***Gli USA hanno chiesto una proroga
dei termini per presentare appello contro la sentenza che ha annullato il
processo ai Cinque***
25 agosto - L’Amministrazione USA, tramite la Procura di Miami, ha chiesto che le vengano concessi 30 giorni aggiuntivi (fino al 29 settembre) per decidere se presentare appello o meno contro la sentenza del Tribunale degli Appelli di Atlanta.
Gli eroi cubani hanno già passato sette anni nelle carceri degli Stati Uniti, sanzioni che superano già di molto qualsiasi pena per reati minori dei quali potrebbero venire accusati.
Secondo gli esperti, la richiesta di proroga di 30 giorni è un tentativo dell’Amministrazione per allungare i tempi del processo, corrisponde ad una ordinanza del Procuratore principale degli USA, che deve decidere se alla fine verrà presentato appello contro la decisione dell’Undicesimo Circuito.
Martedì 23 agosto erano trascorse due settimane dalla sentenza unanime della Corte di Atlanta senza che la Procura reagisse. Adesso lo ha fatto, ma solo per formulare questa richiesta.
Se ritenesse di avere ragione, la Procura avrebbe presentato l’appello immediatamente. "Non sanno cosa fare perchè il loro è un caso perso dal punto di vista legale", ha detto il legislatore cubano alla AFP.
Di fronte ai nuovi aspetti del caso, si impone l’intensificazione della pretesa d’immediata liberazione dei Cinque, ha espresso Alarcón.
Antiterrorista cubano recluso negli
USA ringrazia per la solidarietà
19 agosto 2005 (PL)- Ramón Labañino, uno dei Cinque antiterroristi cubani ingiustamente detenuti nell’impero, ha inviato un messaggio di ringraziamento al popolo cubano e agli amici del mondo per la loro solidarietà dopo la sentenza positiva della corte d’appello.
"A tutte le sorelle e i fratelli che in qualche modo ci hanno aiutato nella causa dei Cinque faccio i miei complimenti, perchè è stato un trionfo della giustizia e della solidarietà" ha detto Labañino nel suo messaggio pubblicato da Joventud Rebelde.
Lo scorso 9 agosto la Corte d’Appello di Atlanta ha annulato la sentenza che pesava su di lui e i suoi compagni Gerardo Hernández, Antonio Guerrero, Fernando González e René González, in prigione dal 1998.
I giudici che hanno analizzato il caso hanno anche ordinato di realizzare un nuovo processo lontano da Miami, bastione dei nemici della Rivoluzione cubana all’estero.
La sentenza d’Atlanta è stata preceduta da quella d’una commissione delle Nazioni Unite che ha riconosciuto l’illegalità delle detenzioni e del processo contro i Cinque ed ha invitato a rimediare all’ingiustizia.
"Sono già due condanne per coloro che ci vogliono mantenere detenuti: il gruppo di lavoro sulle detenzioni arbitrarie della ONU è stato categorico nelle sue conclusioni e adesso l’11º Circuito d’Atlanta che ha offerto il suo verdetto" ha indicato Labañino che ha ricevuto una condanna all’ergastolo più 18 anni di prigione.
"Antonio non ha mai perso la speranza e si sente ottimista, soprattutto dopo la lettura delle 93 pagine dell’allegato dei giudici, notando la precisione della risposta", ha spiegato sua moglie Elizabeth Palmeiro dopo una breve visita in prigione.
"È molto difficile ora fare un appello contro questa decisione così etica e
ben argomentata" ha assicurato Labañino alla moglie ed ha anche riconosciuto che
i Cinque sono sicuri che le cose lontano da Miami sarebbero molto diverse e
Atlanta è già una prova.
Un nuovo processo ai Cinque
si ritorcerebbe contro gli USA
• Ha detto Julio Fernández Bulté un avvocato difensore
19 agosto 2005 (PL) - "Se Washington decide di realizzare un altro giudizio ai Cinque cubani anti-terroristi prigionieri negli USA, questo processo si ritorcerebbe contro questo governo", ha detto Julio Fernández Bultè, uno degli avvocati difensori dei Cinque che ha concesso un’intervista a Prensa Latina durante la quale ha analizzato l’attuale situazione legale di chi è in prigione da sette anni scontando condanne che adesso sono state dichiarate illegali dal tribunale d’appello di Atlanta.
Fernández è stato chiaro nell’affermare che si farà giustizia nel caso dei Cinque, solo quando loro scenderanno da un aereo nell’aeroporto José Martì dell’Avana, viaggiando di ritorno nella loro Patria e trasformando in realtà la parola d’ordine cubana "¡Volveran!" ("Ritorneranno!").
"Siamo più vicini che mai a questo momento, ma è ancora necessarie la mobilitazione e l’appello dell’opinione pubblica mondiale, di tutte le persone decenti degli Stati Uniti, di tutte le forze del movimento progressista", ha puntualizzato.
Dopo aver sottolineato l’alto carattere etico e professionale del verdetto d’Atlanta, egli ha spiegato che, se il governo nordamericano fosse intelligente, rinuncerebbe ad appellarsi o a fare un nuovo processo e li rimetterebbe immediatamente in libertà.
"Non si tratta d’un processo circondato da un muro di silenzio: se si farà un altro processo, questo diverrà un atto di denuncia della condotta illegale del governo degli Usa dove potrebbe giungere l’ondata di condanna internazionale", ha aggiunto.
Fernández ha ribadito che il gruppo di avvocati difensori dei Cinque non vuole solo una dichiarazione processuale, ma la conferma ufficiale e pubblica dell’innocenza di tutti gli accusati ingiustamente.
In un altro momento delle sue dichiarazioni, egli ha parlato della condotta crudele dell’amministrazione di Bush con i familiari dei cubani prigionieri, negando i visti per visitare coloro che sono stati rinchiusi per lunghissimi periodi in celle d’isolamento.
