L'immagine
del
presidente
cubano Raul
Castro che
assume, a
Santiago del
Cile, la
presidenza
della
CELAC,
la Comunità
di Stati
Latinoamericani
e dei
Caraibi, è
certamente
un simbolo
dei nuovi
tempi
che vive la
regione.
Ma la destra
politica e
mediatica
internazionale
sono restii
ad assumere
con
normalità
questo nuovo
scenario, e
hanno
scatenato
una nuova
offensiva
internazionale
contro Cuba
(1).
Il
discorso
di Raul
Castro
non ha
lasciato
alcun dubbio
sul ruolo
che dovrebbe
svolgere la
CELAC,
organismo
recentemente
creato che,
per la prima
volta,
rappresenta
gli Stati
del
continente
senza la
presenza
degli Stati
Uniti e del
Canada:
"Andiamo
costruendo,
nella dura
realtà,
faticosamente,
l'ideale di
una America
Latina e
Caraibi
diversa, ma
unita in uno
spazio
comune
d'indipendenza
politica, di
controllo
sovrano
sulle nostre
enormi
risorse
naturali.
(...) Le
transnazionali,
soprattutto
nord
americane,
non
rinunceranno
al controllo
delle
risorse
energetiche,
idriche e
minerali
strategiche
in via di
esaurimento"(2).
Giornali
economici di
tutto il
mondo
affrontarono
con
preoccupazione
la
designazione
di Cuba come
presidente
della CELAC:
The
Financial
Times
arrivava a
qualificarla
come
"tragica"
(3).
Per il
quotidiano
spagnolo
El País,
era
"sfortunata"
la
"designazione
come (...)
presidente
(della CELAC)
(...)
dell'unico
leader non
eletto, Raul
Castro"
ignorando -
nella sua
abituale
linea - il
sistema
democratico
- elettorale
cubano
(4).
Un altro
quotidiano
spagnolo, El
Mundo
pubblicava
un
editoriale
dall'imperativo
titolo "Cuba
non dovrebbe
presiedere
l'unione
americana".
E - nel più
puro
stile neo
coloniale -
dava la
ricetta
perfetta per
isolare
questo
paese:
"L'ideale
sarebbe che
(i governi
dell'America
Latina)
applicassero
la Posizione
Comune
dell'Unione
Europea, che
condiziona
il dialogo
con l'isola
alla
promozione
della
democrazia".
El
Mondo non
solo propone
applicare in
America
Latina il
regime
europeo di
sanzioni a
Cuba:
criticava
anche il
governo di
destra del
Cile,
anfitrione
del Vertice,
per essersi
lasciato
"sequestrare
dalla lega
bolivariana,
guidata dal
Venezuela",
e accettare
"un'inammissibile
concessione
al regime
dell'Avana"(5).
Questo
rimprovero
al presunto
"tradimento"
del
presidente
cileno, il
magnate
Sebastián
Piñera, è
diventato
argomento
comune di
conversazione
alla radio e
ai programmi
televisivi
di tutta
l'America
Latina (6).
Sfruttando
l'arrivo in
Cile di Raul
Castro, il
partito di
destra
cileno
Unione
Democratica
Indipendente
(UDI)
realizzava
una protesta
di fronte
all'ambasciata
di Cuba a
Santiago e
cercava di
consegnare
una lettera
presso la
sua sede
(7).
L'UDI è una
delle forze
politiche
che
sostengono
il governo
di Sebastián
Piñera e
sorse dagli
stessi ceti
della
dittatura di
Augusto
Pinochet.
I
grandi media
hanno dato
ampio spazio
ai suoi
leader per
spiegare la
loro
protesta
contro il
Governo
cubano:
accusato di
ospitare
sull'isola,
da anni,
alcuni
membri del
Fronte
Patriottico
Manuel Rodriguez,
che
presumibilmente
avrebbero
giustiziato,
nel 1991, il
senatore e
fondatore di
quel
partito,
Jaime Guzman
(8).
Guzman
partecipò
alla stesura
della
Costituzione
pinochettista
del 1980 e
fu uno degli
ideologi
della Giunta
militare
golpista,
responsabile
- ricordiamo
- di oltre
3000 morti e
più di 37000
casi di
tortura (9).
