I PIANI
D’INTERVENTO MILITARE NELL’ISOLA
Cuba nel mirino
degli Stati Uniti
IL
FINANZIAMENTO DELLA DISSIDENZA
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I "COMBATTENTI PER LA LIBERTÁ"
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L’UNIONE EUROPEA |
EMIGRAZIONE E DESTABILIZZAZIONE | MEZZI DI COMUNICAZIONE |
A questo punto ormai nessuno può dubitare che la nuova politica estera dell’Amministrazione Bush si basa sull’interventismo militare, senza alcun rispetto né per le istituzioni internazionali né per l’opinione pubblica mondiale. Il pretesto della lotta contro il terrorismo si è dimostrato un alibi perfetto per sostituire quello precedente: la minaccia del comunismo durante la guerra fredda. Nel passato ce ne sono stati altri, come per esempio la lotta contro il narcotraffico, che però non si sono rivelati così efficaci. Il silenzio delle Nazioni Unite dopo l’invasione in Iraq, il seguito dell’Unione Europea e il ferreo controllo che mantiene nella maggior parte dei paesi arabi attraverso i regimi fantoccio garantiscono al Governo nordamericano l’impunità.
Gli Stati Uniti continuano ad inviare palloni-sonda sui loro prossimi obiettivi militari. Fondamentalmente Siria, Corea del nord, Iran e Cuba. Così come ha fatto con l’Iraq, la strategia consiste nell’iniziare a seminare tra le istituzioni internazionali, i governi amici e l’opinione pubblica internazionale, i semi della complicità dei paesi oggetto di un intervento, con il terrorismo internazionale, con definizioni di dittatura e accuse di violazione dei diritti umani.
Senza alcun dubbio, questa campagna si sta intensificando contro Cuba. Vediamo come.
Lo scorso 30 aprile il governo degli Stati Uniti inserisce ancora una volta Cuba nella lista dei paesi che sponsorizzano (alimentano) il terrorismo a livello internazionale, secondo il rapporto annuale
“I Signori del Terrorismo Mondiale”, insieme con Iraq, Iran, Siria, Sudan, Libia, e Corea del nord.
Il rapporto dice testualmente che, anche se Cuba è firmataria di tutte le 12 le convenzioni e protocolli internazionali contro il terrorismo, e il Sudan lo è di 11, entrambi i paesi continuano a sostenere le organizzazioni internazionali designate come terroriste. Grande paradosso, se si ricorda che in quattro occasioni Cuba ha proposto ufficialmente agli Stati Uniti di firmare un Programma Bilaterale di Lotta contro il Terrorismo, puntualmente respinto dal suo vicino del nord.
Non dimentichiamo nemmeno le dichiarazioni del vicepresidente Dick Cheney il giorno dell’ occupazione di Bagdad, che affermava che l’accaduto era un messaggio chiaro per tutti i paesi che praticano il terrorismo.
Da parte sua, nel maggio del 2002 il sottosegretario di Stato, John Bolton, ha accusato Cuba di essere in possesso di programmi di armi biologiche.
Sono significative molte delle dichiarazioni dei dirigenti dell’Amministrazione Bush, come quella del fratello del presidente, Jeb Bush, governatore della Florida, che ha affermato che dopo il successo in Iraq, Washington avrebbe messo fine al regime cubano o dell’ambasciatore statunitense a Santo Domingo, Hans Hertell, che ha assicurato che l’aggressione in Iraq mandava un segnale molto positivo ed era un buon esempio per Cuba. Costui ha aggiunto che l’invasione del paese arabo era solo l’inizio di una crociata liberatoria, che avrebbe compreso tutti i paesi del mondo, e anche Cuba.