Olga Salanueva, moglie di René González, e la piccola a Ivette, non lo vedono da sei anni e Adriana Perez, moglie di Gerardo Hernández, dopo aver ricevuto il visto, arrivando negli USa, è stata espulsa dal territorio senza permetterle di vedere suo marito e parlargli.
Bush però offre tutto l’appoggio al terrorista Luis Posada Carriles e nega la sua estradizione in Venezuela dove pagherebbe per gli crimini orribili commessi e dichiarati.
"Tutto questo dimostra che quest’amministrazione USA non può resistere alla
dignità emanata dai principi e dall’attitudine ferma e patriottica di questi
Cinque Eroi Cubani", ha concluso.
I Comitati di solidarietà con Cuba esigono
l’immediata liberazione dei Cinque Eroi
• I familiari degli Eroi sequestrati hanno partecipato alla presentazione pubblica dell’appello
• Una nuova campagna internazionale a partire dal 29 agosto.
M.J.MAYORAL / FOTO DI R.L.HEVIA – Inviati speciali –
Caracas 15 agosto – I Comitati di Solidarietà con Cuba degli Stati Uniti,
A tutti i comitati per la liberazione dei Cinque Eroi e a tutte le associazioni e i gruppi di solidarietà con Cuba
Cari compagni: La Corte d ’Appello dell’XI Circuito di Atlanta ha stabilito che il processo svolto a Miami contro i Cinque Eroi Cubani - con il quale furono condannati a ergastoli e lunghi anni di prigione – è ILLEGALE perchè in questa città non si poteva garantire l’imparzialità nel processo né una sentenza giusta della giuria.Sta trionfando la giustizia e si sta ponendo in evidenza la ovvia parzialità delle autorità della città di Miami. In questo momento d ’allegria non tralasciamo di ringraziare tutti coloro che in tutto il mondo hanno difeso la ragione e la verità.RITORNERANNO
Istituto Cubano di Amicizia con i Popoli |
Sudafrica, Argentina, Italia, Angola, Messico, Porto Rico, Ecuador, Spagna, Colombia e Venezuela, hanno deciso di unirsi per esigere dalla Casa Bianca l’immediata liberazione dei Cinque Eroi cubani sequestrati dal Governo degli USA.
Il messaggio, sottoscritto nel contesto del XVI Festival della Gioventù e degli Studenti chiede con forza, basandosi sulla storica decisione della Corte d’Appello di Atlanta, la rapida scarcerazione di Gerardo Hernández, René González, Antonio Guerrero e Ramón Labañino e invita i milioni di statunitensi degni ad unirsi a questa nobile battaglia.
Il documento approvato dai Comitati di Solidarietà definisce molto importante la recente sentenza del tribunale di Atlanta che ha annullato "il processo di Miami e le sue insensate condanne ai Cinque giovani cubani, confermando così che le richieste di un giusto processo, fatte in maniera persistente da tutti gli uomini amanti della verità di ogni parte del mondo, erano corrette ed opportune.
"Ci aspettiamo", aggiunge il testo, "che prevalga il senso della giustizia, non soltanto per il bene dei Cinque che decisero di lottare contro il terrorismo, ma anche perchè la giustizia degli Stati Uniti possa emendare le violazioni e le assurdità processuali, nonché lo spirito di rivincita che ha pervaso tutto il caso, a forza di ogni tipo di pressioni da parte della controrivoluzione di origine cubana residente a Miami".
Le organizzazioni di solidarietà esortano l’Amministrazione USA ad agire coerentemente con la sentenza di Atlanta, permettendo a Gerardo Hernández e René González di ricevere la visita immediata dei loro familiari, dopo sette anni di inumana e forzata separazione.
Celebrano come un trionfo della verità e della giustizia il documento conclusivo adottato il 25 maggio scorso dal Gruppo di Lavoro sulle Dichiarazioni Arbitrarie dell’ONU, nel quale si afferma in maniera categorica che "la privazione della libertà dei cinque cubani è arbitraria e contravviene all’articolo 14 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, della quale gli USA fanno parte" e che il Governo di quel paese deve "adottare le misure necessarie per porre rimedio a questa situazione".
Il messaggio, reso noto ieri (lunedì) in una conferenza stampa che ha visto la partecipazione di madri e mogli dei prigionieri dell’impero, dichiara "inconcepibile che Gerardo Hernández non abbia potuto vedere la sua compagna negli ultimi sette anni e che a René González non sia stato permesso abbracciare sua figlia Ivette in tutto questo tempo".
Il testo, presentato alla stampa da Orlando Rincones, coordinatore del Comitato di Solidarietà con i Cinque in Venezuela, fa appello "ai sentimenti di nobiltà e rispetto della verità propri della parte migliore del popolo nordamericano affinché, una volta di più, la giustizia abbia la meglio sull’odio e la vendetta".
Rincones ha reso noto che i comitati di solidarietà con i combattenti antiterroristi sequestrati negli USA stanno preparando una nuova giornata di lotta per il prossimo 29 agosto, giorno fissato per la celebrazione del processo migratorio contro l’assassino Luis Posada Carriles ed è necessario che il mondo conosca ogni giorno di più la verità: mentre il serial killer verrà sottoposto solamente ad un processo per ingresso illegale negli USA i Cinque, che hanno evitato l’attuazione contro il loro popolo degli attentati terroristici organizzati da Posada Carriles, rimangono prigionieri in carceri di massima sicurezza, nonostante siano stati dichiarati innocenti da un tribunale nordamericano.
