A
pagina 10 del quotidiano italiano La Stampa del 17 agosto scorso
si legge la sorprendente notizia che a Cuba "si ammalano di Aids
per contestare il dittatore Castro" e che, per far quadrare il
drammatico panorama, "i dissidenti raccontano che un quinto dei
giovani in una scuola a La Habana si è infettato di proposito". Si
è scoperto in seguito che la notizia era oltre che assurda,
infondata, ossia una falsa notizia. Paranoia giornalistica? Non
proprio.
Nestor Baguer , l'agente dei servizi segreti cubani che sotto il
nome Agente Ottavio riuscì ad infiltrarsi nel cuore della stessa
CIA, e fedele alla rivoluzione cubana per ben 40 anni, svelò
l'importanza per le amministrazioni nordamericane di controllare
il giornalismo e l'informazione pubblica in quella guerra
dichiarata unilateralmente contro l'Isola, una delle tante azioni
del governo Usa contro Cuba, sin dal 1960.
Dopo quasi mezzo secolo di permanente aggressione contro il popolo
cubano, questo indirizzamento del giornalismo si sta rafforzando,
cosi da coprire i numerosi crimini commessi nell'Isola da parte
dei differenti governi statunitensi. La strategia belligerante
degli Usa sin dall'inizio della Rivoluzione cubana, infatti, fu
quella di rafforzare il ruolo strategico del giornalismo su scala
internazionale. Un ruolo essenzialmente servile ma, e soprattutto,
capace di mantenere l'opinione pubblica scientificamente
disinformata, o male informata, al riparo da ogni possibile
reazione nel caso di atti criminali o di terrorismo.
Sono passati oltre 45 anni da quando Baguer rilevò l'efficacia di
questo giornalismo servile che, sottomesso a una buona busta paga,
riesce a essere abile nel produrre menzogne incredibili. Da allora
quasi tutte le testate fedeli agli interessi degli Stati uniti si
sono accordate in un unico canto corale, e tra queste è emersa
l'associazione Reporters Sans Frontières. La stessa CNN, lo scorso
8 settembre, riprendendo la notizia da Miami, (AP) scrisse che
"Dieci giornalisti del sud della Florida sono stati pagati
migliaia di dollari dal governo federale per trasmissioni che
avevano lo scopo di danneggiare il presidente cubano Fidel
Castro". Tra questi figura il noto editorialista e conduttore di
programmi di Radio Martí, Pablo Alfonso, che ha incassato dal 2001
ad oggi 175 mila dollari per produrre notizie anticastriste,
oppure la giornalista freelance Olga Condor, che ricevette 71 mila
dollari per simili servizi giornalistici.
Persino Juan Manuel Cao, il reporter che acquistò notorietà per
aver contestato Fidel Castro nel recente vertice del Mercosur in
Argentina, dichiarò di essere "indipendente" quando Castro gli
chiese da "chi riceveva lo stipendio"; Cao figura nel libro paga
di Radio Martí con una succulenta busta di 11.400 dollari
dall'inizio anno per i soliti servizi da giornalista
"indipendente".
Un giornalismo così "professionale" è stato capace di immettere
nell'opinione pubblica una marea infinita di fandonie che superano
il grottesco, sfiorando a volte la comicità: come quella di
ammalarsi di Aids apposta, solo per protesta. Comiche da ridere,
se non fosse che con questo modo di fare notizia si distrae
l'opinione pubblica dai responsabili dei numerosi crimini commessi
in ogni angolo della terra.
La rivista Forbes (il cui proprietario, Malcon Forbes, è anche
direttore della Commissione speciale per la ricostruzione
economica di Cuba, se nell'Isola ritornasse il capitalismo), nel
mese di maggio del 2006 ha pubblicato che "Fidel Castro è il
settimo governante più ricco al mondo" attribuendogli ammassi di
fortune a Cuba e all'estero. Notizia, questa, ritrasmessa dalle
maggiori testate del mondo (violando una delle regole basilari del
giornalismo, quella della verifica), come fanno i pappagalli
quando sentono la voce del padrone. Fidel Castro, senza farsi
attendere, sfidò Forbes promettendo le proprie dimissioni da ogni
carica se qualcuno nel mondo avesse dimostrato la veridicità della
notizia. Forbes ha dovuto ammetterne l'infondatezza. Persino l'
Herald Tribune di Miami, giornale anticastrista, riconobbe che "il
metodo adottato da Forbes, quando si tratta di Castro, non è
eccessivamente rigoroso". La stessa Forbes ha dichiarato che il
suo metodo di valutazione della ricchezza dei potenti è "più arte
che scienza".
