17 marzo '08 - S.Lamrani * www.prensa-latina.cu

 

G.W.Bush e Alvaro Uribe

contro la pace in Colombia  

 

 

 


Il 1 marzo 2008, truppe militari colombiane, appoggiate logisticamente da Washington, bombardarono il territorio ecuadoriano, assassinando il leader delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC), Raul Reyes, ed ad altri 18 ribelli, mentre dormivano. L'operazione, ordinata dagli Stati Uniti, che offriva una ricompensa di cinque milioni di dollari per la testa di Reyes, illegale secondo il Diritto Internazionale, scatenò una severa crisi diplomatica tra Colombia ed Ecuador (1).

Raul Reyes, di 59 anni, il cui vero nome era Luis Edgar Devia Silva, era il numero due e portavoce delle FARC, e partecipò a numerose negoziazioni nel passato durante il processo di pace che dirigeva, sotto la presidenza di Andres Pastrana tra il 1998 ed il 2002. Numerosi governi latinoamericani ed europei, e perfino gli Stati Uniti nel 1997, lo hanno ricevuto ufficialmente. La sua morte violenta colpisce seriamente il processo di pace iniziato vari mesi fa, con la collaborazione del presidente venezuelano Hugo Chavez, che ottenne la liberazione unilaterale di sei prigionieri, nonostante gli sforzi del presidente colombiano Alvaro Uribe per far fallire l'operazione umanitaria. In effetti, Uribe scatenò intense attività militari nella zona dove gli ostaggi dovevano essere liberati, mettendo così la loro vita in pericolo (2).  


Le bugie di Uribe  

Per giustificare l'aggressione in Ecuador e la violazione della sovranità di questa nazione, il ministro colombiano di Difesa, Juan Manuel Santos, dichiarò che le truppe colombiane avevano agito per legittima difesa (3). I combattimenti sarebbero incominciati in territorio colombiano ed sarebbero continuati nella zona rurale di Santa Rosa al sud del fiume Putumayo, in Ecuador, dove si sarebbero rifugiati gli uomini di Reyes. In una conversazione telefonica, Uribe aveva raccontato questa versione al suo omologo ecuadoriano, Rafael Correa (4).  

Ma la realtà era un'altra. Non ci fu nessun combattimento tra le forze armate e la guerriglia. Correa, che immediatamente ordinò un'investigazione militare (5), si rese rapidamente conto che il presidente colombiano l'aveva ingannato. Segnalò che l'esercito ecuadoriano aveva scoperto i cadaveri di 19 guerriglieri e tre donne ferite che sono state portate a Quito. I cadaveri erano in pigiama, cosa che dimostra che non ci fu nessuno scontro e che furono bombardati e massacrati mentre dormivano, dichiarò Correa (6).  

Le attestazioni delle superstiti confermarono le conclusioni dell'investigazione. I guerriglieri furono sorpresi mentre dormivano dai bombardamenti di massa dell'aviazione colombiana, che aveva penetrato per circa 10 chilometri nello spazio aereo ecuadoriano ed aveva attaccato la zona confinante da sud a nord. In seguito, le truppe colombiane attraversarono la frontiera e sterminarono la maggior parte dei ribelli. Il ministro ecuadoriano della Difesa, Washington Sandoval, affermò che si trattava di un massacro, sottolineando che i corpi erano mutilati e presentavano impatti di pallottole nella schiena (7).   

 
La reazione di Rafael Correa  

Rafael Correa ritirò immediatamente il suo ambasciatore dalla Colombia e contemporaneamente inviò una nota di protesta a Bogotà. Secondo lui, o il presidente Uribe era stato male informato, o gli mentì sfacciatamente sul bombardamento del quale fu vittima il suo paese. “Arriveremo fino alle ultime conseguenze, affinché si rischiari questo scandaloso fatto, che è un'aggressione al nostro territorio ed alla nostra patria”. Correa denunciò implicitamente gli Stati Uniti. Tutto segnala che si usò tecnologia di punta per scoprire di notte, nella selva, il gruppo delle FARC, sicuramente con la collaborazione di potenze straniere. Assicurò con fermezza che non tollererebbe nessun altro oltraggio (8).  

