Si attribuisce a Nicolas Guillen - il nostro, buono anche senza esclusione -
l'aneddoto di essere apparso in un sito che si presumeva di classe accompagnato
da una prostituta. Dato il rifiuto di farla entrare, perché persona "di dubbia
moralità", il poeta rispose: "Al contrario, signore, si tratta di una
prostituta". L'episodio rivela, in una chiave umoristica schiacciante, dove sia
il vero conflitto "dubbioso" tra l'etica e la morale sociale. E ho ricordato
questo aneddoto leggendo le sparate che Stato di SATS lancia sulla posizione
della Chiesa cattolica cubana dopo la
visita del Papa Benedetto XVI a Cuba.
La prima cosa che si avverte è una reazione furibonda per quello che chiamano
nazionalismo, in nome della democrazia e della "crescente società civile". E si
presenta un presunto panorama equitativo nel mezzo di una "lotta tra il potere
totalitario e le forze democratizzanti". La realtà é costruita dalla percezione
dello scrivente, in modo che così sia ritrasmessa dalle reali forze di ingerenza
che dietro la democratizzazione camuffano le loro azioni. Si compie inoltre,
disciplinatamente, lo schema di negare i meriti del processo rivoluzionario
cubano, dal suo inizio ad oggi, e di proclamare impraticabile la direzione
rivoluzione perché obsoleta. I giri fraseologici abbondano in luoghi comuni che
evidenziano l'essenza propagandistica si ciò che si sostiene come verità
assolute. Neppure riconoscono, a partire da una "capricciosa impressione", la
legittimità politica di un sistema di
governo approvato dal 97,7% della
popolazione in modo libero, diretto e segreto. Né attribuiscono l'esercizio
della sovranità a questa massa, naturalmente. Si considerano gli unici
depositari della sovranità del paese. Si aggiudicano, anche in modo
"capriccioso", le manifestazioni critiche della società cubana - che, aggiungo
da parte mia, avvengono principalmente attraverso l'arte, la letteratura e
alcuni forum di discussione professionale, cioè in un legittimo esercizio di
democratizzazione rivoluzionaria - come "spazi aperti" che "eludono
segnalare all'elite dominante, come i principali causanti del disastro
nazionale".
Secondo Jardines e Rodiles, editorialisti di Stato di SATS, dai forum
ecclesiastici si é lanciata l'ipotesi che "solo il governo gode di legittimità e
potere per realizzare un processo di trasformazioni e che, quindi, tutti
dovremmo consegnargli un assegno in bianco". Qui è un fuoco ardente, d'intolleranza politica che, naturalmente, non ammetterà l'altro da ogni punto di
vista. E notasi anche l'espressione di desiderio subliminale di consegnare un
assegno in bianco al presunto risolutore.
Dove si trova "la crescente società civile", secondo i redattori di Stato di
SATS? In coloro che condividono la loro visione Plattista circa il cambiamento che
deve assimilare la società cubana. Pertanto, dentro la squallida percentuale che non
ha firmato la Costituzione. La massa dei votanti non è, per loro,
società civile, in quanto non soddisfa il requisito imprescindibile, e cioè: mantenere il
blocco; sostenere la condanna, come spie, dei cinque; e consegnare l' "assegno
in bianco" ad un sistema de partiti politici che ceda la piazza
all'elettoralismo locale, l'ingerenza e la dominazione economica. Per loro, la
revoca del blocco dovrebbe venire perché si stabilisca il principio della
dominazione e si ipotechi la sovranità sotto il modello di quello che è considerato,
da il pensamento liberale, la democrazia. Questo è il futuro perfetto che un gruppo di
personaggi, così ridotto che neppure conta come minoranza,
pretendono legittimare in carattere d'opposizione.
Ma secondo Rodiles e Jardines, il rovesciamento del sistema porterebbe ad un
idillio di riconoscimento internazionale, di investimenti stranieri e cubano
americani, di
fine delle persecuzioni dei dissidenti, e non poteva mancare, infine, la
cessazione del
blocco e l'avvento della "vera riconciliazione tra i cubani di fuori e di dentro".