Curiosamente
questo
partito nato
dalla
dittatura
cilena, l'UDI,
pubblicava
un manifesto
sui
principali
quotidiani
del paese in
cui definiva
Raul Castro
come "uno
dei
principali
dittatori
del mondo
occidentale"
e lo
accusava di
ospitare i
"terroristi"
(10).
Un altro
gruppo filo
Pinochet, la
"Corporazione
11
settembre",
riusciva
anche ad
attirare i
media con la
presentazione
di una
querela
giudiziaria
contro Raul
Castro, in
cui giungeva
a richiedere
il suo
arresto in
Cile (11).
Naturalmente,
nessuno dei
mezzi di
comunicazione
che hanno
trasformato
questi show
in notizia
hanno
ricordato
che, da
decenni, si
reclamano al
governo USA
la
consegna
di assassini
legati alla
dittatura di
Pinochet che
oggi
risiedono a
Miami.
Questo è il
caso di
Michael
Townley,
colpevole
confesso
degli
omicidi, tra
gli altri,
dell'ex
ministro
Orlando
Letelier
e Ronni
Moffitt sua
collaboratrice,
nel
1976(12).
La massiccia
presenza dei
media
nell'atto
dell'UDI
davanti
all'ambasciata
di Cuba a
Santiago del
Cile
contrasta
con la nulla
copertura
informativa
di altri
atti di
protesta
davanti
all'ambasciata
USA della
stessa
città.
Il
Collettivo
cileno di
Solidarietà
con Cuba "Gladys
Marín", per
esempio,
consegnava
il 12
settembre
2011 una
lettera,
all'ambasciata
USA,
chiedendo ad
Obama la
liberazione
dei
cinque
cubani che
da più di 14
anni sono
nelle
prigioni
degli Stati
Uniti, senza
che
un singolo
giornale o
telegiornale
dia la
notizia
(13).
Precisamente,
un nutrito
gruppo di
persone
solidarie
con Cuba
accorreva
anche alla
sede
diplomatica
cubana e si
collocava di
fronte ai
politici
dell'UDI per
dare il loro
sostegno al
governo
cubano.
Il
differente
trattamento
della
polizia dato
a ciascuna
delle
concentrazioni
era riflesso
solo dal
canale
televisivo
iraniano
Hispan TV.
"Le simpatie
della
polizia sono
chiare:
armature e
caschi per i
sostenitori
di Cuba, e
abiti estivi
per i suoi
avversari"
(14).
Per smorzare
il
protagonismo
di Cuba
nella
riunione del
Cile, alcuni
media
ricorrevano
alle più
infantili
invenzioni.
Una scena da
corridoio
nel vertice
CELAC-UE è
stata
narrata da
molti
giornalisti
come un
presunto
rifiuto del
saluto della
cancelliera
tedesca
Angela
Merkel al
presidente
cubano Raul
Castro (15).
Naturalmente,
i detti
media non si
sono
preoccupati
di guardare
il sito web
del Governo
tedesco in
cui
apparivano
entrambi i
leader
chiacchierando
amichevolmente
(16).
E' che
alcuni
fattori del
potere
mondiale, in
particolare
i grandi
mezzi di
comunicazione,
non hanno
ancora
compreso i
cambiamenti
nel panorama
politico
latino
americano
degli ultimi
dieci anni
ed, in
particolare,
il ruolo
svolto da
Cuba in
essi.
Alcuni media
che hanno
presentato
per anni
l'ex
presidente
brasiliano,
Luiz Inacio
Lula da
Silva,
come esempio
di una
sinistra
ragionevole,
dovrebbero
utilizzare
le sue
riflessioni
per capire
qualcosa di
ciò che
accade.
Lula lo ha
sintetizzato
alcuni
giorni fa a
L'Avana:
"Cuba ha un
significato
speciale per
tutti noi
come latino
americani, e
anche per
coloro che
sono contro
la
Rivoluzione
cubana.
