Licenze petrolifere al Venezuela: un grattacapo per gli USA

Interessi energetici e geopolitici in collisione

Le elezioni presidenziali negli USA si avvicinano, determinando la futura politica estera del paese. Sebbene i suoi interessi geopolitici rimangano generalmente invariati indipendentemente dall’amministrazione, i metodi per raggiungerli variano a seconda del partito che assume il potere.

Il polso degli affari mondiali è sempre stato un fattore chiave nelle decisioni USA, a causa del suo coinvolgimento su più fronti internazionali. L’America Latina, per la sua vicinanza, continua a essere una priorità per loro, sotto l’influenza storica della Dottrina Monroe, che ancora oggi guida il loro approccio verso la regione.

Il Venezuela, con le sue vaste riserve di idrocarburi distribuite strategicamente sul suo territorio, rappresenta una questione centrale per il Congresso degli USA.

Recentemente, la rappresentante repubblicana María Elvira Salazar ha guidato un’udienza dedicata al Venezuela per promuovere, senza successo, la rottura del rapporto energetico tra il Venezuela e le imprese Chevron, Repsol, ENI e Maurel & Prom, accusate dalla congressista di alimentare la presunta “macchina oppressiva” del governo venezuelano.

Successivamente, ha richiesto la sospensione delle licenze petrolifere e ha suggerito, dimostrando una scarsa conoscenza del tema, che si potesse contare sulla Colombia come fonte alternativa di approvvigionamento energetico.

Queste pressioni dal Congresso non sono nuove. Nel 2014 furono promosse sanzioni extraterritoriali contro il Venezuela, e gli attuali argomenti di Salazar riecheggiano quelli di oltre un decennio fa:

*Nel 2008, l’allora senatore John McCain avvertì sulla necessità di ridurre la dipendenza degli USA dal petrolio straniero, citando il Venezuela come esempio di paese da evitare a favore dell’espansione delle trivellazioni domestiche.

*Nel 2011, il deputato Connie Mack suggerì di includere il Venezuela nella lista degli sponsor del terrorismo e propose un embargo totale, sostenendo una maggiore fornitura dal Canada per ridurre la dipendenza dal greggio venezuelano.

I legislatori nel Congresso, allineati sull’obiettivo della sospensione delle licenze petrolifere, non fanno altro che ricalcare un copione già visto negli ultimi 25 anni. Leopoldo López e María Corina Machado si sono uniti a questi appelli, chiedendo nuovamente l’intervento della Casa Bianca affinché il flusso di entrate verso il Venezuela si interrompa, come avevano fatto un decennio fa.

Calibrare le sanzioni

Gli idrocarburi sono l’asse centrale della politica bilaterale tra USA e Venezuela e, dopo la rielezione del presidente Nicolás Maduro, le negoziazioni sulle licenze legate a queste risorse hanno acquisito maggiore rilevanza.

In una conferenza stampa, Karine Jean-Pierre, segretaria stampa dell’amministrazione Biden, ha commentato che, sebbene non ci fossero annunci concreti sulle sanzioni, si sarebbe continuato a “calibrare” la politica delle sanzioni in funzione degli interessi USA.

Il termine “calibrare” nel contesto di pressioni si riferisce a un aggiustamento del loro impatto, a seconda di fattori politici ed economici.

Questa strategia mira a utilizzare le sanzioni come strumento per gestire le esigenze del mercato energetico globale, garantendo al contempo la stabilità secondo i termini della Casa Bianca.

Tuttavia, la pressione principale proviene dal Congresso.

A settembre, il senatore democratico Richard Durbin ha presentato la “Legge 2024 per fermare tutti gli investimenti degli USA nel settore energetico del Venezuela”. Questa proposta vieta qualsiasi investimento nel settore energetico venezuelano fino a quando Nicolás Maduro non lascerà il potere. Inoltre, prevede sanzioni per chi tenti di eludere questo divieto.

In precedenza, Durbin aveva proposto di ridurre la dipendenza dal petrolio venezuelano in cambio della ricerca di fonti domestiche o canadesi.

Inoltre, il senatore John Fetterman ha introdotto, nel marzo 2024, la “Legge sul divieto di esportazione di petrolio e derivati agli avversari stranieri”, che include il Venezuela insieme a paesi come Cina, Russia e Iran.

La posizione di figure come Carrie Filipetti, ex funzionario dell’amministrazione Trump, aggiunge un altro livello al dibattito. Filipetti ha sottolineato che “l’amministrazione Biden deve smettere di dare priorità ai grandi interessi petroliferi rispetto alla sicurezza nazionale”. A suo avviso, il governo venezuelano è presumibilmente disperato nel mantenere la licenza di Chevron, poiché l’impresa rappresenta un “salvagente economico cruciale”.

