HOME RELAZIONI INTERNAZIONALI

IL TRADUTTORE SI SCUSA PER GLI ERRORI

Il silenzio del

Parlamento Europeo

 

14 marzo 2010 - Leyla Carrillo Ramirez Centro di Studi Europei (cubadebate.cu)

http://www.cubainformacion.tv/index.php?option=com_content&task=view&id=14181&Itemid=86

 

La memoria può giocare un brutto scherzo perfino agli strumenti più efficaci della politica dei paesi sviluppati. Quegli stessi che decidono cosa è buono e cosa è cattivo, esaltano le deficienze degli altri, li classificano e si arrogano il diritto di indicare loro la condotta da seguire, in armonia con i loro stessi modelli. Giudicare gli altri non è un semplice intrattenimento, ma usa una propaganda differenziata per stigmatizzare chi è censurabile, con un esercizio pericoloso che confina con l’ingerenza nelle altrui questioni interne.


Definire la cattiva condotta è un artifizio che può sorprendere i più edotti in affari internazionali. Per esempio, nella classificazione emanata dalle istituzioni dell’Unione Europea per il resto del mondo, l’equazione appare più evidente. Gli stati membri si trovano in prima categoria, dopo di loro vengono gli stati alleati (senza che importino gli sbagli che possono commettere) e, all’ultimo posto - anche se costituiscono la maggioranza del pianeta, riconosciuta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite - troviamo gli stati terzi. Appare chiaro che questi ultimi debbano essere “orientati”, monitorati, censurati e perfino castigati se necessario.


La storicità lo impone. Nel 1996 il Consiglio dell’Unione Europea ha imposto la Posizione Comune che condiziona ancora i rapporti bilaterali al “comportamento e alla risposta del regime cubano”. Quella Posizione si è aggiunta al
blocco
 statunitense, ma secondo lo stile elegante degli europei. Le campagne orchestrate contro Cuba non sono nuove. Negli anni 2004, 2006 e 2007, il Parlamento Europeo ha emesso restrizioni sulla “situazione dei diritti umani a Cuba”. Per queste ragioni non può sorprendere la Risoluzione dello scorso 11 marzo.


Come viene approvata una Risoluzione? Non è molto semplice: i deputati si familiarizzano con le opinioni “affidabili” che circolano su un determinato paese. Gli avvenimenti vengono ingigantiti da Washington e dalla stampa dei paesi più industrializzati; vengono incluse le preoccupazioni di un qualche parlamentare che abbia visitato il paese in questione, si sia riunito con i “dissidenti” prefabbricati dall’estero, si esagerano le trasgressioni contro coloro che - presumibilmente - patiscono limitazioni nei loro diritti o coloro che ricevono degli aiuti esterni (magari da un’Ambasciata accreditata di un paese europeo), una
interconnessione
internet, dei premi roboanti e ben remunerati o delle  apparecchiature sofisticate, contrabbandate, in modo che le loro trasmissioni possano circolare rapidamente verso l’estero.


In questo modo sono state generate le censure che nel 90% dei casi, gravitano sui paesi sottosviluppati e vengono riportate in sedute euro parlamentari, regolari o straordinarie, a seconda della gravità sancita dalle elite che governano nei paesi sviluppati. Il loro fine non è altro che quello di magnificare i difetti e le deficienze sulla governabilità, l’ossequio dello stato di diritto, della democrazia, del rispetto dei diritti umani individuali e di tutto quello che costituisce la complessa trama della libertà personale e imprenditoriale.


L’eloquenza dei legislatori è intimamente legata agli obbiettivi delle forze governanti del mondo sviluppato: censurare per sospendere la collaborazione o l’aiuto o semplicemente per condizionarli, criticare sistematicamente per denigrare il governo che dà fastidio o ricreare un ambiente propizio per intervenire - se così viene deciso - attraverso una Risoluzione più strategica da sottoporre al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
(cfr. CEE, Manuale per un intervento, Rapporto 91, 18.7.08).


La Risoluzione contro Cuba, approvata l’11 marzo da un’ampia maggioranza del Parlamento Europeo (509 voti a favore, 30 contrari e 14 astensioni su un totale di 736 parlamentari), va ascritta all’agguato contro i paesi sottosviluppati. E’ esplicita rispetto ai giornalisti indipendenti, deplorando l’assenza di un qualsiasi gesto ufficiale per liberare immediatamente e senza condizioni i così detti “prigionieri politici e di coscienza” (anche quando si tratta di
delinquenti comuni), così come si scaglia contro la non attenzione verso le reiterate richieste rivolte dal Consiglio e del Parlamento europei al governo cubano.


