Il 1
marzo 2008, truppe militari colombiane, appoggiate logisticamente da Washington,
bombardarono il territorio ecuadoriano, assassinando il leader delle Forze
Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC), Raul Reyes,
ed ad altri 18 ribelli, mentre dormivano. L'operazione, ordinata dagli Stati
Uniti, che offriva una ricompensa di cinque milioni di dollari per la testa di
Reyes, illegale secondo il Diritto Internazionale, scatenò una severa crisi
diplomatica tra Colombia ed Ecuador (1).
Raul Reyes, di 59 anni, il
cui vero nome era Luis Edgar Devia Silva, era il numero due e portavoce delle
FARC, e partecipò a numerose negoziazioni nel passato durante il processo di
pace che dirigeva, sotto la presidenza di Andres Pastrana tra il 1998 ed il
2002. Numerosi governi latinoamericani ed europei, e perfino gli Stati Uniti nel
1997, lo hanno ricevuto ufficialmente. La sua morte violenta colpisce seriamente
il processo di pace iniziato vari mesi fa, con la collaborazione del presidente
venezuelano Hugo Chavez, che ottenne la liberazione unilaterale di sei
prigionieri, nonostante gli sforzi del presidente colombiano Alvaro Uribe per
far fallire l'operazione umanitaria. In effetti, Uribe scatenò intense attività
militari nella zona dove gli ostaggi dovevano essere liberati, mettendo così la
loro vita in pericolo (2).
Le bugie di Uribe
Per giustificare l'aggressione in Ecuador e la violazione della sovranità di
questa nazione, il ministro colombiano di Difesa, Juan Manuel Santos, dichiarò
che le truppe colombiane avevano agito per legittima difesa (3). I combattimenti
sarebbero incominciati in territorio colombiano ed sarebbero continuati nella
zona rurale di Santa Rosa al sud del fiume Putumayo, in Ecuador, dove si
sarebbero rifugiati gli uomini di Reyes. In una conversazione telefonica, Uribe
aveva raccontato questa versione al suo omologo ecuadoriano, Rafael Correa (4).
Ma la realtà era un'altra. Non ci fu nessun combattimento tra le forze
armate e la guerriglia. Correa, che immediatamente ordinò un'investigazione
militare (5), si rese rapidamente conto che il presidente colombiano l'aveva
ingannato. Segnalò che l'esercito ecuadoriano aveva scoperto i cadaveri di 19
guerriglieri e tre donne ferite che sono state portate a Quito. I cadaveri erano
in pigiama, cosa che dimostra che non ci fu nessuno scontro e che furono
bombardati e massacrati mentre dormivano, dichiarò Correa (6).
Le attestazioni delle superstiti confermarono le conclusioni
dell'investigazione. I guerriglieri furono sorpresi mentre dormivano dai
bombardamenti di massa dell'aviazione colombiana, che aveva penetrato per circa
10 chilometri nello spazio aereo ecuadoriano ed aveva attaccato la zona
confinante da sud a nord. In seguito, le truppe colombiane attraversarono la
frontiera e sterminarono la maggior parte dei ribelli. Il ministro ecuadoriano
della Difesa, Washington Sandoval, affermò che si trattava di un massacro,
sottolineando che i corpi erano mutilati e presentavano impatti di pallottole
nella schiena (7).
La reazione di Rafael Correa
Rafael Correa ritirò immediatamente il suo ambasciatore dalla Colombia e
contemporaneamente inviò una nota di protesta a Bogotà. Secondo lui, o il
presidente Uribe era stato male informato, o gli mentì sfacciatamente sul
bombardamento del quale fu vittima il suo paese. “Arriveremo fino alle ultime
conseguenze, affinché si rischiari questo scandaloso fatto, che è un'aggressione
al nostro territorio ed alla nostra patria”. Correa denunciò implicitamente gli
Stati Uniti. Tutto segnala che si usò tecnologia di punta per scoprire di notte,
nella selva, il gruppo delle FARC, sicuramente con la collaborazione di potenze
straniere. Assicurò con fermezza che non tollererebbe nessun altro oltraggio
(8).
