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Io non vivo della

mia dissidenza

 

 

 

 

18 marzo 2010 - Max Lesnick  www.cubadebate.cu - www.resistenze.org

 

 

Io non rinuncio a regali nel dichiarare che sono in netta minoranza rispetto al resto dei miei compatrioti cubani che vivono nel sud della Florida.

 

Sappiamo, e non credo che sia necessario ripeterlo, che i miei punti di vista rispetto la politica degli Stati Uniti verso Cuba, non sono condivisi dalla maggioranza dei mie conterranei che vivono a Miami, e questo mi trasforma in un vero “dissidente”.

 

Qui, essere contro il blocco a Cuba e sperare in migliori relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti è un peccato capitale.

 

Dissentire dalla maggioranza, da una posizione minoritaria, mi trasforma in uno strano essere in Miami.

 

Qui essere un “dissidente” può anche essere pericoloso.

 

Anni fa, quando Miami era la città delle bombe, ci furono undici attentati terroristici contro la rivista Replica,  una pubblicazione settimanale di cui ero direttore.

 

Tentativi d’assassinio contro la mia persona non sono mancati in quei tempi, perchè scrivevo quello che pensavo, senza timori o favori, e questo mi ha portato al cammino della discrepanza, facendo di me uno dei primi esiliati “dissidenti” di Miami.

 

Non nego che anche se ho molti amici e compagni di idee che appoggiano la mia posizione, per gli estremisti di destra sono uno da eliminare, un comunista che merita il castigo infame di morire carbonizzato in una pira all’angolo del ristorante Versalles in Calle 8 della Piccola Habana.

 

Senza  dubbio la mia “dissidenza” non mi porta a dichiararmi in uno sciopero della fame suicida come protesta, perchè il governo nordamericano non compiace i miei desideri di cambiare la sua politica relazionata con il mio paese d’origine, o perchè la Casa Bianca non decreta la libertà - come potrebbe fare con una sola firma il presidente Barack Obama – dei cinque antiterroristi reclusi ingiustamente nelle prigioni nordamericane e che scontano  illegittime e lunghissime condanne, mentre noti terroristi e criminali come  Luis Posada Carriles ed Orlando Bosch si godono piena libertà a Miami e sono considerati eroi dall’estrema destra dell’esilio cubano.

 

Dissentire dagli altri, anche se da una posizione sbagliata secondo il sentire  e pensare degli altri, non costituisce in sé un’azione criminale, ma se discrepare dalla maggioranza è un diritto indiscutibile che dev’essere rispettato da tutti,  governanti e cittadini, questo atteggiamento contestatore non può servire, nella mia opinione, per coprire condotte che portano a problemi con governi stranieri e tanto meno se coloro che si prestano a queste manovre sono motivati da meschine ragioni economiche.

 

Vivo da molti anni a Miami ed ho appreso a convivere in una città dove regnano l’intolleranza e l’estremismo politico più irrazionale.

 

Qualcosa che ha a che vedere più con i cubani che con i nordamericani; mi fa male dirlo, ma è la verità, per vergogna dei miei compatrioti cubani. 

 

Nel mio caso la “dissidenza” è rispettosa dei costumi e delle leggi del paese dove risiedo ed esprimo sempre quello che penso, senza sordine o restrizioni.

 

Per me non è per niente facile essere un cubano “dissidente” a Miami, anche se sono orgoglioso di qualcosa, ed è che posso dire ad alta voce che nessuno mi paga per quello che faccio e che dico.

 

Che non ho mai ricevuto denaro, né ieri, né oggi, non ho mai avuto un salario da un governo cubano o straniero.

 

Perchè io non vivo della mia “dissidenza”.