"Stiamo indirizzando delle lettere", dice Rincones, "a diverse istanze delle Nazioni Unite, per sollecitare che nell’aprile 2006 il caso dei Cinque venga analizzato dalla Commissione sui Diritti Umani (CDH) dell’ONU, utilizzando il procedimento 1503: un meccanismo confidenziale della CDH per esaminare querele individuali riguardanti violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
"Ogni persona che lo desideri potrà inviare lettere o messaggi di posta elettronica", spiega il giovane venezuelano. "Ogni comunicazione", aggiunge, "dev’essere redatta in modo rispettoso, chiaro, contenere una sola richiesta precisa e non può essere anonima".
"Per esempio", indica, "se qualcuno desidera chiedere la liberazione dei Cinque e, nello stesso tempo, che questi possano ricevere visite dai loro familiari, dovrà inviare due distinti messaggi. La quantità di missive (lettere, fax, e-mails) sarà un elemento chiave di giudizio per determinare se la questione verrà portata o meno al dibattito della CDH".
I messaggi possono venire inviati ai seguenti indirizzi:
Posta: Treaties and Commission Branch, OHCHR-UNOG, 1211 Geneva 10, Switzerland.
Fax: (4122) 917 90 11
E-mail: 1503@ohchr.org
“Un eventuale nuovo processo ai 5 si
trasformerebbe in una Norimberga per
l’Amministrazione USA”
Ha detto alla stampa Ricardo Alarcón, che ha ricordato che i Cinque, in accordo con la sentenza d’Atlanta dovrebbero avere la libertà subito.
M.J.MAYORAL / R.L.HEVIA - Inviati speciali di Granma
Caracas, 12 agosto 2005 - Il presidente dell’Assemblea Nazionale del Poder Popular de Cuba, Ricardo Alarcón de Quesada, ha chiesto ai partecipanti al XVI Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti che alzino le voci per esigere la liberazione immediata e incondizionata dei Cinque Eroi di Cuba che hanno combattuto contro il terrorismo e che sono sequestrati dal governo degli USA.
Antonio Guerrero, Fernando González, Gerardo Hernández, Ramón Labañino e René González non hanno mai commesso i delitti per i quali sono stati detenuti da sette anni e adesso la verità è stata riconosciuta da tre magistrati ai quali la corte del XI Circuito d’Atlanta, d’appello, aveva affidato il compito d’analizzare il caso.
Il 9 agosto i giudici hanno reso pubblica la loro decisione unanime di revocare la sentenza e ordinare un nuovo processo per i 5 cubani che hanno diritto a un processo imparziale e in un’atmosfera non ostile.
I Cinque sono sempre reclusi in prigioni di massima sicurezza. Vorremmo, ha detto Alarcón, che da questo Festival salisse la volontà più vasta, più generosa e più vigorosa, per far sì che l’autorità di Washington sappia che molta gente al mondo sa che tengono sequestrati Cinque combattenti contro il terrorismo. Che gli uffici del pubblico ministero degli USA siano inondati di lettere, fax, messaggi di posta elettronica, comunicazioni d’ogni genere, per pretendere la liberazione d’Antonio, René, Gerardo, Fernando e Ramón. La liberazione immediata dev’essere la principale conseguenza dello storico passo fatto dai tre magistrati che meritano tutto il nostro rispetto, che con totale onestà verso la Costituzione e le altre leggi del loro paese hanno dimostrato dignità, decoro e professionalità.
La decisione di questa Corte è anche il risultato d’uno sforzo d’un gruppo d’avvocati nordamericani e in questo ha avuto peso anche la solidarietà d’un numero enorme di persone, molte incorporate ai gruppi di solidarietà.
La sentenza non è una conseguenza di un’azione del governo cubano contro quello degli Stati Uniti, assolutamente.
I magistrati che hanno analizzato il caso non sono agenti del nostro paese o militanti rivoluzionari e tanto meno simpatizzanti della Rivoluzione cubana: nel documento, con un linguaggio elegante, marcano la distanza da Cuba.
Questo, ha segnalato Alarcón , è per avvisare che la mafia di Miami sta già accusando e insultando questi professionisti, considerati favorevoli all’Isola.
I nostri compatrioti lottavano nei gruppi terroristi che operano liberamente a Miami con il beneplacito e la protezione del governo di Washington. Il caso dei Cinque è molto vincolato alla protezione che la Casa Bianca concede a terroristi come Posada Carriles.
Tra i particolari del documento della Corte d’Appello d’Atlanta c’è proprio inclusa una relazione sulle azioni di terrorismo contro Cuba, tra le quali molte realizzate da Posada.
Il pubblico ministero della Florida ha appena dichiarato al Miami Herald che il nuovo processo per i Cinque si svolgerà il prossimo anno...
Vedremo se oseranno farlo, perchè adesso sarà molto difficile impedire che molti si interessino a questo processo che diventerà una sorta di seconda Norimberga per il governo fascista degli USA, per i suoi terroristi e i suoi complici.
Usando una frase di Gerardo, quando ha conosciuto la sentenza della Corte
d’Appello, Alarcón ha detto che si potrebbe concludere che “la palla è nel
terreno della Casa Bianca e il nostro colpo di mazza sarà un fuori gioco a basi
piene e al primo lancio”, la situazione migliore nel gioco del baseball. Alarcón
ha fatto queste dichiarazioni parlando con i giornalisti nel centro della stampa
internazionale del Festival, che ha sede nell’Hotel Arauco Suites. All’incontro
hanno partecipato anche le madri e le mogli dei Cinque Eroi che hanno risposto a
varie domande dei giornalisti.
Processo da rifare, vittoria negli USA
per 5 agenti di Fidel
di
Gianni Minà su Il Manifesto 11/08/2005
Una corte d'appello americana ordina che sia riaperto il procedimento contro 5
uomini dei servizi cubani condannati a pene pesantissime. Era stato negato loro
ogni diritto alla difesa. Ora i giudici statunitensi riconoscono che a Miami,
roccaforte della destra anti-castrista, il processo era stato una farsa.
