Cuba: blackout e blocco

La Jornada

Cuba sta attraversando la sua più grande crisi energetica, con quasi tutta l’isola e 10 dei suoi 11 milioni di abitanti privati dell’elettricità. I blackout che, da tempo, avvenivano sempre più frequentemente e per periodi più lunghi, si sono trasformati in una totale caduta del sistema elettrico a causa della messa fuori servizio della sua principale centrale termoelettrica, giovedì 17, il che ha costretto a sospendere le lezioni e a chiudere quasi tutte le attività economiche mentre le autorità e i tecnici lavorano per ripristinare il flusso. La popolazione teme che questa situazione possa portare a una imminente carestia a causa della decomposizione degli alimenti.

La causa immediata della crisi risiede nella mancanza di combustibile per alimentare le centrali termoelettriche, aggravata da una circostanza climatica che ha ritardato l’arrivo di una nave con fuel oil. Tuttavia, la causa ultima è la stessa che accomuna i grandi e piccoli problemi dell’isola: il blocco commerciale e finanziario imposto da Washington, oltre sei decenni fa, con l’obiettivo dichiarato di ridurre alla fame la popolazione cubana e costringerla a ribellarsi contro le proprie autorità. Sebbene tale sinistro obiettivo sia stato frustrato, le interminabili difficoltà che L’Avana deve affrontare per ottenere valuta estera e acquisire beni essenziali hanno portato il paese a una lacerante scarsezza di tutto ciò che è necessario per la vita quotidiana.

Spesso si pensa che l’argomento del blocco sia solo un pretesto e si dimentica la natura criminale delle decine di leggi e decreti che compongono la più fitta rete di aggressioni non armate dirette contro una nazione sovrana. Essendo un’isola situata nel Mar dei Caraibi, la naturale vocazione economica di Cuba è il turismo, e la sua posizione a soli 144 chilometri dagli USA rende gli statunitensi il suo mercato logico e principale. Tuttavia, le norme illegali di Washington vietano ai suoi cittadini di viaggiare sull’isola. Ma l’applicazione illegale delle sanzioni non colpisce solo gli abitanti della superpotenza, bensì qualsiasi impresa, di qualsiasi parte del mondo, che compri o venda qualsiasi cosa –fosse anche una cipolla, un farmaco contro il cancro o un quaderno per far studiare i bambini– all’Avana, rischia di essere perseguita e schiacciata dal paese che controlla dittatorialmente il sistema finanziario globale. Una delle principali fonti di entrate per quasi tutti gli stati latinoamericani e caraibici, le rimesse inviate dai loro connazionali che lavorano all’estero, è anche preclusa a Cuba perché non può accedere al sistema internazionale dei pagamenti, uno dei tanti tentacoli dell’imperialismo USA.

Da quando Hugo Chávez è salito democraticamente al potere in Venezuela, alla guida della Rivoluzione bolivariana, Caracas ha fornito un aiuto inestimabile al popolo cubano con le sue forniture di idrocarburi. Ma, poiché Washington ha inflitto ai venezuelani le stesse atrocità che perpetra contro i cubani, il governo di Nicolás Maduro ha dovuto ridurre il suo aiuto a Cuba, il che ha ulteriormente aggravato una situazione già estremamente precaria. Inoltre, all’Avana è impedito acquistare macchinari, attrezzature e pezzi di ricambio per invertire il deterioramento delle infrastrutture elettro-energetiche, per cui i guasti continueranno ad essere strutturali finché il giogo di Washington soffochi l’isola. A Cuba non è nemmeno permesso accedere alle tecnologie necessarie per intraprendere la transizione energetica, nonostante, a parole, l’attuale inquilino della Casa Bianca e altri dirigenti occidentali si dichiarino sostenitori della lotta contro il cambio climatico.

Nel presente secolo, a parte Israele contro il popolo palestinese, nessun paese è stato così sistematicamente e lungamente sadico con la popolazione civile come gli USA nel loro attacco contro i cubani. La sofferenza umana e la privazione di ogni prospettiva di una vita dignitosa nella propria terra sono la testimonianza del totale disprezzo della classe politica USA per il benessere delle persone e la libertà in nome della quale parlano.


