LE BUGIE DI REPORTER SENZA

FRONTIERE SU CUBA

 

Un reportage con telecamera nascosta, ampiamente diffuso dai maggiori canali televisivi occidentali, mostra la direzione del Melia Cohiba all'Avana vietare l'accesso a internet ai cubani e riservarlo ai clienti dell'hotel. Reportage questo, su cui si fonda la campagna di denuncia promossa da Reporter Senza Frontiere (RSF) contro la censura politica castrista. Problema: questa piccola messa in scena è contraddetta da altri documenti citati dalla stessa pseudo-ONG.

 

25 giugno '09 - www.comedonchisciotte.org di S.Lamrani Resau Voltaire

 


Il 20 maggio 2009 RSF ha pubblicato una dichiarazione su Cuba nella quale si afferma: “chiunque può navigare su internet... a meno che non si tratti di un cubano”. Per sostenere la sua tesi RSF presenta un video, filmato tramite telecamera nascosta, di una scena durante la quale un cubano si vede vietato l'accesso a internet in un hotel [1]. L'organizzazione aggiunge che “colui che naviga su internet rischia fino a vent'anni di prigione per la pubblicazione di un articolo contro-rivoluzionario (articolo 91) e 5 anni per connessione illegale”. Inoltre RSF ricorda che: “Cuba resta la seconda prigione per giornalisti al mondo, dopo la Cina” sottolineando che “24 professionisti dei media” sono “imprigionati col falso pretesto di essere mercenari al soldo degli Stati Uniti” [2].

Risulta semplice mettere RSF davanti alle sue contraddizioni. In effetti, mentre l'organizzazione parigina afferma che nessun cubano può connettersi ad internet, ecco spuntare il link..."il testo della
blogger Yoani Sanchez” che vive a Cuba e che si pronuncia apertamente contro il governo dell'Avana tramite internet. Come può la Sanchez esprimersi, se non ha l'accesso ad internet? Il suo ultimo intervento risale al 27 maggio 2009. Ha inoltre scritto il 25 maggio, il 23 maggio, il 22 maggio, il 19 maggio, il 18 maggio, il 16 maggio, il 15 maggio, il 13 maggio, il 10 maggio, il 9 maggio, il 7 maggio, il 6 maggio, il 4 maggio, il 2 maggio, il 29 aprile, il 28 aprile, il 27 aprile, il 26 aprile, il 25 aprile, il 23 aprile e il 21 aprile 2009. Così, durante il mese che ha preceduto la pubblicazione della dichiarazione di RSF riguardo internet a Cuba, Yoani Sanchez ha potuto connettersi a internet, da Cuba, almeno 18 volte [3].

RSF si contraddice scioccamente da una pubblicazione all'altra. Così in un rapporto del marzo 2008 riguardo al giornalismo indipendente a Cuba, l'ente parigino sottolinea che "il blog di Yoani Sánchez fa parte di un più ampio portale, Consenso/Desdecuba.com, animato da 5 blogger e con una redazione formata da 6 persone, il cui obiettivo è essenzialmente commentare l'attualità politica del paese. Il sito può vantarsi di aver raggiunto quota 1,5 milioni di visitatori nel febbraio scorso, a un anno dalla nascita, di cui 800000 grazie al blog Generacion Y. Più impressionante ancora, il 26% dei visitatori ha domicilio a Cuba, in terza posizione a seguito di Stati Uniti e Spagna"
[4]. Una semplice domanda: come possono "il 26% dei lettori cubani" consultare il blog della Sánchez se è vietato loro l'accesso a internet?[5]


RSF ha utilizzato il caso isolato di un hotel, col supporto dii paesi del male...secondo RSF una telecamera nascosta, per generalizzare il divieto d'accesso ad internet all'isola intera e stigmatizzare le autorità cubane. Il colmo della storia è l'intervento di Yoani Sánchez del 23 maggio: "abbiamo fatto un'inchiesta tramite una dozzina di blogger in più di 40 hotel della città e tutti, tranne l'Occidental Miramar, hanno affermato di non essere a conoscenza del regolamento che vieterebbe l'accesso a internet ai cubani". La blogger preferita dei media occidentali è la prima a contraddire le citazioni pretestuose di RSF
[6].

