Cuba,
Internet e
Reporter Senza Frontiere 24 marzo 2007 – S.Lamrani
www.prensalatina.it
Reporter
Senza Frontiere (RSF), decisamente, ha un'ossessione senza limiti con Cuba. Da vari
anni, questa organizzazione porta a termine una campagna di accanimento disinformativo contro l'isola dei Caraibi ed il suo governo. Ultimamente
ha deliberatamente manipolato le parole pronunciate dal ministro cubano di
Informatica e Comunicazione, Ramiro Valdés, durante il suo intervento –
l’11 febbraio 2007 - nella
XII
Conferenza Internazionale sull’ Informatica de L'Avana che riunì oltre
600 delegati provenienti da 58 paesi
[1].
Manipolazione delle parole di Ramiro Valdés
RSF ha dichiarato che il ministro della Comunicazione, Ramiro Valdés, ha
affermato, il 12 febbraio 2007
[sic], che considerava Internet come uno strumento di sterminio globale (Tool
for globale extermination) e che bisognava controllare in maniera
imperativa questa “arma selvaggia”[2].
In realtà, il ministro cubano non ha mai pronunciato simili parole, come può
facilmente comprovarsi consultando il suo discorso. Ha denunciato l'uso
bellicoso e repressivo che Washington fa della Rete per diffondere
propaganda bellicista a beneficio delle invasioni dell'Afghanistan ed Iraq
e con il fine di incrementare il controllo sui governi, sulle imprese e sulle
persone, includendo lo stesso popolo statunitense. Valdés ha sottolineato che
il Pentagono, senza nessun avviso, ha dichiarato la sua decisione di
incorporare un quarto esercito ai corpi specializzati della guerra
convenzionale. Ai classici: Terra, Mare ed Aria si aggiunge ora il Cyberspazio, cosciente dell'importanza crescente di questo spazio di
espressione alternativo
[3].
Al contrario, ha segnalato che le tecnologie dell'informazione e le
comunicazioni saranno anche loro nel centro di questa volontà
integrazionista dell'area. Valdés ha stigmatizzato l'utilizzo malsano che
fanno,
di Internet, negli Stati Uniti senza considerarlo lo strumento di
informazione che è la Rete. Ha insistito sul fatto che é imprescindibile
trovare delle alleanze strategiche per fare fronte ai tentativi egemonici
in questo nuovo campo di battaglia dove si minaccia la sovranità dei
nostri paesi. Queste tecnologie possono costituirsi in un meccanismo di
sterminio globale ma, nonostante i conosciuti rischi che nascondono, sono
paradossalmente imprescindibili per continuare ad avanzare sui sentieri
dello sviluppo, ha affermato [4].
Valdes non ha mai definito Internet come un’arma selvaggia. Ha evocato, in maniera
metaforica, che il puledro selvaggio delle nuove tecnologie [poteva] e
[doveva] essere dominato e le Infocomunicazioni utilizzate al servizio
della pace e dello sviluppo e non della guerra, come è il caso degli Stati
Uniti
[5]. Infatti, il Dipartimento di Difesa statunitense
ha annunciato, il 2
novembre 2006, la creazione di un Comando di Operazioni delle forze aeree
per il Cyberespazio per rinforzare la guerra elettronica perché, secondo
il Tenente Generale Robert Elder che comanda questa forza, è convinto che
senza dubbio, c’è molto interesse ad utilizzare il Cyberespazio come un
campo di battaglia
[6].
Le vere dichiarazioni del Ministro cubano
Così, le manipolazioni di RSF sono evidenti. L'organizzazione che dirige
Robert Menard ha attribuito a Valdés parole che non ha mai pronunciato. Inoltre,
ha accuratamente occultato le vere dichiarazioni, chiare e senza ambiguità, del
ministro cubano su Internet. Ecco, di seguito, ne cito alcune: “La Rete,
non sta solo dando la possibilità di espressione a quei settori taciuti
dai grandi mezzi, ma inoltre diffonde importanti messaggi a beneficio di
aspetti cruciali per l'umanità come la pace, la protezione del pianeta e
la giustizia, per citarne solo tre. Si creano vere comunità di scambio,
solidarietà e cooperazione nei più vari campi del sapere umano”
[7].
