La blogger cubana Yoani Sánchez rappresenta oggi la nuova dissidenza
politica di fronte al regime di Fidel Castro.
Il suo sito internet in 18
lingue impressiona ma se si misura la sua frequentazione in visite si
rimane sconcertati. Yoani Sánchez ha ricevuto vari premi letterari o
politici da paesi occidentali.
Tuttavia, i testi che scrive sono pieni di
contraddizioni e la sua biografia è confusa. Soprattutto, il suo sito
internet conta sull'assistenza di potenti mezzi tecnici e di deroghe
amministrative negli Stati Uniti, questo lascia apparire un grande
appoggio logistico made in USA dietro il quale si presenta falsamente come
un'iniziativa individuale e spontanea.
Il
7 novembre 2009, i mezzi
occidentali hanno dedicato ampi spazi alla blogger cubana Yoani Sánchez
(vedere il suo sito internet). La notizia proveniente da La Habana
sull’alterco tra la dissidente e le autorità cubane ha fatto il giro del
mondo e ha eclissato il resto dell'attualità. [1]
La Sánchez ha raccontato dettagliatamente la sua sventura nel suo blog e
sulla stampa. Così, ha affermato che era stata arrestata in compagnia di
tre amici da “tre robusti sconosciuti” in un “pomeriggio carico di botte,
grida e insulti”. [2]
Ha spiegato, quindi, la sua storia che assomiglia a un autentico calvario:
“Gli stessi 'aggressori' hanno chiamato una pattuglia che ha portato
via me e altri due che mi accompagnavano […]. mi sono rifiutata di salire
sulla brillante Geely ed […] è arrivata una raffica di colpi, spintoni, mi
hanno caricato con la testa in giù e hanno cercato di infilarmi in
macchina. Mi sono aggrappata alla portiera… colpi sulle nocche… sono
riuscita a togliergli una carta che uno di essi teneva in tasca e me la
sono messa in bocca. Un'altra raffica di colpi affinché restituissi loro
il documento.
Dentro c’era già Orlando, immobilizzato con una mossa di karatè che lo
teneva con la testa incollata al pavimento. Uno mi ha messo il ginocchio
sul petto e l'altro, dal sedile anteriore mi picchiava nella zona dei reni
e mi batteva la testa affinché aprissi la bocca e lasciassi andare la
carta. Per un momento, ho sentito che non sarei mai uscita da quell'auto.
'Fino a qui sei arrivata Yoani', 'sono finite le pagliacciate' ha detto
quello che era seduto di fianco all'autista e che mi tirava i capelli. Nel
sedile di dietro aveva luogo un singolare spettacolo: le mie gambe verso
l'alto, il mio viso arrossato dalla pressione e il corpo dolorante, di
fianco c’era Orlando malridotto da un professionista delle bastonate. A
questo, sono solo riuscita per caso a afferrargli i testicoli – attraverso
i pantaloni - in un atto di disperazione. Ho affondato le unghie, pensando
che avrebbe continuato a schiacciarmi il petto fino all'ultimo respiro.
'Ammazzami dai' gli ho gridato, con l'ultimo fiato che mi rimaneva e
quello che stava davanti ha ammonito il più giovane 'Lasciala respirare'.
Ascoltavo Orlando ansimare e i colpi continuavano a cadere su di noi, ho
preso in considerazione di aprire la portiera e buttarmi fuori, ma non
c'era una maniglia da usare da dentro. Eravamo alla loro mercé e sentire
la voce di Orlando mi dava coraggio. In seguito, egli mi ha detto che gli
succedeva la stessa cosa con le mie parole strozzate… che gli dicevano 'Yoani
è ancora viva'. Ci hanno lasciati annientati e doloranti sulla strada
della Timba, una donna si è avvicinata ' Che cosa vi succede?'… 'Un
sequestro', ho azzardato a dire.
Piangiamo abbracciati in mezzo al marciapiede, pensavo a Teo, per Dio come
gli spiego tutte queste traversie. Come posso dirgli che vivo in un paese
dove succede questo, come posso guardarlo e raccontargli che a sua madre,
per il fatto di scrivere in un blog e mettere le sue opinioni in kilobyte,
l'hanno violentata in piena strada. Come descrivergli il viso dispotico di
quelli che ci hanno fatto salire a forza su quell'auto, il piacere che si
notava in loro nel picchiarci, nel tirarmi su la gonna e trascinarmi
seminuda fino all'auto. “[3]
Gli Stati Uniti d'America (dove Yosvanis Valle, un cittadino cubano di 34
anni, era stato giustiziato 48 ore prima, portando a 42 il numero di
esecuzioni dell'anno 2009 [4]) hanno dichiarato la loro profonda
preoccupazione, attraverso il portavoce del Dipartimento di Stato Ian
Nelly. “Continueremo a interessarci della salute di Yoani Sánchez e del
suo accesso alle cure mediche”. [5]
1. Contraddizioni
Le parole di Yoani Sánchez sono terrificanti e suscitano immediatamente la
simpatia e la comprensione del lettore verso la vittima.