Correa sottolineò che si trattava di una situazione eccessivamente grave. “Quello che è accaduto, ripeto, fu chiaramente un'azione deliberata dentro il nostro territorio che attenta contro la nostra sovranità, contro gli accordi bilaterali con la Colombia e contro il Diritto Internazionale, ma soprattutto contro il rispetto e la fiducia che devono esistere tra paesi vicini e fratelli. Non possiamo fidarci di un governo che tradisce la fiducia di un paese fratello”. Ricordò anche che nulla giustificava un intervento militare straniero in Ecuador. “Non credo che il governo della Colombia potrebbe accettare un'azione simile da parte nostra”, segnalò. “Non permetteremo che questo fatto rimanga impune”, concluse (9).  

Alla fine, il presidente ecuadoriano lanciò un appello alla comunità internazionale per farla partecipe della gravità della situazione ed ostacolare l'internazionalizzazione del conflitto colombiano. Chiese una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza Nazionale ed ordinò di spiegare le truppe sul confine nord. Lanciò anche un appello al Consiglio permanente dell'Organizzazione degli Stati Americani (OSA), alla Comunità Andina delle Nazioni (CAN), come al MERCOSUR. “In questa occasione non sarà sufficiente una scusa diplomatica del governo di Bogotà, esigiamo compromessi fermi e formali davanti alla comunità internazionale che garantiscano che non si ripeteranno questi fatti inaccettabili che si sommano alla serie di oltraggi subiti dall'Ecuador, come conseguenza della violenza imperante in Colombia e della politica del presidente Alvaro Uribe (10). D'altra parte, l'ambasciatore colombiano in Ecuador, Carlos Holguin, fu espulso dal paese (11).  


La reazione venezuelana  

Il Venezuela condannò duramente l'aggressione in Ecuador. Il presidente Hugo Chavez denunciò la politica di terrorismo di Stato praticata da Bogotà. “Speriamo che i governi dell'America Latina si pronuncino al riguardo, non possiamo tacere davanti ad una situazione tanto grave come questa, che ci colpisce tutti, soprattutto i vicini della Colombia”. “La Colombia è un Stato terrorista”, affermò. A proposito di Uribe, Chavez
ebbe parole sommamente dure: “Non è solo un lacché dell'impero (Uribe), non è solo un bugiardo, è un criminale, un mafioso”. “Dirige un narco-governo, un governo paramilitare”, in riferimento ai vincoli noti che ha il presidente colombiano coi paramilitari (12).  

Col fine di prevenire un'eventuale aggressione in Venezuela, Chavez ordinò al suo ministro della Difesa di inviare dieci battaglioni di 600 uomini alla frontiera con la Colombia e che spiegasse la forza aerea nella regione. “Non vogliamo guerra, ma non permetteremo che l'impero statunitense che è il padrone della Colombia venga a debilitarci” (13).  

Fece notare al suo omologo colombiano che la guerra esploderebbe tra le due nazioni se Bogotà osasse effettuare un'incursione militare in territorio venezuelano. Accusò Uribe di comportarsi con arroganza e di arrogarsi il diritto di bombardare un paese vicino (14). Chavez invitò Uribe a farsi una coscienza sulle terribili conseguenze che potrebbero generare le sue azioni. Anche il leader bolivariano chiuse la sua ambasciata a Bogotà (15).  


Rottura delle relazioni diplomatiche

tra Colombia ed Ecuador  

Il governo colombiano presentò le sue scuse il 2 marzo 2008 a Quito per l'aggressione del giorno anteriore. Durante una dichiarazione che lesse il ministro degli Affari Esteri, Fernando Araujo, Bogotà espresse il suo pentimento. Il governo colombiano non ha avuto mai la pretesa o disposizione di vulnerare la sovranità o l'integrità della sorella Repubblica dell'Ecuador, del suo popolo o delle sue autorità (16).  

Dopo, contro ogni prognosi, il governo colombiano accusò Ecuador e Venezuela di mantenere delle strette relazioni con le FARC e finanziare i ribelli. Il direttore della Polizia Nazionale, il generale Oscar Naranjo, presentò dei documenti alla stampa che sarebbero stati sequestrati durante l'operazione militare e che avranno la necessità di una risposta da parte delle autorità ecuadoriane (17).  

L'Ecuador respinse immediatamente queste accuse. Il vice ministro della Difesa, Miguel Carvajal, definì assurde le parole di Naranjo, che ottennero solo di aggravare la crisi. L'unico contatto tra Ecuador e le FARC era Gustavo Larrea, il ministro di Sicurezza, che fece parte della delegazione internazionale che diresse in Venezuela nel dicembre del 2007 la liberazione di Clara Rojas e Consuelo Rodriguez (18).  