Valdes ha osservato che “Internet potrebbe trasformarsi in un veicolo per
la realizzazione di una rivoluzione culturale ed educativa che promuova la
conoscenza che promulga educazione, cultura, cooperazione e solidarietà,
insieme ai valori etici e morali che richiede questo nuovo secolo,
propugnando i sentimenti umani più nobili e rifiutando le condotte
inumane, egoiste ed individualiste imposte dal sistema capitalista, con
gli Stati Uniti in testa”
[8].
La “relazione” di RSF su Internet in Cuba
In quanto ad Internet in Cuba, “Reporter Senza Frontiere” segnala che il
ritardo di Cuba in materia di Internet è innanzitutto conseguenza della
volontà del governo di controllare la circolazione dell'informazione nel
suo territorio. Con meno di due internauta per ogni 100 abitanti, Cuba è
situata tra i paesi meno sviluppati in materia di Internet. È, da lontano,
il più svantaggiato dell'America Latina – Costa Rica è 13 volte migliore – e
si situa al livello dell'Uganda o del Sri Lanka”
[9].
Queste affermazioni di RSF non derivano da uno studio minuzioso e
comparativo dello sviluppo di Internet attraverso il mondo. No, si tratta
solo di un'affermazione arbitraria che non si basa su nessuna
investigazione e che si trova completamente lontana dalla realtà. Nessun
organismo internazionale ha mai dato tali cifre. Un'altra volta, RSF
compie il suo dovere diffondendo la propaganda statunitense contro
l'arcipelago dei Caraibi.
Una realtà differente
In Cuba, circa 2 milioni di bambini ed adolescenti hanno giornalmente
accesso ad Internet nelle loro scuole, tutte equipaggiate con un'aula
informatica dotata di materiale di ultima generazione. In Cuba, esistono
146 scuole nelle regioni più appartate del paese nelle quali assiste un
solo alunno alle lezioni e tutte dispongono di un laboratorio informatico.
In Cuba esistono anche club informatici comunitari gratuiti in ognuna
delle municipalità della nazione che frequentano centinaia di migliaia di
persone. Una domanda di puro buonsenso: se il governo cubano desiderasse
“controllare la circolazione dell'informazione nel suo territorio”, perché
spenderebbe vari milioni di dollari per universalizzare l'accesso
all'informatica ed ad Internet?
[10].
RSF minimizza accuratamente il principale freno allo sviluppo di Internet
in Cuba che sono le sanzioni economiche spietate che gli Stati Uniti
impongono alla popolazione del paese dal 1960. Cuba non ha potuto
collegarsi ad Internet fino al 1996 perché prima una clausola del blocco
economico gli impediva di avere accesso alla rete internazionale
controllata dagli Stati Uniti. Ma l'accesso cubano è condizionato dalla
legge Torricelli che stipula che ogni megabit comprato ad un'impresa
statunitense deve ricevere previamente l'approvazione del Dipartimento del
Tesoro. Ogni contravventore è soggetto a sanzioni sommamente dissuasive.
Inoltre bisogna ricordare che più dell’80% del traffico di Internet passa
per server statunitensi
[11].
D'altra parte, gli Stati Uniti negano a Cuba l'uso del suo cavo
sottomarino di fibra ottica che costeggia l'arcipelago. Così, l'isola è
obbligata a collegarsi via satellite, cosa che riduce la velocità della
comunicazione e moltiplica il suo prezzo per quattro. Per una piccola
nazione del Terzo Mondo assediata da vicino da mezzo secolo, gli effetti
non sono spregevoli. Della stessa forma, Cuba è obbligata a procurarsi le
nuove tecnologie attraverso paesi terzi, a causa delle sanzioni
economiche, cosa che aumenta sostanzialmente il suo prezzo. Non bisogna
neanche dimenticarsi che gli Stati Uniti producono circa il 60% dei
software del mondo e che Microsoft controlla il sistema operativo del 90%
dei computer del pianeta
[12].