(http://www.miami. com/mld/elnuevo/news/ma gazine/14623973.htm)
Ma i pappagalli della stampa 'indipendente' mondiale si sono
'dimenticati' di riportare che la notizia non era una notizia, era
una frottola, una falsa notizia.
Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera del 2 agosto, scrisse
un articolo dal titolo "Rivoluzione e dinastia" in cui dichiarava
che "quella di Castro (la Rivoluzione, n.d.r.) fosse una dittatura
era una cosa nota [.] Con grande sconcerto di chi, credendo di
assistere a una grande rivoluzione, ha finito per assistere alla
degenerazione personalistica di una delle ultime intoccabili
dinastie.". Sicuramente Battista prima di sostenere queste
affermazioni ha confrontato accuratamente Fidel Castro con Taufa'ahau
Tupou IV, il monarca di Tonga (entrato nel 1976 nel Guinness dei
primati con i suoi 209,5 chilogrammi) e che sosteneva che "Troppa
democrazia fa solo danni". Morto lo scorso 10 settembre, ha
lasciato in eredità una dinastia che dura dal 1845, con 172 isole
della Polinesia, al figlio Tupouto'a. Centosettantadue isole
popolate da una "plebe" che fatica a superare la soglia della
povertà, prevalentemente analfabeta, costretta a mettersi a dieta
insieme al re, quando lui lo ha fatto, e senza un bloqueo che
l'asfissia, come accade a Cuba. Senza uscire dall'eurocentrico
concetto geografico di Battista, su dove si trovi l'Occidente in
questo mondo, è opportuno ricordare al giornalista del Corriere
della Sera alcune delle "ultime intoccabili dinastie", quelle
secolari e ancora rimaste in Europa: Olanda, Spagna, Portogallo,
Danimarca, Principato di Monaco, Regno unito, Belgio. Ma anche le
fantasie dinastiche degli eredi della Casa Savoia, coinvolta in
fatti di corruzione, droga e prostituzione. Per semplificare il
lungo elenco delle ultime dinastie intoccabili dell'Occidente,
quelle non citate da Battista, è necessario scrivere in coda un
"eccetera, eccetera". Curiosamente il Corriere della Sera, così
puntuale e critico sulle eredità sanguinee, quali le dinastie,
applaude con fervore la nascita dell'erede della dinastia
nipponica "Il Giappone è in festa" scrive il Corriere della Sera
il 9 settembre e aggiunge, "dopo quarant'anni ha il suo erede:
nella notte è nato il figlio del principe cadetto Akishino e della
consorte Kiko, il primo erede maschio al trono dell'impero del Sol
Levante dopo nove femmine" Povere femmine, che nelle "buone"
dinastie del Corriere della Sera, come quella nipponica, sono
escluse. Così come in quelle della 'dinastia' Bush, con padre e
figlio presidenti e il terzo, Jeb Bush, capo della Florida e amico
di personaggi, a dir poco 'discutibili'. Le fantasie del
giornalista del Corriere della Sera non finiscono qui, ma nello
stesso articolo, con un accurato riassunto letterario, Battista
elenca tutti gli argomenti che i mezzi d'informazione, come quelli
citati da Baguer, sono abituati a scrivere su Cuba " sull'oppressione
che il castrismo ha inflitto al suo stesso popolo", scrive "sulle
rotte disperate in mare dei cubani in fuga dall'inferno della
repressione dell'Avana, sulle carceri stracolme di dissidenti,
sull'economia alla rovina in omaggio ai dogmi della pianificazione
rivoluzionaria, sugli omosessuali rinchiusi nei campi di
concentramento (costruiti con la collaborazione di Ernesto Che
Guevara, racconta la storia e non il mito), sui giornali vietati,
i libri proibiti, gli scrittori in esilio, sull'onnipotenza
spionistica della polizia politica al servizio di un potere sempre
più prigioniero della paranoia e della sindrome del sospetto
generalizzato". Se non fossimo allenati ad ascoltare in tutte le
salse questa sfilza di menzogne, rimarremmo senza fiato solo a
leggerle.
Dalla Svizzera, per citare un altro paese europeo, si sono più o
meno alzate voci su quel vento della "transizione alla democrazia
a Cuba" pianificato e finanziato dal Dipartimento di Stato USA. Il
telegiornale della Televisione Svizzera Italiana, TSI, delle 12.30
del 1° agosto, nel riportare la notizia che Fidel Castro
comunicava ai cubani e al mondo che necessitava di un intervento
chirurgico delicato, si sforzò di dare la notizia con inutili
fronzoli, privi di contenuto e veridicità circa una presunta
repressione degli omosessuali a Cuba, ignorando completamente il
recente progetto di legge cubana a loro favore e lasciando in un
secondo piano la notizia, quella del ricovero di Fidel Castro.
