Il traduttore si scusa per gli errori |
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18.03.11 - Juan Diego Nusa Peñalver www.granma.cu
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Tra le montagne di Trou D’Eau il cielo sembra si possa toccare con le mani. I giorni cominciano caldi e nebbiosi, ma le notti sono fredde. I quasi inaccessibili insediamenti riflettono un’esistenze umana molto povera, flagellata dalla mancanza assoluta di strade, assistenza medica, scuole o lavoro.
Appartenente alla comunità di Thomazeau, nel dipartimento Ovest, questa è la divisione amministrativa che comprende anche la distrutta capitale di Haiti , Port au Prince e qui il colera si trasmette soprattutto con l’acqua infettata.
Piccole pozze naturali o artificiali vengono usate per le necessità più perentorie, come bere, lavarsi e lavare gli scarsi vestiti, e ugualmente sono abbeveratoio per gli animali. Molti camminano a lungo per trovare questo liquido vitale.
Con l’arrivo dell’epidemia mortale si è incrementato il reclamo popolare d’avere un medico nel piccolo ospedale di Mohotiere, costruito nell’ottobre del 2009.
La Brigata Medica Cubana ha trasformato l’ospedale in un’unità di trattamento del colera e lì hanno salvato dalla terribile malattia almeno 2400 persone.
Delva Walrvo, un haitiano a lutto, ha detto che i medici stranieri visitano i pazienti solo nella chiesa di Noiyo, molto più in basso, ma non salgono sino a Trou D’Eau, Montale, Mohotiere, Denigó o Feso, perche temono la montagna.
Per rimediare a tutto questo la direzione della Brigata Medica cubana ha inviato in queste aride e desolate alture un gruppo d’investigazione attiva, che ha vistato le umili case di circa 15000 haitiani e riscattato dalla malattia 170 persone in meno di due mesi.
Questo gruppo è formato dal dottor José David Otavalo, dell’Ecuador, laureato nella Scuola Latinoamericana di Medicina de L’Avana e dagli infermieri Ricardo Otero, di Las Tunas; Tomás David Olivera, di Villa Clara; José Luis Arencibia, di Pinar del Río e il tecnico Alberto Moreno, di Artemisa, che hanno conquistato gli abitanti della zona di Trou D’Eau con il loro lavoro umanitario.
Sono andati avanti e indietro per sentieri di pietra, sotto il sole dei Carabi, con i modelli per la prevenzione, impartendo lezioni educative e consegnando gratuitamente le tavolette di cloro per disinfettare l’acqua e i sali d’idratazione, con l’obiettivo d’interrompere la catena dell’epidemia.
L’infermiere Ibrahim de la Rosa Aguilera, del municipio santiaguero di Contramaestre, se conosce a perfezione il creolo, la lingua locale, ed è divenuto indispensabile nel lavoro dei gruppi d’ investigazione attiva. Con il suo aiuto è stato possibile dialogare con i montanari e inoltre conosce bene gli haitiani dal 1999, quando venne ad Haiti nella sua prima missione.
“Conosco i medici cubani, che hanno sempre lavorato molto duramente e non hanno mai chiesto un centesimo; adesso sono anche quassù ad aiutarci, ed è una fortuna perchè molta gente ha problemi alle gambe e non può scendere al piano”, ha affermato Walrvo.
Confo Wiska, un altro abitante locale dice di sì, e ringrazia: “Per tanto sforzo fatto per risanare i nostri bambini, le donne e tutti”, dice.
Questi semplici paesani che spesso non sanno nè leggere, nè scrivere, seguono alla lettera le raccomandazioni dei medici cubani.
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