Poco dopo, la ministro ecuadoriana degli Affari Esteri annunciò la rottura delle relazioni diplomatiche tra i due paesi. Questa decisione si adottò di fronte all'evidente violazione della sovranità nazionale e dell'integrità territoriale dell'Ecuador, e delle gravi accuse contenute nel comunicato invalso in questa data da parte della presidenza della Colombia -che insinua degli accordi tra le FARC ed il governo dell'Ecuador - come per le osservazioni ciniche e temerarie del generale Oscar Naranjo (19). Da parte sua, il Venezuela ha espulso l'ambasciatore colombiano dopo questi nuovi attacchi (20).  


Le reazioni internazionali  

Cile, attraverso la sua presidentessa, Michelle Bachelet, condannò l'aggressione commessa dalla Colombia. “Non possiamo essere d’accordo con la violazione delle frontiere”, dichiarò. “Le frontiere tra i paesi si basano su accordi internazionali e non possono essere violate, poco importa l'obiettivo, legittimo o illegittimo” (21). La Bachelet concluse che la Colombia deve una spiegazione ad Ecuador ed a tutti i paesi dell'America Latina, per avere oltrepassato la frontiera ecuadoriana nell'operativo che terminò con la morte del numero due delle FARC (22).  

L'Argentina si pronunciò contro qualunque forma di violazione della sovranità territoriale. L'Argentina esporrà nella sessione straordinaria [...] dell'OEA il fermo rifiuto a qualunque forma di violazione della sovranità territoriale di un Stato membro, sottolineò il suo ministro degli Affari Esteri Jorge Taiana (23). L'Argentina è molto costernata e preoccupata davanti ad un'evidente violazione della sovranità territoriale di un paese della regione [...]. Il rispetto della sovranità territoriale è un principio inviolabile nel Diritto Internazionale e niente né nessuno può giustificare la sua violazione (24).  

Per il Brasile, la posizione della Colombia compromette l'integrazione regionale. Il vicepresidente del Parlamento del MERCOSUR, Florisvaldo Fier, affermò, riferendosi alla Colombia che chi invade il territorio di altri paesi e viola la sua sovranità, non è un vicino affidabile e ricordò l'articolo 28 della Lettera dell'OEA che stipula che qualunque aggressione di uno Stato contro l'integrità di un territorio, contro la sovranità o indipendenza politica di un Stato, sarà considerata un'aggressione al resto dei paesi americani (25).  

Il Paraguay condannò, attraverso il suo presidente, Nicanor Duarte, quello che considerò come un'aggressione alla sovranità dell'Ecuador. Condanniamo qualunque aggressione alla sovranità territoriale dei paesi. Il Perù espresse la sua preoccupazione mediante il Primo Ministro, Jorge del Castillo. La Bolivia considerò ingiustificabile qualunque tipo di azione che significhi la violazione della sovranità ed integrità territoriale degli Stati. L'Uruguay espresse il suo totale rifiuto e condanna l'incursione militare del governo colombiano nel territorio della Repubblica dell'Ecuador, rompendo il clima di pace creato dalla liberazione degli ostaggi da parte delle FARC (26).  

Per Cuba, il principale responsabile della scalata di violenza è il governo statunitense. Fidel Castro ci ha fatto partecipi nella sua riflessione: “Si ascoltano con forza nel sud del nostro continente le trombe della guerra, come conseguenza dei piani genocidi dell'impero yankee. Niente di nuovo! Era previsto!”. (27). Denunciò l'azione bellicista diretta dalla Casa Bianca: “L'imperialismo ha appena commesso un mostruoso crimine in Ecuador. Bombe mortifere furono lanciate all'alba contro un gruppo di uomini e donne che, quasi senza eccezione, dormivano [...]. Le accuse concrete contro questo gruppo di esseri umani non giustificano l'azione. Furono bombe yankee, guidate da satelliti yankee” (28).  

Per il Nicaragua, Uribe deve essere considerato come un nemico della pace. Il presidente, Daniel Ortega, ruppe le relazioni diplomatiche con la Colombia. Il presidente del Messico, Felipe Calderon, lanciò un appello al dialogo mentre il presidente del Costa Rica, Oscar Arias, qualificò l'attacco come una violazione della sovranità ecuadoriana ed allertò contro un'internazionalizzazione di un tema delicato che è prioritariamente bilaterale. Il Guatemala esortò le due parti alla negoziazione. In quanto all'OEA, riconobbe che la Colombia aveva violato la sovranità dell'Ecuador (29).  