Nel frattempo, la Licenza Generale N. 41, che consente a Chevron di operare in Venezuela, viene rinnovata automaticamente il 26 di ogni mese. La prossima revisione è programmata per il 26 novembre, con l’intento di prorogarla per sei mesi, quando sarà già noto chi sarà il prossimo presidente USA.

La decisione su queste licenze è influenzata da vari fattori:

Tensioni geopolitiche in Asia Occidentale: le continue dispute in questa regione ricca di risorse energetiche e con rotte commerciali strategiche generano volatilità nei mercati, il che converte in fonti sicure di petrolio come il Venezuela in elementi chiave per equilibrare l’offerta globale.

Capacità di fornitura: sebbene gli USA siano un grande produttore, devono importare certi tipi di greggio, come quello venezuelano, ideale per molte raffinerie progettate per processare greggio pesante.

Interessi aziendali: società come Chevron, Repsol e Shell hanno interessi a lungo termine in Venezuela. I loro progetti nel paese mirano a garantire un accesso continuo alle vaste riserve di petrolio venezuelano in momenti di perturbazione del mercato globale.

Di conseguenza, il calcolo non si basa più esclusivamente sull’imposizione unilaterale di sanzioni, bensì sulla gestione di interessi incrociati, in cui la stabilità energetica, la geopolitica e l’economia globale giocano un ruolo fondamentale.

Infatti, il governo venezuelano, lontano dall’immobilizzarsi, ha sviluppato meccanismi per mitigare le ripercussioni di questo blocco economico, diversificando le sue alleanze e riorientando il suo commercio energetico.

Dall’altro lato, le posizioni nello spettro politico USA rimangono polarizzate. Alcuni membri del Congresso difendono una maggiore produzione interna di energia e chiedono di tagliare i legami con il Venezuela, mentre altri comprendono l’importanza strategica di mantenere aperte le relazioni commerciali con un paese che, nonostante la politica sanzionatoria, continua a essere cruciale per il mercato degli idrocarburi.

È probabile che la decisione definitiva sulle licenze petrolifere non venga presa fino a dopo le elezioni del 5 novembre, quando sarà stabilita una nuova agenda politica a Washington.

Licencias petroleras a Venezuela: un dolor de cabeza para EE.UU. | Misión Verdad (misionverdad.com)


Intereses energéticos y geopolíticos en colisión

Licencias petroleras a Venezuela: un dolor de cabeza para EE.UU.

 

Las elecciones presidenciales en Estados Unidos se acercan, lo que determinará la futura política exterior del país. Si bien sus intereses geopolíticos permanecen generalmente inalterados sin importar la administración, los métodos para alcanzarlos varían según el partido que asume el poder.

El pulso que llevan los asuntos mundiales siempre ha sido un factor clave en las decisiones de Estados Unidos debido a su involucramiento en múltiples frentes internacionales. América Latina, por su proximidad, sigue siendo un área prioritaria para ellos, bajo la influencia histórica de la Doctrina Monroe que aun guía su enfoque hacia la región.

Venezuela, con sus vastas reservas de hidrocarburos distribuidas estratégicamente en su territorio, constituye un asunto central en el Congreso estadounidense.

Recientemente la representante republicana María Elvira Salazar encabezó una audiencia dedicada a Venezuela para impulsar, sin éxito, la ruptura de la relación energética entre Venezuela y las empresas Chevron, Repsol, ENI y Maurel & Prom, acusadas por la congresista de alimentar la supuesta “maquinaria opresiva” del gobierno venezolano.

En adelante, exigió la suspensión de licencias petroleras y planteó, mostrando su poco conocimiento sobre el tema, que se podía contar con Colombia como una fuente alternativa de suministro energético.

Estas presiones desde el Congreso no son nuevas. En 2014 se promovieron las sanciones extraterritoriales contra Venezuela, y los argumentos actuales de Salazar resuenan con aquellos de hace más de una década:

En 2008, el entonces senador John McCain advirtió sobre la necesidad de reducir la dependencia de Estados Unidos del petróleo extranjero, mencionando a Venezuela como un ejemplo de países que debían ser evitados en favor de ampliar la perforación doméstica.

En 2011, el congresista Connie Mack sugirió incluir a Venezuela en la lista de patrocinadores del terrorismo y propuso un embargo total, abogando por un mayor suministro de Canadá para disminuir la dependencia del crudo venezolano.

