Il 30 maggio 2012 il famoso
giornalista USA Dan Rather
scriveva sul suo sito web
Dan Rather Reports: "Questo
giornalista è stato
informato che il presidente
venezuelano Hugo Chavez ha
un Rabdomiosarcoma
Metastatico, un tumore molto
aggressivo che è entrato
'nella
fase finale'" e aggiungeva "Chavez
ha lanciato la sua
candidatura per la
rielezione in Venezuela, ma
diverse fonti - tra cui
quella che ha rivelato il
tipo di cancro di cui soffre
- mi hanno detto che credono
che non é sicuro che il
dittatore sarà vivo per
vedere i
risultati".
"Non ci si aspetta che
Chavez viva più di un paio
di mesi al massimo"
affermava l'ex reporter
della catena televisiva
statunitense CBS.
Immediatamente, la macchina
mediatica internazionale
riproduceva la "notizia",
ricordando il curriculum
di Rather e la sua copertura
dell'assassinio Kennedy e il
caso Watergate. Le fonti
che osarono smentirlo erano
qualificate come
"ufficiali", mentre il
famoso reporter, che
esponeva la sua faziosità
chiamando "dittatore" il
Presidente venezuelano, era
degno di tutto il credito.
La cosa spiacevole è che,
non importa le bugie che
abbia detto, continuerà ad
esserci in quei media che
parteciparono, in modo
militante, nella campagna
elettorale venezuelana per,
cinque mesi dopo le
affermazioni di Rather,
dover accettare la
schiacciante vittoria
di Hugo Chavez.
Da
quel momento, i mezzi di
comunicazione in Caracas,
Madrid e negli Stati Uniti
non hanno smesso di lanciare
nuovi falsi allarmi, il più
recente dei quali - non
l'ultimo - è stata la
"morte" del leader della
Rivoluzione cubana Fidel
Castro.
Ancora una volta "fonti
degne di credito" hanno
speculato sulla salute di
Fidel, inventarono
situazioni familiari e
persino cercarono
testimoni medici
che dessero loro una
diagnosi: "Ictus".
Da Cuba, i quattro gatti che
organizza la Sezione di
Interessi all'Avana degli
Stati Uniti, come la
blogger
presumibilmente premiata per
fare buon giornalismo,
rilasciavano allegre
interviste sul tema per
svolgere il ruolo di
testimoni in situ assegnato
dai loro padroni.
Date le speculazioni sul suo
stato di salute, Fidel, con
l'astuzia di un buon
guerrigliero, ha lasciato
avanzare il nemico e gli ha
teso un'imboscata: "È bastato un
messaggio
ai laureati del primo corso dell’Istituto di Scienze Mediche "Victoria de
Girón"
per far sì che il pollaio della propaganda imperialista si eccitasse e
le agenzie di stampa si
lanciassero voraci dietro la
menzogna".
Poi li ha preso in giro con
un finale sterminatore: "Non mi ricordo
neanche di un mal di testa. Come testimonianza di quanto sono bugiardi,
offro le foto che accompagnano questo articolo".
Ancora una volta brillano i
media mainstream per la loro
militanza politica e ruolo
strumentale che non
permettono loro di fermarsi
un istante a riflettere se
stanno informando la verità.
Davanti al
messaggio del Comandante ai
medici cubani laureati nel
1962, nessuno dei grandi
media di comunicazione ha
ricordato l'etica della
Rivoluzione cubana, ferma
nella stessa definizione
data da Fidel di "non
mentire mai", né il percorso
di falsità originate negli
Stati Uniti
contro
Cuba.
Un "analista" di quelli che
guadagna a Miami per
insultare la Rivoluzione ha
voluto salvare la sua
reputazione dando la colpa
ai social network su
Internet.
Come se i tentativi di
assassinare il leader
cubano, sia fisicamente che
mediaticamente, non
risalgano a quasi
sessant'anni fa, quando la
rete delle reti era lontano
dall'esistere. Si
tenta così
di nascondere che
l'aggressione
dell'imperialismo e dei suoi
servitori contro un un
processo rivoluzionario
necessita di bugie come
alimento permanente.
Il tale
analista lo sa molto bene, è
stato lui uno di quelli che
- pagato dal governo
degli Stati Uniti - avvelenò
l'ambiente dei mezzi di
comunicazione della Florida
contro i
Cinque Eroi
cubani ingiustamente
condannati lì.
Fidel nel suo articolo
ricorda che un'altra
stupidaggine scandalosa di
una guerra che non é
cessata: "Tutto il mondo
ha creduto nell’aprile del 1961, alle notizie pubblicate dalle agenzie di
stampa sul fatto che invasori mercenari di Girón o Baia dei Porci, come la
si vuole chiamare, stavano giungendo a L’Avana quando in realtà alcuni di
loro cercavano
infruttuosamente di andare
in barca alle navi da guerra
degli yankee che li
scortavano".
Ma era impossibile vincere
nelle notizie la battaglia
che già avevano perso in
campo militare.
Per citare alcuni recenti
capitoli di questa guerra
psicologica, dalla "fase
finale" di Chavez, con cui
si cercava anche di
destabilizzare Cuba, sin
qui, i media - nel loro
tentativo di costruire loro
ciò che la realtà cubana non
gli fornisce
- hanno cercato di
convertire un
incidente stradale
in un assassinio politico,
una
festa alimentare
in sciopero della fame e un
fantasma delle reti in
polemista emigrato.
Cospirando irresponsabilmente
contro la loro credibilità,
sono passati di menzogna in
menzogna sino a questa nuova
stupidaggine, che per coloro
che hanno fatto dell'inganno
uno stile di vita, non
conosce fine.
