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Per
la volontà comune della Nazione Cubana
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16.10.2012 - www.granma.cu
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Nel caso di Cuba, il
La sua manipolazione ha avuto l’obiettivo di seminare confusione nell’opinione pubblica internazionale e nel nostro popolo. Non sono state poche le vittime, e ci sono stati anche dei morti per via delle drammatiche situazioni generate, a partire dalla politicizzazione da parte dei nemici di Cuba in questa sensibile questione.
È per questo che qualsiasi analisi si faccia della problematica migratoria cubana, si passa inesorabilmente per la politica di ostilità che il governo degli Stati Uniti ha sviluppato contro il paese da più di 50 anni. L’applicazione di un’illegale e assassino blocco economico e il tentativo di costruire un’opposizione interna con azioni sovversive, con l’utilizzo di agenti pagati, sono state le tre componenti essenziali.
Questa politica ha incluso campagne medianiche e ‘furto dei cervelli’, attentati di terroristi, sabotaggi e aggressioni di ogni genere.
La politica migratoria di Cuba, in tutti questi anni di Rivoluzione, si è basata nel riconoscimento del diritto dei cittadini di viaggiare, di emigrare o di risiedere all’estero e con la volontà di favorire le relazioni tra le nazione e la sua emigrazione. Nello stesso tempo è stato fondamentale il legittimo diritto di difenderci dall’aggressività di Washington. Le disposizioni per regolare il flusso migratorio del paese sono state adottate nel mezzo di circostanze imposte dalle aggressioni che in questa sfera sono state implementate dalle differenti amministrazioni nordamericane, con lo stimolo dei loro alleati a Miami.
Come ha detto il Presidente Raúl Castro nella chiusura dell’ 8º Periodo Ordinario di Sessioni dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, il 23 dicembre 2011 “... non possiamo dimenticare che siamo il solo paese al mondo ai cui cittadini si permette di assentarsi e lavorare nel territorio degli Stati Uniti senza visto di alcun tipo .. in virtù della criminale legge di ‘Ajuste Cubano’... e della politica dei ‘piedi asciutti, piedi bagnati’, che favorisce il traffico delle persone ed ha provocata la morte di numerosi innocenti”.
Dall’inizio stesso della Rivoluzione, il nostro paese è stato vittima dello spoglio indiscriminato dei suoi professionisti: più della metà dei 6000 medici su cui contavamo in quel momento emigrarono, soprattutto negli USA. Un gran numero dei migliori ingegneri e tecnici fu stimolato ad emigrare con il proposito d’impedire lo sviluppo economico e sociale della nazione. A queste azioni si è sommato poi, tra l’altro, il programma dei visti per i professionisti della salute cubani, implementati da Washington nel 2006 con simili obiettivi.
È per questo che sino a che persistono le politiche che favoriscono il ‘furto dei cervelli’ indirizzato a spogliarci delle risorse umane imprescindibili per lo sviluppo economico, sociale e scientifico del paese, Cuba sarà obbligata a mantenere misure per difendersi su questo fronte.
La doppia morale e il carattere disumano di questa politica che stimola da un lato l’uscita illegale dal paese e dall’altro ostacola la possibilità di emigrare in maniera legale, ordinata e sicura, ha avuto la chiara intenzione di trasformare i cubani che desiderano stabilirsi in altri paesi, in presunti oppositori politici e in un fattore di destabilizzazione interna.
Come conseguenza di questa irrazionale e irresponsabile politica, in tutti questi anni si sono verificate varie crisi migratorie: Camarioca nel 1965, Mariel nel 1980, e la “crisi delle zattere”del 1994.
Nonostante tutto questo, Cuba ha mostrato la sua permanente disposizione di cooperare alla ricerca di soluzioni ragionevoli per questo complesso problema ed ha lavorato fortemente per normalizzare le relazioni con i suoi emigrati, favorendo le vie per un’emigrazione ordinata e sicura e per facilitare i viaggi dei cittadini all’estero per temi personali.
Le nuove misure migratorie annunciate per decisione sovrana dello Stato cubano, non costituiscono un fatto isolato, ma s’iscrivono nel processo irreversibile della normalizzazione delle relazioni dell’emigrazione con la Patria.
La stragrande maggioranza dei cubani che risiedono in più di 150 paesi, mantengono vincoli stabili con la loro Patria e con le loro famiglie, si oppongono al blocco e non desiderano l’applicazione d’una politica aggressiva contro il loro paese d’origine.
Accomiatandosi da sua Santità Benedetto XVI, il 28 marzo scorso, il Presidente Cubano ha detto: “Riconosciamo il contributo patriottico dell’emigrazione cubana, dall’apporto decisivo alla nostra indipendenza, dei lavoratori del tabacco di Tampa e di Cayo Hueso e di tutti coloro che sono stati un sostegno per i desideri di José Martí, sino a chi si oppone oggi a quelli che attaccano Cuba e manipolano il tema migratorio con fini politici. Abbiamo realizzato prolungati sforzi verso la normalizzazione piena delle relazioni di Cuba con la sua emigrazione, che prova amore per la Patria e per le famiglie e persistiamo in questo per la volontà comune della nostra Nazione.
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