Correa sottolineò che si trattava di una situazione eccessivamente grave.
“Quello che è accaduto, ripeto, fu chiaramente un'azione deliberata dentro il
nostro territorio che attenta contro la nostra sovranità, contro gli accordi
bilaterali con la Colombia e contro il Diritto Internazionale, ma soprattutto
contro il rispetto e la fiducia che devono esistere tra paesi vicini e fratelli.
Non possiamo fidarci di un governo che tradisce la fiducia di un paese
fratello”. Ricordò anche che nulla giustificava un intervento militare straniero
in Ecuador. “Non credo che il governo della Colombia potrebbe accettare
un'azione simile da parte nostra”, segnalò. “Non permetteremo che questo fatto
rimanga impune”, concluse (9).
Alla fine, il presidente ecuadoriano lanciò un appello alla comunità
internazionale per farla partecipe della gravità della situazione ed ostacolare
l'internazionalizzazione del conflitto colombiano. Chiese una riunione urgente
del Consiglio di Sicurezza Nazionale ed ordinò di spiegare le truppe sul confine
nord. Lanciò anche un appello al Consiglio permanente dell'Organizzazione degli
Stati Americani (OSA), alla Comunità Andina delle Nazioni
(CAN), come al MERCOSUR. “In questa occasione non sarà sufficiente una scusa
diplomatica del governo di Bogotà, esigiamo compromessi fermi e formali davanti
alla comunità internazionale che garantiscano che non si ripeteranno questi
fatti inaccettabili che si sommano alla serie di oltraggi subiti dall'Ecuador,
come conseguenza della violenza imperante in Colombia e della politica del
presidente Alvaro Uribe (10). D'altra parte, l'ambasciatore colombiano in
Ecuador, Carlos Holguin, fu espulso dal paese (11).
La reazione venezuelana
Il Venezuela condannò duramente l'aggressione in Ecuador. Il presidente Hugo
Chavez denunciò la politica di terrorismo di Stato praticata da Bogotà.
“Speriamo che i governi dell'America Latina si pronuncino al riguardo, non
possiamo tacere davanti ad una situazione tanto grave come questa, che ci
colpisce tutti, soprattutto i vicini della Colombia”. “La Colombia è un Stato
terrorista”, affermò. A proposito di Uribe, Chavez
ebbe parole sommamente dure:
“Non è solo un lacché dell'impero (Uribe), non è solo un bugiardo, è un
criminale, un mafioso”. “Dirige un narco-governo, un governo paramilitare”, in
riferimento ai vincoli noti che ha il presidente colombiano coi paramilitari
(12).
Col fine di prevenire un'eventuale aggressione in Venezuela, Chavez ordinò al
suo ministro della Difesa di inviare dieci battaglioni di 600 uomini alla
frontiera con la Colombia e che spiegasse la forza aerea nella regione. “Non
vogliamo guerra, ma non permetteremo che l'impero statunitense che è il padrone
della Colombia venga a debilitarci” (13).
Fece notare al suo omologo colombiano che la guerra esploderebbe tra le due
nazioni se Bogotà osasse effettuare un'incursione militare in territorio
venezuelano. Accusò Uribe di comportarsi con arroganza e di arrogarsi il diritto
di bombardare un paese vicino (14). Chavez invitò Uribe a farsi una coscienza
sulle terribili conseguenze che potrebbero generare le sue azioni. Anche il
leader bolivariano chiuse la sua ambasciata a Bogotà (15).