Los legisladores en el Congreso, alineados en el objetivo de la suspensión de las licencias petroleras, no hacen más que reeditar un guion que ya ha sido representado durante un cuarto de siglo. Leopoldo López y María Corina Machado se han sumado a esos llamados, pidiendo una vez más la intervención de la Casa Blanca para que el flujo de ingresos hacia Venezuela se detenga, tal como lo hicieron hace una década.

Calibrar las sanciones

Los hidrocarburos son el eje central de la política bilateral entre Estados Unidos y Venezuela, y luego de la reelección del presidente Nicolás Maduro las negociaciones en torno a las licencias relacionadas con esos recursos adquirieron mayor predominancia.

En una rueda de prensa Karine Jean-Pierre, secretaria de prensa de la administración Biden, comentó que aunque no había anuncios concretos sobre sanciones, se seguiría “calibrando” la política de sanciones en función de los intereses de Estados Unidos.

El término “calibrar” en el contexto de presiones se refiere a ajustar su alcance dependiendo de factores políticos y económicos.

Esta estrategia busca utilizar las sanciones como una herramienta para gestionar los requerimientos del mercado energético global y, al mismo tiempo, asegurar estabilidad en los términos de la Casa Blanca.

No obstante, la presión proviene principalmente desde el Congreso.

En septiembre, el senador demócrata Richard Durbin presentó la “Ley 2024 para detener todas las inversiones de EE.UU. en el sector energético de Venezuela”. Esta propuesta prohíbe cualquier inversión en el sector energético venezolano hasta que Nicolás Maduro ceda el poder. Además, contempla sanciones para quienes intenten evadir esta prohibición.

Anteriormente Durbin había propuesto reducir la dependencia del petróleo venezolano a cambio de buscar fuentes propias o canadienses.

Asimismo, el senador John Fetterman introdujo en marzo de 2024 la “Ley de prohibición de exportaciones de petróleo y derivados a adversarios extranjeros”, que incluye a Venezuela junto con países como China, Rusia e Irán.

La postura de figuras como Carrie Filipetti, exfuncionaria de la administración Trump, añade otra capa al debate. Filipetti subrayó que “la administración Biden debe dejar de priorizar los grandes intereses petroleros sobre la seguridad nacional”. En su criterio, el gobierno venezolano está supuestamente desesperado por mantener la licencia de Chevron ya que la empresa “es un salvavidas económico crucial”.

Mientras tanto, la Licencia General Nº 41, que permite a Chevron operar en Venezuela, se renueva automáticamente el 26 de cada mes. La próxima revisión está programada para el 26 de noviembre con vistas a validarla por seis meses, cuando ya se sabrá quién será el próximo presidente de Estados Unidos.

La decisión sobre estas licencias está influenciada por varios factores:

Tensiones geopolíticas en Asia Occidental: las constantes disputas en esta región rica en recursos energéticos y con rutas comerciales estratégicas generan volatilidad en los mercados, lo que convierte a fuentes seguras de crudo como Venezuela en piezas claves para equilibrar la oferta global.

Capacidad de suministro: aunque Estados Unidos es un gran productor, requiere importar ciertos tipos de crudo, como el venezolano, ideal en muchas refinerías diseñadas para procesar crudo pesado.

Intereses corporativos: empresas como Chevron, Repsol y Shell tienen intereses a largo plazo en Venezuela. Sus proyectos en el país buscan asegurar un acceso continuo a las vastas reservas de crudo venezolano en momentos de perturbación del mercado mundial.

En consecuencia, el cálculo ya no recae exclusivamente en la imposición unilateral de sanciones sino en la gestión de intereses cruzados, en los que la estabilidad en materia de energía, la geopolítica y la economía global juegan un papel fundamental.

De hecho, el gobierno venezolano, lejos de quedarse inmovilizado, ha desarrollado mecanismos para mitigar las repercusiones de este cerco económico, diversificando sus alianzas y reorientando su comercio energético.

Por otro lado, las posturas en el espectro político de Estados Unidos siguen polarizadas. Algunos miembros del Congreso defienden una mayor producción interna de energía y abogan por cortar los lazos con Venezuela, mientras que otros entienden la importancia estratégica de mantener abiertas las relaciones comerciales con un país que, a pesar de la política sancionatoria, sigue siendo nuclear para el mercado de hidrocarburos.

Es probable que la decisión definitiva sobre las licencias petroleras no se tome hasta después de las elecciones del 5 de noviembre, cuando se establezca una nueva agenda política en Washington.

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