Tutta questa realtà viene deliberatamente censurata da RSF. Come poteva
essere differente per un'organizzazione che Washington finanzia mediante
la fondazione schermo della CIA che è il “National Endowment for Democracy”
(NED)?
Per caso ci si può aspettare un'altra cosa da un'entità che riceve varie
decine di migliaia di dollari da parte dell'estrema destra cubana come
per esempio il “Center for a Free Cuba” che dirige Franck Calzon, lui
stesso antico direttore della Fondazione Nazionale Cubano Americana,
un'organizzazione terroristica responsabile di numerosi attentati contro
Cuba?
[13]
RSF non ha mai denunciato il fatto che Washington utilizza Internet per
infliggere sanzioni che possono arrivare fino a 10 anni di carcere ai suoi
propri cittadini che commettono l'imperdonabile crimine di viaggiare a
Cuba e che comprano il loro biglietto nella Rete. Varie agenzie di viaggi
che proponevano pacchetti turistici a Cuba hanno visto il loro sito in Internet
bloccato negli Stati Uniti. RSF non si è commosso mai per tale attentato
alla libertà di espressione e non ha condannato mai le sanzioni economiche
contro Cuba
[14].
L'altra “relazione obiettiva” di RSF su Internet
Il 19 ottobre 2006, RSF ha pubblicato una “relazione” su Internet a Cuba che
“dimostra che le autorità ostacolano deliberatamente l'accesso alla Rete”.
Anche questa volta l'organizzazione che pretende essere obiettiva ed
apolitica, non spiega perché l'unico paese sul quale emette una
“relazione” – che brilla per la sua leggerezza – è Cuba. Ma la cosa più
interessante è che questa stessa relazione tendenziosa, picchiettata da
contraddizioni e di falsità manifeste, riconosce finalmente che è
possibile a Cuba avere “accesso a praticamente tutti i siti di
informazione, lemonde.fr, bbc.com, il Nuovo Herald (un quotidiano di Miami
controllato dall'estrema destra batistiana) e perfino ai siti dei
dissidenti del regime castrista”
[15].
La relazione aggiunge: “Prove realizzate da Reporter Senza Frontiere
mostrarono che la maggior parte dei siti dell'opposizione cubana, come
quelli delle organizzazioni internazionali dei diritti umani sono
accessibili mediante il servizio “internazionale”. In Cina, mediante
parole chiave si stabiliscono filtri nella Rete, cosa che rende
impossibile, per esempio, scaricare pagine che contengono parole chiave
“sovversivi”. L'organizzazione ha potuto verificare, provando una serie di
termini proibiti nei cibercafés che non c'è nessun sistema di questo tipo
installato a Cuba”. Però, RSF non spiega perché allora sta facendo una
campagna tanto ossessiva sulla supposta censura di Internet in Cuba
[16].
La relazione inoltre è piena di grossolane accuse: “A Cuba, possono essere
condannati a venti anni di carcere per alcuni articoli
“controrivoluzionari” editi in siti stranieri ed a cinque anni per
collegarsi alla rete in maniera illegale”. RSF moltiplica le bugie: “I
dissidenti politici ed i giornalisti indipendenti in generale non sono
autorizzati ad andare nei cybercaffè”. Qualunque persona che ha visitato
un cybercaffé a Cuba sa sicuramente che questo è falso. Non si chiede né
l’identità né l’indirizzo, solo il pagamento del tempo che passa navigando
in Internet
[17].
RSF segue con lo stesso tono ed ammette che la Sezione di Interessi
Nordamericani (SINA) a L'Avana fornisce un aiuto prezioso ai famosi
dissidenti: “Molti di loro utilizzano, quindi, la ventina di computer che
si mettono a loro disposizione nella SINA [...]. Ma una sola visita nei
locali della diplomazia americana basta per essere bollato come un “nemico
della rivoluzione”. Per RSF, la “diplomazia americana” non accoglie gli
oppositori per sovvertire l'ordine stabilito ed abbattere il governo.
