuentes, la iniciativa “Ya Casi Venezuela” liderada por Prince, ya ha superado los 500 mil dólares de recaudación a través de donaciones privadas.

En su anuncio sobre la campaña en cuestión, explicó: “Tus aportes serán dirigidos a acciones estratégicas orientadas a restaurar las instituciones y representantes electos de forma legítima, devolver la justicia y garantizar un cambio trascendental”.

Uno de los principales promotores del cambio de régimen desde el extranjero y acusado de crímenes de lesa humanidad, el excomisario Iván Simonovis, se desmarcó y afirmó que no tiene nada que ver con la colecta de dinero para financiar, de formas poco claras, la salida precipitada del gobierno nacional. No obstante, previamente el propio Simonovis había indicado que, justamente, la campaña tenía ese objetivo principal y no dejó dudas sobre su partcipación.

María Corina en la encrucijada

Para la coordinadora de Vente Venezuela, María Corina Machado, “Ya Casi Venezuela” implica un dilema estratégico debido a que su apoyo a una acción armada al territorio nacional tendría consecuencias sobre el respaldo que posee desde otros sectores opositores menos radicalizados.

Por un lado, su eventual desmarque de una escalada de agresión y confrontación bélica —llamadas “acciones estratégicas” por la web en cuestión— le redundaría en críticas desde los sectores extremiostas que validan su desconocimiento de las instituciones venezolanas para llegar al poder.

Por otro lado, un apoyo total, o relativo, la expondría a ser acusada directamente por traición a la Patria, lo que dejaría en peores condiciones su ya limitada capacidad de acción política y mediática.

Cabe destacar que las convocatorias a movilizaciones de calle realizadas por Machado han perdido el impacto inicial tras la elección presidencial del 28 de julio. Además, la salida del país de su excandidato, Edmundo González Urrutia, dejó desconcierto entre los dirigentes de la oposición, quienes, como ella, no han podido establecer una posición sólida ante el hecho.

Además, a través de las redes sociales se evidencia que el estacancamiento discursivo de Mchado comienza a crear un marco entre la desesperanza y la urgencia por delegar cualquier “solución” a terceros, como Prince.

El ruido negativo de la ruta violenta

La fragmentación del universo opositor ha sido una constante desde las elecciones primarias, pasando por la designación del candidato que reemplazara a una inhabilitada María Corina, hasta la violenta respuesta postelectoral que ella misma lideró.

Mientras que Machado ha dejado colar que la lucha del antichavismo extremo se “está acelerando en diversos planos”, dirigentes como Manuel Rosales, gobernador del estado Zulia, se han mantenido en sus labores de gobierno al frente del estado Zulia.

Otros emiten declaraciones desde dentro o fuera del país, pero siempre desconectados de una línea, discursiva o táctica, coherente con una dirección política y bajo el velo de “calma y cordura”.

Entretanto, la coordinadora de Vente Venezuela se va diluyendo en la opinión pública, un efecto que se trasnfiere a sus palancas de apoyo opositor más allá de su sector específico. La Plataforma Unitaria Democrática (PUD), coalición que le acompaña publicamente, ha optado por apuntalar el relato de que el viaje de González es “estratégico” para sacar del poder al presidente reelecto, Nicolás Maduro.

Una eventual ruta violenta amparada por Erik Prince, cuyos focos estaría en la iniciativa “Ya Casi Venezuela”, introduce ruido entre la dirigencia opositora y deja aun más abierto el juego interno de un sector sin representación estable.

Queda claro que la salida de González dejó una estela de contradicciones y movimientos en el tablero que involucran a Primero Justicia con la renuncia de Henrique Capriles a su directiva, también la de Eudoro González, quien facilitó el embarque del excandidato opositor a Madrid.

Es negativo el balance de fuerzas que este sector acumuló hasta el 28 de julio tras haber optado por una ruta electoral. Hoy, sin una estrategia política clara y con el ruido que introduce una eventual aventura mercenaria, que además implica dinero de procedencia difusa, la oposición vuelve a confundir y desorientar a sus militares, seguidores y bases de apoyo político en la PUD.

Por debajo, la base opositora pierde el norte político frente a una iniciativa poco clara que ha vuelto a levantar esperanzas en el segmento más radical. Por arriba, los dirigentes de los partidos se ven conminados a tomar posturas definidias sobre el plantemiento de Prince, lo que trae consigo altos costos políticos si la apoyan, la rechazan o si optan por el silencio, lo que no es sostenible en el mediano plazo.

Entretanto, el presidente Maduro establece nuevas líneas de gobernabilidad mediante la consolidación de políticas sociales y económicas que le han asegurado al país su escenario actual de estabilidad. De esta forma, ha ido profundizando un ciclo ascendente de normalización en los diversos ámbitos de la vida nacional, tras las jornadas de desestabilización del 29 y 30 de julio, y primera semana de agosto.

Ante este escenario, para el universo opositor, “Ya Casi Venezuela” trae más efectos negativos que positivos. Una nueva complicación que se suma al panorama de desorientación que ha dejado la huida de Edmundo González y la inercia de María Corina Machado, obligada a utilizar las redes sociales como su único espacio de acción política, con la fragilidad y  el déficit de contundencia que conlleva.

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