La risoluzione della Corte d'appello federale di Atlanta (che ha giurisdizione
sulla Florida) e che l'altro ieri ha revocato la sentenza espressa dal tribunale
di Miami nella primavera del 2003 contro i cinque cubani, prigionieri da sette
anni, accusati di spionaggio e condannati in primo grado a pene tombali, è
sicuramente un fatto storico e rivela il disagio morale di una parte sostanziosa
della società civile nordamericana. È un disagio che nasce dalla preoccupazione
per la deriva in cui stanno naufragando i diritti civili nel paese per le leggi,
presuntamente «anti-terrorismo», varate dal presidente Bush dopo l'11 settembre
2001 e ribadite recentemente. Renè Gonzales, Fernando Gonzales, Gerardo
Hernandez, Ramon Labañino e Antonio Guerrero, cinque agenti dell'inteligence
cubana infiltrati una decina di anni fa negli Stati uniti per individuare e
denunciare le centrali terroristiche che dalla Florida organizzavano attentati
nell'isola (oltre tremila le vittime in trenta anni, tra cui l'italiano Fabio Di
Celmo) sono usciti infatti da un incubo e da una trappola che aveva annientato
le loro vite e ogni loro diritto alla difesa.
E questo anche se la loro odissea non è finita, perché dovranno affrontare un
nuovo processo. I tre giudici della Corte d'appello di Atlanta che potevano
intervenire solo se avessero accertato (come è avvenuto) errori legali e di
diritto commessi nel primo giudizio, hanno voluto sottolineare il fatto che non
si poteva svolgere un processo per spionaggio a imputati cubani, oltretutto
fedeli alla rivoluzione, in una città come Miami dove c'erano pressioni
esplicite della comunità anti-castrista nei riguardi dei giudici e anche minacce
di rappresaglie. Il lavoro di indagine degli imputati sul terrorismo pianificato
in Florida verso Cuba dai vari Luis Posada
Carriles, Orlando Bosh, Rodolfo
Frometa, o dai Fratelli del riscatto di José Basulto, tesi ad atterrare
l'ultima risorsa economica dell'isola, il turismo, aveva scoperchiato infatti
una realtà inquietante per il paese ritenuto leader della democrazia ed aveva
evidenziato responsabilità negli attentati anche ai più alti livelli
dell'apparato dello stato.
Era il mondo che proteggeva, per esempio, i Fratelli del riscatto, il cui leader
Basulto, si vantava di atti di aggressione verso Cuba e di violare con piccoli
aerei Cessna lo spazio aereo dell'isola lanciando manifestini di propaganda
controrivoluzionaria. Finché un giorno, dopo 23 note diplomatiche di protesta
senza risposta, a Cuba, disgraziatamente avevano deciso di abbattere due di
quegli aerei, «come avrebbero fatto sicuramente negli Stati uniti». Era stato
questo contesto a costringere il presidente Clinton a non insistere sulle
sanzioni verso il governo di Fidel Castro.
Una diplomazia sotterranea allora attiva fra i governi de l'Avana e di
Washington (tramite anche personalità prestigiose come Gabriel Garcia Marquez)
spinse infatti, dopo quell'episodio a intraprendere un'azione comune contro il
terrorismo. E Cuba decise che forse era arrivato il momento di collaborare con i
funzionari più responsabili dell'amministrazione Clinton e di segnalare al di
fuori dei canali ufficiali i risultati ai quali erano giunti i propri agenti di
sicurezza che rinunciando a una vita familiare e costituendosene una speciale,
anche se amara, avevano raccolto le prove tangibili dell'attività sovversiva di
alcune organizzazioni terroristiche attive dalla Florida contro la rivoluzione.
Il presidente Clinton, attraverso l'FBI, aveva
accettato la proposta di collaborare per eliminare questi focolai, questi
imbarazzanti centri eversivi, però in seguito la logica politica degli Stati
uniti gli aveva fatto cambiare idea (non a caso la Fondazione nazionale
cubana-americana aveva finanziato, con una cifra pesante, la sua seconda
campagna elettorale).
Così il governo di Washington, al momento di agire, invece di catturare i terroristi aveva autorizzato l'arresto dei cinque cubani che ne avevano denunciato la presenza e l'attività. I cinque cubani che dopo aver passato diciassette mesi in cella d'isolamento senza alcuna ragione avevano poi dovuto aspettare tre anni per un processo surrealista e incorretto, nel quale furono accusati perfino di essere gli indiretti responsabili dell'abbattimento dei due aerei Cessna dei Fratelli del riscatto.
Adesso questi superstiti di una persecuzione inaudita sperano di poter capire
nel nuovo processo in base a quali ragionamenti logici sono stati considerati
colpevoli e quali argomenti sono stati utilizzati per stabilire le loro pene
(alcuni dovrebbero scontare due ergastoli).
Insomma stanno tentando di uscire indenni da una delle pagine più oscure della
giustizia nordamericana. Una storia nella quale l'avvocato
Leonard Weinglass, difensore di Antonio Guerrero - vecchio combattente per i
diritti civili che è stato il difensore dei Cinque di Chicago, di Mumia e di
Angela Davis - afferma perfino siano stati violati il V e VI emendamento della
Costituzione del paese che impone un giudizio rapido e una giuria imparziale. E
denuncia anche offese, privazioni e torture carcerarie agli imputati
ingiustificate e indegne della parola democrazia.
