Manipolazione USA della questione migratoria cubana


Dal paradosso all'anacronismo

 

 

10/11.01.2013  - Ileana Sorolla Fernandez www.granma.cubaweb.cu

 

 

Il tema migratorio è probabilmente il più antico dentro l'evoluzione del conflitto bilaterale USA-Cuba dopo il 1959. Fin dal 1 gennaio di quell'anno, la politica migratoria nei confronti di Cuba è stata convertita dal governo degli Stati Uniti in strumento della sua politica ostile, utilizzato per promuovere la destabilizzazione interna del paese e screditare il processo rivoluzionario cubano.

Gli Stati Uniti inseriscono il trattamento del tema migratorio con Cuba nello schema della Guerra Fredda, che segue il modello descritto come effetto della "pentola a pressione". E' stato applicato mediante una politica migratoria delle porte aperte, che ha inizio il 1 gennaio 1959 con una ricezione, senza condizione, di un'emigrazione compromessa con il regime di Batista e gli interessi degli Stati Uniti a Cuba, e si amplia, negli anni successivi, con leggi e regolamenti che ammettono, in modo rapido, le persone di origine cubana che arrivano negli Stati Uniti per vie illegali.

Sia il processo migratorio Cuba - Stati Uniti, come gli immigrati cubani in quel paese, si convertono, da allora, in obiettivi della politica statunitense, approfittando della composizione di classe sociale e motivazionale prevalente in questa prima emigrazione.

Le norme di legge che la supportano, si basano principalmente sulla "Legge per regolare lo status dei rifugiati cubani a quello dei residenti permanenti legali degli Stati Uniti e per altri scopi", Legge Pubblica 89-732 (HR. 15183), nota come
Legge di Aggiustamento Cubano, del 2 novembre 1966, che è tuttora in vigore ed è stata integrata da altre leggi, decisioni esecutive, disposizioni amministrative e giudiziarie. In questo modo si é ampliato il campo di applicazione della Legge di Aggiustamento Cubano e articolando il complesso quadro giuridico dell'attuale politica migratoria nei confronti di Cuba.

Come un ulteriore argomento nel 1996 si promulga l?Atto di Libertà e Solidarietà Democratica Cubana (Public Law 104-114), comunemente nota come la Legge Libertà o Legge Helms-Burton, con misure volte a rafforzare il blocco e stabilire, con carattere di legge, le condizioni di un preteso cambio di sistema politico-economico a Cuba, come "transizione verso un governo democratico". In quello stesso anno, la Legge di Riforma dell'Immigrazione Illegale e Responsabilità del Immigrato (Public Law 104-208), dispone che l'abrogazione della Legge di Aggiustamento Cubano sarebbe subordinata alla costituzione di un governo "eletto democraticamente", secondo gli standard della Legge Helms-Burton.

Questa politica ha avuto il sostegno e la promozione dei rappresentanti ed organizzazioni controrivoluzionarie di origine cubana negli Stati Uniti, che accedono ai meccanismi del sistema politico di quel paese, sostenute dal potere economico e mediatico di settori estremisti, al fine di premere a favore dei corsi più aggressivi della politica verso Cuba, anche contro gli interessi degli immigrati cubani che presumibilmente rappresentano e di altri settori della società USA, interessati alla normalizzazione delle relazioni.

Il modello della "pentola a pressione" incorpora, nel quadro di un approccio integrale,
elementi politici, giuridici, economici, socio-psicologici e comunicazionali. I regolamenti migratori USA, il cui effetto é la tolleranza e lo stimolo dell'emigrazione illegale, si combinano con l'ostruzione della migrazione legale e ordinata mediante la manipolazione della politica della concessione dei visti, in un contesto di sistematica intensificazione  del blocco economico - commerciale per provocare l'asfissia economica del paese, la debilitazione della popolazione e l'erosione della sua fiducia nella Rivoluzione.

Si accompagna ai mezzi di comunicazione che diffondono messaggi per fomentare il malcontento e stimolare disordini sociali che propizino il cosiddetto esodo di massa, catalogato come minaccia alla sicurezza nazionale degli USA.