Ciò nonostante, è inevitabile segnalare alcune contraddizioni che gettano
un'ombra sulla credibilità da tale racconto.
Il 9 novembre 2009, tre giorni dopo la sua disavventura, Yoani Sánchez ha
ricevuto nella sua casa la stampa straniera per raccontare l’incidente.
Prima sorpresa per i giornalisti, riferita dal
corrispondente della
BBC a La Habana
Fernando Ravsberg: nonostante “i colpi e gli spintoni”, i “colpi sulle
nocche”, la nuova “raffica di colpi”, il “ginocchio sul [suo] petto”, i
colpi “ai reni e […] alla testa”, “i capelli” tirati, il “viso arrossato
per la pressione e il corpo indolenzito”, “i colpi [che] continuavano a
cadere e “tutti queste traversie” che ha evocato la blogger cubana, [6]
Ravsberg ha notato che la Sánchez “non ha ematomi, segni o cicatrici”. [7]
Le immagini del canale statunitense CNN, che pure ha intervistato la
blogger, confermano le parole del giornalista britannico.
Inoltre, il corrispondente della CNN prende precauzioni verbali e insiste
nella sofferenza “apparente” della Sánchez (usa una stampella per
muoversi) [8]
Secondo l'Agenzia France Presse che racconta la storia
chiarendo con attenzione che si tratta della versione della Sánchez con il
titolo “Cuba: la blogger Yoani Sánchez dice essere stata percossa e
fermata brevemente”, la blogger “non è stata ferita”. [9]
Interrogata al riguardo dalla BBC, Yoani Sánchez cerca di spiegare questa
contraddizione. Secondo lei, i segni e gli ematomi sul viso e nel corpo
sono realmente esistiti, ma sono spariti. “Per tutto il fine settimana ho
avuto lo zigomo e il sopracciglio infiammati”. Tutti i segni sono spariti…
il lunedì mattina con l'arrivo del primo giornalista straniero. Invece,
ematomi e “vari segni” rimangono, afferma, ma… “soprattutto sulle natiche,
purtroppo non posso mostrarli”, ha spiegato. [10]
La Sánchez non ha precisato le ragioni per le quali non si è degnata di
fotografare gli ematomi e i segni immediatamente dopo l'incidente, quando
erano visibili, la qual cosa avrebbe costituito una prova irrefutabile
della violenza della polizia contro di lei. Quanto ai capelli strappati,
questo fatto non è assolutamente visibile nelle foto e nei video, la sua
spiegazione è semplice: “Ho perso molti capelli ma in questa abbondante
chioma non si nota”. [11]
Nel suo blog e in un'intervista alla radio, la Sánchez parla di “sequestro
nel peggiore stile della camorra siciliana”, dando l'impressione di essere
stata fermata per varie ore. [12] Orbene, nella sua intervista alla BBC,
quando il giornalista insiste e chiede precisazioni, la blogger confessa
che in realtà l'incidente è durato in totale 25 minuti. D'altra parte, la
Sánchez afferma che il fermo è successo alla piena luce del giorno, di
fronte a una fermata di autobus piena di gente.
Ciò nonostante, la stampa occidentale non è riuscita a trovare un solo
testimone, neanche anonimo, per confermare le parole della blogger e
documentare così la veridicità delle sue affermazioni. [13] Analogamente,
nessuna delle persone che accompagnavano Yoani Sánchez ha voluto
rispondere alle richieste di interviste dei media occidentali,
indirizzandoli verso la blogger, incaricata di parlare a nome di tutti.
D'altra parte, sembra sorprendente e illogico che le autorità di La Habana
abbiano deciso di maltrattare pubblicamente una dissidente tanto
‘mediatica’ come Yoani Sánchez, sapendo con assoluta certezza che un
simile atto avrebbe scatenato immediatamente un scandalo internazionale. A
priori, esistono altri mezzi molto più efficaci e discreti per intimorire
gli oppositori.
Infine, la Sánchez cade in nuove contraddizioni quando cerca di chiarire
alcuni lati oscuri della sua testimonianza. Così, ha spiegato che la sua
resistenza sarebbe dovuta al fatto che gli agenti, in borghese, “non
avevano mostrato nulla che li identificasse come autorità, mi sarei
comportata in modo diverso se fossero stati in uniforme. Ho chiesto loro
che facessero venire un poliziotto, hanno chiamato ed è arrivata una
pattuglia di polizia che si è portata via le altre due ragazze e ha
lasciato Orlando e me nelle mani degli altri”. [14] Quindi, nel suo blog,
assicura che la polizia è arrivata all'inizio del controllo, ma ciò non le
avrebbe impedito di resistere a quello che somiglia sempre di più a un
controllo di identità fatto da poliziotti in borghese che a un linciaggio
pubblico.
