Quando un avvocato e rivoluzionario alzò la voce per la giustizia

Il 16 ottobre 1953, Fidel Castro pronunciò “La storia mi assolverà”.

Fidel Castro ha interpretato la natura del diritto, dalla parte della vita e della dignità umana. Quando ha unito la sua professione di avvocato alla sua leadership rivoluzionaria, è stato protagonista di un atto e ha lasciato in eredità un documento con un faro per il futuro del suo Paese e per la libertà del mondo.

La Historia me Absolverá trascendeva come l’appello di autodifesa di Fidel per i fatti della Moncada. Ma salderemmo un debito se togliessimo il prefisso dalla parola “difesa”, perché egli assunse questo atteggiamento anche nei confronti dei suoi compagni di lotta e del popolo. Definì persino l’onore dei militari come semplici scudi della tirannia.

Ha descritto dettagliatamente gli stratagemmi per mettere a tacere la sua voce durante il processo agli aggressori, perché la sua testimonianza smontasse le calunnie rivolte al Movimento e rivelasse i crimini contro i suoi membri, e persino contro la popolazione civile di Santiago di Cuba.

La verità, anche se messa a fuoco nel mirino, ha invertito gli accusatori e gli imputati per prepararsi a una sentenza pronunciata dalle masse poco dopo i cinque anni, come avvertiva il patteggiamento, con grande fiducia nell’appoggio popolare.

Guidato da un enorme senso di giustizia, il Comandante in capo si rivolse più di una volta al suo maestro José Martí, le cui dottrine condivise con i suoi fratelli nei sogni e nei rischi. Quanta parte de Il carcere politico di Cuba vive in quell’atto di difesa?

Quando Fidel dichiarò, a proposito dei soldati del regime, l’obiettivo di “combattere al suo fianco, come i fratelli che sono, e non di fronte a lui, come i nemici che vogliono che siano”, sostenne gli stessi principi enunciati prima della Guerra Necessaria: “il cubano saluta nella morte lo spagnolo che la crudeltà dell’esercizio forzato ha sradicato dalla sua casa e dalla sua patria per venire ad assassinare nei petti degli uomini la libertà che egli stesso desidera”.

Il leader della Rivoluzione ha citato le prime cinque leggi dell’agenda di un governo di trasformazione e ha descritto il desolante quadro nazionale, concentrandosi su sei problemi fondamentali. Ha anche esaltato i sacrifici dei membri del Movimento.

Senza rivendicare la vendetta per le vite inestimabili prese tra sparatorie e torture, ha riconosciuto il raggiungimento della felicità per la quale avevano dato tutto come l’unico prezzo degno di ricompensa per la loro morte.

Quando il mistero dell’Apostolo sembrava abbandonarci nell’anno del suo centenario, un gruppo di giovani corse a salvarlo e uno di loro ci parlò della sua causa con l’intransigenza della protesta di Baraguá e con idee alla pari di testi come Nuestra América.

Fonte: Granma

Traduzione: italiacuba.it

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