Rottura delle relazioni diplomatiche
tra
Colombia ed Ecuador
Il governo colombiano presentò le sue scuse il 2 marzo 2008 a Quito per
l'aggressione del giorno anteriore. Durante una dichiarazione che lesse il
ministro degli Affari Esteri, Fernando Araujo, Bogotà espresse il suo
pentimento. Il governo colombiano non ha avuto mai la pretesa o disposizione di
vulnerare la sovranità o l'integrità della sorella Repubblica dell'Ecuador, del
suo popolo o delle sue autorità (16).
Dopo, contro ogni prognosi, il governo colombiano accusò Ecuador e Venezuela di
mantenere delle strette relazioni con le FARC e finanziare i ribelli. Il
direttore della Polizia Nazionale, il generale Oscar Naranjo, presentò dei
documenti alla stampa che sarebbero stati sequestrati durante l'operazione
militare e che avranno la necessità di una risposta da parte delle autorità
ecuadoriane (17).
L'Ecuador respinse immediatamente queste accuse. Il vice ministro della Difesa,
Miguel Carvajal, definì assurde le parole di Naranjo, che ottennero solo di
aggravare la crisi. L'unico contatto tra Ecuador e le FARC era Gustavo Larrea,
il ministro di Sicurezza, che fece parte della delegazione internazionale che
diresse in Venezuela nel dicembre del 2007 la liberazione di Clara Rojas e
Consuelo Rodriguez (18).
Poco dopo, la ministro ecuadoriana degli Affari Esteri annunciò la rottura delle
relazioni diplomatiche tra i due paesi. Questa decisione si adottò di fronte
all'evidente violazione della sovranità nazionale e dell'integrità territoriale
dell'Ecuador, e delle gravi accuse contenute nel comunicato invalso in questa
data da parte della presidenza della Colombia -che insinua degli accordi tra le
FARC ed il governo dell'Ecuador - come per le osservazioni ciniche e temerarie
del generale Oscar Naranjo (19). Da parte sua, il Venezuela ha espulso
l'ambasciatore colombiano dopo questi nuovi attacchi (20).
Le reazioni internazionali
Cile, attraverso la sua presidentessa, Michelle Bachelet, condannò l'aggressione
commessa dalla Colombia. “Non possiamo essere d’accordo con la violazione delle
frontiere”, dichiarò. “Le frontiere tra i paesi si basano su accordi
internazionali e non possono essere violate, poco importa l'obiettivo, legittimo
o illegittimo” (21). La Bachelet concluse che la Colombia deve una spiegazione
ad Ecuador ed a tutti i paesi dell'America Latina, per avere oltrepassato la
frontiera ecuadoriana nell'operativo che terminò con la morte del numero due
delle FARC (22).
L'Argentina si pronunciò contro qualunque forma di violazione della sovranità
territoriale. L'Argentina esporrà nella sessione straordinaria [...] dell'OEA il
fermo rifiuto a qualunque forma di violazione della sovranità territoriale di un
Stato membro, sottolineò il suo ministro degli Affari Esteri Jorge Taiana (23).
L'Argentina è molto costernata e preoccupata davanti ad un'evidente violazione
della sovranità territoriale di un paese della regione [...]. Il rispetto della
sovranità territoriale è un principio inviolabile nel Diritto Internazionale e
niente né nessuno può giustificare la sua violazione (24).
Per il Brasile, la posizione della Colombia compromette l'integrazione
regionale. Il vicepresidente del Parlamento del MERCOSUR, Florisvaldo Fier,
affermò, riferendosi alla Colombia che chi invade il territorio di altri paesi e
viola la sua sovranità, non è un vicino affidabile e ricordò l'articolo 28 della
Lettera dell'OEA che stipula che qualunque aggressione di uno Stato contro
l'integrità di un territorio, contro la sovranità o indipendenza politica di un
Stato, sarà considerata un'aggressione al resto dei paesi americani (25).
