19 giugno '08 - Rodolfo Davalos* www.prensa-latina.cu

 

 

Dopo la sentenza

 

 

 

 

 

Un'ondata di domande si alza qui e là, dopo la sentenza dettata lo scorso 4 giugno dai tre Giudici, che ha concluso l’appello presentato dagli avvocati dei Cinque davanti all'Undicesimo Circuito di Appello ad Atlanta. Nell'aula, nel lavoro, per strada, al mercato, od in una riunione, dove meno uno se l'aspetta, sorge la domanda che ha la sua origine nella preoccupazione del nostro popolo per il destino dei Cinque patrioti ingiustamente incarcerati nelle prigioni nordamericane.

Che cosa succede adesso? Che cosa significa la sentenza? Che verrà dopo? Perché bisogna ritornare di nuovo alla stessa giudice di Miami? Sono le domande più ricorrenti. Tenterò brevemente di rispondere ad alcune.  

L'annullamento delle condanne imposte a Ramon, Tony e Fernando, significa, giuridicamente parlando, che il processo per loro tre si retrodata al momento dell'infrazione commessa dalla giudice di Miami, che è causa della nullità apprezzata dai giudici di Atlanta; per questo motivo la sentenza è revocata e si dovrà dettarne una nuova. Sono rimasti senza condanne, e dal momento che furono dichiarati colpevoli da quella giuria pregiudicata costituita a Miami (unico luogo degli Stati Uniti, o piuttosto del mondo, dove non si doveva celebrare mai il giudizio) è necessario tornare a sentenziarli, e dal momento che si fece a Miami, la causa deve ritornare alla stessa giudice (Joan Lenard) che si suppone conosca il caso.  

Da lei non possiamo aspettare della benevolenza, e neanche un po’ di giustizia.

Dalle loro opere potrai conoscerli..., ci ricorda il Vangelo, e noi la conosciamo già. Ma non può tornare ad imporre le stesse condanne, non può tornare ad incorrere in un'altra violazione. Dovrà attenersi alla Legge ed alla guida di sentenze che fece in frantumi nella sua anteriore sentenza. Si espone non solo ad un richiamo dell’attenzione da parte delle autorità giudiziali in caso di un nuovo appello per i possibili errori reiterati in cui torni ad incorrere, ma anche ai fischi, al ripudio ed alla denuncia di tutti quelli che seguono attenti lo sviluppo di questo ingiusto ed inusuale processo giudiziario, zavorrato dall'odio e dagli interessi politici.  

Inoltre, giuridicamente parlando la sentenza dettata ha due vie di appello. Uno, davanti al Plenum dell'Undicesimo Circuito di Atlanta. La risorsa conosciuta come “En Ban” nel sistema giudiziario nordamericano, perché deve il suo nome al fatto che fa sedere sulla panca tutti i giudici che integrano il Circuito (dodici) per conoscere e risolvere sui punti discussi nell’appello.   

E’ stata la via utilizzata dal Pubblico Ministero per impugnare la sentenza del 9 agosto 2005, che aveva disposto la nullità del processo per mancanza di una giuria imparziale.  

L'altra, è reclamare un mandato dei certiorari alla Corte Suprema degli Stati Uniti. La legge autorizza l'uso dell'ordine dei certiorari (o cert, dal latino essere informato, cioè la richiesta degli atti processuali), per la quale la Corte Suprema istruisce una Corte inferiore che certifichi e trasmetta per la sua revisione il curriculum di un caso determinato, quando così lo consideri, dopo aver esaminato il sollecito di una delle due parti in una lite o processo penale, che si sente lesa dalla decisione finale di una Corte inferiore, che può essere un Circuito di Appello nei casi federali (come questo), o una Corte Suprema di uno Stato, nei casi della giustizia statale.  

Gli avvocati studiano attentamente queste vie, i loro pro ed i loro contro e sapranno seguire la strada più conveniente, d’accordo con la vasta esperienza che accumula la squadra della difesa dei Cinque cubani.  

Nel frattempo, la via più forte, la più sicura, quella che non può decadere né un minuto è quella della solidarietà, quella del rifiuto all'ingiustizia ed all’illegalità, alla vendetta politica, quella che come un'onda gigantesca si alza ovunque. Tutti i giorni c'arrivano notizie delle proteste e delle critiche non solo dei gruppi di solidarietà con Cuba ed i Cinque, ma anche di organizzazioni di avvocati, intellettuali, artisti, studenti universitari, lavoratori, e tutti quelli che alzano la loro voce contro l'ingiustizia, in qualunque parte del mondo. Questo è compito di tutti ed è quella che può arrivare fino alle viscere dal popolo nordamericano ed aprire gli occhi agli uomini di quella nazione.  

I Cinque non stanno in carcere per commettere delitti comuni o politici. I Cinque sono in carcere per difendere il loro popolo dall'aggressione terrorista, e con ciò difendono anche la causa dell'umanità. Qualunque cubano può dovere la vita ai Cinque, o quella di un suo caro. Allo stesso modo si può dire perfino del popolo degli Stati Uniti che non ha questa coscienza, perché non ha l'informazione necessaria che bloccano i poderosi mezzi di comunicazione, e non conoscono neanche che il loro proprio paese è stato, dopo Cuba, il paese più colpito da quelle azioni terroristiche forgiate e finanziate dagli Stati Uniti.  

Per questo motivo in questo giugno del compleanno di Maceo e del Che, di Gerardo e di Ramon, vengono molto bene le parole di quel Don Chisciotte argentino che ci descrive Stella Calloni nella sua lettera a Fidel, quando dice: Un uomo solamente ha bisogno di essere giusto per stare in tutte le battaglie per la giustizia.  

Quell'uomo giusto deve unirsi a questa lotta, dovunque stia, e portarla fino alla vittoria finale.  

Nella Giornata della Festa del Papà, a Cuba, speriamo possa arrivare il nostro augurio a tutti i giusti, e, specialmente, coi migliori auguri per la loro salute, al più giusto tra i giusti, al Padre della Patria Nuova, quella che ha saputo forgiare nella lotta, quella che si sforza di formare dei valori, quella che ha potuto generare figli giusti come i medici internazionalisti che ritornarono da Sichuan o quelli che continuano la loro missione in qualunque posto appartato del mondo, o come i maestri che portano il pane dell'insegnamento oltre le frontiere. Quella Patria che si sforza, in mezzo ad un mondo globalizzato e sempre di più inumano, di mantenere i valori che rendono degno l'uomo.   

Quella che ha come figli quei Cinque cubani.  

 
 

* l’autore è professore di Diritto Internazionale della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università de L’Avana

 

tradotto da Ida Garberi