Offre loro solo una mano disinteressata ed altruista. Washington non
difende altro che la democrazia. Inoltre, le sue attività attraverso il
mondo e le attuazioni di Washington in Afghanistan ed Iraq sono le prove
irrefutabili di questo
[18]. In qualunque paese del mondo, il fatto di
frequentare assiduamente diplomatici di una potenza straniera – che, in
questo caso concreto, il 10 luglio 2006 ha pubblicamente dichiarato che si dava
il limite di 18 mesi per abbattere il governo – con l'obiettivo confessato
di rompere l'ordine costituzionale è sinonimico di tradimento ed implica
le più severe sanzioni. A Cuba, i leggendari “giornalisti indipendenti”
vanno ogni settimana agli uffici della SINA non per esercitare il mestiere
di professionista della stampa bensì per cospirare. Questi individui non
sono animati da grandi sentimenti a beneficio della libertà e della
democrazia. Le generose retribuzioni che offre Washington sono le loro
principali fonti di motivazione. Fino ad ora, le autorità cubane si sono
mostrate piuttosto indulgenti. Non bisognerà meravigliarsi se nel futuro
decidano di applicare la legge con rigore come nel marzo del
2003
[19].
Su questo tema, RSF continua ad ingannare l'opinione pubblica e gli fa
credere che le persone accusate e condannate a severe pene nel 2003 per
cospirazione e per agire come agenti di una potenza straniera, non sono
altro che “giornalisti indipendenti”. Ne cita 24, quando in realtà uno
solo è realmente giornalista (Julio Cesar Galvez Rodriguez). Inoltre,
queste persone furono condannate unicamente per ricevere finanziamenti da
una nazione nemica ed in nessun caso per pronunciare parole eterodosse al
discorso ufficiale. Per persuadersi di ciò, basta leggere le virulente
dichiarazioni contro il governo rivoluzionario che i famosi dissidenti
fanno ogni settimana nella stampa internazionale, senza essere disturbati
dalla giustizia
[20].
“I buchi neri della Rete”, secondo RSF
Il 16 novembre 2005, RSF pubblicava “la sua lista dei 15 nemici di
Internet” nella quale raffiguravano l'Arabia Saudita, Bielorussia,
Birmania, Cina, Corea del Nord, Cuba, Iran, Libia, le Maldive, Nepal,
Uzbekistan, Siria, Tunisia, Turkmenistan e Vietnam. Ovviamente,
l'organizzazione di Robert Ménard non indica in nessun modo i criteri che
tiene in conto per la sua selezione
[21].
Un anno più tardi, nel 2006, si pubblicava una nuova lista di 13 paesi
nella quale non appariva più la Libia. La relazione del 2005, nonostante,
era opprimente: “Disgraziatamente, in un paese che non tollera nessuna
stampa indipendente, sarebbe stato sorprendente che la Rete si sviluppasse
senza intoppi. Così, i siti dei dissidenti libici nell'esilio si bloccano
sistematicamente mediante filtri installati dal potere. Più grave, le
autorità attaccano ora in maniera dura gli internauti dissidenti” [22].
La relazione 2006 è agli antipodi di quella de 2005. “Dopo una missione
nel paese, Reporter Senza Frontiere ha potuto constatare che l'Internet
libico non era più censurato”, afferma l'organizzazione, senza nessuna
altra spiegazione e senza pubblicare nessun dossier. Che cosa è successo
in un anno affinché RSF cambiasse radicalmente opinione a proposito della
Libia? Per caso Muammar Gheddafi è diventato un gran democratico? O
semplicemente ha normalizzato le sue relazioni con Washington ed ora fa parte
degli alleati dell'amministrazione Bush? Sarà la ragione per la quale ora
può ricevere già buoni voti da parte di RSF?
