Cuba e Ecuador: l’ipocrisia mediatica di fronte alle crisi energetiche

l’AntiDiplomatico

Negli ultimi giorni, i media internazionali hanno ampiamente riportato la grave crisi energetica che ha colpito Cuba, con blackout diffusi sull’intera isola. La situazione è tanto drammatica quanto complessa, poiché si inserisce in un contesto di difficoltà strutturali dovute a decenni di embargo economico imposto dagli Stati Uniti. Tuttavia, nonostante l’emergenza energetica di Cuba sia aggravata da un assedio economico che dura da oltre sessant’anni, le narrative dominanti tendono a concentrarsi solo sugli effetti immediati del problema, ignorando deliberatamente le cause profonde, prime fra tutte il criminale bloqueo che paralizza l’economia dell’isola e impedisce una corretta gestione delle sue risorse energetiche.

Recentemente, il Ministero dell’Energia e delle Miniere di Cuba ha annunciato che l’isola sta attraversando una “desconexión total”, o disconnessione totale del sistema elettrico, dovuta a un’improvvisa “uscita” della Centrale Termoelettrica Antonio Guiteras. Le autorità cubane hanno dichiarato che, sebbene ci sia una generazione parziale in alcune centrali, la situazione rimane critica, e i blackout continuano a interessare la popolazione. La crisi è stata aggravata dalla mancanza di combustibile e dalle difficoltà di accesso a tecnologie adeguate per la manutenzione delle centrali, problema che risente fortemente delle sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti.

Il presidente cubano, Miguel Díaz-Canel, ha sottolineato l’impegno del governo a ripristinare il sistema elettrico nazionale e a garantire energia alle termoelettriche, ma il quadro generale rimane problematico. La mancanza di risorse e la necessità di operare con mezzi limitati rendono difficile affrontare una situazione che, secondo i report ufficiali, si riflette anche nell’insoddisfazione della popolazione. Inoltre, le interruzioni del servizio elettrico non colpiscono solo i cittadini ma hanno un impatto significativo su settori strategici dell’economia, come la sanità e l’industria.

Il caso Ecuador

In Ecuador, il presidente Daniel Noboa ha recentemente affrontato una crisi energetica causata da una prolungata siccità che ha messo a dura prova la rete elettrica del paese, basata in gran parte sulla produzione idroelettrica. In un messaggio alla nazione, Noboa ha avvertito che i lunghi blackout, fino a dieci ore al giorno, continueranno almeno per le prossime tre settimane. Questo scenario ha evidenziato la vulnerabilità dell’Ecuador, che ha fatto affidamento quasi esclusivamente sull’energia idroelettrica senza sviluppare una rete di riserva efficace, come ha denunciato l’ex presidente Rafael Correa.

Correa ha criticato aspramente il governo attuale, sottolineando che la crisi attuale avrebbe potuto essere evitata se fossero state adottate misure preventive per diversificare le fonti energetiche. Ha evidenziato come, nel 2007, l’energia termica rappresentasse una percentuale significativa della capacità energetica installata, mentre nel 2023 la situazione è drasticamente cambiata, con una maggiore dipendenza dall’energia idroelettrica. Questa mancanza di diversificazione e di investimento nelle infrastrutture termiche ha portato a una situazione in cui il paese non è in grado di affrontare le sfide climatiche e ambientali che si stanno manifestando.

Risulta quindi palese che vi è una narrazione selettiva quando si tratta di crisi energetiche nei paesi che sfidano l’egemonia statunitense. La crisi di Cuba viene spesso descritta come il risultato di un fallimento gestionale, mentre quella dell’Ecuador, nonostante sia altrettanto grave, viene trattata come una conseguenza inevitabile di fattori climatici, senza mettere in discussione le responsabilità politiche locali. La solita doppia morale di marca occidentale.

Dunque, mentre l’embargo contro Cuba continua a strangolare l’economia dell’isola e a limitare la sua capacità di gestire la crisi energetica, il silenzio sui problemi interni dei paesi vassalli degli Stati Uniti, come l’Ecuador, sottolinea l’ipocrisia e la selettività dei media mainstream.

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