La storia di questo tipo di minaccia è antica quanto la stessa Rivoluzione cubana; gli esempi, gli eventi e le occasioni non mancano, sia nei primi anni della Rivoluzione che in tempi più recenti.
Come qualcuno che grida al massacro, un piccolo gruppo di persone di lontana origine cubana si è riunito il 28 gennaio per gridare, nell’iconico Lafayette Park di Washington DC, situato a circa 200 metri a nord della Casa Bianca, che Cuba deve essere invasa una volta per tutte.
Ebbene, si è scoperto che, onorando la loro consueta inutilità, la schiera di odiatori ha organizzato una manifestazione anticubana, proprio nel giorno in cui non solo i cubani, ma buona parte del mondo, celebrava il 172° anniversario della nascita di José Martí.
Oltre a chiedere che l’amministrazione Trump applichi le sanzioni più severe contro le famiglie dell’isola, si sono anche fatti coraggio e hanno chiesto che il Corpo dei Marines, esperto nel perdere le guerre, faccia uno dei suoi noti interventi “umanitari” contro Cuba, per porre fine al comunismo, come hanno chiesto a gran voce.
Nessuno dovrebbe essere sorpreso da questi eccessi verbosi. Alcuni dei partecipanti, di cui non è necessario fare il nome, vivono della monetizzazione sui social network, grazie al generoso sostegno del bilancio federale, lo stesso che il presidente Trump ha promesso di gestire meglio di quanto abbia fatto finora.
MINACCE E AGGRESSIONI DA SEMPRE
La storia di questo tipo di minacce è antica quanto la stessa Rivoluzione cubana. Sono numerosi gli esempi, gli eventi e le occasioni, sia nei primi anni della Rivoluzione che in tempi più recenti, in cui i leader del cosiddetto movimento dell’esilio cubano-americano hanno chiesto al Pentagono di risolvere ciò che non sono riusciti a fare: distruggere il processo di emancipazione di Cuba.
In quegli ormai lontani anni ’60, fino agli anni ’80, c’è stata una proliferazione di piani, di solito concepiti e finanziati dalla CIA, che cercavano di minare l’ordine interno, attraverso il terrorismo, e che comprendevano più di 600 attentati alla vita del Comandante in Capo.
Di quegli anni ricordiamo, ad esempio, la cosiddetta Operazione Plutone, per sabotare le raffinerie di petrolio; il Progetto jm/wave, in preparazione dell’invasione di Girón, e l’incursione in quella parte della Ciénaga de Zapata, che si concluse con una clamorosa sconfitta, che fa riflettere su ciò che attende chi cerca di impadronirsi di Cuba. C’era anche l’Operazione Mangusta, in cui si combinava il sabotaggio con la propaganda sovversiva, e un’altra delle meno conosciute, ma particolarmente perversa, l’Operazione Northwoods, che, sebbene non sia stata attuata, prevedeva di compiere atti terroristici contro cittadini statunitensi per poi dare la colpa a Cuba.
Di questi anni è la guerra lampo dell’ottobre 1962, che portò il mondo intero sull’orlo di una conflagrazione nucleare; o l’introduzione di pestilenze, come quella di un ceppo mortale di febbre dengue o contro la popolazione suina del Paese, chiaramente classificata come aggressione batteriologica.
E che dire del blocco economico, commerciale e finanziario, il più lungo nel tempo contro qualsiasi nazione, ben descritto come guerra economica e genocidio contro un intero popolo.
Degna di nota è anche la ricerca e la messa in scena di provocazioni, nello stile della già citata Operazione Northwoods, in cui la narrativa nemica cercava di giustificare l’aggressione con il presunto sostegno di Cuba al terrorismo, o con qualcosa di inverosimile come dire che l’isola è un pericolo per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
Nel bel mezzo della pandemia, quando l’amministrazione Biden decretò che i cubani non meritavano l’ossigeno per curare i loro pazienti, si verificarono gli eventi dell’11 e 12 luglio. Rapidamente, il cluster controrivoluzionario, credendo che fosse giunto il momento di chiedere un’invasione militare di Cuba, ha organizzato una visita, in modalità parata, alla sede del Comando Sud, dove, come è noto, sono stati cacciati senza ulteriori spiegazioni. Sembra che i generali statunitensi, consapevoli dei costi di un’incursione militare nella più grande delle Antille, preferiscano seguire la strada della lucidità.
SÌ ALLA PACE, NO ALLA GUERRA
Come si vede, la denuncia di questi piani non è una reazione eccessiva o una paranoia; si basa su fatti storici concreti e sulla conoscenza del nemico che si oppone alla sovranità di Cuba.
In ogni caso, questa lunga storia sembra non avere fine, perché l’ostilità imperiale è stata soprattutto di natura violenta, basata sulla sua proverbiale arroganza e sulla concezione, certo errata, che le armi possano fare qualsiasi cosa; lo dicono coloro che ora sono a capo del governo statunitense, secondo i quali cercheranno la pace attraverso l’uso della forza.
Ma a Cuba troveranno ciò che Fidel disse una volta: “Ciò che ha fermato gli imperialisti è l’eroismo del nostro popolo, il prezzo che sanno di dover pagare per l’aggressione al nostro Paese”.
Per questo i cubani, che hanno recentemente dimostrato le loro capacità nell’esercitazione strategica Bastion 2024, hanno ben chiaro che da questa amministrazione possono aspettarsi qualsiasi cosa di barbaro; “misure di proporzioni bibliche”, ha promesso uno dei portavoce della mafia cubano-americana, che forse si riferiva, al contrario, a quanto narrato nel Libro di Samuele, capitolo 17, sulla sconfitta di Golia da parte del piccolo Davide.
“Lasciate che il popolo cubano viva in pace”, ha chiesto il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito e Presidente della Repubblica, Miguel Díaz-Canel Bermúdez, il 20 dicembre scorso, all’inizio di un’imponente marcia i cui echi risuonano ancora nelle strade del litorale dell’Avana.
Questa è sempre stata la vocazione dei cubani. Ad esempio, il 28 gennaio 2014, in qualità di presidente pro tempore della Celac, Cuba ha promosso e ottenuto il sostegno unanime di tutti i membri per firmare all’Avana la Proclamazione dell’America Latina e dei Caraibi come Zona di Pace. I suoi principi: non intervento, rispetto del diritto internazionale, risoluzione pacifica delle controversie e diritto di ogni Paese a scegliere il sistema politico che preferisce, il tutto in linea con la Carta delle Nazioni Unite.
I falchi, con un ruolo di primo piano nell’amministrazione Trump, che promuovono guerre da uffici con aria condizionata a Washington o nel sud della Florida, dovrebbero ricordare che la Rivoluzione cubana è qui per restare, che nemmeno una minaccia nucleare potrebbe spezzarla.
Fonte: Granma
Traduzione: italiacuba.it