José Luis Méndez Méndez / Resumen Latinoamericano.
Il ritorno alla Casa Bianca, per un secondo mandato, del repubblicano Donald J. Trump, figlio di immigrati, e la sua spropositata politica anti-immigrazione, che ha finito per colpire anche i, fino ad ora, coccolati cubani, ha scoperchiato ed esasperato l’odio di centinaia di isolani emigrati, i quali invocano con passione viscerale e odio endemico le misure più dure contro i propri connazionali, sia negli USA che a Cuba.
Nel 2021 esigevano l’intervento militare per annientare il sistema cubano, quattro anni dopo invocano lo strangolamento dei loro compatrioti, tanto di quelli appena arrivati nel “sogno americano”, quanto di quelli che a Cuba cercano di costruire il proprio destino.
Sfilate di odiatori seriali, che vivono, abitualmente, di rancore, urlano “asfissia totale”, “niente rimesse”, “né visti”, “deportazione ora, subito”, “niente buoni alimentari”, “chiusura di tutti i voli per Cuba”, “revocare la residenza a chi invia denaro o visita i familiari a Cuba”, e qualcuno è arrivato perfino a pensare di cambiarsi il sangue natio, per sentirsi ariano, privo di ogni ricordo del passato.
Il blocco storico USA contro Cuba ha avuto un rinnovato impatto a causa del suo inasprimento da parte dell’amministrazione del presidente Donald Trump. Basti ricordare che, durante i primi due anni del precedente mandato trumpiano, tra aprile 2017 e marzo 2018, tale accanimento ha provocato danni per oltre 4 miliardi e 321 milioni di $, per un totale, in quasi sei decenni, di oltre 933 miliardi di $. Questo colossale impatto ha impedito alla più grande delle Antille di avanzare verso lo sviluppo, causando innumerevoli privazioni materiali, soprattutto alla popolazione vulnerabile di bambini e anziani. È noto che l’isola è uno dei paesi dell’America Latina più invecchiati, con un’alta aspettativa di vita.
In quel periodo, il plastificato magnate immobiliare firmò un “Memorandum presidenziale sulla sicurezza nazionale per il rafforzamento della politica USA verso Cuba”, che si tradusse in oltre 243 misure coercitive contro Cuba, mantenute anche dal suo successore. Firmando quel documento, Trump si mise al servizio di un piccolo settore dell’emigrazione di origine cubana in Florida che spinge per soffocare gli abitanti della nazione caraibica.
Ora, nel 2025, lo stesso presidente si è rivoltato contro i suoi ex alleati, li ha vilipesi, screditati e declassati a persone di seconda categoria, gestibili come numeri statistici. Dati recenti indicano che è stato revocato il “parole” a 530000 cubani, venezuelani, haitiani e nicaraguensi.
Tra le conseguenze del deterioramento delle relazioni tra Cuba e USA, dovuto alle azioni di Trump, spicca l’aumento delle restrizioni per i cubani che vogliono viaggiare negli USA. Il risultato è che il numero di viaggi di cubani per visitare i propri familiari è diminuito del 70%, sotto la minaccia di non poter tornare negli USA, perdere la residenza, ricevere multe o subire altre misure punitive.
Si è anche ulteriormente ridotto il già limitato margine d’azione degli imprenditori USA per fare affari con l’Avana. Ora, chi incita a rafforzare la pressione contro Cuba propone di vietare la vendita di prodotti comprati negli USA alle micro, piccole e medie imprese con sede a Cuba, invocando la motivazione del “commerciare con il nemico” e con un paese “terrorista”. Le misure d’intervento delle autorità doganali d’ispezionare le navi che, in maniera limitata, trasportano merci verso Cuba, infastidiscono e scoraggiano quei pochi imprenditori disposti a correre il rischio.
È apparsa sbiadita la già contestata, da settori della società USA, politica dell’inquilino della Casa Bianca, che ha promosso una persecuzione ancora più intensa delle transazioni finanziarie e delle operazioni bancarie di Cuba nel mondo, con il conseguente rafforzamento dell’extraterritorialità del blocco. Tutto ciò è accompagnato da un discorso ufficiale aggressivo, volto a fabbricare pretesti per ostacolare gli scambi – oggi già ridotti – tra i due paesi.
In altre parole, l’attuale amministrazione USA prosegue in direzione opposta rispetto alle raccomandazioni delle risoluzioni approvate ogni anno, dal 1992, dall’Assemblea Generale dell’ONU che invitano gli USA a porre fine al blocco.
Si sta intensificando una vera e propria caccia a tutti gli immigrati dell’era Biden, persino a quelli definiti migranti che avevano ricevuto un permesso temporaneo di vivere negli USA grazie ad un’app di appuntamenti online. A questi ultimi è stato revocato il permesso concesso dalla precedente amministrazione democratica e ordinato di lasciare “immediatamente” il paese, con l’ultimatum di una deportazione ipso facto. Si stima che, dal gennaio 2023, 900000 persone siano entrate tramite l’app CBP One, che autorizzava la permanenza per due anni con diritto di lavoro, sotto uno status presidenziale chiamato “permesso di permanenza temporanea”.