[23]
Così, la classificazione di RSF non è altro che una farsa. Il lavoro
dell'organizzazione parigina non ha niente a che vedere con la libertà di
stampa ma è innanzitutto una guerra ideologica al servizio dei suoi
padroni che sono gli Stati Uniti, tra gli altri.
La relazione di OpenNet Iniciative
La fondazione OpenNet Initiative, favorita dalle università molto
conservatrici di Harvard, Cambridge, Oxford e Toronto, funziona come un
osservatorio della libertà di espressione in Internet. Secondo questa
entità, il 13% degli internauti del mondo non sono liberi di navigare per
la Rete, cioè 146 milioni di persone. “OpenNet Iniciative” ha stabilito una
lista di 9 paesi repressori che limitano l'accesso ad Internet e reprimono
gli internauti. Si tratta della Cina, Siria, Arabia Saudita, Birmania,
Vietnam, Iran, Uzbekistan, Tunisia e Yemen. Cuba non figura in questa lista
[24].
Quindi la fondazione stabilisce una lista di altre 22 nazioni dove
esistono differenti gradi di controllo, tra le quali si trovano Regno
Unito al rango 16, Francia al 17, Canada al 18, Stati Uniti al 19 e Cuba
solo al rango 20
[25].
Più interessante ancora, “OpenNet Initiative” dettaglia gli ostacoli
imposti all'accesso ad Internet. Per esempio, Regno Unito filtra alcuni
contenuti per evitare, secondo il governo britannico, la diffusione di
pornografia infantile. In quanto alla Francia, l'amministrazione filtra
“senza decisione giudiziale” i contenuti di siti di estrema destra. Per il
Canada, il controllo ed i filtri esistono nelle scuole e nelle biblioteche
pubbliche. Finalmente, Cuba, è per il costo della connessione per la
questione che è “proibitivo”
[26].
La fondazione non segnala in nessun caso un controllo o filtri imposti
dallo Stato cubano. Sottolinea che “invece i cubani hanno totale accesso
all'intranet nazionale. Prove preliminari indicano che molto pochi siti
Web sono bloccati”. L'unico sito Internet bloccato è, secondo “OpenNet
Initiative”, quello dell'organizzazione terroristica della Florida
“Hermanos a Rescate”. Così, il principale responsabile della restrizione
dell'accesso ad Internet in Cuba non è altri che ….lo stesso governo degli
Stati Uniti, che impone sanzioni al paese ed ostacola lo sviluppo
tecnologico della nazione
[27].
RSF segue con la sua guerra di propaganda contro Cuba e cerca di ingannare
l'opinione pubblica sulla realtà di questa isola assediata. Rimane fedele
al programma bellicoso dell'amministrazione Bush contro il popolo cubano
perché Washington sa mostrarsi generoso coi suoi servitori.
Note:
[1] Reporters sans frontières, «Reporters
sans frontières réagit aux déclarations du ministre de la Communication à
propos d’Internet»,
13 de febrero de 2007.
http://www.rsf.org/article.php3?id_article=20998
(sitio
consultado el 13 de febrero de 2007).
[2] Ibid.
[3] Ramiro Valdés, «Discurso pronunciado por el Comandante de la
Revolución, Ramiro Valdés Menéndez, Ministro de la Informática y las
Comunicaciones en el Acto Inaugural de la XII Convención y Expo
Internacional, Informática 2007», Ministerio de Relaciones Exteriores de
Cuba, 11 de febrero de 2007.
http://www.cubaminrex.cu/Sociedad_Informacion/2007
DiscursoRamiro.htm
(sitio consultado el 14 de febrero de 2007).
[4] Ibid.
[5] Ibid.
[6] Sara Wood, «New Air Force Command
to Fight in Cyberspace», American Forces Press Service,U.S. Department of
Defense, 3 de noviembre de 2006.
http://www.defenselink.mil/News/NewsArticle.aspx?id=2014
(sitio
consultado el 27 de febrero de 2007).