L'interruzione del flusso migratorio bilaterale si converte in un fenomeno ciclico, che inizia con il divieto da parte del governo degli Stati Uniti dei viaggi dei suoi cittadini a Cuba nei primi anni '60 e con la manipolazione della concessione dei visti per i cubani. Questa politica ha provocato situazioni di crisi migratorie nel 1965 (Camarioca), 1980 (Mariel) e nel 1994 (la cosiddetta "crisi dei balseros"). Come conseguenza, alla fine del XX secolo, s'instaura, insieme al problema della emigrazione irregolare, il traffico illecito di migranti, rendendo più complessa la relazione migratoria tra i due paesi.

La migrazione irregolare verso gli Stati Uniti acquisisce inoltre, dal 1959, due modalità poco riferite dal punto di vista della migrazione:i  tentativi di emigrazione mediante la violazione del perimetro frontaliero dell'
illegale Base Navale di Guantanamo e mediante azioni violente di pirateria aerea e navale con passeggeri a bordo, che pone a rischio la vita dei migranti e persone innocenti.

Gli Stati Uniti cercano di presentare Cuba come responsabile di questo problema e coprire il ruolo della loro politica migratoria, della Legge di Aggiustamento e la politica dei piedi asciutti/piedi bagnati, come i veri ostacoli alla normalizzazione del flusso migratorio tra i due paesi.

L'azione della Legge di Aggiustamento, in particolare, dalla sua origine ostacola qualsiasi progresso nel processo di colloqui per regolare la migrazione in forma ordinata, regolare e sicura e risulta inoltre un paradosso legale ed un anacronismo politico, a partire dalla considerazione dello stato del dibattito sulla migrazione negli stessi Stati Uniti.

Quando si osserva lo scenario politico degli Stati Uniti, si pone in evidenza che la Legge di Aggiustamento Cubano si ubica controcorrente dei principali problemi migratori che mobilitano l'opinione pubblica e i gruppi sociali e politici di quel paese dopo gli eventi dell'11 settembre 2001: la sicurezza dei confini, che è stata una priorità della riorganizzazione del sistema di sicurezza interna di quel paese, e la  riforma della legislazione immigratoria, per trovare soluzione a un'immigrazione clandestina, che si stima possa arrivare a superare i flussi d'immigrati legali.

Mentre il dibattito sulla riforma dell'immigrazione si amplia a livello federale, dal 2008 gli stati dell'Unione hanno approvato più di 200 leggi dirette a scoraggiare l'immigrazione clandestina con misure contro il lavoro agli illegali e limitando il loro accesso agli aiuti sociali.

I mass media che difendono gli interessi degli Stati Uniti presentano e diffondono l'immagine che i cubani fuggono dal proprio paese, in una fuga precipitosa, per motivi politici. Così, negli assi della campagna contro Cuba, il messaggio principale sul tema migratorio é stato che l'emigrazione è un problema della Rivoluzione, nascondendo le vere cause che la producono.

 

A Cuba, le cause della migrazione, ad eccezione della prima ondata di emigranti compromessi col regime di Batista e gli interessi del governo degli Stati Uniti, sono le stesse che guidano la mobilità transfrontaliera di milioni di persone in tutto il mondo. Sono associate alle enormi sfide che affronta l'umanità, derivate dalla polarizzazione della ricchezza che ha approfondito il divario tra i paesi del cosiddetto Sud geopolitico e quelli che concentrare le maggior risorse, l'accesso privilegiato all'informazione, alla conoscenza e alla tecnologia come risultato del saccheggio e accumulazione delle risorse naturali e umane dei paesi che oggi sono le principali fonti di migrazione internazionale. Queste cause, nel mondo globalizzato di oggi, non rispettano frontiere.

Come nella maggior parte dei paesi che producono emigrazione della nostra regione, i cubani emigrano per motivi economici, motivi familiari ed altre motivazioni personali relativi a fattori storici-culturali legati alla tradizione migratoria cubana che è alla base stessa della conformazione della nostra nazione.