Le intenzioni militari degli Stati Uniti verso Cuba si evidenziano in pubblicazioni come “Military Review”, una rivista della Scuola di Comando e Stato Maggiore dell’Esercito USA, in cui un articolo del tenente colonnello Geoff Demarest, nell’edizione di settembre-ottobre 2002 parla senza mezzi termini del ruolo dell’esercito statunitense a Cuba, in una presunto processo di transizione. Già nel secondo paragrafo afferma che il ruolo dell’esercito americano potrebbe individuarsi nelle operazioni di stabilità e di sostegno, per l’applicazione della legge e/o di appoggio alle agenzie di soccorso. Più avanti dedica un intero paragrafo con l’eloquente titolo: Un ruolo per l’esercito degli Stati Uniti? che comincia elencando tutte le previe accuse che servirebbero a giustificare l’intervento militare e che complicherebbero il processo di transizione: l’immigrazione dall’Isola e verso l’isola; gli arsenali di munizioni e armi di piccola e grande portata; l’enorme centro chiamato “Lourdes” in cui si raccoglievano tutti i dati elettronici dei servizi segreti; allegati sul traffico di droga da parte dei membri del regime di Fidel Castro e un presunto programma di ricerca e sviluppo di armi biologiche. Il testo del tenente colonnello termina dicendo che per l’esercito degli Stati Uniti il messaggio è chiaro (…) l’esercito USA potrebbe essere utile per il suo potenziale, interagendo con i militari cubani, così come per la sua abilità nel minacciare gli stessi.
Leggendo alcune note relative al paragrafo che enumera gli elementi che giustificano un intervento militare, si nota che sono tutte affermazioni che si fondano su lavori giornalistici realizzati da agenzie e persone finanziate dal governo americano (El Nuevo Herald, Miami Herald, Hermanos al Rescate, Cubanet/Cubanews, Washington, Times Insight Magazine).
Come vedremo più avanti, quando gli Stati Uniti parlano di libertà di espressione e di giornalisti dissidenti, si riferiscono ad agenzie di stampa e a redattori diretti e finanziati dal governo Bush con l’unico obiettivo di seminare motivazioni che, come abbiamo comprovato nel testo militare, successivamente verranno utilizzate per giustificare un intervento militare.
IL FINANZIAMENTO DELLA DISSIDENZA
Quali sono i meccanismi di finanziamento dei presunti giornalisti e delle agenzie indipendenti?
L’Ufficio di Interessi degli Stati Uniti elargisce sistematicamente aiuti materiali e finanziari, radio e ogni altro tipo di mezzo tecnico di diffusione, offrendo anche 100 dollari al mese a coloro che si incontrano con il capo della missione nordamericana James Cason.
Nel 2000, l’agenzia internazionale per lo sviluppo degli Stati Uniti (USAID) ha "regalato" a tre organizzazioni cubane 670.000 dollari per aiutare la pubblicazione all’estero dei lavori dei giornalisti indipendenti dell’Isola… e per distribuire le sue pubblicazioni nell'Isola.
I fondi che il USAID destina al finanziamento della dissidenza cubana sono eccezionali: 1.602.000 dollari, per aiutare a creare ONG's indipendenti a Cuba; 2.132.000 dollari per pianificare il processo di transizione a Cuba; 335.000 dollari per valutarne il programma.
Tutto questo denaro è raccolto da gruppi statunitensi. Vediamone alcuni. Chi sono: il “Centro per una Cuba Libera”, ha il compito di ricavare informazioni da gruppi dei diritti umani per poi diffonderle e distribuirle. Ricevette nel 2002, 2.300.000 di dollari. Il Gruppo di Lavoro della Dissidenza Interna, 250.000 dollari; Freedom House, incaricato della parte strategica del Programma per la Transizione di Cuba, 1.325.000 dollari; il Gruppo d’Appoggio alla Dissidenza, 1.200.000.
Ed altri ancora, come l’Istituto per la Democrazia a Cuba o l’Istituto Repubblicano Internazionale. L’Agenzia Cubanet ricevette nel 2001, 343.000 dollari e nel 2002, altri 800.000; il Centro Americano per il Lavoro Internazionale di Solidarietà, che ha come obiettivo sociale dichiarato il persuadere gli investitori stranieri a non investire a Cuba, 168.575 dollari. Azione Democratica Cubana ricevette 400.000 dollari nel 2002 .
Tra il 1997 ed il 2002, l’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale destinò a questi fini 2 milioni di dollari. Lo scorso 2 marzo, il Segretario di Stato assistente per le Questioni dell’Emisfero Occidentale, Curtis Strumble, segnalò che la USAID investirà quest’anno altri 7 milioni di dollari come “sostegno economico” a Cuba, e il 26 di questo mese Colin Powell annunciò in Senato un budget di 26.900.000 dollari per le trasmissioni della Radio e della Televisione Martì.
Radio Martì trasmette dagli Stati Uniti 1.200 ore semestrali, contravvenendo alle regolamentazioni dell’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni e violando lo spazio radioelettrico cubano con richiami alla sovversione interna, invitando a commettere sabotaggi e chiamando alla diserzione e all'emigrazione illegale.