De mentira en mentira hasta
el papelazo ¿final? (+
video)
Iroel Sánchez http://lapupilainsomne.jovenclub.cu/
El 30 de mayo de 2012 el
célebre periodista
norteamericano Dan Rather
decía en su sitio en
Internet Dan Rather Reports:
“A este reportero se le
informó que el presidente
venezolano Hugo Chávez tiene
un Rabdomiosarcoma
Metastásico, un cáncer muy
agresivo que ha entrado ‘en
su etapa final’”, y agregaba
“Chávez lanzó su candidatura
para la reelección en
Venezuela, pero varias
fuentes —incluyendo la que
reveló el tipo de cáncer que
padece— me dijeron que ellos
creen que es dudoso que el
dictador esté con vida para
ver los resultados”.
“No se espera que Chávez
viva más que un par de meses
a lo sumo“, afirmaba el
exreportero de la cadena de
televisión norteamericana
CBS. De inmediato, la
maquinaria mediática
internacional reproducía la
“noticia”, recordando el
curriculum de Rather y sus
coberturas del asesinato de
Kennedy y el caso Watergate.
Las fuentes que se
atrevieron a desmentirlo
fueron calificadas de “oficialistas”,
mientras que el famoso
reportero que exponía su
parcialidad, llamando
“dictador” al Presidente
venezolano, era digno de
todo crédito. Lo lamentable
es que, no importa las
mentiras que haya dicho, lo
seguirá siendo en esos
medios que participaron de
manera militante en la
campaña electoral venezolana
para, cinco meses después de
las afirmaciones de Rather,
tener que aceptar la
aplastante victoria de Hugo
Chávez.
De entonces acá, los medios
de comunicación asentados en
Caracas, Madrid y Estados
Unidos no han dejado de
lanzar nuevos bulos, el más
reciente de los cuales -que
no el último- ha sido la
“muerte” del líder de la
Revolución cubana Fidel
Castro. Otra vez “fuentes
dignas de todo crédito”
especularon con la salud de
Fidel, inventaron
situaciones familiares y
hasta buscaron testimonios
médicos que les dieran un
diagnóstico: “embolia masiva”.
Desde Cuba, los cuatro gatos
que organiza la Sección de
Intereses de Estados Unidos
en La Habana -como la
bloguera supuestamente
premiada por hacer buen
periodismo- daban alegres
entrevistas sobre el tema
para cumplir el papel de
testigos in situ asignado
por sus amos.
Ante las especulaciones
sobre su estado de salud,
Fidel, con la astucia del
buen guerrillero, dejó
avanzar al enemigo y le
tendió una emboscada: ”Bastó
un mensaje a los graduados
del primer curso del
Instituto de Ciencias
Médicas “Victoria de Girón”,
para que el gallinero de
propaganda imperialista se
alborotara y las agencias
informativas se lanzaran
voraces tras la mentira”.
Luego se burló de él con un
final exterminador: “No
recuerdo siquiera qué es un
dolor de cabeza. Como
constancia de cuan
mentirosos son, les obsequio
las fotos que acompañan este
artículo”.
Otra vez brillan los grandes
medios de comunicación por
su militancia política y
papel instrumental que no
les permite detenerse un
instante a meditar si están
informando la verdad. Ante
el mensaje del Comandante a
los médicos cubanos
graduados en 1962, ningún
gran medio de comunicación
recordó la ética de la
Revolución cubana, asentada
en la propia definición dada
por Fidel de “no mentir
jamás”, ni tampoco la
trayectoria de falsedades
originadas en Estados Unidos
contra Cuba. Un “analista”
de los que cobra en Miami
por insultar a la Revolución
ha querido salvar su
reputación culpando a las
redes sociales en Internet.
Como si los intentos de
asesinar al líder cubano
-tanto física como
mediáticamente- no se
remontaran casi sesenta años
atrás cuando la Red de redes
estaba muy lejos de existir.
Se intenta así esconder que
la agresión del imperialismo
y sus servidores contra un
proceso revolucionario
necesita de la mentira como
un alimento permanente. El
tal analista lo sabe muy
bien, fue él uno de los que
-pagado por el gobierno
norteamericano- envenenó
desde los medios de
comunicación de La Florida
el ambiente contra los Cinco
héroes cubanos injustamente
condenados allí.
Fidel en su artículo
recuerda otro papelazo
escandaloso de una guerra
que no ha cesado: “Todo el
mundo creyó, en abril de
1961, las noticias
publicadas por las agencias
cablegráficas acerca de que
los invasores mercenarios de
Girón o Bahía de Cochinos,
como se le quiera llamar,
estaban llegando a La Habana,
cuando en realidad algunos
de ellos trataban
infructuosamente de llegar
en botes a las naves de
guerra yankis que los
escoltaban”. Pero era
imposible ganar en las
noticias la batalla que ya
habían perdido en el terreno
militar.
Por citar algunos capítulos
recientes de esa guerra
sicológica, desde “la etapa
final” de Chávez, con la que
también se pretendía
desestabilizar a Cuba, hasta
acá, los medios –en su afán
por construir ellos mismos
lo que la realidad cubana no
les provee- han intentado
convertir un accidente de
tránsito en asesinato
político, un festín
alimentario en huelga de
hambre y un fantasma de las
redes en polemista emigrado.
Conspirando
irresponsablemente contra su
credibilidad, han ido de
mentira en mentira hasta
este nuevo papelazo que,
para quienes han hecho del
engaño un modo de vida, no
conoce el final. (Publicado
en CubAhora)
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