La migrazione cubana è distribuita in tutti i continenti ed è inserita nelle principali tendenze migratorie internazionali. La maggior parte dei cubani presenti in più di 150 paesi mantiene normali legami con i propri parenti a Cuba e hanno posizioni di vicinanza e rispetto per la loro Patria. Aumentano a cifre record le loro visite a Cuba e la durata del soggiorno all'estero dipende sempre più dai livelli di soddisfazione delle aspettative che raggiungono nelle società di accoglienza e nel raggiungimento di uno status migratorio che permetta loro la mobilità.

La distribuzione della migrazione internazionale cubana è relazionata alla vicinanza geografica, la similitudine culturale e linguistica con i paesi recettori, la tradizione della migrazione e i tratti che hanno storicamente formato i più antichi insediamenti di cubani in tutto il mondo. Essa ha relazione anche con le caratteristiche delle relazioni ufficiali, il volume e la natura della presenza cubana all'estero, i contatti e l'interscambio di viaggiatori.

Tuttavia, la politica migratoria attuata dagli Stati Uniti per Cuba ha alterato la composizione, fluidità composizione ed intensità della migrazione cubana ed ha cambiato la sua distribuzione geografica, poiché le reti criminali che gestiscono il traffico illecito di migranti hanno causato il traffico di cubani
per paesi terzi, che si trovano in una posizione strategica nei percorsi della migrazione verso gli Stati Uniti.

Oggi, circa il 85,7% dei cubani che vivono all'estero vivono negli Stati Uniti. Il 77% di essi sono concentrati nel sud del paese, e più di due terzi - il 68% - si trova in Florida, dove rappresentano il 6,5% della popolazione totale dello Stato e costituiscono il più grande gruppo di origine ispanico.

I programmi d'immigrazione che gli Stati Uniti mantengono gli consentono di selezionare le caratteristiche dei migranti cubani in base ai suoi interessi durante il processo di rilascio dei visti. Così, per esempio, condizione e favorisce il rilascio dei visti da parte del Programma degli Stati Uniti per i Rifugiati (United States Refugee Program) a quei cubani che mostrino sufficienti "meriti" nella loro attività controrivoluzionaria come elemento per stimolare il lavoro di destabilizzazione interna.

Allo stesso modo, privilegia la migrazione delle persone più qualificate, in modo che più di mezzo milione di cubani che sono arrivati ​​in Florida, dopo il 1990, possiedono indicatori di istruzione superiori rispetto agli altri gruppi ispanici.

Un esempio di ciò è il
Programma di Professionisti Cubani di Medicina sulla Parola (Cuban Medical Professional Parole Programma CMPP) , che è stato creato sotto la presidenza di George W. Bush, nell'agosto del 2006, per promuovere l'emigrazione di personale medico cubano da paesi terzi e che ha continuato sotto la presidenza di Obama.

Con scopi puramente politici, il Programma si propone di screditare ed ostacolare la collaborazione medica cubana con paesi amici ed approfondire gli effetti che già produce il blocco economico su un settore strategico per il paese. Pretende utilizzare nel suo gioco politico professionisti di riconosciuta qualità scientifica ed umanesimo, che disimpegnano un lavoro di alta sensibilità e valore per la popolazione, a cui dopo essere stati attratti dalla propaganda, si ostacola continuare la loro pratica professionale.

Così, il fenomeno, nuovamente sostenuto nella Legge di Aggiustamento Cubano, è un classico caso di furto di cervelli, che è stato descritto per i suoi effetti come "flusso fatale" e denunciato da altri paesi colpiti e organismi internazionali, come il Programma ONU di per lo Sviluppo (UNDP) e l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Il concetto dello sviluppo nella Cuba rivoluzionaria si basa sull'integrazione delle politiche economiche e sociali, sulla base dell'educazione e formazione del capitale umano.