È evidente che dietro i cosiddetti dissidenti, giornalisti e agenzie indipendenti non c’è nient’altro che il danaro del governo degli Stati Uniti, con un proposito chiaro e concreto.
I "COMBATTENTI PER LA LIBERTÁ"
È altrettanto importante che si conosca il profilo dei combattenti per la libertà, dei denominati leaders ed intellettuali della dissidenza.
Tra i condannati recentemente, il più significativo è il “poeta” Raúl Rivero.
Antico membro della associazione dei giornalisti e scrittori di Cuba, ha subito una conversione vertiginosa: venne assunto dal potente Herald di Miami, il quotidiano più conservatore del sud della Florida, e catapultato nella vicepresidenza - per i Caraibi - della Società Interamericana della Stampa (SIP), che raggruppa i proprietari dei principali mezzi di comunicazione degli Stati Uniti e dell’America Latina. Un vecchio covo di cospiratori dell’epoca della guerra fredda al servizio di Washington.
Una delle sue figure più conosciute è Carlos Alberto Montaner, condannato a Cuba nel 1961 per aver partecipato alle attivitè di un’organizzazione terrorista che spacciava esplosivi nelle confezioni di sigari. Scappato dal paese durante la crisi di ottobre, si arruolò nelle forze speciali cubane dell’esercito statunitense. Ingaggiato dalla CIA negli anni sessanta, approdò in Spagna nel 1970 e fondò l’editoriale Playor e l’agenzia di stampa Firmas Press. Montaner fu incaricato di agevolare l’ingresso in Francia del terrorista Juan Felipe de la Cruz, che morì con l’esplosione della bomba che trasportava.
Montaner è uno dei portabandiera dichiarato dell’annessione di Cuba agli Stati Uniti. Nel 1990 costituì la Piattaforma Democratica Cubana e l’anno seguente la Concentrazione Democratica Cubana (CDC), organizzazione dissidente nell’interno dell’Isola. Fra i membri di questa organizzazione ci sono Cruz Varela, Hubert Matos, José Ignacio Rasco e Juan Suárez Rivas. Carlos Alberto Montaner fu, inoltre, membro fondatore della Fondazione Ispano-Cubana (FHC).
Un altro dissidente di richiamo internazionale, soprattutto dopo aver ricevuto dal Parlamento Europeo il premio Sajarov, è Oswaldo Payá; di lui si dice che abbia ottenuto un massiccio consenso popolare a Cuba per il suo progetto Varela firmato da 11.000 cubani in un paese di 11 milioni di abitanti e cinque mila cittadini di 15 paesi. Un progetto che, stando a quanto si legge in documenti firmati anche dallo stesso dissidente Carlos Alberto Montaner, nasce su iniziativa di governi esteri. Lo stesso responsabile della Sezione di Interessi degli Stati Uniti all’Avana, James Cason, ammise che il piano per il processo di transizione è discusso a Miami dalla Fondazione Nazionale Cubano-Americana e dal Consiglio per la Libertà di Cuba, organizzazioni responsabili di vari attentati con morti civili a Cuba e del tentato omicidio del Presidente cubano.
Tra le varie genialità di Payá c’è un’accusa contro Fidel Castro di complicità nella violazione dei diritti umani a Guantanamo e in un’intervista al País settimanale, di Madrid, dello scorso 9 marzo, egli dichiara che a Cuba sotto la dittatura di Batista vigeva la piena libertà di stampa. Questo brillante intellettuale, senza risorse economiche dichiarate, per mesi è andato in giro per il mondo. Carlos Fazio spiega molto chiaramente: "La strategia della creazione di leaders è semplice e Oswaldo Payà ne è un esempio: si crea un’intestazione, un’organizzazione di facciata o una ONG ad hoc (un caso è il progetto Varela), si organizzano giri ben pubblicizzati e programmati per essere ricevuti da grandi personalità (il Papa Giovanni Paolo II; il Capo del governo spagnolo José María Aznar; il presidente Vincente Fox, il segretario di stato Colin Powell) e gli si assegnano premi che danno popolarità al personaggio (Payà ricevette il premio Sajarov per i diritti umani del Parlamento Europeo ed è stato proposto come candidato al premio Nobel). Così si costruisce un certo profilo di credibilità sul personaggio da potenziare, compito che viene successivamente svolto dai propagandisti, dalle “grandi firme democratiche” e dai mass media europei e statunitensi.