Insomma, nessun elemento permette di confermare le parole di Yoani Sánchez,
non è disponibile nessun'altra testimonianza, nemmeno quelle delle persone
che l'accompagnavano. Allora bisogna fidarsi solo della versione della
blogger, che è piena di contraddizioni. In presenza di questi elementi, è
impossibile non mettere in dubbio le affermazioni della famosa blogger
cubana.
È necessario fare un paragone. La stampa occidentale ha concesso, in
appena 72 ore, più spazio a Yoani Sánchez e al suo incidente con le
autorità che a tutti i crimini che ha commesso (più di un centinaio di
assassini, altrettanti di casi di sparizioni e innumerevoli atti di
tortura e di violenza) la dittatura militare che il
golpista Roberto Micheletti
dirige dal 27 giugno 2009.
Decisamente, la Sánchez non è una semplice blogger critica di un sistema
come lei stessa afferma.
2. Il fenomeno Yoani Sánchez
Yoani María Sánchez Cordero è un'abitante di La Habana nata nel
1975, apparentemente laureata in Filologia dall'anno 2000, come annuncia
nel suo blog. Sussiste un dubbio al riguardo perché durante il suo
soggiorno nella Svizzera Tedesca due anni dopo, quando si iscrisse presso
le autorità consolari, dichiarò un livello “preuniversitario” come
dimostrano gli archivi del consolato della Repubblica di Cuba a Berna.
[15] Così, dopo avere lavorato nel campo editoriale e fatto lezioni di
spagnolo ai turisti , decise di abbandonare il paese in compagnia del suo
figliolo.
Il 26 agosto 2002, dopo essersi sposata con un tedesco chiamato Karl, di fronte alla “delusione e l'asfissia economica” che regnava a
Cuba, emigrò in Svizzera con un “permesso di viaggio all’estero” valido
per undici mesi. [16]
Curiosamente, scopriamo che dopo essere fuggita da “un'immensa prigione
con muri ideologici” [17], per riprendere le parole che usa per riferirsi
al suo paese di nascita, due anni dopo, durante l'estate 2004, decise di
lasciare il paradiso svizzero - una delle nazioni più ricche del mondo -
per tornare alla “barca che fa acqua al punto da naufragare” come
qualifica metaforicamente l'Isola. [18]
Di fronte a questa nuova
contraddizione, la Sánchez spiega che ha scelto di tornare nel paese dove
regnano “le urla del despota”, [19] dove “Esseri delle ombre, che come
vampiri si alimentano della nostra allegria umana, ci inoculano la paura
tramite i colpi, le minacce, il ricatto”, [20] “per motivi familiari e
contro l'opinione di conoscenti e amici”. [21]
Quando si legge il blog di Yoani Sánchez, dove la realtà cubana viene
descritta in modo apocalittico e tragico, uno ha l'impressione che il
purgatorio, in confronto, sia uno stabilimento balneare, e che solo il
caldo asfissiante dell'anticamera dell'inferno dia un'idea di quello che
vivono i cubani. Non appare nessun aspetto positivo della società cubana.
Si raccontano solo aberrazioni, ingiustizie, contraddizioni, difficoltà.
Quindi, il lettore ha difficoltà a capire perché una giovane cubana abbia
deciso di lasciare la ricchissima Svizzera per ritornare a vivere in
quello lei paragona all'inferno di Dante dove “le tasche si svuotavano, la
frustrazione cresceva e la paura regnava”. [22]
Nel suo blog, i commenti
dei suoi sostenitori stranieri fioriscono al riguardo: “Non capisco il tuo
ritorno Perché non hai dato un futuro migliore a tuo figlio?”, “Cara amica
vorrei sapere il motivo per il quale hai deciso di ritornare a Cuba”. [23]
Per converso, alcuni dei suoi compatrioti che vivono nell'estero, delusi
dal sistema di vita occidentale, le comunicano anche il loro desiderio di
tornare a vivere a Cuba: “Ritornerò, vivo a Miami da 7 anni […] e a volte
mi chiedo anche se sia valsa la pena dell'esilio fisico”, “Mi manca la mia
gente […] . Un giorno o l’altro lo farò, ritornerò a casa con mio marito
tedesco - un altro matto che è d’accordo di richiedere la residenza là”,
“Perché sei tornata?…solitudine, nostalgia, rimpianto del passato. [Dopo,
riferendosi al mondo occidentale] facce strane, gente triste e arrabbiata
con il resto dell'umanità senza sapere perché, politici ugualmente
corrotti e molti giorni grigi. Non è necessario che spieghi niente. Da 14
anni non ci sono soli nella mia mappa del tempo”, “Ho inoltrato
[l'informazione] a mio papà che vive fuori da Cuba, che ha in progetto di
ritornare”. [24]
Una delle due, o Yoani è fuori di testa per aver deciso
di lasciare la Perla d'Europa e ritornare a Cuba, o la vita nell'Isola non
è tanto drammatica come lei la descrive.