Le reazioni non si sono fatte attendere, ma non da parte dei cubani colpiti, che non hanno ricevuto alcuna solidarietà né dai loro connazionali già radicati negli USA, né dai rappresentanti e senatori di origine cubana, che servono i datori di lavoro di turno e sembrano aver dimenticato che i loro seggi sono stati conquistati grazie al voto di coloro che ora ignorano.
A protestare, invece, sono stati gli argentini che affollano la città di Miami, contrari alle misure repressive del governatore Ron DeSantis e dell’agenzia ICE (Immigration and Customs Enforcement). In strada si sono opposti all’applicazione del programma 287(g), che permette di attribuire funzioni migratorie agli agenti di polizia. Questo consentirebbe loro di collaborare alla persecuzione degli irregolari: qualsiasi infrazione basterebbe per attivare funzioni migratorie, arrestare e mettere in stato di deportazione l’inosservante, emettere ordini di detenzione migratoria, interrogare, arrestare e trasferire persone sospette di essere senza documenti. La città di South Miami, con un’alta popolazione argentina, si è opposta alla misura e ha portato il caso in tribunale.
Tanto è accelerato il processo di deportazione di massa che Trump ha imposto misure di velocizzazione della gestione per le agenzie incaricate di eseguire i suoi successivi ordini esecutivi. L’ultima prevede multe giornaliere di 998 $ a chi non rispetta i programmi di espulsione accelerata, che ora si applicano anche agli immigrati entrati attraverso l’estesa frontiera sud nel corso degli anni – comprese le carovane di centroamericani, cubani e di varie altre nazionalità – che da luoghi remoti come Bolivia o Colombia attraversavano l’intero continente sudamericano per superare il famigerato e boscoso Tapón del Darién panamense, affrontando innumerevoli sfide, pericoli e ostacoli, alla mercé di bande criminali, che in alcuni casi hanno assassinato e fatto sparire migranti.
È un caos migratorio, in cui gli odiatori abituali hanno trovato un fiorente affare al servizio dei peggiori interessi dei cubani di entrambe le sponde dello Stretto della Florida.
(*) Scrittore e docente universitario. Autore, tra gli altri, dei libri “Sotto le ali del Condor”, “L’Operazione Condor contro Cuba” e “Democratici alla Casa Bianca e il terrorismo contro Cuba”. Collabora con Cubadebate e Resumen Latinoamericano.
El boyante negocio de los odiadores habituales
Por José Luis Méndez Méndez* / Resumen Latinoamericano
La llegada en segunda temporada del republicano Donald J. Trump, hijo de inmigrantes, a la Casa Blanca y su desmedida política antiinmigrante, que ha arrastrado también a los hasta ahora aliados y mimados cubanos, ha destapado y exacerbado el odio de cientos de arribados isleños, que claman con pasión visceral y odio endémico, las peores medidas para sus hermanos tanto en Estados Unidos como en Cuba. En el año 2021, exigían la intervención militar para liquidar al sistema cubano, cuatro años más tarde apelan a estrangular a sus coterráneos tanto a los recién llegados al “sueño americano”, como a quienes en Cuba quieren labrar su propio destino.
Desfiles de odiadores seriales, que viven del rencor de manera habitual, vociferan “asfixia total”, “no remesas” “ni visas”, “deportación ahora, ya”, “no sellos de alimentos”, “cierre de todos los vuelos a Cuba”, “retirar la residencia a quienes remesen o viajen a ver a sus familiares a Cuba” y hasta han pensado en cambiarse la sangre de nacimiento, para quedar arios de todo recuerdo pasado.
El bloqueo histórico estadounidense contra Cuba ha tenido un impacto renovado a causa de su recrudecimiento por la administración del presidente Donald Trump. Baste recordar que, que durante los dos primeros años de la pasada temporada trumpiana, en el período entre abril de 2017 y marzo de 2018, ese hostigamiento provocó daños por más de 4 mil 321 millones para sumar durante casi entonces seis décadas una cifra superior a los 933 mil millones de dólares. Ese impacto colosal impidió a la mayor de las Antillas avanzar hacia el desarrollo y produjo innumerables privaciones materiales, sobre todo a la población vulnerable de niños y ancianos, se conoce que la Isla, es uno de los países de América Latina, más envejecido con una elevada expectativa de vida.
En esa época, el laqueado magnate inmobiliario rubricó un “Memorando presidencial de seguridad nacional sobre el fortalecimiento de la política de Estados Unidos hacia Cuba”, que se tradujo en más 243 medidas coercitivas contra Cuba, mantenidas por su ahora predecesor. Al firmar el documento Trump le hizo el juego a un minoritario sector de la emigración de origen cubano, que en la Florida puja por asfixiar a los habitantes de la nación caribeña. Ahora en el 2025, el mismo presidente se ha virado contra sus otrora aliados, los ha vilipendiado, denostado y devaluado hasta personas de segunda, proclives a ser manejados como números de estadísticas, cifras recientes indican que se ha revocado el parole a 530,000 cubanos, venezolanos, haitianos y nicaragüenses.