Il Paraguay condannò, attraverso il suo presidente, Nicanor Duarte, quello che
considerò come un'aggressione alla sovranità dell'Ecuador. Condanniamo qualunque
aggressione alla sovranità territoriale dei paesi. Il Perù espresse la sua
preoccupazione mediante il Primo Ministro, Jorge del Castillo. La Bolivia
considerò ingiustificabile qualunque tipo di azione che significhi la violazione
della sovranità ed integrità territoriale degli Stati. L'Uruguay espresse il suo
totale rifiuto e condanna l'incursione militare del governo colombiano nel
territorio della Repubblica dell'Ecuador, rompendo il clima di pace creato dalla
liberazione degli ostaggi da parte delle FARC (26).
Per Cuba, il principale responsabile della scalata di violenza è il governo
statunitense. Fidel Castro ci ha
fatto partecipi nella sua riflessione: “Si ascoltano con forza nel sud del
nostro continente le trombe della guerra, come conseguenza dei piani genocidi
dell'impero yankee. Niente di nuovo! Era previsto!”. (27). Denunciò l'azione
bellicista diretta dalla Casa Bianca: “L'imperialismo ha appena commesso un
mostruoso crimine in Ecuador. Bombe mortifere furono lanciate all'alba contro un
gruppo di uomini e donne che, quasi senza eccezione, dormivano [...]. Le accuse
concrete contro questo gruppo di esseri umani non giustificano l'azione. Furono
bombe yankee, guidate da satelliti yankee” (28).
Per il Nicaragua, Uribe deve essere considerato come
un nemico della pace. Il presidente, Daniel Ortega, ruppe le relazioni
diplomatiche con la Colombia. Il presidente del Messico, Felipe Calderon, lanciò
un appello al dialogo mentre il presidente del Costa Rica, Oscar Arias,
qualificò l'attacco come una violazione della sovranità ecuadoriana ed allertò
contro un'internazionalizzazione di un tema delicato che è prioritariamente
bilaterale. Il Guatemala esortò le due parti alla negoziazione. In quanto
all'OEA, riconobbe che la Colombia aveva violato la sovranità dell'Ecuador (29).
L'Italia espresse la sua preoccupazione mediante la voce del suo cancelliere
Massimo d'Alema: “Questa operazione militare portata a capo all'estero ci colpì
molto e ci lascia perplessi e preoccupati”. Anche la Spagna espresse la sua
preoccupazione (30).
Contro la pace
Gli
Stati Uniti, invece di condannare l'azione, hanno offerto il loro appoggio
totale al loro alleato colombiano. “Appoggiamo totalmente gli sforzi della
Colombia, del presidente Uribe per rispondere a questa minaccia delle FARC”,
dichiarò il portavoce del Dipartimento di Stato, Tom Casey. Interrogato su un
eventuale appoggio militare in caso di
Condoleeza Rice ratifica in Brasile ''l’impegno''
degli USA con la Colombia
TeleSur - La segretaria di Stato
statunitense, Condoleezza Rice, ha ratificato in Brasile "l’impegno" del
suo paese con la Colombia nella "lotta contro il terrorismo" e la sua
"speranza" che nessun paese sudamericano servirà da rifugio alle FARC.
"Le frontiere sono importanti, ma non si
possono usare come nascondiglio per ammazzare innocenti”, ha affermato,
alludendo alla recente incursione colombiana in Ecuador, nella quale sono
morte 24 persone, tra le quali il comandante delle Forze Armate
Rivoluzionarie della Colombia – FARC- Raúl Reyes.
In una conferenza stampa assieme al
ministro degli Esteri del Brasile, Celso Amorim, la Rice ha detto che gli
USA apprezzano gli sforzi per promuovere la riconciliazione e ridurre le
tensioni fatti dall’Organizzazione degli Stati Americani, OEA, ma ha fatto
capire che la Casa Bianca non crede che i conflitti siano davvero risolti.
Condoleezza ha detto che nessuno può
abbassare la guardia di fronte a realtà come il terrorismo e la sicurezza,
sino a garantire che i paesi non sono più minacciati né all’estero né
all’interno.