In tutta questa storia il ruolo più avvilente, in questi anni, lo ha recitato
l'informazione che ha praticamente ignorato i fatti. Nel 2003, per esempio, dopo
aver aspettato il giudizio per 33 mesi, 17 dei quali in isolamento e quattro
settimane nell'hueco (il buco,
una cella di due metri per due dove la luce è sempre accesa) il ritorno dei
cinque cubani a una cella normale fu possibile solo grazie a una campagna
internazionale alla quale parteciparono molti liberals nordamericani, più di
cento deputati laburisti inglesi e Nadine Gordimer, scrittrice sudafricana
premio Nobel per la letteratura. Non hanno invece mosso un dito i famosi
reporter sans frontier, sempre assenti nelle battaglie per le violazioni dei
diritti umani negli Stati uniti, e nemmeno purtroppo i rappresentanti dei
partiti progressisti italiani.
Una storia imbarazzante, una storia che conferma l'orgoglio sopito dei mezzi
d'informazione dei grandi paesi liberi, come il New York Times che ha offerto
uno spazio a Renè Gonzales, Fernando Gonzales, Gerardo Hernandez, Ramon Labañino
e Antonio Guerrero, solo dopo che un comitato di solidarietà ha
comprato una pagina del giornale per segnalare un caso
così indecente e scabroso.
E in questi giorni l'informazione sull'argomento è stata ancora una volta
ambigua. La Repubblica, per esempio, ha dato notizia degli sviluppi del caso
senza mai citare che i cinque cubani si erano infiltrati nella società
nordamericana per individuare e neutralizzare le organizzazioni terroristiche
che dagli Stati uniti organizzavano attentati a Cuba. Eppure l'ONU
solo un mese fa aveva ribadito che la sentenza verso i cinque cubani era
«arbitraria» ma che conta più l'ONU nell'era in cui Bush e Blair vogliono
conculcare, in nome della guerra al terrorismo, i diritti civili più elementari?
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=5110
Gli Stati Uniti devono liberare i Cinque!
• Lo ha reclamato Alarcón
dopo la notizia della Corte d’Appello
11 agosto(PL) - Il presidente del Parlamento cubano, Ricardo Alarcón de Quesada, ha detto che gli USA dovrebbero porre in libertà immediatamente i Cinque prigionieri politici cubani reclusi ingiustamente in questo paese dal 1998.
Le sentenze dei Cinque antiterroristi cubani, Gerardo Hernández, René González, Ramón Labañino, Antonio Guerrero e Fernando González sono state annullate in forma unanime da tre giudici della Corte d’Appello dell’XI Circuito d’Atlanta.
Alarcón ha detto che la decisone di questi magistrati corrobora quello che stanno denunciando da anni gli accusati, gli avvocati difensori e i gruppi di solidarietà nel mondo a proposito dell’ingiusto, manipolato e imbrogliato processo realizzato a Miami.
Alarcón ha detto che è chiara la determinazione dei magistrati nel documento di 93 pagine, che analizza tutti gli argomenti e gli aspetti dell’appello. La difesa ha presentato una serie d’irregolarità commesse durante il processo, dalla sede non propria di Miami per il suo carattere di covo terrorista all’impedimento per i difensori di accedere alle dette prove.
Altre arbitrarietà sono state la manipolazione di prove e testimoni da parte dell’accusa.
Il tribunale ha dato ragione alla difesa e s’è pronunciato a favore d’un cambio di sede. Questo è un caso contro Cinque persone ingiustamente condannate per aver combattuto il terrorismo negli Stati Uniti.
Il presidente del Parlamento di Cuba ha ricordato che gli specialisti in detenzioni arbitrarie delle Nazioni Unite, considerando l’isolamento dei Cinque, l’impossibilità d’accedere alle prove da parte degli avvocati e l’ambiente ostile, hanno stabilito che il processo è stato arbitrario e illegale.
La chiave adesso è che tutto il mondo si renda conto - soprattutto negli Stati Uniti - di questo processo ingiusto e manipolato: è tempo che l’opinione pubblica sappia la verità sui Cinque.
Il governo di Washington dovrebbe liberare i Cinque cubani poiché non solo l’ONU ha dichiarato illegale e arbitraria la loro reclusione: ora l’istanza superiore nordamericana ha affermato che il processo non è valido!
"Non c’è nessuna giustificazione
per mantenere in prigione i 5 Eroi"
• Le dichiarazioni di Alarcón al suo arrivo in Venezuela
M.J.MAYORAL / FOTO DI R.L.HEVIA – inviati speciali di Granma –
Caracas, 10 agosto. – "I Cinque cubani prigionieri politici nelle carceri degli Stati Uniti sono detenuti da più di 24 ore in violazione delle conseguenze logiche della sentenza di una corte nordamericana, la cui decisione unanime è stata quella di revocare le sentenze ed ordinare un nuovo processo", ha dichiarato martedì sera Ricardo Alarcón, appena arrivato nella capitale venezuelana assieme al ministro degli Esteri Felipe Pérez Roque, per partecipare ai dibattiti del XVI Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti.
Il Presidente dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare di Cuba ha dichiarato alla stampa che si deve esigere l’immediata liberazione dei Cinque. "Il primo a fare questa richiesta", ha spiegato, "è stato l’avvocato statunitense Paul McKenna, difensore di Gerardo Hernández".
"Il mio cliente", ha detto il giurista, "è stato dichiarato innocente e si trova rinchiuso da sette anni in una prigione di massima sicurezza, sottoposto a regime speciale e ciò è completamente illegale".
"Recentemente", ha ricordato Alarcón, "un organo dell’ONU sulle detenzioni arbitrarie ha considerato illegale e arbitrario il processo legale contro i Cinque. In risposta, le autorità di Washington hanno argomentato che i cinque sono stati condannati da un tribunale, però adesso non è un’istituzione internazionale ad arrivare a questa sentenza, ma un tribunale statunitense di grado superiore a quello che ha ingiustamente condannato i nostri compatrioti a Miami. E allora", si è chiesto il dirigente cubano, "che pretesto tireranno fuori adesso per non metterli in libertà?"
