Perchè i media su Cuba continuano

ad essere scorretti?

 

 

4 marzo 2010 - di Gianni Minà - www.giannimina-latinameruca.it

 

 

E’ sempre triste la morte di un uomo, specie se qualcuno che doveva occuparsene non ha avuto abbastanza attenzione per quella vita umana.


Così la morte, dopo ottantacinque giorni di sciopero della fame, dell’operaio cubano
Orlando Tamayo Zapata, in carcere per vari reati comuni, ma anche per vilipendio dell’ex Presidente Fidel Castro, e che protestava per la condizione carceraria, ha dato adito sui nostri media a molti interrogativi sulla qualità della democrazia della Revolucion.


Le critiche, a mio parere, sono sempre legittime, anche quando capziosamente si dimentica, per esempio, che in Italia i suicidi di persone in carcere sono arrivati nel 2009 a cifre imbarazzanti e che da noi, come dimostra il caso di Stefano Cucchi, si può morire mentre si è in detenzione non solo per mancanza di adeguato soccorso, ma perchè “pestato” dalle cosiddette forze dell’ordine.


E questa evidentemente è un’abitudine nella nostra democrazia, se ancora adesso, nove anni dopo,  quella che un pubblico ministero ha definito “una notte di macelleria cilena”, convince la pubblica accusa, nel processo d’appello, a chiedere circa cento anni di carcere per i picchiatori in divisa. Presunte forze dell’ordine che, in quelle giornate infauste del G8 di Genova, repressero a sangue alla scuola Diaz e frantumarono le ossa di molti ragazzi inermi colpevoli solo di aver sfilato e protestato contro la logica spietata del neoliberismo.


Mi soffermo su questo dettaglio non banale perchè giovedì 25 febbraio questa sconcertante pagina della vita italiana avrebbe dovuto condividere, sui nostri media, lo spazio con il racconto della tragica fine di Orlando Tamayo Zapata, ma un solo giornale del mio paese, Il Manifesto, ha avuto la sensibilità e sentito il dovere di non dimenticare questo obbligo.


Il problema, antico, sta nell’onestà dell’informazione su Cuba e su tutti i paesi non convenienti per la loro politica agli interessi degli Stati Uniti e dell’Occidente.


Così, ancora una volta, non si è voluto spiegare, ricordare, da cosa nasce un caso come quello di Orlando Tamayo Zapata, che non era propriamente un dissidente, ma un cittadino da anni con qualche problema con la giustizia che è diventato via, via insofferente alla condizione carceraria fino ad accumulare diverse altre condanne.


Zapata, in prigione, si è accostato alle idee de
Las Damas en blanco che rappresentano una delle anime più ambigue della sparuta dissidenza cubana.


Il cattivo della storia è stato indicato però solo nel repressivo Stato cubano, anche se è noto fin dai tempi del Presidente USA Ronald Reagan che molte di queste associazioni controrivoluzionarie sono sovvenzionate da gruppi terroristici di Miami tese a mettere in atto una “strategia della tensione” continua nell’isola, perfino a discapito dell’opposizione possibile e seria alla Rivoluzione stessa, molte volte confusa e lacerata da questo assedio senza fine.


Per fare un esempio, tutti i giornalisti seri che hanno voglia di conoscere quello che succede e non quello che fa piacere al Dipartimento di Stato nordamericano, sanno (è facile trovarne testimonianza nella rete) che recentemente, in un processo che si svolgeva in Florida,
Santiago Alvarez, un vecchio terrorista al soldo della CIA, come Posada Carriles e Orlando Bosh, ha ammesso di essere uno dei sovvenzionatori de las Damas en blanco, alla cui leader, Marta Roque, faceva arrivare mensilmente un congruo malloppo di dollari. Essendo stato sorpreso con un’automobile piena di armi ed esplosivo si è scusato dicendo che quella “santabarbara” serviva per mettere in atto alcuni attentati a Cuba, ma ha anche rivelato che, per non interrompere questo flusso di denaro, Michael Parmly, ex responsabile dell’Ufficio di interessi degli Stati Uniti all’Avana, si era offerto di anticipare in prima persona il vitalizio alle “Dame in bianco”, in attesa che, proprio Santiago Alvarez, potesse farlo di nuovo personalmente. Una mossa generosa, anche se azzardata diplomaticamente, considerato che Santiago Alvarez è stato condannato a una pena di 4 anni, poi ridotta a 30 mesi.