Altra persona significativa è Hubert Matos. Passò vent’anni in carcere perché insorse insieme ai suoi uomini (era capo del reggimento dell’Esercito Ribelle a Camagüey), dieci mesi dopo il trionfo della Rivoluzione a Cuba. Uscendo di prigione (e da Cuba) nel 1979, formò il gruppo “Cuba Indipendente e Democratica” (CID). Il giornalista ex batistiano, Luís Manuel Martínez, disse di Matos che da quando andò via dall’Isola “rimase a disposizione della CIA”. Fu direttore di “La Voce” del CID, un’emittente a onda corta che trasmetteva verso Cuba e che era finanziata in parte dalla CIA, come riconobbe Jeff Whitte, proprietario di Radio Miami Internacional.
Una prova del suo spirito liberatore è la risposta che diede al giornalista Hernando Calvo Ospina quando questo gli chiese quali erano le relazioni della dissidenza con i dirigenti delle imprese che vogliono investire a Cuba. " Quando il regime cadrà non daremo garanzie a questi investimenti, non si rispetteranno, perché sono complici del regime e saranno motivo di scontro. Ora, se ci proporranno un buon aiuto economico, potremo negoziare”.
Di grande importanza il clan Estefan (Gloria e Emilio). Azionisti di Bacardi e per questo finanziatori di atti terroristici in Nicaragua, Angola e Cuba e complici nel furto dei brevetti cubani. Gloria e Emilio patrocinano altre organizzazioni para terroriste come “Hermanos al Rescate”, che per anni ha violato lo spazio aereo cubano con i sui aerei..
L’ex ambasciatrice di Cuba, Martha Frayde, davanti all’UNESCO a Parigi, venne reclutata dalla CIA mentre svolgeva il suo ruolo. Insieme a Elizardo Sánchez, Gustavo Arcos e Ricardo Bofill, organizzò un gruppetto controrivoluzionario che faceva arrivare informazioni su presunte violazioni ai diritti umani a Cuba, alla delegazione statunitense dell’ONU. A Madrid rappresentò Gustavo Arcos nell’inaugurazione della Fondazione Ispano-Cubana (FHC).
Ultimamente va molto di moda la scrittrice Zoe Valdés, assolutamente sconosciuta fino a quando non ricevette il premio “Planeta”.
Poco prima dell’inizio della guerra in Iraq la Valdes ha scritto un testo nel quotidiano El Mundo (Madrid) in cui diceva “avrei voglia che questa guerra scoppiasse una volta per tutte così finalmente mi lasciano in pace con queste benedette firme”. Il giornalista spagnolo Javier Ortiz durante una conversazione nel 1985 definì le opinioni di Zoe Valdés, quando era ancora una scrittrice sconosciuta, moglie di un dirigente dell’Ambasciata dell’Avana a Parigi e dirigente del Partito Comunista di Cuba, di “un castrismo veramente nauseante”.
Due figure importanti di origine non cubana che non possiamo dimenticare sono, il francese Robert Menard e il messicano Jorge Castañeda. Menard è il segretario generale dell’ONG “Reporters Senza Frontiere”, un’organizzazione che il giorno dopo la morte di due giornalisti provocata da una cannonata sparata da una carro armato nordamericano a Bagdad, dedicava l’intera pagina WEB alla mancanza di libertà di espressione a Cuba . Il giornalista Hernando Calvo Ospina gli chiese qual'era la priorità che la sua organizzazione dava a Cuba e Menard rispose: “É pericoloso essere giornalisti in Colombia o in Perù, però lì c’è libertà di stampa. In questi paesi ci sono giornalisti assassinati e in carcere, ma i familiari ed i colleghi per lo meno lo possono denunciare pubblicamente.
Lo scorso 20 maggio il Comitato delle Nazioni Unite incaricato delle ONG's sanzionò “Reporters senza Frontiere” raccomandando per un anno la sospensione del suo statuto consultivo per atti incompatibili con i principi ed obiettivi della Carta delle Nazioni Unite.
Jorge Castañeda, ex ministro degli esteri messicano, vanta il merito di essere riuscito a porre fine alla lunga tradizione delle buone relazioni tra Messico e Cuba. La sua sospensione dall’incarico di ministro alla fine dell’anno scorso venne confermata dal portavoce della Casa Bianca Ari Fleischer, ancor prima che dal presidente Fox .
