LA LOTTA DI CHAVEZ CONTRO LA POVERTA’ di David Insaidi 9.6 tratto da www.comunisti-italiani.it |
Sono sette anni che Hugo Chàvez è a capo del governo venezuelano. In questi anni ci sono stati numerosi tentativi da parte dell’opposizione (e degli USA) di eliminare questo scomodo presidente, compreso un tentativo di colpo di stato, fallito. Tra l’altro, nel novembre scorso è stato assassinato uno dei giudici più importanti che indagava su tale colpo di stato, Danilo Anderson.
Ma perché (e per chi) è così scomodo Chàvez?
Innanzitutto, egli ha rotto il precedente meccanismo politico del Venezuela, detto "puntofijismo", il quale prevedeva la sola alternanza tra il COPEI (democristiani) e "Acciòn Democratica" (in teoria, socialdemocratici).
Ma, soprattutto, sta invertendo la tendenza rispetto alle precedenti politiche economiche di entrambi gli schieramenti, improntate su logiche neoliberiste (che anche in Venezuela -come un po’ in tutto il mondo- hanno significato tagli all’istruzione, alla sanità e al salario, per arricchire le lobbies economiche e le multinazionali straniere, soprattutto statunitensi).
La strategia economica del governo bolivariano si attua attraverso politiche a lungo, medio e corto raggio.
Le misure di lungo e medio termine hanno come obbiettivi quello di diversificare l’economia del paese, che ora si regge essenzialmente sul petrolio, e quello di combattere l’inflazione.
A tale scopo, si sta realizzando una riforma agraria, con la relativa distribuzione delle terre, soprattutto appartenenti allo stato venezuelano, ma anche qualcuna privata. Inoltre, vi è una riforma urbana, pensata a favore degli abitanti delle baraccopoli, che si basa sulla redistribuzione del suolo dove sono costruite le baracche (per il momento, solo quello di proprietà pubblica). Si cerca, in quest’ottica, anche di formare dei comitati delle terre urbane, riunendo decine di famiglie, che abitano nelle baraccopoli, per la gestione non solo della proprietà del suolo, ma anche dei rapporti con le società distributrici di elettricità e acqua. E si tenta anche di incentivare un’economia sociale, basata sullo sviluppo di cooperative e dei microcrediti.
Ma lo sforzo principale è nell’istruzione, dove -per la prima volta da 20 anni- vi è stato un aumento della spesa pubblica ad essa destinata (in percentuale sul PIL), ed un conseguente aumento del tasso di scolarizzazione, fino a qualche anno fa in discesa. A tal fine lavorano anche mille insegnanti cubani.
Le politiche di breve raggio sono misure dirette ad alleviare le condizioni di povertà, di degrado e di carenze igienico-sanitarie delle zone più povere del paese, attraverso degli interventi, chiamati missioni. Vi sono vari tipi di missione, come, ad esempio, la "Misiòn Barrio Adentro", ossia la creazione di presidi sanitari dentro le baraccopoli, dove mai in passato ve ne erano stati. Anche in questa missione lavorano medici venuti da Cuba.
A livello internazionale, Chàvez è stato uno dei primi a rompere l’embargo degli USA contro Cuba, creando uno scambio petrolio-risorse umane e tecnologiche. Ma l’obbiettivo prioritario sul quale sta lavorando è quello di creare un grande mercato dell’America Latina, alternativo a quello dell’ALCA (di stampo neoliberista, promosso dagli USA): l’"Alternativa Bolivariana para las Americas", detta ALBA.
Dopo la scontata approvazione del progetto da parte del presidente cubano Fidel Castro -col quale già da anni c’è un florido scambio, che rompe l’embargo statunitense- Chàvez è stato di recente in Brasile (ha partecipato, fra l’altro, al Social Forum di Porto Alegre) e in Argentina. Il progetto dell’ALBA si basa non sul cosiddetto "libero commercio", che favorisce soltanto le grandi multinazionali USA e mina le economie degli stati sudamericani, bensì su scambi commerciali ragionati e fatti dai governi, in nome delle necessità delle popolazioni locali, e non dei profitti delle corporations. Inserito in questo progetto, c’è anche l’allestimento di una rete televisiva del Sudamerica, la Telesur, con l’obbiettivo di andare a costituire un’informazione alternativa a quella egemonizzata dagli USA.
Tutto ciò rende l’idea della gigantesca trasformazione che il governo bolivariano intende attuare non solo in Venezuela, ma almeno in tutta l’America Latina.
Ma non basta: intensi sono stati gli sforzi da parte di Chavèz per creare e/o consolidare i rapporti con altri paesi del Sud del mondo: Cina, innanzitutto, poi India, Iran, paesi arabi e altri ancora. Il tutto con l’obiettivo di mettere in discussione l’egemonia economica USA.
La rivoluzione bolivariana sta diventando sempre più una sfida non solo all’America, ma soprattutto alla Sinistra mondiale. Chàvez sta dimostrando che se la sinistra vuole riconquistare il consenso ed il radicamento nei settori popolari -e l’egemonia nella società- deve RICOMINCIARE A FARE LA SINISTRA, ossia, lavorare per gli interessi del popolo, contro la povertà e le ineguaglianze. Il che implica una radicale rottura con le politiche neoliberiste.