Perchè, verificati questi antefatti, uno non dovrebbe dubitare del tipo di democrazia che gli Stati Uniti, da cinquant’anni, vorrebbero imporre a Cuba, incuranti delle vittime che, come Orlando Tamayo Zapata, queste strategie producono?


Nel 2003, per chi se lo fosse dimenticato, il governo di Bush Jr tentò la spallata finale alla Revolucion. Ci furono tre dirottamenti aerei nel giro di due settimane e un tentativo di sequestro del ferry boat di Regla, tentato, coltelli alla gola dei turisti, da un gruppo di presunti oppositori che volevano andarsene a Miami.Tre dei protagonisti di questo tentato sequestro furono condannati alla
pena capitale. Una sentenza estrema che interruppe la moratoria sulla pena di morte che la Revolucion rispettava da anni e che ha ripreso a rispettare dopo quella drammatica emergenza che mise in pericolo la sopravvivenza stessa della Rivoluzione.


Ci furono anche
settantacinque arresti di persone accusate di eversione. Cinquantatre sono ancora in carcere adesso.


Di questa dura intransigenza è sicuramente responsabile il governo dell’Avana, come lo è quello di Washington per le centinaia di scomparsi dovuti alle leggi antiterrorismo varate da Bush jr dopo l’11 settembre, e di cui riviste prestigiose, come The Nation, hanno chiesto più volte ragione allo stesso Bush senza ottenerla. Inoltre il governo degli Stati Uniti, ora diretto da Barack Obama, quando finirà di tenere in piedi questo stato d’assedio a Cuba che non ha nessuna giustificazione né politica né morale?


E quando il governo nordamericano la finirà di stanziare fondi (140 milioni di dollari nel 2008, 55 milioni nel 2009, malgrado la crisi economica) per favorire l’eversione a Cuba, violando il diritto di autodeterminazione di un popolo? Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera, si è recentemente stupito per il fatto che l’informazione che conta non affonda la sua critica più di tanto quando parla di Cuba, ma lo fa, invece, quando condanna per esempio le repressioni della giunta militare birmana.


Io non so quale sia l’etica di Pigi Battista, ma so qual è il prestigio sociale di cui gode Cuba presso tutti gli organismi internazionali e non ho mai sentito parlare di medici birmani che salvano la vita a poveri esseri umani del sud del mondo, dall’Africa all’Himalaya, ad Haiti, come fanno, invece, settantamila dottori cubani.


Ci vuole stomaco per sostenere certi argomenti, specie dopo aver magari dimenticato di scrivere anche solo una riflessione sull’ultimo massacro di civili  in Afghanistan, compiuto il 22 febbraio nella provincia di Uruzgan da un elicottero USA. Trentatrè vittime, tra cui donne e bambini, che tentavano di scampare dall’offensiva sferrata dalle truppe dell’Alleanza Atlantica contro i talebani, in teoria proprio per “proteggere” i civili. E ci vuole vero cinismo se magari, come ha fatto Battista, non si è spesa nemmeno una parola di sdegno per l’assassinio su commissione di uno dei fondatori di Hamas, Mahmoud Al- Mabouh, compiuto in un albergo di Dubai il 20 gennaio da un drappello di una decina di 007 israeliani che, per superare i controlli, hanno usato passaporti e carte di credito di cittadini europei, dopo averli rubati e clonati, tanto da suscitare “inquietudine e preoccupazione” da parte dell’Unione Europea.


Importante, per il Corriere della Sera, è stato solo deprecare l’immobilismo della Cuba di Raul Castro, che continua ad essere uguale a se stessa.


E’ singolare, però, che pochi si siano accorti come in questo caso siano gli Stati Uniti, invece, a non aver saputo cambiare politica, come ci si attendeva. Obama ha firmato il rinnovo di un anno dell’embargo a Cuba e il suo apparato, evidentemente prigioniero ancora delle logiche di Bush Jr, ha inserito, senza pudore, l’isola della Revolucion nell’elenco delle nazioni terroriste, nonostante abbia avuto tremila vittime per gli attentati organizzati in Florida e messi in atto nell’isola.


Un atteggiamento schizofrenico, che permette a Raul Castro di ricordare che a Cuba non è mai stato assassinato nessuno né, come ammette la stessa Amnesty International, torturato qualcuno o siano state praticate esecuzioni extragiudiziali. “A Cuba - ha sottolineato - si è torturato, però nella base navale nordamericana di Guantanamo, e non nel territorio governato dalla Rivoluzione”.