Tutto un programma di promesse elettorali le cui insolite fondamenta sono
risibili se non si trattasse di un gruppo di fanteria di un più ampio progetto
imperialista che non ha smesso di erogare milionari budget anche in mezzo della più
grande crisi economica della sua storia. Non si considera appoggio
internazionale la
schiacciante votazione annuale delle Nazioni Unite contro il
blocco, e
neppure sono
stimate come relazioni commerciali quelle delle società, in nulla sospette di
propugnare il socialismo, che ancora le leggi degli Stati Uniti sottopongono a
milionarie
multe per commerciare prodotti con Cuba. Ovviamente no, perché questi dati
provengono da un potere che non riconosce le attività radicali dell'idillio Plattista.
Non c'è da stupirsi, quindi, che la Chiesa cattolica e i suoi pensatori più attivi,
abbiano
capito la natura delle loro azioni e, soprattutto, la loro pretesa di utilizzare
l'istituzione religiosa come bastione di interferenza politica. Quindi, la
convocazione ad assumere un'agenda di maggior indipendenza, modifiche
sostanziali e posizioni meno esclusive. Cioè, la Chiesa cattolica non si comporta
come un attore riproduttivo della politica rivoluzionaria, ma nella sfera politica,
come un partner che riconosce la legittimità delle forze di potere e il suo sostegno
popolare e, forse,e l'errore della sua passata ostilità. Neppure deve sorprende, quindi, che
la Chiesa riceva l'anatema e la si chiama, da parte di questi esclusivi "attori politici" a
iniziare la ritirata proprio quando fa un vero e proprio salto.
La partecipazione al dialogo di intellettuali, imprenditori e diversi attori della società cubana della diaspora,
si deve, niente meno, sempre secondo questi
irati analisti, che l'effetto "magico" dell' "elisir castrista". Tutto
un dispiego di analisi, vero? O forse, a rigore, un rantolo di agonia a fronte
l'irreversibile fatto che la loro solitudine si fa visibile, perdono la ricercata complicità
di attori disposti a essere assi di manipolazione interventista e si rivela la
per nulla dubbia morale di questo Plattismo, intollerabile per il più semplice degli
immaginari cubani, che progetti come quello di Stato di SATS affermano propugnare.
“Estado de SATS ni
siquiera cuenta como minoría”
Jorge Ángel Hernández
Se le atribuye a Nicolás Guillén —el nuestro, bueno también sin
exclusiones— la anécdota de haberse aparecido a un sitio que se presumía
de rango acompañado por una prostituta. Ante la negativa de que entrase,
por tratarse de una persona “de dudosa moral”, el poeta respondió: “Por
el contrario, señor, ¡se trata de una prostituta!”. El lance revela, en
una clave humorística aplastante, dónde se halla el verdadero conflicto
“dudoso” ante la ética y la moral social. Y he recordado esa anécdota
leyendo los descargos que Estado de SATS lanza sobre la posición de la
Iglesia católica cubana luego de la visita del Papa Benedicto XVI a
Cuba.
Lo primero que se advierte es una reacción furibunda a lo que llaman
nacionalismo, en nombre de la democracia y la “creciente sociedad civil”.
Y se presenta un supuesto panorama equitativo en medio de una “puja
entre el poder totalitario y las fuerzas democratizadoras”. La realidad
es construida por la percepción del escribiente, para que así sea
retransmitida por las verdaderas fuerzas de injerencia que tras la
democratización camuflan sus acciones. Se cumple además,
disciplinadamente, el patrón de negar méritos al proceso revolucionario
cubano, desde su surgimiento hasta el momento actual, y el de proclamar
inviable la dirección de la revolución por obsoleta. Los giros
fraseológicos abundan en lugares comunes que marcan la esencia
propagandística de lo que se sostiene como verdades absolutas. Tampoco
reconocen, a partir de una “caprichosa impresión”, la legitimidad
política de un sistema de gobierno refrendado por el 97,7 de la
población en voto libre, directo y secreto. Ni le atribuyen ejercicio de
soberanía a esa masa, desde luego. Se consideran a sí mismos los únicos
soberanos del país. Se adjudican, también “caprichosamente”, las
manifestaciones críticas de la sociedad cubana, —que, agrego por mi
parte, se da sobre todo desde el arte, la literatura y ciertos foros de
debate profesional, es decir, en un legítimo ejercicio de
democratización revolucionaria—, como “espacios abiertos” que “evaden
señalar a la cúpula gobernante como los principales causantes de la
debacle nacional.”