Il luogo che occupa il tema migratorio nella politica di ostilità degli Stati Uniti verso Cuba, il suo utilizzo come strumento per manipolare sentimenti ed aspirazioni umane in funzione dei suoi interessi ed obiettivi, obbliga lo Stato Rivoluzionario a proteggersi e trovare forme per preservare le risorse umane qualificate, imprescindibili per lo sviluppo del paese.

Valutato così, il tema mantiene un significato umano, culturale-identitario, ma anche socio-economico, politica e di difesa per Cuba.

 

 

Manipulación estadounidense del tema migratorio cubano
De la paradoja al anacronismo

Ileana Sorolla Fernandez www.granma.cubaweb.cu

1 parte) El tema migratorio es, probablemente, el más antiguo dentro de la evolución del conflicto bilateral Estados Unidos-Cuba después de 1959. Desde el propio 1 de enero de ese año, la política migratoria hacia Cuba fue convertida por el gobierno de Estados Unidos en instrumento de su política hostil, utilizado para promover la desestabilización interna del país y desacreditar el proceso revolucionario cubano.
Estados Unidos inserta el tratamiento del tema migratorio con Cuba en el esquema de la Guerra Fría, que sigue el modelo descrito como efecto de la "olla de presión". Se ha aplicado mediante una política inmigratoria de puertas abiertas, que se inicia el 1 de enero de 1959 con la recepción incondicional de una emigración comprometida con el régimen batistiano y con los intereses estadounidenses en Cuba, y se amplía en años posteriores con leyes y regulaciones que admiten de manera prácticamente expedita a las personas de origen cubano que arriban a territorio estadounidense por vías ilegales.
Tanto el proceso migratorio Cuba-Estados Unidos, como los inmigrantes cubanos en ese país, se convierten desde entonces en objetivos de la política estadounidense, aprovechando la composición socioclasista y motivacional predominante en esa emigración temprana.
Las normativas jurídicas que la sustentan, se basan fundamentalmente en la "Ley para ajustar el status de los refugiados cubanos a la de residentes permanentes legales de Estados Unidos y para otros fines", Ley Pública 89-732 (HR. 15183), conocida como Ley de Ajuste Cubano, del 2 de noviembre de 1966, que aun está vigente, y se ha ido complementando a través de otras leyes, decisiones ejecutivas, disposiciones administrativas y judiciales. Por esta vía se ha ido ampliando el alcance de la Ley de Ajuste Cubano y articulando el complejo entramado jurídico de la actual política migratoria hacia Cuba.
Como argumento adicional, en 1996 se promulga el Acta de Libertad y Solidaridad Democrática Cubana (Ley Pública 104-114), conocida como Ley LIBERTAD o Ley Helms-Burton, con medidas que recrudecen el bloqueo y establece con carácter de ley las condiciones de un pretendido cambio de sistema político-económico en Cuba, como "transición hacia un gobierno democrático". En ese mismo año, la Ley de Reforma de la Inmigración Ilegal y Responsabilidad del Inmigrante (Ley Pública 104-208), dispone que la revocación de la Ley de Ajuste Cubano estaría condicionada al establecimiento de un gobierno "electo democráticamente", según los patrones de la Ley Helms-Burton.
Esta política ha contado con el apoyo y fomento de los representantes y organizaciones contrarrevolucionarias de origen cubano en Estados Unidos, que acceden a los mecanismos del sistema político de ese país, sustentados por el poder económico y mediático de los sectores extremistas, con el fin de presionar a favor de los cursos más agresivos de política hacia Cuba, aun contra los intereses de los inmigrantes cubanos que supuestamente representan y de otros sectores de la sociedad estadounidense, interesados en la normalización de las relaciones.