L'Italia espresse la sua preoccupazione mediante la voce del suo cancelliere Massimo d'Alema: “Questa operazione militare portata a capo all'estero ci colpì molto e ci lascia perplessi e preoccupati”. Anche la Spagna espresse la sua preoccupazione (30).  


Contro la pace

 
Gli Stati Uniti, invece di condannare l'azione, hanno offerto il loro appoggio totale al loro alleato colombiano. “Appoggiamo totalmente gli sforzi della Colombia, del presidente Uribe per rispondere a questa minaccia delle FARC”, dichiarò il portavoce del Dipartimento di Stato, Tom Casey. Interrogato su un eventuale appoggio militare in caso di

Condoleeza Rice ratifica in Brasile ''l’impegno'' degli USA con la Colombia

 

TeleSur - La segretaria di Stato statunitense, Condoleezza Rice, ha ratificato in Brasile  "l’impegno" del suo paese con la Colombia nella "lotta contro il terrorismo" e la sua "speranza" che nessun paese sudamericano servirà da rifugio alle  FARC.

"Le frontiere sono importanti, ma non si possono usare come nascondiglio per ammazzare innocenti”, ha affermato, alludendo alla recente incursione colombiana in Ecuador, nella quale sono morte 24 persone, tra le quali il comandante delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – FARC-  Raúl Reyes.

In una conferenza stampa assieme al ministro degli Esteri del Brasile, Celso Amorim, la Rice ha detto che gli USA apprezzano gli sforzi per promuovere la riconciliazione e ridurre le tensioni fatti dall’Organizzazione degli Stati Americani, OEA, ma ha fatto capire che la Casa Bianca non crede che i conflitti siano davvero risolti.

Condoleezza ha detto che nessuno può abbassare la guardia di fronte a realtà come il terrorismo e la sicurezza, sino a garantire che i paesi non sono più minacciati né all’estero né all’interno.  

“Alcuni paesi, ha detto la Rice in allusione chiara al Venezuela e all’Ecuador, si sono impegnati ad evitare che i terroristi usino i loro territori e speriamo che mantengano quanto promesso”.

Rispondendo ad alcune domande dirette però ha evitato di riferirsi al Venezuela e non ha nemmeno precisato se finalmente gli Stati Uniti includeranno il paese tra gli Stati che patrocinano il terrorismo. “Siamo preoccupati per la sicurezza regionale”, ha concluso.

 

 conflitto con Ecuador o Venezuela, Casey rispose che Colombia era un alleato degli Stati Uniti (31). Il presidente Bush, che coltiva l'arte del paradosso, volle dare il suo appoggio alla Colombia perché si oppone con fermezza ad ogni atto di aggressione che possa destabilizzare la regione (32).  

Nulla è sorprendente in queste dichiarazioni. In effetti, è impensabile che Washington non sia stata consultata prima dell'attacco militare. Al contrario, gli assessori militari statunitensi, molto presenti in Colombia, senza alcun dubbio parteciparono al massacro come rivelò l'ex vicepresidente José Vicente Rancel (33).  

Raul Reyes fu assassinato da bombe intelligenti statunitensi, come sottolineò il ministro della Difesa ecuadoriano Sandoval: “Nell'accampamento delle FARC, lanciarono di notte, per lo meno, cinque bombe. I cinque proiettili, di una precisione impressionante, si trovavano in un diametro di cinquanta metri [...]. Gli aeroplani hanno lanciato queste bombe volando ad alta velocità. Precisò che la localizzazione del capo ribelle aveva bisogno di strumenti che non possiedono gli eserciti sud-americani (34)  

La Casa Bianca non ha nessun interesse per cercare una soluzione pacifica al conflitto colombiano. Al contrario, la guerra civile gli permette di giustificare un'enorme presenza militare nella regione e ciò spiega l'operazione militare che pregiudica le negoziazioni umanitarie, il cui obiettivo principale è liberare Ingrid Betancourt e gli altri ostaggi. La senatrice colombiana Piedad Cordoba, partecipante nella liberazione dei sequestrati, dichiarò che “se Ingrid Betancourt muore, sarà molto difficile per Uribe incolpare le FARC” (35). Il ministro francese Bernard Kouchner sottolineò che si trattava di una brutta notizia perché la Francia era in contatto con Reyes (36).  