EMIGRAZIONE E DESTABILIZZAZIONE
Uno dei meccanismi utilizzati dagli Stati Uniti per provocare il governo cubano e destabilizzare la società dell’Isola è l’emigrazione. La politica degli Stati Uniti si fonda sulla stimolazione ed incentivazione dell’emigrazione attraverso atti violenti e spettacolari, che mandano un’immagine di disperazione all'estero. L’obiettivo non è quello di adottare una politica migratoria normalizzata o di offrire possibilità in territorio USA ai cubani dissidenti, è solo quello di destabilizzare. Una delle leggi al servizio di questo progetto è la Legge di “Ajuste Cubano” del 1966, duramente criticata dal governo dell’Isola, e che evidenzia, ancora una volta, l’ambiguità del governo degli Stati Uniti.
A differenza degli altri emigranti latino - americani, in virtù di questa legge, qualsiasi cubano che arriva sulle coste nordamericane ha il visto garantito. Se la zattera é haitiana la si rimanda immediatamente indietro, nel suo paese; se è cubana no .
Dopo la crisi "dei balseros" del 1994, quando un’ondata di cubani andò verso gli Stati Uniti senza che il governo cubano applicasse nessuna restrizione, i due paesi firmarono un accordo per regolare l’immigrazione, stabilendo che gli USA avrebbero concesso ai cubani che li sollecitano 20. 000 visti l’anno. Tuttavia nel 2002 gli Stati Uniti ne rilasciarono solo 200. E nei primi 5 mesi di quest’anno ne hanno rilasciati solo 505, una quantità decrescente rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti. Con questo ritmo gli Stati Uniti non adempiranno mai gli accordi migratori, creando fra chi desidera emigrare un’atmosfera di tensione e stimolando l’emigrazione clandestina. Si da il caso che ai cubani a cui le autorità statunitensi non hanno rilasciato il visto per entrare legalmente - se lasciano Cuba con un canotto o sequestrano altri mezzi di trasporto - si concede la cittadinanza in virtù della Legge di “Ajuste Cubano”. Questa è esattamente la politica opposta a quella applicata dall’Europa per scoraggiare l’immigrazione clandestina africana e latinoamericana. L'Europa premia coloro che seguono le vie legali delle ambasciate e punisce con il rimpatrio e il rifiuto per diversi anni coloro che giungono illegalmente.
L’obiettivo degli Stati Uniti con la sua politica di inadempimento degli accordi migratori è aumentare la pressione interna e incentivare i sequestri di navi e aerei. Sicuramente se il governo cubano applicasse di nuovo la politica del 1994 dando via libera all’immigrazione senza controlli, gli USA utilizzerebbero come scusa per intervenire, l’arrivo massiccio di cubani clandestini che minacciano la sua sicurezza nazionale.
Cuba sta sopportando così la più grande spinta all’immigrazione clandestina. Nei sette mesi precedenti i processi, ci furono sette sequestri di navi aeree e di imbarcazioni cubane.
Questi sequestri, alcuni effettuati con l’uso delle armi e di ostaggi, sono considerati dalla legge internazionale atti di terrorismo e condannati dalle convenzioni internazionali. Tuttavia, in quattro di questi casi gli Stati Uniti non hanno iniziato nessun processo penale contro i sequestratori che vivono liberi in territorio statunitense.
Secondo Fidel Castro questo piano cominciò a prodursi lo stesso giorno in cui scoppiò la guerra in Iraq, approssimativamente due ore prima di iniziare l’aggressione militare, cioè, circa alle sette di sera, con il sequestro di un aereo passeggeri che volava fra Nueva Gerona (Isla de la Junventud) e l’Avana, Sei delinquenti comuni esibirono coltelli come quelli utilizzati dai sequestratori degli aerei passeggeri statunitensi contro le Torri Gemelle. Obbligarono l’aereo cubano dirottato, con 36 persone a bordo, ad atterrare a Cayo Hueso (…). Dopo pochi giorni un giudice di Miami decretò la libertà provvisoria dei sequestratori. Fatti come questi non succedevano da 9 anni, quando furono firmati gli accordi migratori tra Stati Uniti e Cuba, ed improvvisamente due ore prima dello scoppio della guerra in Iraq ricominciano ad accadere. Questa impunità ha dato inizio ad una catena di sequestri con decine di ostaggi.