El modelo de la "olla de presión" incorpora, bajo un enfoque integral, elementos políticos, jurídicos, económicos, sociopsicológicos y comunicacionales. Las regulaciones migratorias estadounidenses, cuyo efecto es la tolerancia y el estímulo a la emigración irregular, se combinan con la obstrucción de la migración legal y ordenada mediante la manipulación de la política de otorgamiento de visados, en un escenario de intensificación sistemática del bloqueo económico-comercial para provocar la asfixia económica del país, el desgaste de la población y la erosión de su confianza en la Revolución.
Se acompaña de los medios de comunicación que diseminan mensajes para fomentar el descontento y estimular desórdenes sociales que propicien los llamados éxodos masivos, catalogados como amenaza a la seguridad nacional de Estados Unidos.
La interrupción del flujo migratorio bilateral se convierte en un fenómeno cíclico, que se inicia con la prohibición por el gobierno de Estados Unidos de los viajes de sus ciudadanos a Cuba a inicios de los 60 y con la manipulación del otorgamiento de visados para los cubanos. Esta política ha provocado situaciones de crisis migratorias en 1965 (Camarioca), 1980 (Mariel) y 1994 (la llamada "Crisis de los balseros"). Como resultado, para finales del siglo XX se instaura, junto al problema de la emigración irregular, el tráfico ilícito de migrantes, complejizando la relación migratoria entre ambos países.
La migración irregular hacia Estados Unidos adquiere por demás desde 1959 dos modalidades poco referidas desde el ángulo migratorio: los intentos de emigración mediante la violación del perímetro fronterizo de la ilegal Base Naval de Guantánamo y mediante acciones violentas de piratería aérea y naval con pasajeros a bordo, que ponen en riesgo la vida de los migrantes y personas inocentes.
Estados Unidos intenta presentar a Cuba como responsable de este problema y encubrir el papel de su política migratoria, de la Ley de Ajuste y la política de pies secos/pies mojados, como los reales obstáculos para la normalización del flujo migratorio entre ambos países.
La acción de la Ley de Ajuste en particular, desde su origen obstaculiza cualquier avance en el proceso de conversaciones para regular la migración de forma ordenada, regular y segura y resulta por demás una paradoja legal y un anacronismo político, a partir de la consideración del estado del debate sobre la migración en el propio Estados Unidos.
Cuando se observa el escenario político de los Estados Unidos, se pone en evidencia que la Ley de Ajuste Cubano se ubica contracorriente de los principales problemas migratorios que movilizan la opinión pública y las agrupaciones sociales y políticas de ese país después de los hechos del 11 de septiembre del 2001: la seguridad fronteriza, que ha sido una prioridad del reordenamiento del sistema de seguridad interna en ese país, y la reforma de la legislación inmigratoria, para encontrar solución a una inmigración irregular, que se estima puede llegar a superar los influjos de inmigrantes legales.
Mientras el debate en torno a la reforma inmigratoria se dilata a nivel federal, desde el año 2008 los estados de la Unión han aprobado más de 200 leyes dirigidas a desestimular la inmigración irregular con medidas contra el empleo de indocumentados y la restricción de su acceso a las ayudas sociales.
Los medios de comunicación masiva que defienden los intereses estadounidenses presentan y diseminan la imagen de que los cubanos huyen de su país en estampida, por razones políticas. Así, en los ejes de campaña contra Cuba, el mensaje principal sobre el tema migratorio ha sido que la emigración es un problema de la Revolución, encubriendo las reales causas que la producen.