Rafael Correa confermò i contatti e rivelò che le FARC aveva previsto di liberare altri dodici ostaggi in marzo in Ecuador, tra loro tre cittadini statunitensi: Thomas Howes, Keith Stansell e Marc Gonsalves, oltre ad Ingrid Betancour. Ma, le mani guerriere del governo colombiano ridussero a zero tutte le speranze. “Non possiamo scartare che questa fu una delle motivazioni dell'incursione ed attacco da parte dei nemici della pace”, assicurò il presidente ecuadoriano (37).  

L'Agenzia France-Presse riporta che l'ambasciata francese annunciò a Quito che era al corrente dei contatti delle autorità ecuadoriane con le FARC, per liberare l'ex candidata alla presidenza. Questa rivelazione smentisce la posizione delle autorità colombiane che accusano l’Ecuador ed il Venezuela di collaborare con le FARC per destabilizzare la regione (38).  

Fabrice Delloye, l'ex marito di Ingrid Betancourt, espresse la sua rabbia verso il governo colombiano. “Quello che ha fatto Uribe è completamente scandaloso”. “Distrusse tutta la mediazione di Chavez, che era un vero successo, non volle mai ammetterlo”. Delloye è convinto che l'aggressione militare contro l'Ecuador aveva come obbiettivo di ostacolare che si potesse portare a termine un accordo umanitario perché Uribe sapeva che le FARC avrebbero continuato a liberare gli ostaggi (39).  

La Cordoba, Correa, l'Agenzia France-Presse e Delloye hanno ragione senza alcun dubbio. I nemici della pace non si trovano a Quito od a Caracas, bensì a Washington ed a Bogotà.  

    


Note    

(1) Toby Muse, «Senior Colombian Rebel Commander Killed», The Associated Press, 1 de marzo de 2008. Respecto al número de víctimas: Agencia Bolivariana de Noticias, «Son 19 los guerrilleros asesinados en territorio ecuatoriano y no 16», 3 de marzo de 2008.

(2) Ibid.; Agencia Bolivariana de Noticias, «Cronología de la mediación de Chávez para el intercambio humanitario en Colombia», 27 de febrero de 2008; Agencia Bolivariana de Noticias, «Ministro de Defensa colombiano asegura haber matado a Raúl Reyes», 1 de marzo de 2008.

(3) Prensa Latina, «Colombia en conflicto diplomático por incursión en Ecuador», 2 de marzo de 2008.

(4) Le Monde, «Hugo Chávez dépêche des chars à la frontière avec la Colombie», 2 de marzo de 2008.

(5) Agencia Bolivariana de Noticias, «Rafael Correa ordenó investigar bombardeos en territorio ecuatoriano», 1 de marzo de 2008.

(6) Le Monde, «Hugo Chávez dépêche des chars à la frontière avec la Colombie», op. cit.

(7) Prensa Latina, «Guerrilleras heridas en ataque colombiano están en Quito», 3 de marzo de 2008; Agencia Bolivariana de Noticias, «Ecuador rescata tres guerrilleras heridas», 2 de marzo de 2008.

(8) Prensa Latina, «Uribe mintió descaradamente a Ecuador, afirmó Correa», 2 de marzo de 2008.

(9) Agencia Bolivariana de Noticias, «Sufrimos una inaceptable agresión de parte de Colombia», 2 de marzo de 2008.

(10) Ibid.; Prensa Latina, «Ecuador reforzó frontera con Colombia y activa Consejo Seguridad», 3 de marzo de 2008; Prensa Latina, «Ecuador demanda actuación de OEA y CAN ante agresión colombiana», 3 de marzo de 2008.

(11) Gonzalo Lozano, «Ecuador ordena expulsión de embajador de Colombia», The Associated Press / El Nuevo Herald, 3 de marzo de 2008; Agencia Bolivariana de Noticias, «Ecuador expulsa a embajador colombiano», 2 de marzo de 2008; Prensa Latina, «Ecuador expulsó a embajador colombiano», 3 de marzo de 2008, El Nuevo Herald, «Ecuador y Venezuela movilizan tropas a la frontera con Colombia», 3 de marzo de 2008.

(12) Agencia Bolivariana de Noticias, «Es el de Colombia, un Estado terrorista», 2 de marzo de 2008.

(13) Ian James, «Chavez Warns of War With Colombia», The Associated Press, 2 de marzo de 2008.

(14) The Associated Press / El Nuevo Herald, «Chávez advierte a Uribe de guerra si viola territorio venezolano», 2 de marzo de 2008.