 

Cuba:un morto, i media

e gli speculatori

 

 

3 marzo 2010 - Norelys Morales Aguilera da islamiacu.blogspot.com traduzione ww.resistenze.org

 

 

Degli undici principi della propaganda nazista che oggi la dittatura mediatica delle multinazionali utilizza contro Cuba, il più evidente e reiterato è il Principio di Orchestrazione: la propaganda deve limitarsi ad un piccolo numero di idee e ripeterle instancabilmente, presentarle sempre sotto diverse prospettive, ma convergendo sempre sullo stesso concetto. Senza dubbi o incertezze.

 

Per funzionare all'unisono, la regola è non investigare, non domandare, solo riprodurre. Ma che cosa riproducono?

 

Una serie di concetti prestabiliti: "Cuba è una dittatura, uno stato totalitario, non c'è democrazia, i diritti umani sono violati, il sistema sta crollando, gli oppositori non dipendono dagli Stati Uniti, il denaro che arriva loro è legittimo, il regime è in bancarotta, la miseria del paese cubano, ecc.".

 

Sul caso Tamayo Zapata in particolare, non ci si deve chiedere chi era, bensì riprodurre ciò che lo possa trasformare in un "oppositore". Quello che per esempio fanno negli Stati Uniti con i carcerati lo ribaltano su Cuba (altro principio di Goebbels).

 

L'uomo aveva commesso dei crimini e quindi venne incarcerato, ma poi è stato manipolato, incoraggiato e incitato dai suoi profittatori a trasgredire gli ordini del penitenziario, dando finalmente la possibilità ai media di convertirlo in "dissidente" al quale era proibito di pensare, e trasformare il morto in "martire."

 

Per opporsi alla verità, le "democrazie", ipocrite rispetto a questi stessi argomenti, seguono la strategia di screditare il sistema cubano e mentre dipingono ad esempio la Spagna come un paese in guerra contro il "terrorismo", occultano i suoi crimini fascisti ancora impuniti. Nel caso degli Stati Uniti invece, le azioni poliziesche o la politica carceraria privatizzata viola i più elementari diritti umani, per non parlare delle prigioni segrete della CIA nella asettica Europa o a Guantánamo.

 

A seguito del decesso di Zapata Tamayo le prime notizie e i titoli diffusi dalle transnazionali dell'informazione hanno avuto il seguente andamento: su cento, 93 titoli provengono rispettivamente dalla Spagna (52 ) e dagli Stati Uniti (41). Nel caso della Spagna, di quei 52 titoli, 14 appartengono a El Pais, 12 a El Mundo e 12 a ABC. I restanti si distribuiscono tra altre nove testate.

 

Negli Stati Uniti, su 41 titoli, 24 sono stati pubblicati sulla stampa ispanica (11 di essi nel El Nuevo Herald ,7 nel Diario de las Américas) e 17 in quella anglosassone, ripartiti tra 5 media, benché solo The Miami Herald ne abbia pubblicati 11. Non è necessario spiegare quindi l’origine di queste notizie e a chi servono.

 

Questi dati testimoniano da dove e da quali gruppi di potere provengono gli attacchi mediatici contro Cuba e come si siano presi il lusso di divulgare false accuse e dare indicazioni all'esigua "dissidenza" formata da coloro che hanno venduto l’ anima al diavolo " per combattere il castrismo." (Ossia ritornare alla Cuba del 1959 ragione per la quale esiste tutta una cubanologia e una propaganda finanziata con i milioni dei contribuenti nordamericani che, tra le altre grossolane bugie, assicura che la dittatura di Fulgencio Batista era un buon governo).

 

Nel programma mattutino del 24 febbraio di Radio Nacional de España, tutti gli intervenuti al dibattito sulla morte del cittadino cubano hanno categoricamente affermato che Cuba era l'unica dittatura in America Latina e che la condizione delle sue prigioni è tanto disumana che alcuni carcerati si estraggono il sangue per farne sanguinacci da mangiare (la Colombia, in paragone, è un paradiso concepito dalla perfidia ).

 

Immaginiamo dunque l'effetto che ha questo tipo di messaggio così ben alterato su qualunque persona sottoposta al sistematico bombardamento di menzogne e manipolazioni riguardanti le violazioni dei diritti umani a Cuba, propagandate dai media transnazionali e con la servile complicità di istituzioni fondate per essere la "voce autorizzata" della menzogna corporativa.