In un intervento nel suo blog nel luglio 2007, Yoani ha raccontato
dettagliatamente l'aneddoto del suo ritorno a Cuba. “Tre anni fa […] a
Zurigo […], ho deciso di ritornare e restare nel mio paese”, ha
annunciato, sottolineando che si trattava di “una semplice storia del
ritorno di un emigrante al suo luogo di origine”. “Comprammo biglietti di
andata e ritorno” per Cuba. Quindi la Sánchez ha deciso di rimanere nel
paese e di non ritornare in Svizzera. “I miei amici hanno creduto che
stessi facendo loro uno scherzo, mia mamma si e rifiutata di accettare che
sua figlia non vivesse più nella Svizzera del latte e del cioccolato”. Il
12 agosto 2004, la Sánchez si presentò all'ufficio di immigrazione
provinciale di La Habana per spiegare il suo caso. “Tremenda sorpresa
quando mi dissero, chiedi chi è l’ultimo della fila di quelli 'che
tornano' […] . Cosicché trovai, all'improvviso, altri 'matti' come me,
ognuno con la sua atroce storia di ritorno”. [25]
In effetti, il caso della Sánchez è lungi dall’essere un caso isolato,
come illustrano questo aneddoto e i commenti lasciati nel suo blog. Un
numero sempre maggiore di cubani che hanno scelto di emigrare all’estero,
dopo avere affrontato numerose difficoltà di adattamento e aver scoperto
che l’ “El Dorado” occidentale non brillava tanto quanto avevano
immaginato e che i privilegi dei quali godevano in casa non esistevano da
nessun’altra parte, decidono di ritornare a vivere a Cuba.
Invece, Yoani Sánchez omette di raccontare le vere ragioni che l’hanno
indotta a ritornare a Cuba, oltre i motivi familiari che ha citato (motivi
che sua madre apparentemente non ha condiviso, visto la sua sorpresa). Le
autorità cubane le hanno concesso un trattamento di favore per ragioni
umanitarie, permettendole di recuperare il suo status di residente
permanente a Cuba, malgrado fosse stata più di 11 mesi fuori del paese.
In realtà, il soggiorno in Svizzera fu lungi dall’essere tanto idilliaco
come aveva previsto. La Sánchez scoprì un sistema di vita occidentale
completamente diverso da quello al quale era abituata a Cuba, dove,
nonostante le difficoltà e le vicissitudini quotidiane, tutti i cittadini
dispongono di un'alimentazione relativamente equilibrata malgrado la
libreta de abastecimiento e le carenze, di accesso all'attenzione medica e
all'educazione, alla cultura e al tempo libero gratuito, di un'abitazione
e di un ambiente sicuro (la criminalità è molto bassa nell'Isola).
Cuba è forse l'unico paese del mondo dove è possibile vivere senza
lavorare (la qual cosa non è sempre positiva).
In Svizzera, la Sánchez ha avuto enormi difficoltà per trovare un lavoro e
vivere decentemente e, disperata, ha deciso di ritornare al paese e
spiegare le ragioni di ciò alle autorità. Secondo queste, la Sánchez
avrebbe supplicato piangendo i servizi di immigrazione che le concedessero
una dispensa speciale per la revoca del suo status migratorio, e glielo
hanno concesso. [26]
Yoani Sánchez ha deciso di occultare accuratamente questa realtà.
3. La ciberdissidenza
Nell’aprile 2007, Yoani Sánchez decise di far parte dell'universo
dell'opposizione a Cuba fondando il suo blog Generación Y.
Dimenticandosi della magnanimità delle autorità verso di lei quando era
ritornata a Cuba nel 2004, diventa così un'acerrima detrattrice del
Governo di La Habana. Le sue critiche sono aspre, poco sfumate e a senso
unico. Presenta un panorama apocalittico della realtà cubana e accusa le
autorità di essere responsabili di tutti i mali. Non evoca mai, nemmeno un
solo istante, il particolare contesto geopolitico nel quale si trova Cuba
dal 1959.
Esistono centinaia di blog a Cuba.