“Alcuni paesi, ha detto la Rice in
allusione chiara al Venezuela e all’Ecuador, si sono impegnati ad evitare
che i terroristi usino i loro territori e speriamo che mantengano quanto
promesso”.
Rispondendo ad alcune domande dirette però
ha evitato di riferirsi al Venezuela e non ha nemmeno precisato se
finalmente gli Stati Uniti includeranno il paese tra gli Stati che
patrocinano il terrorismo. “Siamo preoccupati per la sicurezza regionale”,
ha concluso.
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conflitto con Ecuador o Venezuela, Casey
rispose che Colombia era un alleato degli Stati Uniti (31). Il presidente Bush,
che coltiva l'arte del paradosso, volle dare il suo appoggio alla Colombia
perché si oppone con fermezza ad ogni atto di aggressione che possa
destabilizzare la regione (32).
Nulla è sorprendente in queste dichiarazioni. In effetti, è impensabile che
Washington non sia stata consultata prima dell'attacco militare. Al contrario,
gli assessori militari statunitensi, molto presenti in Colombia, senza alcun
dubbio parteciparono al massacro come rivelò l'ex vicepresidente José Vicente
Rancel (33).
Raul Reyes fu assassinato da bombe intelligenti statunitensi, come sottolineò il
ministro della Difesa ecuadoriano Sandoval: “Nell'accampamento delle FARC,
lanciarono di notte, per lo meno, cinque bombe. I cinque proiettili, di una
precisione impressionante, si trovavano in un diametro di cinquanta metri [...].
Gli aeroplani hanno lanciato queste bombe volando ad alta velocità. Precisò che
la localizzazione del capo ribelle aveva bisogno di strumenti che non possiedono
gli eserciti sud-americani (34)
La Casa Bianca non ha nessun interesse per cercare una soluzione pacifica al
conflitto colombiano. Al contrario, la guerra civile gli permette di
giustificare un'enorme presenza militare nella regione e ciò spiega l'operazione
militare che pregiudica le negoziazioni umanitarie, il cui obiettivo principale
è liberare Ingrid Betancourt e gli altri ostaggi. La senatrice colombiana Piedad
Cordoba, partecipante nella liberazione dei sequestrati, dichiarò che “se Ingrid
Betancourt muore, sarà molto difficile per Uribe incolpare le FARC” (35). Il
ministro francese Bernard Kouchner sottolineò che si trattava di una brutta
notizia perché la Francia era in contatto con Reyes (36).
Rafael Correa confermò i contatti e rivelò che le FARC aveva previsto di
liberare altri dodici ostaggi in marzo in Ecuador, tra loro tre cittadini
statunitensi: Thomas Howes, Keith Stansell e Marc Gonsalves, oltre ad Ingrid
Betancour. Ma, le mani guerriere del governo colombiano ridussero a zero tutte
le speranze. “Non possiamo scartare che questa fu una delle motivazioni
dell'incursione ed attacco da parte dei nemici della pace”, assicurò il
presidente ecuadoriano (37).
L'Agenzia France-Presse riporta che l'ambasciata francese annunciò a Quito che
era al corrente dei contatti delle autorità ecuadoriane con le FARC, per
liberare l'ex candidata alla presidenza. Questa rivelazione smentisce la
posizione delle autorità colombiane che accusano l’Ecuador ed il Venezuela di
collaborare con le FARC per destabilizzare la regione (38).
Fabrice Delloye, l'ex marito di Ingrid Betancourt, espresse la sua rabbia verso
il governo colombiano. “Quello che ha fatto Uribe è completamente scandaloso”.
“Distrusse tutta la mediazione di Chavez, che era un vero successo, non volle
mai ammetterlo”. Delloye è convinto che l'aggressione militare contro l'Ecuador
aveva come obbiettivo di ostacolare che si potesse portare a termine un accordo
umanitario perché Uribe sapeva che le FARC avrebbero continuato a liberare gli
ostaggi (39).