RSF afferma in seguito che chiunque pubblichi un articolo critico nei riguardi del governo cubano è passibile di vent'anni di reclusione e cita, con l'intento di supportare la sua tesi l'articolo 91, senza fornire abbastanza precisazioni. Cosa dice l'articolo 91 del Codice Penale cubano? Eccolo nella sua integrità: "colui che, nell'interesse di una nazione straniera, svolge attività il cui fine è di danneggiare l'indipendenza dello Stato cubano o la sua integrità territoriale, sarà passibile dai 10 ai 20 anni di reclusione, o di pena di morte". La menzogna sfacciata da parte di RSF è facilmente constatabile. L'articolo in questione, infatti, non vieta affatto la pubblicazione di analisi di carattere eterodosso su internet e non limita in alcun modo la libertà d'espressione. Ciò che viene sanzionato, sono invece gli atti di tradimento alla patria
[7].

Questa stessa logica porterebbe ad utilizzare l'articolo 411-2 del Codice Penale francese ("Il fatto di offrire a una potenza straniera, o a un'organizzazione estera o sotto controllo estero, o ai loro agenti o soldati appartenenti alle forze armate francesi, in tutto o in parte il territorio del paese, è punibile con la detenzione per la vita e 750000 euro d’ammenda") o la sezione 411-4 ("il fatto di tenere rapporti di intelligence con una potenza straniera, un'impresa o un'organizzazione straniera o sotto controllo straniero o con i loro agenti, al fine di suscitare ostilità o atti di aggressione contro la Francia, è punito con 30 anni di detenzione e 450000 euro di ammenda. È punito allo stesso modo il fatto di fornire ad una potenza straniera, ad un'impresa o ad un'organizzazione straniera o sotto controllo straniero o ai loro agenti, i mezzi per intraprendere ostilità o compiere atti di aggressione contro la Francia") per accusare il governo di Nicolas Sarkozy di repressione contro coloro che navigano in internet.

D'altro canto, basta consultare il blog di Yoani Sánchez, estremamente critico nei confronti delle autorità cubane, o leggere gli scritti dell'opposizione per rendersi conto di quanto le accuse fatte dall'organizzazione parigina siano prive di fondamento.

RSF certifica ugualmente che ogni cubano è passibile di "una pena di 5 anni per connessione illegale ad internet". Qui l'ente francese si limita a sentenziare un'affermazione perentoria senza nemmeno prendersi la briga di citare un testo di legge che, evidentemente, non esiste. Ancora una volta, RSF asserisce l'ennesima anti-verità.

Infine, RSF ripete la stessa manfrina assicurando che "24 professionisti dei media" sono "detenuti con la falsa accusa di essere mercenari al soldo degli Stati Uniti". L'organizzazione non è in grado di mostrare coerenza e rigore nei propri documenti. Infatti, nella versione spagnola di questo articolo, parla di non più di "19 detenuti"
[9]. Ma i numeri importano poco, la beffa è doppia ancora una volta. Da un lato, sui "24 professionisti dei media" citati dall’organizzazione, solo uno è in possesso di una formazione da giornalista, Oscar Elias Biscet. Gli altri non avevano mai esercitato il mestiere prima di prendere la parte del dissenso. D'altro canto, questi individui non sono stati condannati per la loro produzione intellettuale sovversiva, bensì per aver accettato compensi in denaro offerti da Washington, passando così da agenti all'opposizione a collaboratori pagati da una potenza straniera, commettendo automaticamente un reato grave punito non solo dalla legge cubana, ma dal codice penale di ogni paese del mondo. Vi sono molteplici prove a sostegno di quanto finora affermato: gli Stati Uniti riconoscono di finanziare l'opposizione interna cubana e i loro stessi documenti lo attestano, i dissidenti confessano di ricevere aiuti finanziari da parte di Washington e anche Amnesty International ammette che le persone incarcerate sono state condannate "per aver ricevuto fondi o materiale dal governo statunitense per delle attività percepite dalle autorità come sovversive o dannose per Cuba"[10].