Vari di essi denunciano in maniera incisiva alcune aberrazioni della
società cubana. Ma la messa a fuoco è molto più sfumata e l'informazione
meno parziale.
Tuttavia la stampa occidentale ha scelto il blog manicheo della Sánchez.
[27]
Secondo la blogger, a Cuba, “sono naufragati il processo, il sistema, le
aspettative, le illusioni. [È un] naufragio [totale]”, prima di concludere
con questa metafora lapidaria: “la barca è affondata”. Per lei, è evidente
che Cuba deve cambiare orientamento e governo: è necessario “cambiare il
timoniere e tutto l'equipaggio” [28] a fine di elaborare “un capitalismo
sui generis”. [29]
La Sánchez è una persona sagace che ha compreso perfettamente che poteva
prosperare rapidamente con questo tipo di discorso apprezzato dalla stampa
occidentale. Ha negoziato un tacito accordo con le multinazionali della
comunicazione e dell’informazione.
Poiché, affinché la stampa occidentale conceda lo status di “blogger
indipendente” e per godere di un certo spazio mediatico, è imprescindibile
pronunciarsi contro il sistema e contro il governo ed esigere un
cambiamento radicale e più concretamente il ritorno a un capitalismo
d’impresa privata, e non limitarsi a denunciare alcune aberrazioni del
sistema.
Come corroborare l'affermazione di collusione tra la Sánchez e le potenze
mediatiche? Alla luce dei fatti. Appena alcune settimane dopo la nascita
del suo blog, la stampa occidentale lanciò una straordinaria campagna di
promozione al riguardo, presentandola come la blogger che osava sfidare al
regime e le limitazioni alla libertà di espressione. Un'altra volta, i
mezzi occidentali non si sono resi conto delle proprie contraddizioni. Da
una parte, non smettono di ripetere che è assolutamente impossibile per
qualunque cubano fare un discorso eterodosso nell'Isola che è proibito
esporre la minima critica sul governo o perfino allontanarsi dalla linea
ufficiale, a rischio di finire in prigione. D'altra parte, lodano
l'ingegno di Yoani Sánchez la cui principale attività è criticare le
politiche governative, con una libertà di tono che farebbe impallidire di
invidia gli oppositori del mondo intero, senza che le autorità la
disturbino. [30]
Così, dopo appena un anno di esistenza, mentre esistono decine di blog più
antichi e non meno interessanti di quello della Sánchez, il 4 aprile 2008,
la blogger cubana ha ottenuto il Premio di Giornalismo Ortega e Gasset, di
15000 euro, concesso dal giornale spagnolo El País. Di
solito, questo premio viene concesso a prestigiosi giornalisti o scrittori
con una lunga carriera letteraria. È la prima volta che lo ottiene una
persona con il profilo della Sánchez. [31] Analogamente, la blogger cubana
è stata selezionata tra le 100 persone più influenti del mondo dalla
rivista Time (2008), in compagnia di George W. Bush, Hu
Jintao e il Dalai Lama. [32]
Il suo blog è stato inserito nella lista dei 25 migliori blog del mondo
dalla catena CNN e dalla rivista Time (2008) e
ha vinto anche il premio spagnolo Bitacoras.com così come il
The Bob's (2008). [33] Il 30 novembre 2008, il giornale
spagnolo El País l'ha inclusa nella sua lista delle 100
personalità ispano-americane più influenti dell'anno (lista nella quale
non appaiono né Fidel Castro, né Raúl Castro). [34] La rivista
Foreign Policy ha fatto di meglio nel dicembre 2008, includendola
tra i 10 intellettuali più importanti dell'anno. [35] La rivista messicana
Gato Pardo ha fatto la stessa cosa nel 2008. [36] La
prestigiosa università statunitense di Columbia le ha concesso il premio
María Moors Cabot. [37] E l’elenco è lungo. [38]
Ciò nonostante, Yoani Sánchez, come riconosce con franchezza: “La rivista
Time mi ha messo nella sua lista di persone influenti del
2008 insieme a novantanove persone famose. Me che non sono mai salita su
un palco, né su una tribuna e che i miei i vicini non sanno se ‘Yoani’ si
iscrive con ‘h’ nel mezzo o con ‘s’ finale. (…) Adesso mi manca solo la
vanità di immaginare che gli altri iscritti si stiano domandando 'chi è
questa sconosciuta blogger cubana che ci accompagna'?.” [39]
Senza volerlo, la Sánchez ha messo la rivista Time di fronte a un'enorme
contraddizione:
Come può una blogger sconosciuta ai suoi stessi vicini essere compresa tra
le 100 personalità più influenti del mondo? È innegabile che qui,
includendo la Sánchez, la rivista statunitense ha privilegiato i criteri
politici e ideologici, il che proietta un'ombra sulla credibilità della
classificazione. Questo vale anche per le altre classifiche.