Según Jardines y Rodiles, editorialistas de Estado de SATS, desde los
foros eclesiásticos se ha lanzado el presupuesto de que “solo el
Gobierno goza de legitimidad y poder para llevar a cabo un proceso de
transformaciones y que, por consiguiente, todos debemos entregarles un
cheque en blanco”. He ahí un foco de escozor, de intolerancia política
que, por supuesto, no va a admitir al otro desde ningún punto de vista.
Y adviértase además la expresión desiderativa subliminal de entregar un
cheque en blanco al presunto solucionador.
¿Dónde está “la creciente sociedad civil”, de acuerdo con los
editorialistas de Estado de SATS? En quienes comparten su plattista
visión acerca del cambio que debe asimilar la sociedad cubana. Por
tanto, dentro del escuálido porciento que no refrendó la constitución.
La masa de votantes no constituye, para ellos, sociedad civil, por
cuanto no cumplen con el requisito imprescindible, a saber: mantener el
bloqueo; apoyar la condena, por espías, de los cinco; y entregar el
“cheque en blanco” a un sistema de Partidos políticos que ceda la plaza
al electoralismo local, el injerencismo y la dominación económica. Para
ellos, el cese del bloqueo debe venir porque se instaura el principio de
la dominación y se hipoteca la soberanía bajo el patrón de lo que se
considera, desde el pensamiento liberal, la democracia. Ese es el futuro
perfecto que un grupo de personajes, tan reducido que ni siquiera cuenta
como minoría, pretenden legitimar en carácter de oposición.
Pero, según Rodiles y Jardines, el derrocamiento del sistema conduciría
a un idilio de reconocimiento internacional, de inversión extranjera y
cubanoamericana, de cese de persecuciones de disidentes y, más no
faltaba, por fin al cese del bloqueo y el advenimiento de “la verdadera
reconciliación entre cubanos de fuera y de dentro” de la Isla. Todo un
programa de promesas electorales cuyas insólitas bases fuesen risibles
si no se tratara de un comendo de infantería de un proyecto mayor
imperialista que no ha dejado de erogar millonarios presupuestos aún en
medio de la mayor crisis económica de su historia. No se considera apoyo
internacional la abrumadora votación anual de Naciones Unidas en contra
del bloqueo, ni se estiman como relaciones comerciales las de las
compañías, en nada sospechosas de propugnar el socialismo, que aun así
las leyes norteamericanas someten a millonarias multas por comerciar
productos con Cuba. Desde luego que no; pues estas se dan desde un poder
al que no reconocen los activos radicales del idilio plattista.
No es de extrañar, por tanto, que la Iglesia católica, y sus pensadores
más activos, hayan comprendido la naturaleza de sus acciones y, sobre
todo, sus pretensiones de usar a la institución religiosa como bastión
de la injerencia política. De ahí que los haya convocado a asumir una
agenda de mayor independencia, cambios sustanciales y posturas menos
excluyentes. O sea, que la Iglesia católica no se comporta como un actor
reproductivo de la política revolucionaria, sino, en la esfera política,
como socio que reconoce la legitimidad de las fuerzas del poder y su
apoyo popular y, acaso, lo errado de su hostilidad pasada. Tampoco es de
extrañar, entonces, que la Iglesia reciba el anatema y se le llame, por
parte de estos excluyentes “actores políticos” a emprender la retirada
justo en el momento en que consigue un verdadero salto.
La participación en el diálogo de intelectuales, empresarios y diversos
actores de la sociedad cubana de la diáspora, se debe, nada menos,
siempre según estos airados analistas, que al efecto del “hechizo” del
“elixir castrista”. Todo un despliegue de análisis, ¿verdad? O acaso, y
en rigor, un coletazo de agonía ante el hecho irreversible de que su
soledad se hace visible, pierden la buscada complicidad de actores
dispuestos a ser eje de manipulación injerencista y se revela la para
nada dudosa moral de ese plattismo, intolerable para el más simple de
los imaginarios cubanos, que proyectos como el de Estado de SATS
pretenden propugnar. (Tomado de Ogun guerrero) |
Avendo
fallito nei suoi
tentativi di far pressione e di organizzare
provocazioni contro la visita di Papa Benedetto XVI a Cuba, il governo degli
Stati Uniti ha effettuato un'analisi con i suoi dipendenti a Cuba.