RSF non è un'organizzazione degna di credito poiché la sua agenda è innanzitutto politica e ideologica. Come si è potuto constatare, è facile mettere l'organizzazione parigina di fronte alle sue contraddizioni e svelarne le manipolazioni. D'altronde, RSF non può godere di nessuna legittimità poiché riconosce di essere finanziata dal
National Endowment for Democracy (NED) che altro non è che la facciata ufficiale della CIA , come ha osservato il New York Times nel marzo 1997 affermando che il NED "è stato creato 15 anni fa per continuare a eseguire pubblicamente ciò che la CIA ha fatto per decenni di nascosto"[12].



Salim Lamrani Docente presso l’Université Paris-Descartes e all'Université Paris-Est Marne-la-Vallée e giornalista francese, specialista nelle relazioni tra Cuba e Stati Uniti. Autore di "Cuba di fronte all'impero: Propaganda, guerra economica e terrorismo di Stato", ultimo libro pubblicato in francese: "Double Morale. Cuba, l’Union européenne et les droits de l’homme".
 


[1] « Restricción del acceso a Internet para cubanos en el hotel Melia Cohíba », YouTube

[2] Reporters sans frontières, « N’importe qui peut naviguer sur Internet… sauf s’il est cubain », 20 maggio 2009 (sito consultato il 20 maggio 2009).

[3] Yoani Sánchez, Generación Y (sito consultato il 24 maggio 2009).

[4] Claire Vœux, Cuba. Cinq ans après le « Printemps noir », les journalistes indépendants font de la résistance, Reporters sans frontières, marzo 2008. Document téléchargeable (site consulté le 20 mai 2009).

[5] Reporters sans frontières, « Cuba : rapport 2008 » (sito consultato il 20 maggio 2009).

[6] Yoani Sánchez, «‘Sentada’ blogger », Generación Y, 23 maggio 2009 (sito consultato il 27 maggio 2009).

[7] Ley n°62, Código Penal de Cuba, Libro II, Artículo 91, 29 dicembre 1987. Documento scaricabile (sito consultato il 24 maggio 2009).

[8] Codice Penale Francese, Parte Legislativa, Libro IV, Titolo 1, Capitolo 1, Sezioni 1 e 2.

[9] Reporters sans frontières, « Cualquiera puede navegar por Internet...salvo los cubanos », 20 maggio 2009 (sito consultato il 26 aprile 2009).

[10] Amnesty International, « Cuba. Cinq années de trop, le nouveau gouvernement doit libérer les dissidents emprisonnés », 18 marzo 2008 (sito consultato il 23 aprile 2008).

[11] « La NED, nébuleuse de l’ingérence "démocratique" », di Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 22 gennaio 2004.

[12] Salim Lamrani, Cuba. Ce que les médias ne vous diront jamais (Paris : Editions Estrella, 2009), di prossima pubblicazione.

Titolo originale: "Les mensonges de Reporters sans frontières sur Cuba"

Fonte: http://www.voltairenet.org
Link 30.05.2009



Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di R.Ruggeri
www.comedonchisciotte.org

 

 

 

Senza Menard, RSF cerca di

 

sopravvivere al proprio destino

 

 

 3 marzo 2009 - www.granma.cu

 

Reporter Senza Frontiere (RSF), nonostante le numerose denuncie che hanno dimostrato i suoi legami con i servizi segreti nordamericani e le inaspettate dimissioni di Robert Menard, il suo screditato leader, ha ripreso i suoi attacchi contro Cuba.