La forza
morale
costruita da
questo
popolo, in
difesa della
sua dignità
e sovranità
fa che
incluso
coloro che
non
simpatizzano
con Cuba
rispettano
la forza
morale del
popolo
cubano e del
Governo
cubano
"(17).
Raúl Castro
al frente de
CELAC: Un
símbolo para
censurar
José
Manzaneda
La imagen
del
presidente
cubano Raúl
Castro
asumiendo,
en Santiago
de Chile, la
presidencia
de la CELAC,
la Comunidad
de Estados
Latinoamericanos
y Caribeños,
es sin duda
un símbolo
de los
nuevos
tiempos que
vive la
región. Pero
la derecha
política y
mediática
internacional
se resiste a
asumir con
normalidad
este nuevo
escenario, y
ha desatado
una nueva
ofensiva
internacional
contra Cuba
(1).
El discurso
de Raúl
Castro no
dejó duda
sobre el
papel que
deberá jugar
la CELAC,
órgano de
reciente
creación que,
por primera
vez,
representa a
los estados
del
continente
sin la
presencia de
Estados
Unidos y
Canadá:
“Vamos
construyendo,
en la dura
realidad,
trabajosamente,
el ideal de
una América
Latina y
Caribe
diversa,
pero unida
en un
espacio
común de
independencia
política, de
control
soberano
sobre
nuestros
enormes
recursos
naturales.
(…) Las
trasnacionales,
fundamentalmente
norteamericanas,
no
renunciarán
al control
de los
recursos
energéticos,
hídricos y
minerales
estratégicos
en vías de
agotamiento”
(2).
Periódicos
de negocios
de todo el
mundo
abordaban
con
preocupación
la
designación
de Cuba como
presidenta
de la CELAC:
The
Financial
Times la
llegaba a
calificar
como
“trágica”
(3).
Para el
periódico
español El
País, era
“desafortunada”
la
“designación
como (…)
presidente
(de la CELAC)
(…) del
único líder
no electo,
Raúl
Castro”,
ignorando
–en su línea
habitual- el
sistema
democrático-electoral
cubano (4).
Otro diario
español, El
Mundo
publicaba un
editorial de
título
imperativo:
“Cuba no
debe
presidir la
unión
latinoamericana”.
Y –al más
puro estilo
neocolonial-
daba la
receta
perfecta
para aislar
a este país:
“Lo ideal
sería que (los
gobiernos de
América
Latina)
aplicaran la
Posición
Común de la
Unión
Europea, que
condiciona
el diálogo
con la Isla
a la
promoción de
la
democracia”.
El Mundo no
solo
proponía
aplicar en
América
Latina el
régimen
europeo de
sanciones a
Cuba:
criticaba
incluso al
gobierno
derechista
de Chile,
anfitrión de
la Cumbre,
por haberse
dejado
“secuestrar
por la liga
bolivariana,
encabezada
por
Venezuela”,
y aceptar
“una
inadmisible
concesión al
régimen de
La Habana”
(5).
Este
reproche a
la supuesta
“traición”
del
presidente
chileno, el
magnate
Sebastián
Piñera, se
convertía en
argumento
común de
tertulias de
radio y
programas de
televisión
de toda
América
Latina (6).
Aprovechando
la llegada a
Chile de
Raúl Castro,
el partido
derechista
chileno
Unión
Demócrata
Independiente
(UDI)
realizaba
una protesta
ante la
Embajada de
Cuba en
Santiago e
intentaban
entregar una
carta en su
sede (7). La
UDI es una
de las
fuerzas
políticas
que apoyan
al gobierno
de Sebastián
Piñera y
surgió de
los propios
estamentos
de la
dictadura de
Augusto
Pinochet.
Grandes
medios daban
un notable
espacio a
sus líderes
para
explicar su
protesta
contra el
Gobierno
cubano: le
acusa de
acoger en la
Isla, desde
hace años, a
varios
militantes
del Frente
Patriótico
Manuel
Rodríguez
que,
supuestamente,
habrían
ajusticiado
en 1991 al
senador y
fundador de
dicho
partido,
Jaime Guzmán
(8). Guzmán
participó en
la redacción
de la
Constitución
pinochetista
de 1980 y
fue uno de
los
ideólogos de
la Junta
Militar
golpista,
responsable
–recordemos-
de más de
3.000
muertes y
más de
37.000 casos
de tortura
(9).