La Cordoba, Correa, l'Agenzia France-Presse e Delloye hanno ragione senza alcun
dubbio. I nemici della pace non si trovano a Quito od a Caracas, bensì a
Washington ed a Bogotà.
Note
(1) Toby Muse, «Senior Colombian Rebel Commander Killed», The Associated Press,
1 de marzo de 2008. Respecto al número de víctimas: Agencia Bolivariana de
Noticias, «Son 19 los guerrilleros asesinados en territorio ecuatoriano y no
16», 3 de marzo de 2008.
(2) Ibid.; Agencia Bolivariana de Noticias, «Cronología de la mediación de
Chávez para el intercambio humanitario en Colombia», 27 de febrero de 2008;
Agencia Bolivariana de Noticias, «Ministro de Defensa colombiano asegura haber
matado a Raúl Reyes», 1 de marzo de 2008.
(3) Prensa Latina, «Colombia en conflicto diplomático por incursión en Ecuador»,
2 de marzo de 2008.
(4) Le Monde, «Hugo Chávez dépêche des chars à la frontière avec la Colombie», 2
de marzo de 2008.
(5) Agencia Bolivariana de Noticias, «Rafael Correa ordenó investigar bombardeos
en territorio ecuatoriano», 1 de marzo de 2008.
(6) Le Monde, «Hugo Chávez dépêche des chars à la frontière avec la Colombie»,
op. cit.
(7) Prensa Latina, «Guerrilleras heridas en ataque colombiano están en Quito», 3
de marzo de 2008; Agencia Bolivariana de Noticias, «Ecuador rescata tres
guerrilleras heridas», 2 de marzo de 2008.
(8) Prensa Latina, «Uribe mintió descaradamente a Ecuador, afirmó Correa», 2 de
marzo de 2008.
(9) Agencia Bolivariana de Noticias, «Sufrimos una inaceptable agresión de parte
de Colombia», 2 de marzo de 2008.
(10) Ibid.; Prensa Latina, «Ecuador reforzó frontera con Colombia y activa
Consejo Seguridad», 3 de marzo de 2008; Prensa Latina, «Ecuador demanda
actuación de OEA y CAN ante agresión colombiana», 3 de marzo de 2008.
(11) Gonzalo Lozano, «Ecuador ordena expulsión de embajador de Colombia», The
Associated Press / El Nuevo Herald, 3 de marzo de 2008; Agencia Bolivariana de
Noticias, «Ecuador expulsa a embajador colombiano», 2 de marzo de 2008; Prensa
Latina, «Ecuador expulsó a embajador colombiano», 3 de marzo de 2008, El Nuevo
Herald, «Ecuador y Venezuela movilizan tropas a la frontera con Colombia», 3 de
marzo de 2008.
(12) Agencia Bolivariana de Noticias, «Es el de Colombia, un Estado terrorista»,
2 de marzo de 2008.
(13) Ian James, «Chavez Warns of War With Colombia», The Associated Press, 2 de
marzo de 2008.
(14) The Associated Press / El Nuevo Herald, «Chávez advierte a Uribe de guerra
si viola territorio venezolano», 2 de marzo de 2008.
(15) Jean-Luc Porte, «Escalade de tensions entre la Colombie et ses voisins
après la mort de Raul Reyes», Agence France-Presse, 3 de marzo de 2008.
(16) The Associated Press, «Colombia se excusa con Ecuador», 3 de marzo de 2008;
Agencia Bolivariana de Noticias, «Gobierno colombiano ofrece excusas por invadir
territorio de Ecuador», 2 de marzo de 2008.
(17) Vivian Sequera, «Colombia revela documentos sobre supuestos lazos
FARC-Ecuador», 3 de marzo de 2008.