La complicità degli Stati Uniti con il terrorismo dei sequestri è tale, che lo scorso 1° giugno un giudice statunitense confiscò al governo cubano e mise all’asta il DC-3 sequestrato, atterrato a Cayo Hueso e l’aereo russo AN-24 sequestrato in aprile da un uomo armato con granate .
Non solo non sono stati puniti i terroristi armati di granate che sequestrarono gli aerei civili con ostaggi, ma addirittura sono stati confiscati al proprietario, cioè il governo cubano, e sono stati venduti all’asta gli aerei oggetto dei sequestri. Questa strategia corrisponde ad un piano predeterminato che consiste nel provocare un’onda dei sequestri, una crisi migratoria, che sarebbe utilizzata come pretesto per un blocco navale che condurrebbe inevitabilmente ad una guerra. Così, cinicamente, Kevin Whitaker, capo del Settore Cuba del Dipartimento di Stato, ha avvertito l’Avana che i sequestri di aerei e d’imbarcazioni cubane costituiscono una minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti.
I comportamenti dei governi cubano e americano di fronte agli atti di sequestro di aerei sono diametralmente opposti. Mentre del totale dei 51 aerei cubani sequestrati tra il 1959 e il 2001, molti sono stati confiscati dagli Stati Uniti, un solo sequestratore è stato sanzionato, Cuba ha condannato 69 responsabili dei 71 casi di aerei sequestrati negli Stati Uniti e dirottati verso Cuba; gli altri due sono stati riconsegnati alla giustizia nordamericana.
La possibilità di un intervento nordamericano a Cuba per porre fine al suo sistema socialista è reale, come lo sono la catena di azioni ostili e terroriste, i piani di attentati contro il Presidente e le costanti violazioni della legislazione internazionale da parte degli Stati Uniti.
Dal tentativo di invasione di Playa Girón nel 1962 le azioni armate si contano a centinaia. Uno degli atti più violenti è stato l’esplosione in pieno volo di un aereo della compagnia “Cubana de Aviación” nel 1976, nelle Barbados, in cui morirono 73 persone a bordo, insieme all’ondata di attentati terroristici in centri turistici che ebbe luogo negli anni novanta, organizzata e finanziata dalla Fondazione Nazionale Cubano-Americana (FNCA) e che provocò la morte di un turista italiano.
Secondo il governo cubano, la politica terrorista nordamericana è costata a Cuba la morte di 3.478 di suoi cittadini e ha danneggiato o reso inabili 2.099 persone. Il governo degli USA ha tollerato e partecipato attivamente a centinaia di attentati contro il presidente Fidel Castro ed altri dirigenti della rivoluzione. È il responsabile del sabotaggio alla nave francese Le Coubre; dell’incendio e distruzione del negozio El Encanto; organizzò e appoggiò con le sue forze armate la fallita invasione di Playa Girón; é responsabile di numerosi attacchi pirata aerei e navali contro centri abitati indifesi, agglomerati civili; sostenne l’incendio delle piantagioni di canna da zucchero, le mitragliate su territorio cubano, l’attacco contro umili pescatori cubani e l’omicidio di combattenti della Polizia Nazionale Rivoluzionaria e Truppe Guardiacostiera.
Il governo degli Stati Uniti ha la responsabilità degli atti terroristici commessi con bombe ed esplosivi contro le missioni diplomatiche di Cuba e Portogallo, davanti all’ONU e in altri paesi, causando la morte e ferite gravi a funzionari diplomatici cubani. È responsabile della scomparsa fisica di diplomatici cubani in Argentina, e dell’assassinio di altri diplomatici nella stessa città di New York.
Queste operazioni continuano tutt’oggi. Il 26 aprile del 2002, si sgominò un attentato contro il mitico cabaret “Tropicana” mediante esplosivi che avrebbero messo in pericolo la vita di più di mille persone, secondo quanto rivela l’agente cubano infiltrato nel commando, Percy Francisco Alvarado.
Lo scorso 6 aprile il quotidiano “Sun Sentinel” della Florida, ha scritto che l’organizzazione paramilitare “Comandos-F4” si esercita con armi pesanti per realizzare azioni armate contro Cuba e per una sua possibile invasione armata.