4. Le condizioni di vita di Yoani
Sánchez
Ennesima contraddizione. La stampa occidentale, raccontando le parole
della Sánchez, non smette di ripetere che i cubani non hanno accesso ad
Internet, senza spiegare come la blogger possa scrivere quotidianamente
nel suo blog da Cuba. Grande è stata la sorpresa dei 200 giornalisti
internazionali accreditati alla
Fiera Internazionale del Turismo
a Cuba, quel mercoledì 6 maggio 2009, quando hanno scorto la Sánchez
tranquillamente installata nell'atrio di un lussuoso hotel (del Parque
Central Martì dell'Avana) entrare in Internet, quando il prezzo della
connessione è proibitivo persino per un turista straniero. [40] - (N.B -
Tra i suddetti 200 giornalisti c'era anche l'italiano Gianfranco Ginestri).
Due domande sorgono, inevitabili: Come può Yoani Sánchez collegarsi a
Internet a Cuba quando la stampa occidentale non smette di ripetere che
non ha accesso ad esso? Da dove viene il denaro che le permette di avere
un tenore di vita che nessun altro cubano può permettersi, quando
ufficialmente non dispone di nessuna fonte di entrate?
Nel 2009, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha ordinato la
chiusura di oltre ottanta siti
Internet
relazionati con
Cuba che fomentavano il commercio e violavano così la legislazione sulle
sanzioni economiche. Curiosamente, il sito di Yoani Sánchez è stato chiuso
mentre propone l'acquisto del suo libro in italiano, oltre tutto tramite Paypal, sistema che nessun cubano che vive a Cuba può
utilizzare a causa delle sanzioni economiche (che proibiscono, tra
l’altro, il commercio elettronico). Allo stesso modo, la Sánchez dispone
di un Copyright per il suo blog “© 2009 Generación Y - All
Rights Reserved”. Nessun altro blogger cubano può fare la stessa cosa per
le leggi del blocco. Come si spiega questo fatto unico? [41]
Anche altre domande hanno bisogno di una risposta. Chi c’è dietro il sito
della Sánchez desdecuba.net il cui server è ospitato in
Germania dall'impresa Cronos AG Regensburg (che ospita anche
siti Internet di estrema destra), e registrato sotto il nome di Josef
Biechele? Si scopre anche che la Sánchez ha fatto la registrazione del suo
dominio mediante l'impresa statunitense GoDady la cui
principale caratteristica è l'anonimato. La usa anche il Pentagono per
registrare siti con tutta la discrezione necessaria.
Come può Yoani
Sánchez, una blogger cubana che vive a Cuba, registrare il suo sito
mediante un'impresa statunitense quando la legislazione sulle sanzioni
economiche lo proibisce formalmente? [42]
D'altra parte, il sito Generción Y di Yoani Sánchez è
estremamente sofisticato, con entrate per Facebook e
Twitter. Inoltre, riceve 14 milioni di visite al mese ed è l'unico
che è disponibile in non meno di…18 lingue (inglese, francese, spagnolo,
italiano, tedesco, portoghese, russo, sloveno, polacco, cinese,
giapponese, lituano, ceco, bulgaro, olandese, finlandese, ungherese,
coreano e greco). Nessun altro sito del mondo, perfino quelli delle più
importanti istituzioni internazionali come per esempio le Nazioni Unite,
la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l'OCSE o l'Unione
Europea, dispone di tante versioni linguistiche. Nemmeno il sito del
Dipartimento di Stato degli Stati Uniti né quello della CIA dispongono di
una tale varietà. [43]
Un altro aspetto sorprendente. Il sito che alloggia il blog della Sánchez
dispone di una larghezza di banda che è 60 volte superiore a quello di cui
dispone Cuba per tutti i suoi utenti di Internet! Altre domande sorgono
inevitabilmente al riguardo: chi amministra quelle pagine in 18 lingue?
Chi paga gli amministratori? Quanto? Chi paga i traduttori che lavorano
quotidianamente sul sito della Sánchez? Quanto? Inoltre, la gestione di un
flusso di più di 14 milioni di visite mensili costa enormemente. Chi paga
tutto questo? [44]
Yoani Sánchez ha perfettamente il diritto di esprimersi liberamente e di
emettere critiche virulente verso le autorità di La Habana – e non si
priva di farlo - sulle difficoltà quotidiane reali a Cuba. Non può né deve
essere criticata per questo. Invece, commette una grave ipocrisia
intellettuale quando si presenta come una semplice blogger e afferma che
il suo unico obiettivo è esercitare onestamente il suo dovere di
cittadina.