Curiosamente,
este partido
nacido de la
dictadura
chilena, la
UDI,
publicaba un
manifiesto
en los
principales
periódicos
del país, en
el que
calificaba a
Raúl Castro
como “uno de
los
principales
dictadores
del mundo
occidental”
y le acusaba
de amparar a
“terroristas”
(10).
Otro
colectivo
pinochetista,
la
“Corporación
11 de
Septiembre”,
conseguía
también
atraer a los
medios en la
presentación
de una
querella
judicial
contra Raúl
Castro, en
la que
llegaba a
solicitar su
detención en
Chile (11).
Por supuesto,
ninguno de
los medios
que
convirtieron
estos shows
en noticia
mencionaron
que, desde
hace décadas,
se viene
reclamando
al Gobierno
de Estados
Unidos la
entrega de
asesinos
vinculados a
la dictadura
de Pinochet
que hoy
residen en
Miami. Es el
caso de
Michael
Townley,
culpable
confeso de
los
asesinatos,
entre otros,
del
exministro
chileno
Orlando
Letelier y
su
colaboradora
Ronni
Moffitt, en
1976 (12).
La amplia
presencia de
medios en el
acto de la
UDI frente a
la Embajada
de Cuba en
Santiago de
Chile
contrasta
con la nula
cobertura
informativa
de otros
actos de
protesta
ante la
embajada de
EEUU de la
misma ciudad.
El Colectivo
chileno de
Solidaridad
con Cuba
“Gladys
Marín”, por
ejemplo,
entregaba el
12 de
septiembre
de 2011 una
carta en
dicha
embajada,
solicitando
a Obama la
libertad de
los cinco
cubanos que
llevan más
de 14 años
en prisiones
de EEUU, sin
que un solo
diario o
informativo
de
televisión
cubriera la
noticia
(13).
Precisamente,
un nutrido
grupo de
personas
solidarias
con Cuba
acudía
también a la
sede
diplomática
cubana y se
colocaba
frente a los
políticos de
la UDI, para
dar su apoyo
al Gobierno
cubano. El
diferente
tratamiento
policial
dado a cada
una de las
concentraciones
era
reflejado
solo por el
canal iraní
Hispan TV.
“Las
simpatías
policiales
son claras:
armaduras y
cascos para
los
partidarios
de Cuba, y
trajes de
verano para
sus
oponentes”
(14).
Para empañar
el
protagonismo
de Cuba en
el encuentro
de Chile,
algunos
medios
recurrían a
los inventos
más
infantiles.
Una escena
de pasillo
en la Cumbre
CELAC-Unión
Europea era
narrada por
numerosos
periodistas
como una
supuesta
retirada de
saludo de la
canciller de
Alemania
Ángela
Merkel al
presidente
cubano Raúl
Castro (15).
Por supuesto,
estos medios
ni se
molestaron
en mirar la
web del
Gobierno
alemán,
donde
aparecen
ambos
mandatarios
charlando
amistosamente
(16).
Y es que
algunos
factores de
poder
mundial,
especialmente
los grandes
medios de
comunicación,
no acaban de
entender los
cambios en
el escenario
político
latinoamericano
de la última
década y,
sobre todo,
el papel que
ha tenido
Cuba en
ellos.
Algunos
medios que
han
presentado
durante años
al
expresidente
brasileño
Luiz Inácio
Lula da
Silva como
ejemplo de
la izquierda
sensata,
deberían
recurrir a
sus
reflexiones
para
entender
algo de lo
que ocurre.
Lula lo
resumía hace
unos días en
La Habana:
“Cuba sí
tiene un
significado
especial
para todos
nosotros
como
latinoamericanos,
e incluso
para los que
están en
contra de la
Revolución
cubana. La
fuerza moral
construida
por este
pueblo, en
defensa de
su dignidad
y su
soberanía
hace que
inclusive
los que no
simpaticen
con Cuba
respeten la
fuerza moral
del pueblo
cubano y del
Gobierno
cubano”
(17).
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