L’atteggiamento degli Stati Uniti rispetto al terrorismo è completamente opposto a quello cubano. Cuba approvò il 20 dicembre del 2001 una legge contro gli atti terroristici che stabilisce pene severe contro coloro che utilizzano il territorio cubano per organizzare o finanziare atti contro altri paesi come gli Stati Uniti. Invece negli USA gruppi paramilitari contro Cuba continuano ad esercitarsi.
Un’altra prova del cinismo nordamericano é la detenzione di cinque cubani che scontano in prigione lunghe pene, con due ergastoli, per aver cercato di fermare gruppi terroristici dell’estrema destra esiliati a Miami che avrebbero perpetrato atti violenti contro Cuba. Conoscendo queste intenzioni, i cinque cubani informarono le autorità statunitensi e come risposta furono incarcerati e accusati di spionaggio.
E mentre succede tutto questo, i mezzi di comunicazione continuano con le loro campagne di accuse e di persecuzione contro Cuba. Si diffondono manifesti che condannano l’Isola, e trascurano quelli in cui si testimonia l' appoggio, come quello del sottoscritto insieme a più di tremila intellettuali, artisti e professionisti di 69 paesi, tra cui 4 premi nobel, sotto il titolo “Alla coscienza del mondo” .
Mentre si ventilano le critiche di José Saramago si omettono gli appoggi di Adolfo Pérez Esquivel, Noam Chomsky, Ernesto Cardenal, Mario Benedetti, Augusto Roa Bastos, Gabriel García Márquez o Rigoberta Menchú. La stampa presenta come dissidenti coloro che piazzarono le bombe negli hotels dell’Avana nel 1998 e coloro che sequestrarono aerei e navi.
Si condannano le sentenze giudiziarie cubane contro i sequestratori e si tacciono i massacri di altri governi per risolvere sequestri analoghi, come quello del teatro di Mosca, con un centinaio di morti tra ostaggi e terroristi ceceni o l’omicidio a sangue freddo per ordine di Fujimori dei sequestratori dell’ambasciata giapponese a Lima.
Da parte sua, l’Unione Europea (UE), il cui leader della politica contro Cuba è José María Aznar, ha dimostrato più che mai la sua ipocrisia e la sua ambiguità verso l’Isola. Coloro che non si sono pronunciati sulla violazione del diritto internazionale per l’invasione in Iraq, coloro che non hanno mai condannato la pena di morte contro minorenni, malati mentali e stranieri a cui non si concede assistenza consolare pur avendone diritto. Le 71 esecuzioni eseguite negli Stati Uniti lo scorso anno non sono mai state citate, ma ora tutte queste persone contestano Cuba.
L’UE si appella alle autorità cubane per evitare ai prigionieri inutili sofferenze e per non sottoporli a trattamenti disumani, mentre si gira dall’altra parte di fronte a più di 600 prigionieri nel campo di concentramento di Guantanamo, dove ci sono anche alcuni prigionieri di nazionalità europea, torturati, senza diritto ad un’assistenza legale e senza visite da parte dei familiari. Una UE che tace sulle migliaia di detenuti rinchiusi nelle prigioni degli Stati Uniti dopo gli attentati dell’11 settembre per il solo reato di essere musulmani, senza garanzie legali, senza processi e senza avere neanche pubblicato i loro nomi.
Misure di punizioni diplomatiche, sospensioni di accordi commerciali e di cooperazione, cancellazioni di visite governative bilaterali, riduzione delle partecipazioni degli Stati Europei agli eventi culturali, inviti ai dissidenti cubani nelle ambasciate all’Avana. Queste sono le risposte dell’UE contro un paese che esige solo il rispetto della Carta delle Nazioni Unite, in cui si riconosce il diritto di Cuba a scegliere il suo sistema politico, il rispetto al principio di uguaglianza tra gli Stati e il diritto alla libera autodeterminazione dei popoli.
Il divorzio tra l’opinione pubblica ed i governi allineati agli Stati Uniti non è mai stato tanto evidente come nel caso di Cuba.
Mentre la gran maggioranza dei presidenti applica le politiche dettate da Bush, le manifestazioni di appoggio e solidarietà con Cuba si succedono spontaneamente dovunque vadano i rappresentanti del governo cubano. Tutti questi governi e in special modo quello degli Stati Uniti, devono sapere che i loro atti di aggressione e assedio contro Cuba non sono condivisi dai loro popoli. Questi popoli devono denunciare e affrontare una campagna internazionale che cerca di legittimare un intervento militare in nome della democrazia e dei diritti umani e che può solo portare morte e distruzione.