Il suo accanimento meticoloso per oscurare sistematicamente la realtà,
evocare solo gli aspetti negativi, decontestualizzare le problematiche,
ignorare metodicamente l'ambiente geopolitico nel quale si trova Cuba,
particolarmente nella sua relazione con gli Stati Uniti e l'imposizione
implacabile di sanzioni economiche che condizionano la vita di tutti i
cubani, ricorrere a bugie come è stato facilmente verificabile nel caso
della presunta “aggressione”, tendono a squalificarla. Il suo ruolo è
innanzitutto quello di corteggiare una certa compagine fermamente opposta
al processo rivoluzionario cubano e non quello di rappresentare fedelmente
la realtà cubana nella sua complessità.
Un altro fatto unico: il presidente statunitense Barack Obama ha risposto
a un'intervista di Yoani Sánchez. Così, mentre gli Stati Uniti affondano
sempre di più in una crisi economica senza precedenti, mentre la battaglia
a favore della riforma del sistema sanitario diventa sempre più difficile
e i temi afgano e iracheno sono sempre più caldi, nonostante l'agenda
straordinariamente fitta della presidenza, il tema estremamente sensibile
delle
sette basi militari statunitensi installate
in Colombia
che suscitano la riprovazione continentale, il
colpo di Stato in Honduras
nel quale Washington è gravemente implicata, le centinaia di richieste di
interviste dei mezzi di stampa più importanti del mondo in attesa, Barack
Obama ha lasciato da parte tutto questo per rispondere alle domande della
blogger cubana. [45]
Nella sua intervista, la Sánchez non ha mai chiesto la fine delle sanzioni
economiche che colpiscono tutti i settori della società cubana iniziando
dai più vulnerabili (donne, bambini e anziani) che costituiscono il
principale ostacolo allo sviluppo del paese e che sono respinte
dall’l'immensa maggioranza della comunità internazionale
(187 paesi nel voto nelle Nazioni
Unite in ottobre di 2009) per il loro carattere
anacronistico, crudele e inefficace. Al contrario, riprende esattamente la
retorica di Washington al riguardo: “La propaganda politica ci dice che
viviamo in un luogo assediato, di un David di fronte a Golia e del ‘vorace
nemico’ o che sta per lanciarsi su noi”.
Le sanzioni economiche, che lei qualifica come semplici “restrizioni
commerciali”, sono “tanto inutili e anacronistiche”, [46] non perché hanno
conseguenze drammatiche per la popolazione cubana, bensì perché sono
“usate come giustificazione allo stesso modo per i danni alla produzione
che per reprimere quelli che pensano in modo diverso”. [47] Si tratta
esattamente degli stessi argomenti evocati dalla rappresentante degli
Stati Uniti alle Nazioni Unite in ottobre del 2009 per giustificare il
mantenimento dello stato d’assedio che Washington impone a Cuba dal 1960,
senza spiegare perché 187 paesi del mondo si prestano ogni anno da 18 anni
a quello che lei qualifica come “propaganda politica”. [48]
Alla luce di questi elementi, risulta impossibile che Yoani Sánchez sia
una semplice blogger che denuncia le difficoltà di un sistema. Potenti
interessi si nascondono dietro la cortina di fumo che costituisce
Generación Y che rappresenta una formidabile arma nella guerra
mediatica che gli Stati Uniti fanno contro Cuba. Yoani Sánchez ha compreso
perfettamente che l'obbedienza ai potenti si ricompensa generosamente (più
di 100000 dollari in totale). [49]
La signora Sanchez ha scelto inserirsi nel commercio della dissidenza e
vivere giorni felici a Cuba
Salim Lamrani vive a Parigi dove è professore, scrittore e giornalista…
specialista delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti… Ha pubblicato i libri:
Washington contre Cuba edizioni Pantin; Le Temps de Cerises, Francia 2005,
Cuba face à l'Empire (Cuba contro l'Impero) edizioni Timéli, Svizzera,
2006 e Fidel Castro, Cuba et les États-Unis (Pantin: Le Temps de Cerises,
2006).
lamranisalim@yahoo.fr
NOTE:
[1] Andrea Rodríguez, “Cuban Blogger Says She Is Briefly Detained, The
Associated Press, 7 novembre 2009.
[2] Yoani Sánchez, “Sequestro estilo camorra”, Generación Y, 8 novembre
2009. http://www.desdecuba.com/generaciony / (sito consultato il 15
novembre 2009).
[3] Ibid.
[4] Agence France Presse, “Texas executes Cuban-born gang member”, 11
novembre 2009.
[5] Le Monde, “Cuba: les USA indignés par les mauvais traitements infligés
à des blogueurs», 10 novembre 2009.