 

Chi dovesse leggere Carlos Alberto Montañer potrà comprendere il contenuto dei messaggi, i discorsi e quello che già stavano tramando insieme ai mercenari sulla notizia della possibile morte che gli "analisti" già stavano anticipando; hanno poi dovuto sostenere anche altri, come Yoani Sánchez, affinché non rimanesse fuori della spartizione della torta, anche se ciò non ha impedito un nuovo ridicolo ed egocentrico "yoanísmo".

 

Montañer, radicato in Spagna, viziato e sovvenzionato anche dalla destra fascista spagnola, si è laureato a Fort Benning in Georgia, base militare diretta dalla CIA, specializzata in corsi di propaganda, attività sotto copertura, comunicazioni, spionaggio ed operazioni clandestine.

 

Prima però, a seguito di vari attentati terroristici perpetrati a L'Avana, scappò dalla giustizia cubana, utilizzando l'ambasciata degli Stati Uniti, quindi lo si può definire a tutti gli effetti un terrorista latitante. Il 4 febbraio questo signore "castrofobico", ha dichiarato a Panama di avere "la certezza che la dittatura dei fratelli Fidel e Raúl Castro a Cuba è nella sua fase finale".

 

Spacciato come analista, alcuni giorni dopo, in preparazione della morte del convertito oppositore, ha istruito i mercenari cubani dicendo che "la morte di Zapata colpirebbe la politica castrista".

 

Il fatto che una certa sinistra stia chiedendo spiegazioni a Cuba, in "casuale" coincidenza con il portavoce della Casa Bianca, deve richiamare alla riflessione sull'efficacia del bombardamento ideologico circa la possibilità del socialismo, in questa nuova aggressione dei media e profittatori al servizio degli Stati Uniti.

 

Caso Zapata. Basta con le

menzogne contro Cuba

 

 

2 marzo 2010 - A.Genovali www.italia-cuba.it/amicuba/amicuba.htm

 

 

Basta con le solite menzogne su Cuba.

 

Ieri è arrivata la notizia della morte in carcere per sciopero della fame, in realtà per una polmonite dovuta al suo stato fisico indebolito, di un sedicente “dissidente” tal Orlando Zapata Tamayo e questa notizia è bastata per alzare un polverone contro Cuba a prescindere dalla realtà. Noi adesso cerchiamo di ristabilire un po’ di verità.

 

Chi era Orlando Zapata?

 

Egli era un criminale comune, non uno dei “famosi” 75 dissidenti del 2003, che quando nel 2001, che dopo aver già fatto un bel po’ di carcere per reati come la detenzione di armi, atti osceni in luogo pubblico, lesioni a pubblico ufficiale, destabilizzazione dell’ordine pubblico ecc. ecc, è stato contattato dai controrivoluzionari di Miami. E dato che lui era un delinquente ma non uno stupido deve aver pensato che quello era un bel modo per fare un bel po’ di denaro. Inoltre, lui non aveva niente da perdere. Ma la sua indole di provocatore e violento non lo lascia e nel 2003 rientra in carcere ed è di nuovo protagonista di violenze contro i funzionari delle carceri che aggredisce fisicamente.

 

Il 18 dicembre del 2009 inizia uno sciopero della fame e rifiuta qualsiasi tipo di assistenza medica. Ma Cuba nonostante il suo diniego lo trasferisce prima nel centro di soccorso del carcere e poi in un ospedale di Camaguey e poi all’ospedale dei detenuti dell’Avana. Egli viene sottoposto alle analisi del caso e gli viene prestata tutta l’assistenza medica del caso fino alla sua scomparsa.

 

E questo fatto viene anche riconosciuto dalla madre Reyna Luisa Tamayo, che nel frattempo dal 2003 si è vincolata alla cosiddetta “dissidenza” e riceve denaro da fondazioni controrivoluzionarie che hanno la loro sede negli Stati Uniti e che hanno come scopo la caduta dell’attuale repubblica cubana anche attraverso attentati terroristici, tanto per essere chiari.

 

Il 3 di febbraio del 2010 egli ha un attacco di febbre che scompare dopo un giorno. Gli viene accertata una polmonite che viene curata con antibiotici e con tutte le terapie più avanzate. Quando la malattia degenera e colpisce entrambi i polmoni viene assistito con la respirazione artificiale fino a quando il suo cuore non regge più.

