BOLIVIA

Washington ha aperto

un altro fronte?

 

● L’Amministrazione Bush sta a quanto sembra iniziando pressioni sistematiche sul Governo di Evo Morales

J. Carrasco  Martin – GI – 30 marzo 3006

 

Il Governo di Evo Morales, prima ancora delle elezioni del 18 dicembre che hanno visto l’ascesa alla presidenza del leader indigeno, è entrato in una delle liste nere di Washington, in questo caso quella del "populismo", un epiteto utilizzato dalla Casa Bianca e dal suo Dipartimento di Stato, incaricato di dare gli avvertimenti per segnalare quel che non gli piace o conviene.

 

Si sente allora parlare di situazione sfavorevole per gli investimenti, di problemi economici in vista, di nazionalismo ed antiamericanismo, di attacchi alla democrazia, di minacce alla sicurezza nazionale statunitense, di relazioni non consigliabili ed altri avvisi su una probabile equazione per niente favorevole agli interessi USA.

 

Il fatto che il primo presidente indigeno di un paese a maggioranza indigena sia arrivato al palazzo presidenziale con il sostegno di coloro che pretendono una Costituzione nuova e diversa, che riconosca diritti, necessità dello sviluppo per tutti, una migliore distribuzione dei beni, sovranità e indipendenza, che insomma rifondi il paese, non è allettante per gli Stati Uniti. Al paese del Nord non soddisfa nemmeno la giusta rivendicazione di nazionalizzare le ricchezze che vennero privatizzate al costo di una maggior povertà per gli sfavoriti dalla fortuna (si sta già parlando di assunzione da parte dello Stato del controllo azionario di 10 imprese che gestiscono settori strategici come le telecomunicazioni, il petrolio, le ferrovie, l’elettricità e l’aerolinea nazionale); per non parlare dello sguardo benevolo dei boliviani nei confronti degli altri paesi latinoamericani, alla ricerca di rapporti che abbiano come loro componente essenziale la solidarietà, altra parola vituperata a Washington.

 

E così gli attacchi dall’esterno non si sono fatti attendere, aggiungendo molto sale al pepe che anche settori oligarchici boliviani vanno spargendo su una Rivoluzione che vedono arrivare.

 

Gli attacchi nordamericani sono iniziati alla fine di febbraio, quando la senatrice indigena Leonilda Zurrita del MAS (Movimento al Socialismo), compagna di partito di Evo Morales ed una delle sue più strette collaboratrici, si è vista ritirare il visto d’ingresso negli USA con l’assurda argomentazione che sarebbe coinvolta in atti di terrorismo. Zurrita era stata invitata a partecipare ad una conferenza di un’università statunitense. Il fatto è stato definito da molti una rappresaglia ed una discriminazione lesiva della dignità del popolo boliviano.

 

Poi è venuta la de-certificazione della Forza Contro-Terrorista Congiunta (FCTC) da parte dell’Esercito degli Stati Uniti, a causa del sollevamento dall’incarico del suo comandante e della non accettazione di quello nominato dalla Bolivia, cosa che ha fatto affermare a Morales che: il Governo boliviano respinge "ricatti ed intimidazioni"..."Non accettiamo il veto"... La Bolivia e’ degna e "nessun Comandante verrà cambiato su richiesta delle Forze Armate Statunitensi". L’attacco più recente è stato sferrato tra la sera di martedì e le prime ore di mercoledì 23 marzo, quando due potenti esplosioni in altrettanti modesti alberghi di La Paz, hanno provocato la morte di due persone ed il ferimento di altre 11.

 

L’attentato è stato commesso da un cittadino statunitense, Claudius Lestat D’Orleans e dall’uruguayana Aida Ribeiro Acosta. Il presidente Evo Morales ha subito dichiarato: "Non è possibile che mentre stiamo compiendo questa trasformazione, una rivoluzione democratica e culturale per vivere bene, vengano compiuti questo tipo di attentati", attribuendo l’azione criminale a gruppi oligarchici e stranieri.

"Mentre il Governo degli Stati Uniti sta lottando contro il terrorismo ci mandano nordamericani per compiere attentati terroristici in Bolivia", ha detto a Santa Cruz.

 

Il ministro degli Esteri David Choquehuanca ha confermato il carattere politico dell’aggressione, della quale ha incolpato i gruppi economici disposti a creare un’atmosfera d’instabilità democratica. Alcuni giorni prima degli attentati, il Presidente boliviano aveva detto: "Non negozieremo mai il TLC con gli USA", proponendo come alternativa il TCP (Trattato di Libero Commercio dei Popoli) ed aggiungendo giustamente e ragionevolmente che è inaccettabile che le imprese di alcuni paesi invadano i paesi latinoamericani con i loro prodotti sovvenzionati e che in Bolivia ciò non avverrà.

 

Questo paese sudamericano può attualmente esportare negli USA senza tariffe doganali prodotti tessili, in legno e gioielli, grazie alla Legge di Promozione Commerciale Andina e per lo Sradicamento della Droga, che Washington pretende di rimpiazzare soltanto con il cosiddetto Trattato di Libero Commercio.

 

Le più alte autorità della nazione andina hanno dichiarato che gli attentati con esplosivi coincidono con la fase preparatoria dell’Assemblea Costituente, che vede i partiti politici e le organizzazioni sociali impegnate in un’intensa attività per decidere quali saranno i loro candidati nell’organo che elaborerà la nuova Costituzione, che dovrà rifondare la Repubblica su nuove basi che garantiscano ai ‘campesinos’, colonne portanti della nazione, maggiori opportunità socio-economiche, l’accesso alla terra per lavorarla, ai servizi di base (che sono diritti umani fondamentali) e la rappresentanza governativa. Queste elezioni sono programmate per domenica 2 luglio.

 

La Polizia ha inoltre affermato che la coppia aveva in programma un altro attentato contro gli uffici del Consolato cileno a La Paz, cosa che avrebbe provocato un conflitto diplomatico con il paese vicino, proprio mentre il Governo di Evo Morales sta cercando di raggiungere un accordo definitivo per uno sbocco sul mare, tolto alla Bolivia dalla Guerra del Pacifico (1879-1883).

 

Non è da escludere che dietro l’attentato vi sia la mano della CIA (la tenebrosa agenzia di spionaggio e guerra sporca statunitense) o di un’altra istituzione di sicurezza del poderoso impero, visto il doppio gioco di pressioni e lusinghe per cercare di estromettere Evo Morales dalla presidenza o, almeno, neutralizzarlo. Concordiamo al rispetto con la descrizione fatta dall’analista Jorge Luis Ubartelli in un articolo pubblicato su Rebelión, secondo la quale Washington si propone tre obiettivi: isolare la Bolivia da Venezuela e Cuba come elementi principali di un asse antimperialista; costringerla a negoziare in condizioni di diseguaglianza con gli USA accordi complessivi di sottomissione, primo tra i quali il TLC; preparare le condizioni per destabilizzare il Governo boliviano in caso di mancato raggiungimento dei due scopi precedenti.

 

Non ci sono dubbi rispetto al fatto che il fronte boliviano rientra nei piani statunitensi per questo emisfero e gli USA non esiteranno ad utilizzare qualsiasi mezzo per cercare di mantenere nell’ovile questo paese.