 

2 parte) En Cuba, las causas de la migración, con excepción de la primera oleada de emigrantes comprometida con el régimen de Batista y los intereses del gobierno de Estados Unidos, son las mismas que impulsan la movilidad transfronteriza de millones de personas en todo el mundo. Están asociadas a los enormes desafíos que enfrenta la humanidad, derivados de la polarización de la riqueza que ha profundizado la brecha entre los países del llamado Sur geopolítico y aquellos que concentran los mayores recursos, el acceso privilegiado a la información, el conocimiento y la tecnología, como resultado del saqueo sistemático y acumulativo de las riquezas naturales y humanas de los países que hoy son los principales emisores de migración internacional. Esas causas, en el mundo globalizado de hoy, no respetan fronteras.
Como en la mayoría de los países emisores de nuestra región, los cubanos emigran por causas económicas, razones familiares y otras motivaciones personales, asociadas a factores histórico-culturales, vinculados a la tradición migratoria cubana que está en la raíz misma de la conformación de nuestra nación.
La migración cubana está distribuida por todos los continentes y se inserta en las principales tendencias migratorias internacionales. La mayoría de los cubanos radicados en más de 150 países mantienen vínculos normales con sus familiares en Cuba y tienen posiciones de acercamiento y respeto a su patria. Aumentan a cifras récord sus visitas al país y la duración de su estancia en el exterior depende cada vez más de los niveles de satisfacción de las expectativas que alcanzan en las sociedades receptoras y del logro de una situación migratoria que les permita la movilidad.
La distribución de la migración internacional cubana está relacionada con la vecindad geográfica, la proximidad cultural y lingüística con los países receptores, la tradición migratoria y los rasgos que históricamente han conformado los más antiguos asentamientos de cubanos en el mundo. Se relaciona también con las características de las relaciones oficiales, el volumen y la naturaleza de la presencia cubana en el extranjero, los contactos e intercambio de viajeros.
Sin embargo, la política migratoria implementada por Estados Unidos para Cuba ha alterado la composición, fluidez e intensidad de la migración cubana y ha modificado su distribución geográfica, pues las redes criminales que manejan el tráfico ilícito de migrantes han provocado el tránsito de cubanos por terceros países, que se ubican en una posición estratégica en los caminos de la migración hacia Estados Unidos.
Hoy, cerca del 85,7 % de los cubanos radicados en el exterior viven en Estados Unidos. El 77 % de ellos se concentra en el sur del país, y más de dos tercios —el 68 %— están radicados en la Florida, donde representan el 6,5 % de la población total del Estado y constituyen el mayor grupo de origen hispano.
Los programas de inmigración que mantiene Estados Unidos le permiten seleccionar las características de los migrantes cubanos de acuerdo con sus intereses durante el proceso de otorgamiento de visados. Así por ejemplo, condiciona y favorece el otorgamiento de visas por el Programa de los Estados Unidos para Refugiados (United States Refugee Program) a aquellos cubanos que muestren suficientes "méritos" en su actividad contrarrevolucionaria como elemento para estimular su labor de desestabilización interna.
De igual forma, privilegia la emigración de las personas más calificadas, de modo que más de la mitad del millón de cubanos que llegaron a la Florida después de 1990 poseen indicadores de instrucción superiores a otros grupos hispanos.
Un ejemplo de ello es el Programa de Profesionales Cubanos de la Medicina Bajo Palabra (Cuban Medical Professional Parole Program), que fue creado durante la presidencia de George W. Bush en agosto del 2006, para promover la emigración de personal médico cubano, desde terceros países y que ha continuado bajo el gobierno de Obama.
Con fines meramente políticos, el Programa se propone desacreditar y entorpecer la colaboración médica cubana con países amigos y profundizar la afectación que ya produce el bloqueo económico sobre un sector estratégico para el país. Pretende utilizar en su juego político a profesionales de reconocida calidad científica y humanismo, que desempeñan una labor de alta sensibilidad y valor para la población, a los que luego de ser atraídos por la propaganda, se les obstaculiza continuar su práctica profesional.
Así, el fenómeno, sustentado nuevamente en la Ley de Ajuste Cubano, es un caso clásico de robo de cerebros, que ha sido calificado por sus efectos como "flujo fatal" y denunciado por otros países afectados y organismos internacionales, como el Programa de Naciones Unidas para el Desarrollo (PNUD) y la Organización Mundial de la Salud (OMS).
La concepción del desarrollo en la Cuba revolucionaria ha estado fundamentada en la integración de lo económico y lo social, sobre la base de la educación y la formación de capital humano.
El lugar que ocupa el tema migratorio en la política de hostilidad de Estados Unidos hacia Cuba, su uso como instrumento para manipular sentimientos y aspiraciones humanas en función de sus intereses y objetivos, obliga al Estado revolucionario a protegerse y encontrar formas para preservar los recursos humanos calificados, imprescindibles para el desarrollo del país.
Evaluado así, el tema mantiene una significación humana, cultural-identitaria, pero también socioeconómica, política y de defensa para Cuba.