Entre las repercusiones del deterioro de las relaciones entre Cuba y Estados Unidos a causa de los pasos dados por Trump destaca el aumento de las restricciones a sus compatriotas para viajar a este país. El resultado es que el movimiento de cubanos a ver a sus familiares ha disminuido en un 70 %, existe la amenaza de no poder regresar a Estados Unidos, perder su residencia, ser multados y recibir otras medidas punitivas.
Igualmente se ahondó el ya reducido margen de maniobra de los empresarios norteños para negociar con La Habana, ahora los incitadores a darle vueltas a la presión contra Cuba, es prohibir la venta de productos comprados en Estados Unidos por las micro, pequeñas y medianas empresas radicadas en Cuba, se esgrime “comerciar con el enemigo” y con un país “terrorista”. Las medidas de intervención de las autoridades aduanales de inspeccionar a los barcos que exiguamente llevan mercancías a Cuba, molestan y disuaden a los pocos empresarios dispuestos a correr el riesgo.
Ha quedado pálida la repudiada, por sectores de la sociedad estadounidense, la política del inquilino de la Casa Blanca, que instó a una mayor persecución de las transacciones financieras y las operaciones bancarias de Cuba en el mundo, con el deducido reforzamiento de la extraterritorialidad del bloqueo. Todo lo anterior se asocia a un discurso oficial agresivo que apela a la fabricación de pretextos para perturbar los intercambios, hoy reducidos, entre los dos países.
En otras palabras, la administración estadounidense actual sigue en sentido opuesto a las recomendaciones de las resoluciones adoptadas anteriormente en la Asamblea General de la ONU para que el país norteño finalice el bloqueo, adoptadas cada año desde 1992.
Una activa razia está en incremento contra todos los inmigrantes de la era Biden, hasta los denominados migrantes que se les permitió vivir temporalmente en Estados Unidos mediante una aplicación de citas en línea, se les ha revocado ese permiso de la pasada administración demócrata y se les ha indicado que abandonen de “inmediato” el país, con el ultimátum de ser deportados ipso facto. Se estima que, desde enero 2023, 900,000 personas pudieron ingresar mediante la aplicación CPB One, que les autorizaba a permanecer durante dos años con autorización a trabajar bajo una autoridad presidencial llamada “permiso de permanencia temporal”.
Las reacciones no se han hecho esperar, no por parte de los cubanos afectados, que no han recibido solidaridad de sus coterráneos ya radicados ni por parte de los representantes y senadores de su origen que son servidores del empleador de turno y que han olvidado que sus puestos han sido logrados gracias al voto de los ahora ignorados.
Han sido los argentinos que repletan la ciudad de Miami, opuestos a las medidas represivas del gobernador Ron DeSantis y el Servicio de Inmigración y Control de Aduanas (ICE, por sus siglas en inglés). En las calles han protestado por la aplicación del programa 287 (g), que permite habilitar a los agentes de policía con funciones de migración, lo cual les permitiría colaborar con la persecución de indocumentados, cualquier infracción, contravención bastaría para que el agente interviniente también asuma las funciones migratorias y detener, poner en situación de deportación al infractor, les permite emitir órdenes de detención migratoria, además de interrogar, arrestar y trasladar a personas sospechosas de estar sin documentación. La ciudad de South Miami, con elevada población argentina se opuso a la medida y llevó el caso ante la justicia.
Tal es la prontitud del proceso de deportación masiva, que Trump ha impuesto medidas aceleradoras de la gestión de las agencias encargadas de ejecutar sus sucesivas órdenes ejecutivas, la más reciente es multar de forma diaria con 998 dólares, a quienes incumplan con los programas acelerados y ordenes de ser deportados, que ahora se suman además a los inmigrantes que entraron por la extensa frontera sur durante varios años, incluidas las caravanas de centroamericanos, cubanos y de varias nacionalidades que desde puntos tan remotos como Bolivia, Colombia, atravesaban el continente sudamericano para vencer el famoso y boscoso Tapón del Darién panameño, sorteando disimiles retos, peligros, obstáculos a merced de bandas criminales, que llegaron hasta el asesinato y desaparición de cuerpos.
Es un caos migratorio, donde los odiadores habituales, han encontrado un boyante negocio al servicio de los peores intereses de los cubanos de ambas orillas del “Estrecho de Florida”.
(*) Escritor y profesor universitario. Es el autor, entre otros, del libro “Bajo las alas del Cóndor”, “La Operación Cóndor contra Cuba” y “Demócratas en la Casa Blanca y el terrorismo contra Cuba”. Es colaborador de Cubadebate y Resumen Latinoamericano.