Cuba: apagón y bloqueo

La Jornada

Cuba atraviesa su mayor crisis energética, con la práctica totalidad de la isla y 10 de 11 millones de habitantes privados de electricidad. Los apagones que venían sucediéndose con cada vez mayor frecuencia y duración desde hace tiempo, se convirtieron en una caída total del sistema eléctrico a raíz de la salida de servicio de su principal central termoeléctrica el jueves 17, lo cual obligó a suspender clases y a cerrar casi toda actividad económica mientras las autoridades y los técnicos trabajan para restablecer el fluido. La población teme que esta situación derive en una inminente hambruna debida a la putrefacción de los alimentos.

La causa inmediata de la crisis se encuentra en la falta de combustible para alimentar sus centrales termoeléctricas, empeorada por una coyuntura climática que retrasó la llegada de un buque con fuel oil. Sin embargo, la causa última es la misma que comparten los grandes y pequeños problemas de la isla: el bloqueo comercial y financiero impuesto por Washington hace más de seis décadas con el propósito declarado de reducir por hambre a la población cubana y obligarla a levantarse contra sus autoridades. Aunque dicho objetivo siniestro se ha visto frustrado, las dificultades interminables que debe enfrentar La Habana para captar divisas y adquirir insumos esenciales sí han llevado al país a una lacerante escasezde todo lo necesario para la vida cotidiana.

Muchas veces se piensa que el argumento del bloqueo es un mero pretexto y se olvida la naturaleza criminal de las decenas de leyes y decretos que conforman el más tupido entramado de agresiones no armadas dirigidas contra una nación soberana. Como isla ubicada en el mar Caribe, la vocación económica natural de Cuba se encuentra en el turismo, y su ubicación a sólo 144 kilómetros de Estados Unidos hace de los estadunidenses su mercado lógico y elemental. Pero las normas ilegales de Washington prohíben a sus ciudadanos viajar a la isla. Pero la aplicación ilegal de sanciones no sólo afecta a los habitantes de la superpotencia, sino que cualquier empresa, de cualquier parte del planeta, que compre o venda cualquier objeto –así sea una cebolla, un medicamento para el cáncer o un cuaderno para que los niños estudien– a La Habana se atiene a ser perseguida y aplastada por el país que controla dictatorialmente el sistema financiero global. Una de las fuentes de ingresos más importantes para la práctica totalidad de los estados latinoamericanos y caribeños, las remesas enviadas por sus connacionales que trabajan en el exterior, también se encuentra cerrada para Cuba porque no se le permite acceder al sistema internacional de pagos, uno de los muchos tentáculos del imperialismo estadunidense.

Desde que Hugo Chávez llegó democráticamente al poder en Venezuela a la cabeza de la Revolución bolivariana, Caracas ha prestado un inestimable auxilio al pueblo cubano con sus envíos de hidrocarburos. Pero conforme Washington ha hecho a los venezolanos víctimas de las mismas atrocidades que perpetra contra los cubanos, el gobierno de Nicolás Maduro ha debido recortar su ayuda a Cuba, lo cual ha terminado de desbordar una situación sumamente precaria. Asimismo, a La Habana se le impide comprar maquinaria, herramientas y refacciones con que revertir el deterioro de la infraestructura electroenergética, por lo que los fallos seguirán siendo estructurales en tanto la bota de Washington asfixie a la isla. A Cuba tampoco se le permite acceder a las tecnologías necesarias para emprender la transición energética, pese a que, en el discurso, el actual ocupante de la Casa Blanca y otros líderes occidentales se proclaman impulsores de la lucha contra el cambio climático.

En el presente siglo, salvo Israel sobre el pueblo palestino, ningún país has sido tan sistemática y duraderamente sádico con la población civil como Estados Unidos en su embate contra los cubanos. El sufrimiento humano y el despojo de toda perspectiva de vida digna en su propia tierra son el testimonio del total desprecio de la clase política estadunidense hacia el bienestar de las personas y la libertad en nombre de la que hablan.

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