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L'inventiva conduce al discredito |
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29.01.12
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Fernando Rojas http://cambiosencuba.blogspot.com/
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Dobbiamo riconoscerlo: l'industria dell' "anticastrismo" diventa più creativa. In tal modo, però, riesce solo a dimostrare il suo completo fallimento. In primo luogo, perché l'inventiva si basa solo sull'incremento delle finanze per la sovversione a Cuba, che provengono dai contribuenti nordamericani ed europei. In secondo luogo, perché l'unica strada che gli é rimasta è quella di costruire un'opposizione inesistente e intellettuali senza qualificazione, così loro capitani hanno dovuto affinare l'ingegno per ottenere tale costruzione.
Tutti i "casi" che ha
manipolato
l'avversario storico della Rivoluzione, con il contributo delle
grandi agenzie di stampa, vede come protagonisti pochissime persone indotte
alla "dissidenza" per soldi o altri incentivi per quei
pseudo-intellettuali, che sono, al tempo stesso, l'unico veicolo
possibile per diffondere le loro "proteste". La grande stampa, ogni volta con meno fortuna, va misurando la possibilità di ricollocare l'agenda anticubana diventata, per decenni, un luogo comune nelle colonne, news ed editoriali. Questa agenda vende e allo stesso tempo risponde ai dettami delle grandi imprese capitaliste sconfitte a Cuba. I media esaminano Cuba con una lente d'ingrandimento e si servono di giornalisti, maturati col carburo, che postano, con una larghezza di banda inaccessibile al comune cubano, il più piccolo tentativo di qualsiasi delinquente o il disaccordo di qualsiasi cittadino, manipolandoli come atti contro l'ordine costituzionale. Spesso, questi stessi "giornalisti" consigliano sulle "azione civiche" da intraprendere.
Quando non l'ottengono, inventano
incidenti. Nessuno li conosce, né li legge a Cuba. Tutti i "grandi eventi"
narrati nei loro blog e commentari hanno luogo esclusivamente
nei media. Così, ogni volta che la grande stampa li replica,
quasi sempre con El Nuevo Herald come veicolo oggettivamente
interessato, ciò
minaccia la loro stessa credibilità.
Yoani Sanchez,
Orlando Zapata,
Dame in Bianco,
Ernesto Hernández
Busto
e, più recentemente,
Wilman Villar
hanno in comune che né
gli uni sono intellettuale, né gli altri oppositori. Sono assolutamente sconosciuti a Cuba,
perché mancano di una reale attività intellettuale o un'attività politica
sostanziale, a seconda dei casi. Saltano alla fama
con il supporto unico e potente della politica aggressiva contro Cuba
e, a parte che ciò non non è di nessun avallo ma piuttosto il
contrario, quella fama non dà la minima garanzia d'influenza
all'interno di Cuba.
Nel frattempo, la Cuba reale, la stragrande maggioranza dei suoi
cittadini, va in altra direzione. Di questo, la grande stampa
riconosce solo il processo di riforme, tra l'altro, dando un
cambio di centottanta gradi nelle sue riflessioni, rispetto a quanto commentava
appena qualche
mese fa: in meno di una settimana le agenzie passarono, senza
transizione alcuna, dallo schiamazzare la "lentezza" o "assenza" delle riforme
a contabilizzarle in più di trecento. Il resto della vita quotidiana,
segnata necessariamente da questi cambiamenti - o riforme, se così
piace ai
lettori - ma anche dalla stessa vocazione secolare d'indipendenza e
sovranità, rimane occulto alla maggior parte dei corrispondenti e
degli analisti, che persistono nel giocare la carta di pesare e
ancora sostenere l'agenda dei pochi, che non sono esattamente
gli umili né gli oppressi. Non possono esserlo, se nuotano nell'argento,
nei media ed in influenza fuori da Cuba.
Le legittime preoccupazioni e con
crescente espressione nei dibattiti
pubblici e sulla rete, si riferiscono alle reali opportunità che
può avere il capitalismo, non ad opera o per grazia di screditati mercenari, ma
per l'effetto combinato di corruzione e di conseguenze indesiderabili
dei cambiamenti in atto. È questo l'ordine del giorno di una vera posizione
anticapitalista e libertaria nella Cuba di oggi. E non ha niente a che fare
con il lavoro dei mercenari e dei mezzi a loro disposizione o
servizio. Al contrario, denunciarli e rendere evidente il loro
compiuto discredito
e disperazione - che è anche quello dei datori di lavoro - diventa una
condizione necessaria per il corso di una discussione più ampia
delle nostre inquietudini e il destino delle misure approvate dal
Partito, dopo discussione pubblica, che si ripete ogni giorno, in
qualsiasi scenario.
Ancora una volta, a Cuba coincide il patriottismo e
la vocazione socialista.
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