"Il Governo statunitense", ha sostenuto, "dovrà decidere se presentare appello o meno ma, in ogni caso, adesso li deve liberare. L’appello potrà necessitare di tempo ed il nuovo processo anche ed i Cinque devono attendere in libertà l’uno o l’altro passo".
"E’ la prima volta nella storia che la Corte d’Appello di Atlanta elabora un documento così dettagliato (93 pagine) per analizzare punto per punto dove si è sbagliata una corte inferiore. Ma la grande stampa nordamericana ha ignorato il fatto e continua a ripetere le stesse menzogne e tergiversazioni utilizzate da prima che iniziasse il processo giudiziario contro Antonio Guerrero, Fernando González, Gerardo Hernández, Ramón Labañino e René González", ha affermato il titolare dell’Assemblea Nazionale.
"Il primo passo dopo la sentenza di Atlanta dev’essere quello di portare i Cinque nello stesso luogo dove vennero arrestati, a Miami ed il secondo che vengano liberati", ha precisato Alarcón, il quale ha messo in risalto la professionalità e l’etica dimostrate dai magistrati della Corte d’Appello.
"La battaglia per i Cinque", ha spiegato, "non è terminata, sta solo cominciando un nuovo capitolo e dobbiamo continuare la lotta in tutti i modi possibili".
Antonio, René, Gerardo, Ramón e Fernando sono già venuti a conoscenza della sentenza della Corte di Atlanta. Secondo Alarcón, quando Gerardo ha appreso la notizia ha riassunto la situazione con il suo abituale ingegno: "La partita è zero a zero e adesso tocca a noi la battuta".
Il presidente del parlamento cubano opina che "l’Amministrazione USA, per il suo stesso bene, non dovrebbe continuare a collocare trappole contro la liberazione dei Cinque, perchè questo andrebbe a danno del suo già debole prestigio internazionale; si saprà sempre di più che la potenza capace di condannare ed arrestare dei combattenti contro il terrorismo, protegge nello stesso tempo noti terroristi come Luis Posada Carriles.
Weinglass: i Cinque meritano
di ricevere le scuse
M.HACTHOUN
L’Avana, 11 agosto (PL). – L’avvocato Leonard Weinglass ha definito "una grande vittoria" l’annullamento del processo a Miami, che ha condannato ingiustamente al carcere cinque giovani cubani. Secondo Weinglass questi meritano di ricevere le scuse dall’Amministrazione USA.
Conversando con Prensa Latina dal suo ufficio di New York, il consigliere legale ha manifestato che la decisione unanime di una corte d’appello di tre giudici ad Atlanta, colloca i cosiddetti Cinque nella stessa situazione nella quale si trovavano entrando per la prima volta nel Tribunale del distretto di Miami di fronte alla giudice Joan Lenard.
I giudici dell’Undicesimo Circuito del Tribunale d’Appello di
Atlanta hanno squalificato il processo e, assieme a questo, le dure condanne
carcerarie emesse da Lenard contro i Cinque nel giugno 2001. Hanno inoltre
decretato, come era stato chiesto dal collegio di difesa, che si svolga un altro
processo in una città che non sia Miami.
Secondo il verdetto, il clima politico anticubano e l’intensa copertura dei media, entrambi intensificatisi in seguito al caso del piccolo Elián González, ha impedito lo svolgimento di un processo giusto.
Al termine di questo, considerato "manipolato" da diversi analisti legali, Gerardo Hernández, Antonio Guerrero, Ramón Labañino, René González e Fernando González, arrestati nel 1998 con varie accuse di spionaggio, sono stati condannati a dure pene detentive, compreso il doppio ergastolo ad uno dei processati.
I Cinque, che a Cuba vengono considerati eroi nazionali, raccoglievano informazioni sulle trame ed i complotti terroristici dei gruppi di estremisti anticubani allo scopo di impedire queste azioni violente contro l’Isola, la cui realizzazione colpirebbe anche cittadini nordamericani.
Nelle stesse udienze della corte di Miami, vari ufficiali del Comando Sud e del Burò Federale d’Investigazione (FBI) hanno riconosciuto che le attività dei processati non misero mai a repentaglio la sicurezza degli USA, ma neanche questo è loro servito per evitare la condanna.
Weinglass, difensore di Guerrero, ha definito "gratificante" il verdetto della corte d’appello che, ha detto, "si esprime così chiaramente a favore dei Cinque che a nessun procuratore o giurista passerebbe per la testa di mettersi nuovamente in questo caso".
Il verdetto di Atlanta arriva un mese dopo che un organo delle Nazioni Unite ha dichiarato arbitrari e violatori delle leggi internazionali l’arresto e la detenzione dei cinque giovani.
Questa conclusione è stata espressa dal Gruppo dell’ONU sulle Detenzioni Arbitrarie, facente parte della Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite, con sede a Ginevra.
"Ma questo è un caso politico", ha avvertito l’avvocato Weinglass, il quale ha manifestato il suo timore che i procuratori dell’attuale Amministrazione nordamericana ricorrano in appello contro la sentenza, con l’intenzione di ritardare il processo. Il consigliere legale ha precisato che il suo collegio sta valutando i passi appropriati da fare per chiedere la liberazione su cauzione dei Cinque.
Weinglass ha appoggiato la richiesta del presidente del parlamento cubano Ricardo Alarcón, il quale ha rivolto un appello urgente alle autorità statunitensi affinché liberino immediatamente i Cinque, che "hanno già scontato sette anni di un’ingiusta condanna".
In alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa nella capitale venezuelana Caracas, dove sta partecipando al Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti, Alarcón ha definito il verdetto di Atlanta "una vittoria contro coloro che promuovono il terrorismo, contro gli ipocriti che dichiarano guerra al terrorismo ma che in realtà proteggono i terroristi ed imprigionano dei giovani che, negli Stati Uniti, stavano lottando contro questo flagello".