[7] Ramiro Valdés, op. cit.
[8] Ibid.
[9] Reporters sans frontières, op. cit.
[10] Rosa Miriam Elizalde, «Cinco estratégias en el 2006: El Ejército de
Estados Unidos está a la ofensiva en Internet», Rebelión, 12 de noviembre
de 2006; Ramiro Valdés, op. cit.
[11] Ibid.
[12] Ibid.
[13] Reporters sans frontières, «Pourquoi
s’intéresser autant à Cuba ? La réponse de Reporters sans frontières aux
accusations des défenseurs du gouvernement cubain», 6 de julio de 2005.
www.rsf.org/article.php3?id_article=14350
(sitio
consultado el 15 de julio de 2005);
Center for a Free Cuba, «About us»,
2005.
http://www.cubacenter.org/about_us/index.html
(sitio
consultado el 18 juillet 2005);
National Endowment for Democracy, «Description
of 2003 Grants: Latin America & the Caribbean», 2004.
www.ned.org/grants/03programs/grants-lac.html
(sitio
consultado el 27 de Julio de 2005);
United States Agency for International
Development, «Appendix A: Descriptions of Cuba Program Grantee Activities»,
2005.
www.usaid.gov/locations/latin_america_caribbean/country/pubs/
program_report/appendix_a.html
(sitio
consultado el 25 de Julio de 2005);
John M. Broder, «Political Meddling by
Outsiders: Not New for U.S.», The New York Times, 31 de marzo de 1997, p.
1; Allen Weinstein, Washington Post, 22 de septiembre de 1991; Reporters
sans frontières, «Lettre ouverte à ses détracteurs», Réseau Voltaire, 12
de septiembre de 2006.
http://www.voltairenet.org/article143413.html?var_recherche=
Reporters+sans+fronti%C3%A8res?varrecherche
=Reporters%20sans%20frontières
(sitio
consultado el 12 de septiembre de 2006).
[14] Felipe Pérez Roque, «La memoria corta dell’occidente», Latinoamerica,
n°93, 8 de noviembre de 2005, p. 54.
[15] Reporters sans frontières, «Internet à Cuba: un Réseau sous
surveillance», 19 de octubre de 2006. http://www.rsf.org/article.php3?id_article=19334
(sitio consultado el 27 de febrero de 2007).
[16] Ibid.
[17] Ibid.
[18] Ibid.
[19] Condolezza Rice & Carlos Gutierrez, Commission for Assistance to a
Free Cuba, (Washington: United States Department of State, julio de 2006).
www.cafc.gov/documents/organization/68166.pdf
(sitio consultado el 12 de
julio de 2006);
Nestor Ikeda, «EEUU dice que rehabilitará a Cuba en 18
meses», El Nuevo Herald, 10 de julio de 2006.
[20] El Nuevo Herald, “Mensaje de Payá destaca que en la isla hay
desaparecidos”, 18 de marzo de 2005, p. 23A.
[21] Reporters sans frontières, «Reporters sans frontières rend publique
sa liste des 15 ennemis d’Internet», 16 de noviembre de 2005.
http://www.rsf.org/article.php3?id_article=15611
(sitio consultado el 25
de febrero de 2007).
[22] Ibid.
[23] Reporters sans frontières, «La liste des 13 ennemis d’Internet», 7 de
noviembre de 2006.
http://www.rsf.org/article.php3?id_article=19601
(sitio
consultado el 28 de febrero de 2007).
[24] OpenNet Initiative, «Internet Filtering Map», noviembre de 2006.
http://www.opennet.net/map/
(sitio consultado el 27 de febrero de 2007);
José Ángel González, «Censura.net para 146 millones», 20minutos.es, 2 de
noviembre de 2006.
[25] Ibid.
[26] Ibid.
[27] Ibid.
*L’autore è Salim Lamrani, ricercatore franco-algerino dell’università ed
esperto nelle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. Collabora abitualmente
con Rebelion-traduzione di Ida Garberi
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