 

Noi non pensiamo che chi odia Cuba e la sua rivoluzione crederà a questo ma speriamo che questi signori credano almeno alla madre di Zapata che ha affermato che suo figlio è stato assistito al meglio.

 

Dopo di che a nessuno di questi signori, politici e giornalisti che odiano Cuba, frega niente che in Italia siano già morti da gennaio suicidi nelle patrie carceri almeno 10 persone. Perché questo imporrebbe una riflessione su noi stessi e sulla nostra democrazia che vogliamo invece nascondere e rimuovere.

 

Gli Stati Uniti poi dovrebbero solo stare zitti e vergognarsi della loro crudeltà contro Cuba ad iniziare dal più longevo e ingiusto blocco economico del mondo. Essi, inoltre, hanno ancora aperta l’aberrazione del lager di Guantanamo dove hanno torturato decine e decine di innocenti e che detengono illegalmente da 11 anni, in violazione dei loro diritti umani e dello stesso diritto statunitense e internazionale, 5 cubani che agivano per sventare attacchi terroristici contro Cuba organizzati dai contro rivoluzionari di Miami. Gli stessi che pagavano Zapata e che pagano ancora la madre del deceduto.

 

Ma come si sa per gli Stati Uniti e i media ruffiani che li sorreggono esiste un terrorismo buono, che difende gli interessi USA, che va difeso e sostenuto e uno cattivo, che va contro gli interessi USA, che va perseguito e distrutto.

 

Noi pensiamo, come i cubani, che il terrorismo è sempre un male che va combattuto e sradicato, affrontando anche i motivi per cui esso può essere sorto.

 

Ciò che  i media internazionali occultano:

Chi era Orlando Zapata

 

 

25 febbraio 2010 - Cubainformación

 

 

Orlando Zapata Tamayo, 42 anni, non fa parte dei mercenari che sono stati giudicati nel marzo 2003 (non è uno dei 75).

Stava scontando una pena di 25 anni di carcere, dopo essere stato giudicato, nel 2004, a tre anni, per Disordine Pubblico, Disobbedienza e Resistenza. La sua storia criminale è quella di un criminale comune.

Dal luglio 1990, fu processato e condannato più volte per reati comuni, tra i quali per disturbo della quiete, danni, resistenza, due episodi di frode, Esibizionismo, lesioni e detenzione di armi bianche. Nel compimento della reclusione, era stato punito più volte per Disordine nelle carceri e disubbidienza.


Nel 2001, si lega alla controrivoluzione, contattato tra altri mercenari da Oswaldo Paya Sardinas e Marta Beatriz Roque.

Nel 2003, fu nuovamente incarcerato e, a partire da allora, si rende protagonista di varie azioni violente, aggredendo fisicamente funzionari penitenziari. Ha ripetutamente rifiutato di mangiare il cibo della prigione e mangiava solo cibo ricevuto dalla sua famiglia.

Ha dichiarato uno sciopero della fame il 18 dicembre 2009, rifiutando di ricevere cure mediche. Tuttavia, è stato trasferito prima ai servizi sanitari del carcere, poi all'Ospedale Provinciale della città di Camaguey, e poi all’Ospedale Nazionale per Prigionieri di L'Avana.

In tutti i luoghi sopraccitati si sono condotti studi clinici e sono state fornite tutte l’assistenza medica necessaria compresa la cura intermedia ed intensiva ed alimentazione volontaria per parentale (endovenosa) ed enterale (mediante levin) e sono stati assicurati tutti i farmaci e trattamenti necessari fino alla sua morte, ciò che è stato riconosciuto dalla stessa madre.

Il 3 febbraio ha avuto febbre che scomparse entro 24 ore. Successivamente gli si diagnosticò una polmonite, che è stata trattata con antibiotici e procedimenti più avanzati. Alla compromissione di entrambi i polmoni, è stato assistito con la  respirazione artificiale fino alla sua morte.

Dopo essere stato incarcerato, la madre di Zapata Tamayo, Reyna Luisa Tamayo sivincolò alle attività di gruppi controrivoluzionari, da cui ha ricevuto soldi di organizzazioni controrivoluzionarie che operano nel territorio degli Stati Uniti come la
Fondazione Nazionale Cubano Americana.