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Orlando Oramas Leon –inviato speciale- Ginevra (PL) 4 aprile 2005
Gli USA muovono le loro pedine verso la Commissione dei Diritti Umani (CDH) per tentar la ripetizione di una risoluzione anticubana. Questo proposito giustifica il viaggio di alti funzionari per far pressione sui membri di questo foro dell’ONU.
Quasi 50 membri integrano la delegazione statunitense presso la CDH. Ufficialmente sono a capo il senatore Rudolph E. Boschwitz e l’ambasciatore Kevin E. Moley, ma anche include importanti funzionari nel suo elenco.
Ormai ci è passato il sottosegretario consulente del Dipartimento della Difesa, Matthew Waxman, a carico degli affari dei detenuti dagli USA nella guerra antiterrorista.
Waxman ha portato la missione di compensare le denunce sulle torture commesse dai soldati nordamericani nell’Iraq e la base che occupano nel territorio cubano di Guantanamo.
Va ricordato che l’anno scorso Cuba ha proposto alla Commissione di investigare i soprusi contro circa 600 prigionieri di circa 40 nazionalità che il Pentagono mantiene dietro le sbarre nel sud-est della Maggiore delle Antille. La missione statunitense a Ginevra teme che il tema risuoni nuovamente.
Proprio Waxman è molto coinvolto in ciò che capita a Guantanamo e Abu Ghraib, perché tra le sue responsabilità figurano i temi della sicurezza nei quali l’amministrazione Bush persiste a includere quei detenuti.
È l’argomento per non rispettare la loro condizione di prigionieri di guerra, giustificare la reclusione indefinita e negare diritti riconosciuti internazionalmentte.
Per significativa maggioranza la missione degli USA nel 61º periodo di sessioni di questo foro è più la numerosa dei 53 membri e del resto dei paesi osservatori rappresentanti.
Altro a mostrare le credenziali è stato il sottosegretario aggiunto del Dipartimento di Stato, Mark Logan, che ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha ribadito la decisione di imporre una risoluzione contro Cuba nel tema dei diritti umani.
Abbastanza povera è stata la risposta dei mass media alla convocazione. Un corrispondente straniero accreditato lo ha attribuito a che "si tratta dello stesso".
Logan ha espresso la sua fiducia nel che il progetto riceva i voti necessari per estendere il mandato di Christine Chanet, rappresentante personale dell’Alta Delegata, che l’Avana ignora perché lo ritiene frutto delle pressioni di Washington.
La sua dichiarazione è stata interpretata come parte della preoccupazione per un risultato chiuso, nel mezzo di voci tra i rappresentati della stampa riferite ai cambiamenti nel voto di alcuni paesi che ufficialmente non è stato possibile confermarli o smentirli.
In principio il progetto ha subito un rovescio. Gli USA hanno dovuto presentarlo come proprio, a differenza di altri anni in cui sono riusciti a che altri governi lo facessero per mascherare la mano nordamericana nella sua paternità e promozione.
Recentemente il ministro degli Esteri cubano, Felipe Pérez Roque, ha denunciato che per gli USA è vitale raggiungere un’altra volta la manovra a Ginevra a scopo di giustificare il blocco a Cuba.
Una proposta di risoluzione presentata da Cuba contro quella politica che si estende per più di 45 anni, ha ricevuto il voto a favore di 179 paesi nell’Assemblea Generale dell’ONU, lasciando praticamente in solitario gli USA.
Tuttavia, la risoluzione della Casa Bianca è stata decisa l’anno scorso per appena un voto di differenza dopo le pressioni che hanno incluso un’ampia mobilitazione dal Dipartimento di Stato, le ambasciate in diverse latitudini e la pressione personale in questo foro.
L’elenco nordamericano anche include Michael Kozak, sottosegretario di Stato per le questioni di democrazia e diritti umani, uno dei principali artiglieri negli attacchi contro l’Avana e Caracas, chi sicuramente avrà nuovamente un ruolo protagonista nella campagna anticubana.
Un’altro che si annuncia con grande risonanza, anche se non può far parte dell’elenco ufficiale della delegazione degli USA, è l’ambasciatore ceco in quel paese, Martin Palous. Essendo vice-ministro agli Esteri di Praga, Palous ha presentato una volta il piano di Washington contro Cuba nella CDH.
In franca sintonia ormai si lasciano vedere membri dei gruppi controrivoluzionari che dal sud della Florida cospirano con l’amministrazione Bush per tentar di abbattere il processo politico nell’Isola.
Anche alcuni che dicono di rappresentare i cosiddetti gruppi di dissidenti.
Sono, nell’opinione di Cuba, quelli che incassano la maggiore fetta nei fondi milionari destinati dalla Casa Bianca per la cosiddetta transizione, con la quale aspirano a riconquistare proprietà e poteri, e per il quale alcuni a Miami hanno chiesto "24 ore di grazia per uccidere".
Questa volta però hanno avuto una sorpresa. Per i corridoi di questa sede si allenano altri cubanoamericani giunti con un proposito totalmente opposto che hanno già denunciato il rincrudimento delle restrizioni di Bush contro i viaggi e le rimesse familiari verso la vicina isola.
"Abbiamo deciso di venire perché non potevamo aspettare più per far sapere alla Commissione e al mondo le crudeli misure di Bush contro la famiglia cubana", ha affermato a PL un’attivista di un gruppo che riunisce donne cristiane a Miami contro simili disposizioni.
Il 14 o il 15 aprile è prevista la votazione del progetto anticubano.
Washington affretta tutti i meccanismi di pressione e muove risorse anticubane e tesse le sue trame. La CDH diventa nuovamente lo scenario di una battaglia imposta dagli USA, che toglie credibilità a quell’organo dell’ONU.