L’avvocato difensore Weinglass ha avvertito che "il prossimo passo in questo caso dipende dal Governo nordamericano, che ha 21 giorni per decidere se porterà o no il caso al tribunale d’appello dell’Undicesimo Circuito".
"Le massicce proteste a favore della liberazione dei Cinque, un forte sostegno della comunità internazionale ed un considerevole sostegno del popolo nordamericano hanno reso possibile che venisse presa una decisione etica nel caso", ha commentato il giurista.
I cinque giovani, vittime dell’arbitrio e dell’odio, hanno
passato ben sette anni nei penitenziari nordamericani, due dei quali senza
potersi incontrare con le loro famiglie. Ciò fa affermare a Weinglass che
"invece di un nuovo processo meritano di ricevere le scuse da parte del Governo
nordamericano e di essere rimandati a casa".
11/08/2005
Quella di mercoledì non é stata una
bella giornata per la comunità cubana della Florida. Con una decisione inattesa
e per certi aspetti storica, l'undicesima sezione del Tribunale d'Appello di
Atlanta ha annullato la sentenza del Tribunale di Miami contro i cinque cubani
accusati di spionaggio negli Usa e seppelliti, dopo un processo-farsa
celebratosi nel 2001, sotto condanne da record. La dignità assoluta dimostrata
dai detenuti ha scatenato a Cuba una campagna per la loro liberazione pari a
quella che alcuni anni fa riportò Elian Gonzalez nell'isola. La sentenza,
articolata in 93 pagine e decisa all'unanimità dai tre giudici che formavano il
collegio, ha stabilito né più né meno quanto la difesa dei cinque cubani
denunciava: il processo era stato palesemente irregolare nel suo svolgimento
dibattimentale ed aveva avuto come contorno un ambiente ostile, cioè la Florida,
con alcune irregolarità, persino nella formazione della giuria e nel collegio
giudicante - prodighi di dichiarazioni d'impossibile imparzialità per ostilità
ideologica verso gli imputati (dichiarazioni rilasciate a processo in corso) -
che hanno seriamente influito nel suo svolgimento e nelle sue conclusioni.
Quindi, assenza di terzietà dei giudici e legittima suspicione.
Le proteste a Miami non si sono fatte attendere. Ma se Guy Lewis, all'epoca
procuratore federale afferma di "opporsi fermamente alla sentenza di Atlanta" e
sostiene che la condanne erano giuste perché "i cinque lavoravano per Castro,
quindi stavano cercando di distruggere il nostro modello di vita", la Corte
d'Appello sceglie ben altre argomentazioni. Considerando preventivamente le
proteste di Miami, i giudici di Atlanta scrivono che "la comunità
cubanoamericana è un bastione dei valori tradizionali della democrazia
statunitense, tra cui quelli riferiti ai diritti umani. Per questo la comunità
riconoscerà che qualunque imputato, non importa per quali reati, ha diritto ad
essere trattato con giustizia. La nostra Costituzione lo esige".
Il giudizio del Tribunale d'Appello di Atlanta suona come una sconfessione piena
della Presidente del collegio giudicante, la signora Joan Lenard, in passato
militante attiva delle organizzazioni cubanoamericane di Miami, che ha
regolarmente discriminato o rifiutato tutte le testimonianze a discarico dei
cinque ed ha permesso invece a più riprese l'apposizione del segreto di Stato da
parte dall'accusa per impedire l'interrogatorio di testi richiesti dalla difesa.
La necessità di un nuovo processo a carico di Gerardo Hernandez, Ramon Labanino,
Fernando Gonzalez, René Gonzalez e Antonio Guerriero passa dunque dalle migliaia
di manifestazioni dei sostenitori dei diritti umani in tutto il mondo e diventa
tappa obbligata per l'iter giudiziario statunitense.
Gli imputati, che non hanno mai nascosto di lavorare per il Governo cubano,
erano stati arrestati il 12 Settembre del 1998 in Florida. L'accusa, poi
riconosciuta e sancita con condanne spaventose dal processo-farsa di Miami, era
di cospirazione e spionaggio contro gli Stati Uniti.
La realtà era ben diversa. I cinque, appartenenti ai servizi di sicurezza
cubani, si erano infiltrati nelle organizzazioni terroristiche cubanoamericane
della Florida, alle quali appartengono la realizzazione di centinaia di
attentati contro Cuba e la gestione del traffico migratorio illegale da Cuba
verso Miami.
L'operato dei cinque agenti cubani ha permesso di sventare alcuni attentati
particolarmente pericolosi organizzati dalla galassia di sigle in qualche modo
riunite dalla FNCA. Nel 1998 il governo cubano decise di tentare una via di
collaborazione con le autorità statunitensi nella battaglia contro il
terrorismo. Alti funzionari del FBI, ricevettero a La Habana una documentazione
impressionante quanto dettagliata sulle organizzazioni terroristiche anticubane
della Florida, sui loro finanziamenti illeciti, sui legami con le autorità
politiche dello Stato, sui rapporti con la CIA. La risposta del FBI non tardò ad
arrivare. Poco tempo dopo, decise di far arrestare gli agenti cubani infiltrati
e di non indagare sulle organizzazioni terroristiche dei fuoriusciti cubani, ai
cui voti si debbono le fortune elettorali della famiglia Bush.
I cinque, come abbondantemente dimostrato persino nel processo-farsa, non
avevano svolto nessuna attività spionistica verso il governo statunitense. Si
erano invece molto ben infiltrati nelle organizzazioni terroristiche della FNCA.