Fidel Castro, in una intervista al direttore di Le Monde
Diplomatique, Ignazio Ramonet, spiega chiaramente cosa c'è dietro
questa scientifica pianificazione delle notizie, (che non è una
epidemia di scadente giornalismo o di semplice ingenuità): "non
sono la stessa cosa una bugia e un riflesso condizionato; la bugia
danneggia la conoscenza" sostiene Fidel Castro "e il riflesso
condizionato la capacità di pensare" e, aggiunge, "non è la stessa
cosa essere disinformato e perdere la capacità di pensare".
I riflessi condizionati citati da Fidel creano pensieri a catena
sulle popolazioni dove la falsità, ripetuta di bocca in bocca,
diventa l'unica verità e condiziona l'opinione pubblica. Nel caso
della falsa notizia di Forbes, per esempio, rimane nella memoria
dei lettori delle maggiore testate al mondo che Fidel è un ricco
dittatore comunista. Secondo il Corriere della Sera c'è una
corrotta dinastia che governa Cuba, dalla TV Svizzera emergono le
sofferenze degli omosessuali, e così via in tutte le testate senza
uscire dal riassuntivo elenco del giornalista Battista: quelle
sulle barbarie del regime cubano. Tutte queste variabili fantasie
giornalistiche hanno un denominatore comune nell'utilizzo delle
parole chiave: regime e dittatura.
L'utilizzo sistematico della parola "dittatore" che, con tanta
solerte semplicità viene usata ogni volta che Fidel Castro viene
nominato, ha una ragione che risponde a un progetto politico degli
Stati uniti ben definito: quella di aggredire Cuba senza essere
disturbati dall'opinione pubblica. Solo resta il sospetto di
sapere quanti siano i giornalisti che si muovono nel campo della
pura ingenuità e quanti coloro che operano nel campo del
premeditato condizionamento, certamente stipendiati, su quella
fetta della popolazione mondiale così da rassegnarla a eventuali
avvenimenti bellici che gli Stati uniti ipotizzano su Cuba.
Dietro questa macchina perfetta che controlla l'informazione
esiste un assioma che si deduce riassumendo il contenuto implicito
di tutte le notizie. Emerge dunque che Fidel Castro è un dittatore
e, per di più, un dittatore comunista e, se non bastasse, un
comunista miliardario, al comando di un regime dinastico. Quindi
di un regime non in linea con la "comunità internazionale" ossia
non in regola "democratica" secondo le definizioni di questa
stessa comunità.
Diffondendo questo assioma in quella parte dell'opinione pubblica
già impregnata dai riflessi condizionati di cui parlava Castro,
ossia quella priva della capacità di pensare, il gioco è fatto:
abbiamo un'opinione pubblica pronta a condividere immobile le
eventuali risoluzioni che la "Comunità Internazionale" può
emanare, visti i "fatti", e per favorire la "transizione alla
democrazia" (voluta dall'Amministrazione statunitense),
consentendo persino il massacro del popolo cubano, come già
accaduto in Somalia, Kossovo, Afghanistan, Iraq, Palestina e
Libano, solo per citare i casi più eclatanti.
Le false notizie, cresciute esponenzialmente in questi ultimi
mesi, sono in realtà il carrello per trasportare l'assioma citato
(la punta dell'iceberg) in un momento in cui il Dipartimento di
Stato degli Stati uniti dichiara e finanzia ulteriormente il
programma per destituire il "dittatore" cubano e ristabilire la
"democrazia", quella capitalista (sono
454 le pagine sulla Commission for assistence to a free Cuba, Cafc - elaborate dal
Dipartimento di Stato nordamericano nel maggio del 2004, per far
cadere il governo cubano, in palese violazione dei diritti
internazionali). Sotto la regia della presidente del Cafc e
Segretario di Stato, Condoleezza Rice, firmato da Bush il 10
luglio 2006 in concomitanza al criminale bombardamento su Beirut,
infatti, è uscito un nuovo rapporto con l'obiettivo dichiarato di
"rompere l'ordine costituzionale vigente a Cuba" e lo stanziamento
di 80 milioni di dollari solo per il 2007 e 2008. Un finanziamento
che copre anche le spese del giornalismo omologato.