(18) Prensa Latina, «Califican de patraña denuncia colombiana contra Ecuador», 3
de marzo de 2008; The Associated Press, «Ecuador dice que FARC pretendían
liberar a Ingrid Betancourt», 3 de marzo de 2008.
(19) Dolores Ochoa, «Ecuador rompe relaciones diplomáticas con Colombia», The
Associated Press / El Nuevo Herald, 3 de marzo de 2008.
(20) The Associated Press / El Nuevo Herald, «Venezuela ordena expulsión de
embajador colombiano», 3 de marzo de 2008.
(21) Venezolana de Televisión / Rebelión, «Chile condena violación de Colombia a
la soberanía de Ecuador», 4 de marzo de 2008.
(22) Agencia Bolivariana de Noticias, «Latinoamérica condena violación de la
soberanía territorial ecuatoriana», 3 de marzo de 2008.
(24) Prensa Latina, «Rechaza Argentina cualquier violación de soberanía
territorial», 3 de marzo de 2008.
(25) Agencia Bolivariana de Noticias, «Latinoamérica condena violación de la
soberanía territorial ecuatoriana», Ibid.
(26) Ibid.
(27) Fidel Castro Ruz, «Los cristianos sin Biblias», Granma, 3 de marzo de 2008.
(28)Fidel Castro Ruz, «Rafael Correa», Granma, 4 de marzo de 2008.
(29) Agencia Bolivariana de Noticias, «Latinoamérica condena violación de la
soberanía territorial ecuatoriana», op. cit.; Prensa Latina, «Reconoce OEA
violación de soberanía ecuatoriana por Colombia», 5 de marzo de 2008. Para la
ruptura de relaciones diplomáticas, Prensa Latina, «Nicaragua rompe relaciones
diplomáticas con Colombia», 6 de marzo de 2008.
(30) Agencia Bolivariana de Noticias, «Canciller italiano: ‘Operación militar
colombiana nos dejó perplejos y preocupados», 3 de marzo de 2008.
(31) Néstor Ikeda, «EEUU apoya ataque militar colombiano a FARC en Ecuador», The
Associated Press / El Nuevo Herald, 3 de marzo de 2008.
(32) The Associated Press, «Bush Says US Stands by Colombia», 4 de marzo de
2008.
(33) Prensa Latina, «Denuncian participación de EEUU en operación contra las
FARC », 3 de marzo de 2008.
(34) Le Monde, «La France était informée des contacts noués par l’Equateur avec
les FARC afin de libérer les otages», 6 de marzo de 2008.
(35) Prensa “José Vicente Hoy”, «Entrevista de José Vicente Hoy este domingo con
la senadora Piedad Córdoba», 2 de marzo de 2008.
(36) The Associated Press, «Colombie: la mort de Raul Reyes est ‘une mauvaise
nouvelle’, selon Bernard Kouchner», 3 de marzo de 2008.
(37) The Associated Press, «Ecuador dice que FARC pretendían liberar a Ingrid
Betancourt», op. cit.
(38) Philippe Zygel, «Amérique latine: le camp de la gauche radicale fait
rebondir la crise», 7 de marzo de 2008.
(39) The Associated Press, «Fabrice Delloye exprime sa colère à l’égard du
président colombien», 4 de marzo de 2008.
*Salim Lamrani è professore, scrittore e giornalista francese, specialista
delle relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. Ha pubblicato i libri: Washington
contre Cuba (Pantin: Le Temps des Cerises, 2005), Cuba face à l’Empire (Genève:
Timeli, 2006) e Fidel Castro, Cuba et les Etats-Unis (Pantin: Le Temps des
Cerises, 2006). Ha appena pubblicato Double Morale. Cuba, l’Union européenne et
les droits de l’homme (Paris: Editions Estrella, 2008).
Contatto :
lamranisalim@yahoo.fr
tradotto da Ida Garberi
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