 

Con la complicità di organi di stampa affiliati al dipartimento di Stato, RSF reitera le sue “denuncie” a favore di “giornalisti indipendenti”, dei quali è stata ampiamente documentata la loro attiva collaborazione con le operazioni di destabilizzazione della rappresentanza diplomatica yankee all’Avana.

 

Casualmente, la nuova campagna di diffamazione si verifica precisamente quanto la stampa internazionale riconosce i successi di Cuba in materia di relazioni estere e l’unanime condanna al blocco imposto all’Isola da quasi mezzo secolo.

 

Il guru dell’organizzazione, Robert Menard, si è dimesso lo scorso ottobre, giusto una settimana dopo che il Congresso nordamericano ha ordinato all’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (USAID) di “congelare” i fondi destinati al Center for a Free Cuba, una creatura della Freedom House, diretta dall’agente della CIA Frank Calzon.

 

Attraverso Calzon, Menard ha avuto accesso, per anni, ai fondi dell’Agenzia nordamericana per l’ingerenza, USAIS; che disponeva per il 2008 di 45 milioni di dollari per il suo lavoro di propaganda e spionaggio, attraverso una rete di false ONG come RSF. Il braccio destro di Calzon, Felipe Sixto, ha confessato alla fine dello scorso anno di aver rubato mezzo milione di dollari dai fondi del “Center”.

 

Autodefinitosi difensore dell’etica giornalistica, Menard ha accettato un’offerta di lavoro milionaria che gli permetterà di arrotondare la sua già considerevole fortuna personale.

 

Sempre rumorosa quando reclama, nella stessa stampa che la sussidia, misure contro Cuba, RSF dimentica sempre di ricordare al pubblico che l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) le ha ritirato mercoledì 12 marzo 2008 il coauspicio per il Giorno della libertà in internet, a causa della reiterata mancanza d’etica “nei suoi propositi di discreditare un numero determinato di paesi”.

 

 

“I SOLDI SONO LA SUA DROGA”

 

 

In un’intervista realizzata dal giornalista e scrittore colombiano Hernando Calvo, un altro dei fondatori di RSF, Rony Brauman, rivela il vero volto di Menard nell’ONG convertita in una macchina di propaganda.

 

“Menard non sono non voleva ascoltare, ma ogni persona che esprimeva un’opinione discordante, che faceva una domanda non opportuna era repressa in un modo spiegato, fino al licenziamento, sicuramente maltrattata. Era un crimine di lesa maestà. Aveva realmente un comportamento tirannico, di un’autocrazia spaventosa”, ricorda.

 

Nel momento della presentazione dei bilanci, si sapeva quanti soldi arrivavano a RSF. “Però un bilancio si può sempre sistemare. E’ quello che chiamo opacità finanziaria. In ogni caso con l’assenza di possibilità di controllo, compaiono i sospetti. Se non puoi controllare, puoi sempre supporre. Io non voglio insinuare, dico semplicemente che non avevamo il diritto di controllare”.

 

Continua Rony Brauman che ha abbandonato il gruppo da anni: “Se si ricevono fondi da uno stato europeo, da fabbricanti di armi, agevolazioni da grandi gruppi della stampa francese o, direttamente o indirettamente, da strutture del potere di Washington, non c’è indipendenza, ma a lui non importa

 

Per Menard, Cuba è stata un’occasione per convertirsi in “vedette” e diventare ricco. “Gli ha permesso di agire, avere un’immagine e soldi, che sono la sua droga”, sottolinea Brauman, che è stato anche ex presidente di Medici Senza Frontiere.

 

Il testo integrale dell’intervista – realizzata nel 2007 – appare in “Cuba 50 ans de révolucion”, appena pubblicata dalla casa editrice francese Le Temps des Cerises (Parigi).