Maria Corina Machado, un’antipatria alleata dei “Patrioti”

Geraldina Colotti

Si è conclusa a Madrid la convention allargata dei “Patrioti per l’Europa”. Lo slogan di Donald Trump, adattato da Elon Musk per l’Europa (Mega anziché Maga), campeggiava sul palco dell’evento, a cui ha dato il titolo: Make Europe Great Again. Rendiamo l’Europa di nuovo grande. Un concetto che, già di per sé, indica il livello di “patriottismo” di questi 15 partiti di estrema destra, in rappresentanza di 13 paesi, forti di 86 deputati al parlamento di Strasburgo, e dei 19 milioni di voti ricevuti alle ultime europee.

In primo piano c’erano Orban, Abascal, Jordan Bardella e Marine Le Pen del Rassemblement National francese, così come il vice primo ministro italiano Matteo Salvini e Geert Wilders leader del Partito della Libertà olandese. Presenti, però, anche i rappresentanti di altri partiti di estrema destra: l’Azione dei cittadini insoddisfatti nella Repubblica Ceca, il Chega in Portogallo, il Vlaams Belang in Belgio, il Partito del Popolo in Danimarca, la Voce della Ragione in Grecia e il Lettonia Prima.

Una galassia nei vari toni del fascismo, della xenofobia e della misoginia. Spazzatura demagogica con cui riempiono i cervelli già disastrati dei cittadini europei, utile a rilanciare la missione del tycoon statunitense: per conquistare la maggioranza nei governi locali e nell’Unione europea. “Dobbiamo fare quello che ci ha detto Trump: combattere, combattere, combattere. Dobbiamo riconquistare un’Europa che è nostra e che ci appartiene. Un’Europa cristiana”, ha infatti dichiarato André Ventura, leader del partito di estrema destra Chega in Portogallo.

A partire dalla loro fondazione, codificata dalla Carta di Madrid, nel 2020, i “patrioti” si sono già incontrati tre volte. L’ultima, a novembre, a Parigi, per eleggere alla presidenza, Santiago Abascal. A capo del partito spagnolo Vox, che risulta terzo nei sondaggi con il 15% delle preferenze, Abascal è stato uno dei principali firmatari della Carta di Madrid.

All’epoca c’era anche l’attuale premier italiana, Giorgia Meloni, a lanciare, da candidata, il suo slogan-tormentone: “Sono Giorgia, sono una donna, sono cristiana”. Ora, però, sta provando a indossare anche altre uniformi, fra Trump, Musk e von der Lyen.

Ben presente, invece, la golpista venezuelana, Maria Corina Machado, altra firmataria della Carta di Madrid.

È stata lei a aprire la convention con un video-messaggio assai esplicito rispetto alle proprie convinzioni: “Stiamo vivendo tempi di cambiamenti vertiginosi – ha esordito -: la società capisce il valore della libertà e del senso comune. In Europa come in Venezuela abbiamo gli stessi valori e obiettivi, lottiamo contro la dittatura”, ha concluso la “difensora dei diritti umani”, a cui l’Europa ha consegnato il premio Sakharov per la libertà di opinione: celebrata sia dai partiti di centrosinistra che dal peggior fascismo europeo. Machado ha ringraziato in particolare Abascal: “sempre in prima linea – ha detto – nella lotta per la libertà in Venezuela”.

Forte dei suoi rapporti privilegiati con il fascismo latinoamericano, Abascal cerca infatti di spostare a favore della Spagna gli equilibri dei Patrioti, e per questo da giorni scimmiotta le provocazioni di Javier Milei in Argentina, alludendo più volte alla “motosega” e ai tagli sullo stato sociale che sono abbattuti sulle classi popolari.

D’altro canto, se l’estrema destra è in continua crescita, e già governa in Italia, Ungheria, Olanda, se promette di vincere anche in Germania e spadroneggia in Francia, è perché a spianarle la strada è stato quel centrosinistra impossibile da distinguere, nei programmi, dal neoliberismo e dal bellicismo imperante in Europa. A permettere lo smantellamento del welfare, in Italia, prima dei fascisti, si sono adoperati i tecnocrati della Ue, a cui il centrosinistra ha dato mano libera per calare la stessa scure, edulcorata, però, da un’adeguata retorica.

La priorità del nuovo Patto industriale è quella di “rendere l’Europa indipendente dalla Russia”, ossia far ricadere maggiormente sulle classi popolari il costo del complesso militare-industriale (“Dategli pure altre armi a Zelensky, ma compratele da noi”, ha detto Trump). In questa chiave, von der Leyen si è congratulata con Estonia, Lettonia e Lituania per aver interrotto, con 10 mesi di anticipo, il contratto di collegamento alla rete elettrica della Russia, sostituendolo con quello alla rete continentale europea.

Ben altra prospettiva è quella espressa da Delcy Rodríguez, vicepresidenta esecutiva del Venezuela e ministra degli Idrocarburi, alla III edizione annuale della Settimana dell’Energia, in corso a Nuova Delhi, in India. Rodríguez ha sottolineato l’importanza di un futuro energetico libero da sanzioni, che consenta lo sviluppo senza restrizioni di tutti i popoli del mondo.

Una posizione che promuove la costruzione di un mondo multicentrico e multipolare e che, a livello nazionale, agisce in un orizzonte socialista, basato sull’indipendenza, sull’integrazione sud-sud e sulla ridistribuzione delle risorse.

“Secondo il rapporto delle Nazioni unite, il 9% dei popoli del mondo non ha accesso all’elettricità – ha detto Rodríguez – quando parliamo di progresso dobbiamo chiederci che tipo di progresso vogliamo. Per noi occorre un progresso che rispetti il trilemma energetico, che rispetti l’accessibilità alle fonti energetiche, e che rispetti la responsabilità nel cambio climatico”.

Una concezione della storia e dei rapporti fra le classi opposta a quella dei falsi sovranismi, basati sulle chiusure xenofobe e su un “patriottismo” fascista a vantaggio delle élite bianche e occidentali, a cui si rivolge l’estrema destra venezuelana. E intanto, mentre si diffonde lo scandalo per il desvìo dei fondi erogati dalla Usaid per la sovversione, l’aspirante autoproclamato 2.0, Edmundo González Urrutia, continua a girare il mondo, a spese del popolo venezuelano.

Dopo essersi fatto ricevere dai governi reazionari dell’America latina, ha annunciato un nuovo viaggio in Europa. Dapprima si recherà in Portogallo, poi in Germania, nei Paesi Bassi, in Italia (destra e “sinistra” lo accoglieranno di nuovo a braccia aperte?) e in Francia. Tra una meta e l’altra, toccherà alcune località della Spagna, dove risiede dopo aver lasciato il Venezuela.

*Articolo per il CuatroF

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