L'unico elemento di legame tra il lavoro d'infiltrati e gli apparati di
sicurezza USA si deve alla rete di relazioni operative tra la CIA e le
organizzazioni terroristiche anticubane.
Le condizioni della detenzione sono state più volte denunciate dalle
organizzazioni per i diritti umani statunitensi ed europee. Nessuna possibilità
di ricevere visite dei familiari, visti per gli USA negati anche ai figli
piccolissimi degli imputati, colloqui con gli avvocati solo in presenza di
poliziotti e quant'altro.
Cuba ha sofferto in 46 anni centinaia di attentati, costati oltre 3500 morti,
oltre a dirottamenti aerei e marittimi e più di 600 tentativi di assassinio di
Fidel Castro. L'ultimo a Panama, nel novembre del 2000, con una bomba che
sarebbe dovuta esplodere durante una conferenza di Castro all'Università di
Città di Panama. L'attentato, neanche a dirlo, era stato preparato da Luis
Posada Carriles e finanziato dalla FNCA. E, neanche a dirlo, era stato sventato
dai servizi di sicurezza cubani allertati dalla Florida.
Il nuovo processo potrà essere istituito solo successivamente all'esame di
eventuali ricorsi da parte del Tribunale della Florida.
Nel frattempo, gli avvocati dei cinque prigionieri hanno già annunciato, subito
dopo avere espresso soddisfazione per la sentenza, che chiederanno la libertà su
cauzione per i loro assistiti.
Difficile nutrire speranze in questo senso, ma la lezione di giurisprudenza
impartita dalla Corte di Atlanta al Tribunale di Miami difficilmente potrà
essere ignorata. Nella "calle 8" di Miami, raduno dell'oltranzismo
cubanoamericano, non tira una bella aria. Questo mercoledì 10 agosto, non
somiglia proprio a quello da leoni.
Fabrizio Casari
f.casari@reporterassociati.org
I CINQUE DI MIAMI
Il Governo
degli USA sarà disposto
ad iniziare un nuovo processo?
S.BARTHELEMY
Per l’avvocato Roberto González Sehwerert, collaboratore dei giuristi statunitensi incaricati della difesa e fratello di René, uno dei Cinque, questa sentenza significa un importante trionfo nella battaglia per il ritorno dei patrioti ingiustamente detenuti negli USA, poichè la Corte (composta da tre giudici) ha riconosciuto all’unanimità che l’ambiente di Miami si è rivelato ostile e per niente obiettivo, sfavorevole all’imparzialità che, afferma, avrebbe dovuto costituire la componente principale del procedimento giudiziario, in accordo con la legge statunitense.
"Con l’annullamento del processo", dice, "vengono revocate le cinque sentenze. Questa decisione ci riporta quindi (seguendo la cronologia del processo) al maggio 1999, prima che venisse selezionata la giuria. Ci troveremmo quindi all’inizio della battaglia se non fosse che, adesso, abbiamo a nostro favore la conoscenza del caso da parte della comunità internazionale e di molti statunitensi. Questi sanno che i Cinque sono stati sottoposti ad un processo manipolato, al di fuori della legge, cosa che rende necessaria una nuova analisi dei fatti. Evidentemente ci troviamo di fronte ad una decisione importante, perchè risponde alla principale richiesta della difesa (che gli accusati vengano giudicati fuori da Miami), formulata da molto tempo ed abbiamo ottenuto una sentenza a nostro favore nonché, logicamente, a favore della giustizia e della verità".
Anche se è troppo presto per prevedere quel che succederà, Roberto afferma che "secondo la legge statunitense la Procura ha il diritto di appellare questa decisione dell’Undicesimo Circuito di Atlanta, in quanto ha evidentemente perso il caso ma non ha elementi a sostegno dell’appello, perchè non può contestare nessuna violazione costituzionale e per il fatto che la decisione dei giudici è stata unanime. Solo la Corte può decidere se esaminare un’eventuale appello. Ci aspettiamo che questo non avvenga, ma certamente è un procedimento legale da coprire, non dobbiamo dimenticarcelo".
Se questo appello si produce e viene respinto, inizierà un nuovo processo giudiziario e bisognerà vedere fino a che punto il Governo degli Stati Uniti sia disposto ad iniziarlo, perchè significherebbe portare i Cinque uomini di fronte ad una Corte senza poter provare i fatti che vengono loro imputati.
"Bisognerà vedere come loro (l’Amministrazione USA e la mafia di Miami), valuteranno la loro capacità di convincere un’altra giuria fuori da Miami, che possa studiare la documentazione del caso con un’altra prospettiva, senza timori e pregiudizi", considera l’avvocato González.
Mentre stavamo intervistando Roberto è arrivato a casa sua, mosso dalla notizia, Andrés Gómez, coordinatore nazionale della Brigata di Solidarietà ‘Antonio Maceo’, degli USA, nonché riconosciuto combattente per la liberazione dei Cinque il quale, riferendosi alla decisione della Corte, mi ha detto:
"E’ avvenuto quel che volevamo, anche se non pensavamo che sarebbe successo, dal momento che si tratta di un caso prettamente politico. Fortunatamente il risultato è stato molto favorevole e riflette la resistenza opposta da molti settori, anche della classe di governo, alla sfrenata violazione da parte dell’Amministrazione Bush dei diritti fondamentali dei Cinque, nonché di tutti i prigionieri nei campi di detenzione che gli Stati Uniti hanno oggi in diversi luoghi del mondo, soprattutto nella base navale di Guantánamo.
"Questa resistenza è significativa e dimostra che anche
influenti settori si sono resi conto che questo Governo sta usando la sua
autorità per violare spudoratamente i diritti umani di migliaia di persone nel
mondo e che in qualsiasi momento perfino coloro che negli USA si considerano in
salvo da questa mancanza di garanzie possono arrivare ad esserne vittime".