[6] Yoani Sánchez, “Sequestro estilo camorra”, op. cit.
[7] Fernando Ravsberg, “Ataque a blogera cubana, ¿cambio de política”, BBC
Mundo, 9 novembre 2009.
[8] CNN, “Yoani Sánchez golpeada en La Habana”, 9 novembre 2009.
http://www.youtube.com/watch?v=umu5..., (sito consultato il 15 novembre
2009).
[9] Agence France Presse, “Cuba: la blogueuse Yoani Sanchez dit avoir été
frappée et brièvement détenue”, 7 novembre 2009.
[10] Fernando Ravsberg, “Ataque a blogera cubana, ¿cambio de política”,
op. cit.
[11] Ibid.
[12] Yoani Sánchez, “Sequestro estilo camorra”, op. cit. ; Youtube,
“Entrevista a Yoani Sánchez tras la golpiza que recibió por parte del
Gobierno Cubano”, 9 novembre 2009. http://www.youtube.com/watch?v=7CzD...
(sito consultato il 15 novembre 2009).
[13] Fernando Ravsberg, “Ataque a blogera cubana, ¿cambio de política”,
op. cit.
[14] Ibid.
[15] Corrispondenza con lsua Eccellenza Sig. Isaac Roberto Torres Barrios,
Ambasciatore della Repubblica di Cuba a Berna, 17 novembre 2009.
[16] Yoaní Sánchez, “Mi perfil”, Generación Y.
[17] France 24, “Ce pays est une immense prison avec des murs idéologiques”,
22 ottobre 2009.
[18] Yoaní Sánchez, “Sietepreguntas”, Generación Y, 18 novembre 2009.
[19] Yoaní Sánchez, “Final de partida”, Generación Y, 2 novembre 2009.
[20] Yoaní Sánchez, “Seres de la sombra”, Generación Y, 12 novembre 2009.
[21] Yoaní Sánchez, “Mi perfil”, Generación Y, op. cit.
[22] Yoaní Sánchez, “L’improbable entrevista de Gianni Miná”, Generación
Y, 9 maggio 2009.
[23] Yoaní Sánchez, “Vine y me quedé”, Generación Y, 14 agosto di 2007.
[24] Ibid.
[25] Ibid.
[26] Corrispondenza con sua Eccellenza Sig. Orlando Requeijo, Ambasciatore
della Repubblica di Cuba a Parigi, 18 novembre 2009.
[27] Libertad Digital, “Yoani Sánchez: 'H emos naufragado; hace rato que
estamos bajo el agua', 12 novembre 2009. http://www.libertaddigital.com/mund...
[28] Ibid.
[29] Mauricio Vicent, "Los cambios llegarán a Cuba, pero no a través del
guión del Gobierno", El País, 7 maggio 2008.
[30] Yoani Sánchez, Generación Y.
[31] El País, “EL PAÍS convoca los Premios Ortega y Gasset de periodismo
2009”, 12 gennaio 2009.
[32] Time, «The 2008 Time 100”, 2008. http://www.time.com/time/specials/2...
(sito consultato il 25 novembre 2009).
[33] Yoani Sánchez, “Premios”, Generación Y.
[34] Miriam Leiva, “La 'Generación Y' cubana”, El País, 30 novembre 2008.
[35] Yoani Sánchez, “Premios”, op. cit.
[36] Ibid.
[37] Ibid.
[38] El País, “Una de las voces críticas del régimen cubano, mejor blog
del año”, 28 novembre 2008.
[39] Yoani Sánchez, “¿Qué hago yo ahí?”, Generación Y, 3 maggio 2008.
[40] Guillermo Nova, “Bloguera cubana Yoani Sánchez descubierta
escribiendo sus artículos desde el wi-fi de hoteles”, Rebelión , 11 maggio
2009.
[41] Norelys Morale Aguilera, “Si los blogs son terapéuticos ¿Quién paga
la terapia de Yoani Sánchez?”, La República, 13 agosto di 2009.
[42] Ibid.
[43] Yoani Sánchez, Generación Y.
[44] Norelys Morale Aguilera, “Si los blogs son terapéuticos ¿Quién paga
la terapia de Yoani Sánchez?”, op. cit.
[45] Yoani Sánchez, “Respuestas de Barack Obama a Yoani Sánchez”,
Generación Y, 20 novembre 2009.
[46] Yoani Sánchez, “Siete preguntas”, Generación Y, 19 novembre 2009.
[47] Yoani Sánchez, “Made in Usa”, Generación Y, 18 novembre 2009.
[48] Yoani Sánchez, “Siete preguntas”, op. cit.
[49] Yoani Sánchez, “Premios”, Generación Y.
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