Il caso dei
'dissidenti' in sciopero della
fame e le pressioni per indultare i prigionieri
colpiscono il progresso del dialogo tra Cuba e gli Stati Uniti, così come quello
avanzato con l'Unione Europea (UE), dice a La
Jornada il politologo Rafael Hernández: "Il governo dell'Avana non
negozia sotto pressione, solo il dialogo diplomatico dà risultati, come sanno
bene altri governi".
Direttore della rivista cubana Temi, Hernandez è appena
tornato dalla University of Texas, in Austin, dove ha impartito un master sulle
relazioni Cuba - Stati Uniti, che in precedenza ha insegnato in Columbia e
Harvard, in Messico, nel CIDE e ITAM.
Ritiene che i dissidenti non sono la società civile, ma "micro partiti
di opposizione", che tra i loro dirigenti non c’è nessun Havel o Walesa, e che
saranno i cubani sull'isola coloro che decideranno se il futuro socialismo
cubano potrà arrivare ad ammettere una leale opposizione dentro il sistema.
Qual è l'attuale congiuntura internazionale di Cuba, in particolare con
gli Stati Uniti?
- Anche se questa amministrazione ha fatto sostanziali cambiamenti politici
verso Cuba, il dialogo è avanzato più nell’ultimo anno che in tutto questo
decennio. Sono ripresi le conversazioni migratorie, ed aperti temi come la posta
diretta. Il Congresso potrebbe approvare la libertà degli statunitensi di
viaggiare a Cuba. Alcuni gruppi semi-ufficiali esplorano strade di cooperazione
in intercettazione della droga. Senza togliere le restrizioni all’interscambio
accademico e culturale imposto da Bush nel 2005, si sono consegnati alcuni
visti. Inoltre, la UE, con la leadership della Spagna, si è avvicinata al
governo di Raúl Castro, i cui rapporti con tutta l'America Latina sono più
stretti che mai.
Il punto di vista internazionale su Cuba si concentra sull'opposizione,
dopo la morte di
Orlando Zapata Tamayo
e lo sciopero della fame di
Guillermo Fariñas...
- La morte di Zapata è una tragedia umana, ma le sue
ripercussioni risponde a fattori politici, collegati con lo sciopero di Fariñas.
Nessuno delle attuali pressioni per l’indulto dei prigionieri facilita i
cambiamenti nella politica cubana, circondata da una tempesta propagandistica.
Neppure sotto la pressione della Crisi dei Missili (ottobre 1962), sull'orlo di
un conflitto nucleare, la politica di Cuba cambiò. Il modo più efficace per
ottenere cambi (come sanno quasi tutti i governi del Messico) è il rispettoso
dialogo diplomatico. E 'ovvio che la morte di Zapata e le sue conseguenze
conviene a coloro che si oppongono a questo di dialogo con gli Stati Uniti e in
Europa.
Stiamo parlando di dissidenti, oppositori, mercenari,
prigionieri di coscienza, prigionieri politici ...?
- Un dissidente è colui che nega il suo precedente credo. Questo non è il caso
dei classici anticomunisti dell’esilio, ma degli ex-comunisti pro sovietici e
di altre tendenze ortodossi, da dove provengono Ricardo Boffil, Elizardo Sanchez
e Vladimiro Roca, autentici dissidenti. Questi scartano la violenza delle armi,
come le principali forze dell’attuale esilio anticastrista. Entrambi i gruppi
differiscono in quanto al
blocco, ma coincidono
nel loro desiderio di restaurare il capitalismo e furibondo anticastrismo, e per
ciò facilmente si identificano con gli Stati Uniti, con partiti e governi
europei e di altri paesi. Anche se alcuni si presentano come socialdemocratici,
l’asse ideologico dissidente si muove tra il centro e destra. Questi gruppi sono
piccoli e numerosi, dispersi e senza radici nella popolazione. E’ chiaro che, al
di là di ricevere denaro ed appoggio politico di Washington, hanno anche
convinzioni ideologiche, e tra loro possono trovarsi persone oneste, risentite
o confuse. Non hanno la base sociale di un sindacato Solidarnosc, né tra i loro
leader vi sono Walesa e Vaclav Havel. Non sono società civile, ma micro partiti
di opposizione. La manciata di prigionieri politici nelle sue file non è per i
reati "di coscienza", né per la semplice espressione di idee contrarie al
governo, ma per opporsi attivamente al sistema, in alleanza con gli Stati Uniti,
l'esilio classico e il vecchio anticomunismo europeo.
Che cosa li rende marginali nel consenso politico a Cuba?
- In primo luogo, essi non sono gli unici, né la principale voce critica nel
paese. Anche se non con la stessa risonanza esterna, vi è in corso un dibattito
politico all'interno e all'esterno delle istituzioni, su questioni come il
decentramento, le forme di proprietà non statali, i salari, i livelli di vita,
l'espansione degli spazi di libera espressione, l'applicazione della legge, la
democratizzazione delle istituzioni, comprese quelle politiche, il controllo
popolare della burocrazia. Gli oppositori non hanno alcun progetto coerente, ma
slogan ideologici. La sua mancanza di legittimità interna deriva dal sostegno
degli Stati Uniti (verificabile sul sito web del Dipartimento di Stato) e dei
partiti europei, e dalla loro alleanza con l'esilio. Le ambasciate all'Avana
conoscono e sanno che non rappresentano nessuna alternativa politica
percorribile, le reazioni internazionali e i titoli della grande stampa
rispondono più alle lotte elettorali e parlamentari che alla situazione
sull'isola.
Qualche possibilità di uscire da questo quadro...
- Vi è una logica perversa per cui Cuba deve pagare un tributo ogni volta che
gli USA fanno un leggero cambiamento, per esempio, autorizzare i viaggi dei
cubano-statunitensi. Se questa amministrazione ritiene la liberazione dei
cinque
cubani detenuti negli Stati Uniti, l'unica "carta di negoziazione" accettabile
per gli USA saranno i dissidenti condannati come "agenti di una potenza
straniera" (come li chiamano qui).
I dissidenti sono pedoni di questa scacchiera di potenza che
si affrontano. In un quadro tanto chiuso, è difficile supporre, per ora, un
cambio di trattamento nei loro confronti. Saranno gli stessi cubani che
decideranno se, oltre ad una istituzione democratica rinnovata, un modello
decentralizzato ed una economia mista, si avrà un'opposizione leale nel futuro
sistema socialista.