Per non perdere l’abitudine, ancora una volta il Parlamento Europeo istiga contro Cuba, in mezzo alla propaganda ordita dagli interessi imperiali - statunitensi o non - il cui detonatore è stata
la morte di uno scioperante della fame. Ripetono le richieste che impongono solo ai terzi stati. Non è illusorio pensare che lo strano privilegio di Cuba, del Venezuela, dell’Iran o della Repubblica Popolare Cinese nelle Risoluzioni del Parlamento Europeo, perseguono un obbiettivo comune: porre in questione la politica interna ed estera, ingrandire i problemi di paesi la cui traiettoria progressista, il cui sviluppo economico o la cui politica differenziata, “preoccupa” coloro i quali decidono che cosa si  può o non si può fare in uso della propria sovranità nazionale.


L’eloquenza del Parlamento Europeo, tuttavia, mette in evidenza dei lapsus nella sua memoria legislativa. Se di diritti umani si tratta non è inutile ricordare alla maggioranza dei suoi deputati che la ripetizione annuale (o addirittura semestrale) di risoluzioni sulla violenza e la disuguaglianza fra i generi e la sistematica violazione dei diritti delle minoranze, vanno avanti da più di un lustro senza risultati concreti.


Appare significativa la “dimenticanza”, nelle attuali circostanze, del fatto che in uno dei più importanti stati membri dell’Unione Europea sono stati lasciati morire nel 1981 dieci scioperanti della fame che reclamavano lo status di
prigionieri politici, uno dei quali - Bobby Sands - era stato eletto membro del Parlamento britannico poche settimane prima di morire per inanizione. Fra i crimini tenuti sotto silenzio oggi dal Parlamento Europeo si sentono ancora le voci delle esecuzioni extragiudiziali perpetrate in Spagna dal GAL (Gruppo Antiterrorista di Liberazione).


Si parla ancor meno del prolungato trattamento disumano, in celle di punizione o nel corridoio della morte nelle prigioni dell’alleato statunitense e dell’ingiusta carcerazione che dura da undici anni dai
cinque
Eroi combattenti contro il terrorismo.


D’altronde, non emettono risoluzioni sugli immigranti espulsi o internati in campi simili a quelli del secolo XX. Siamo ancora in attesa di una risoluzione a proposito dell’assassinio a Genova di un oppositore del Vertice del potente Gruppo degli 8 e siamo in attesa di pronunce riguardo alla repressione poliziesca contro i manifestanti a difesa del clima durante il
Vertice di Copenaghen del dicembre scorso. Sicuramente continuerà il silenzio del Parlamento Europeo sulla repressione fisica contro coloro che protestano in Grecia contro la situazione imposta dalla crisi. Per molti abitanti nei paesi poveri appare chiaro che per il mondo industrializzato, sono loro a “mettere in pericolo la sicurezza della UE” mentre gli altri sono semplicemente terroristi.


Un altro esercizio di memoria potrebbe essere che i cittadini del Terzo Mondo classifichino le risoluzioni dove sarebbe stato preferibile il SILENZIO del Parlamento Europeo rispetto a  tutto quel parlare. Per esempio: perché nella Risoluzione del 2008 sui voli segreti e le torture a
Guantanamo si chiede gentilmente agli Stati Uniti di chiudere l’eufemistico centro di detenzione, mentre dedica la maggior parte dei suoi paragrafi a censurare il governo cubano?


Un’altra domanda potrebbe essere quella di voler conoscere le motivazioni delle allusioni sistematiche sugli attacchi di Hamas contro Israele, per giustificare il genocidio commesso dal paese amico contro la Palestina. E sapere anche se esiste un progetto di risoluzione di condanna degli “errori logistici o casuali” commessi da soldati cittadini dell’Unione Europea in Afghanistan o in Iraq. Ripassando le risoluzioni euro parlamentari, istigare alla violenza i buddisti tibetani contro il governo cinese si è convertito in una pratica che cerca di irritare l’opinione interna e mondiale contro il paese socialista, quando una delle caratteristiche di coloro che professano quella religione è proprio la non violenza.


Quanto all’America Latina, è trapelato un atteggiamento conseguente del Parlamento Europeo rispetto ai
golpisti honduregni
. In contrasto con la Risoluzione che mostrava “una grande preoccupazione per la situazione del Nicaragua”. E, a proposito di America Latina, il Venezuela è oggetto di un monitoraggio pertinace da parte degli euro parlamentari: la Risoluzione del maggio 2009 ha costituito un atto antidemocratico - da parte di chi se ne preoccupa tanto -, quando, con solo 27 voti a favore (il 4% dei deputati) ha spalleggiato l’ “oppositore” Manuel Rosales e “si è preoccupato del deterioramento della situazione, per la concentrazione del potere e per il crescente autoritarismo del Presidente venezuelano”. Meraviglie  del parlamentarismo rappresentativo!


La Risoluzione approvata a Strasburgo si iscrive nella pratica quotidiana degli atti legislativi accolti dal Parlamento Europeo. Un antico proverbio recita: “quando non hai niente di meglio del silenzio, stai zitto”. Sarebbe stato preferibile che i deputati che hanno votato contro Cuba si fossero limitati al SILENZIO, ma la loro vocazione di guardiani universali assoluti dei diritti umani li ha tentati ancora una volta.