(15) Jean-Luc Porte, «Escalade de tensions entre la Colombie et ses voisins après la mort de Raul Reyes», Agence France-Presse, 3 de marzo de 2008.

(16) The Associated Press, «Colombia se excusa con Ecuador», 3 de marzo de 2008; Agencia Bolivariana de Noticias, «Gobierno colombiano ofrece excusas por invadir territorio de Ecuador», 2 de marzo de 2008.

(17) Vivian Sequera, «Colombia revela documentos sobre supuestos lazos FARC-Ecuador», 3 de marzo de 2008.

(18) Prensa Latina, «Califican de patraña denuncia colombiana contra Ecuador», 3 de marzo de 2008; The Associated Press, «Ecuador dice que FARC pretendían liberar a Ingrid Betancourt», 3 de marzo de 2008.

(19) Dolores Ochoa, «Ecuador rompe relaciones diplomáticas con Colombia», The Associated Press / El Nuevo Herald, 3 de marzo de 2008.

(20) The Associated Press / El Nuevo Herald, «Venezuela ordena expulsión de embajador colombiano», 3 de marzo de 2008.

(21) Venezolana de Televisión / Rebelión, «Chile condena violación de Colombia a la soberanía de Ecuador», 4 de marzo de 2008.

(22) Agencia Bolivariana de Noticias, «Latinoamérica condena violación de la soberanía territorial ecuatoriana», 3 de marzo de 2008.

(24) Prensa Latina, «Rechaza Argentina cualquier violación de soberanía territorial», 3 de marzo de 2008.

(25) Agencia Bolivariana de Noticias, «Latinoamérica condena violación de la soberanía territorial ecuatoriana», Ibid.

(26) Ibid.

(27) Fidel Castro Ruz, «Los cristianos sin Biblias», Granma, 3 de marzo de 2008.

(28)Fidel Castro Ruz, «Rafael Correa», Granma, 4 de marzo de 2008.

(29) Agencia Bolivariana de Noticias, «Latinoamérica condena violación de la soberanía territorial ecuatoriana», op. cit.; Prensa Latina, «Reconoce OEA violación de soberanía ecuatoriana por Colombia», 5 de marzo de 2008. Para la ruptura de relaciones diplomáticas, Prensa Latina, «Nicaragua rompe relaciones diplomáticas con Colombia», 6 de marzo de 2008.

(30) Agencia Bolivariana de Noticias, «Canciller italiano: ‘Operación militar colombiana nos dejó perplejos y preocupados», 3 de marzo de 2008.

(31) Néstor Ikeda, «EEUU apoya ataque militar colombiano a FARC en Ecuador», The Associated Press / El Nuevo Herald, 3 de marzo de 2008.

(32) The Associated Press, «Bush Says US Stands by Colombia», 4 de marzo de 2008.

(33) Prensa Latina, «Denuncian participación de EEUU en operación contra las FARC », 3 de marzo de 2008.

(34) Le Monde, «La France était informée des contacts noués par l’Equateur avec les FARC afin de libérer les otages», 6 de marzo de 2008.

(35) Prensa “José Vicente Hoy”, «Entrevista de José Vicente Hoy este domingo con la senadora Piedad Córdoba», 2 de marzo de 2008.

(36) The Associated Press, «Colombie: la mort de Raul Reyes est ‘une mauvaise nouvelle’, selon Bernard Kouchner», 3 de marzo de 2008.

(37) The Associated Press, «Ecuador dice que FARC pretendían liberar a Ingrid Betancourt», op. cit.

(38) Philippe Zygel, «Amérique latine: le camp de la gauche radicale fait rebondir la crise», 7 de marzo de 2008.

(39) The Associated Press, «Fabrice Delloye exprime sa colère à l’égard du président colombien», 4 de marzo de 2008.


 

*Salim Lamrani è professore, scrittore e giornalista francese, specialista delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. Ha pubblicato i libri: Washington contre Cuba (Pantin: Le Temps des Cerises, 2005), Cuba face à l’Empire (Genève: Timeli, 2006) e Fidel Castro, Cuba et les Etats-Unis (Pantin: Le Temps des Cerises, 2006). Ha appena pubblicato Double Morale. Cuba, l’Union européenne et les droits de l’homme (Paris: Editions Estrella, 2008).

Contatto : lamranisalim@yahoo.fr
tradotto da Ida Garberi