Attraverso il social network Twitter si è appreso che Joaquin Monserrate,
primo segretario politico economico della Sezione d'Interessi degli Stati
Uniti
a L'Avana, è venuto, sabato 7 aprile 2012, presso la residenCIA - nel
quartiere di Miramar dell'Avana - dove si riunisce lo spazio
Estado de SATS.
Cercando di giustificare, ai loro datori di lavoro, il loro fallimento nel
danneggiare la visita papale, alcuni dei presenti alla riunione, di sabato,
hanno sostenuto, dinanzi a Monserrate, la loro presunta detenzione per
diverse ore.
Tuttavia, nessuno dei "combattenti per i diritti umani" lì presenti si é
reso conto che facevano ciò dinnanzi al rappresentante del governo che
gestisce, nel territorio cubano di
Guantanamo, la
prigione dove da più di dieci anni - pari a quasi 100mila ore - permangono,
soggetti a trattamenti degradanti e torture, 171 detenuti senza accuse né
processo.
In concomitanza con la visita del Benedetto XVI a Cuba, la Commissione
Inter-Americana dei Diritti Umani (CIDH) - che per la prima volta ha
contestato il governo degli Stati Uniti - insieme al Center for
Constitutional Rights (CCR il suo acronimo in inglese) e al Centro per
la Giustizia e il Diritto Internazionale (CEJIL) hanno deciso richiedere
alla Casa Bianca di porre fine alla ingiusta detenzione dell'algerino
Ameziane Djamel, uno dei prigionieri detenuti a Guantanamo.
Ameziane si trasferì dal Canada in Afghanistan, poco prima dell'invasione
statunitense, nell'ottobre del 2001, fuggendo dalla deportazione verso il
suo paese di origine; come migliaia di altri profughi, fuggì in Pakistan per
sfuggire alla guerra, ma fu arrestato
e venduto alle forze USA in cambio di una ricompensa e trasferito nell'unico
posto a Cuba dove si viola il diritto ad un giusto processo: la Base Navale
che gli USA mantengono
contro la volontà dei cubani.
Né i presenti in Estado de SATS hanno chiesto al governo degli Stati Uniti
appoggio per i loro
colleghi
stabilitisi in Spagna, dopo essere stati nelle carceri
cubane per
servire la strategia statunitense di "cambio di regime" nell'isola, a cui il
governo
iberico vuole tagliare gli aiuti e che nella stragrande maggioranza sono
disoccupati.
Lì non vi é stato un minuto per ricordare una di quelle persone: Albert
Santiago Du Bouchet Hernández, che di recente si è suicidato a La
Palma, Isole Canarie, per non trovare uno sbocco alla sua situazione
economica e il cui cadavere - secondo le informazioni diffuse in siti della
controrivoluzione -
rimane
congelato perché la sua famiglia non ha soldi per la sepoltura.
Migliaia di dollari, tecnologia all'avanguardia e una manciata di personaggi
di operetta, seguendo un copione scritto da Miami, non sono stati
sufficienti per offuscare l'immagine che il mondo ha visto di un popolo
libero che ha ricevuto rispettoso il Sommo Pontefice della Chiesa cattolica.
Ma l'incontro di questo sabato in Estado di SATS, sì può essere sufficiente
per sapere quanto di servilismo e genuflessione portano in sé i fantocci
che, con la complicità di alcuni media, il governo USA vuole vendere al
mondo come "dissidenza cubana".
EE.UU. analiza fracasos en provocaciones por visita del Papa a Cuba
Iroel Sánchez
Tras fracasar en sus intentos de presionar y organizar provocaciones contra
la visita del Papa Benedicto XVI a Cuba, el gobierno de Estados Unidos
realizó un análisis con sus empleados en Cuba. A través de la red social
Twitter se conoció que Joaquín Monserrate, primer secretario político
económico de la Sección de Intereses de EE.UU. en La Habana, acudió este
sábado 7 de abril de 2012 a la residenCIA del barrio habanero de Miramar
donde sesiona el espacio Estado de SATS.
Tratando de justificar ante sus empleadores su fracaso en dañar la visita
papal, algunos de los presentes en el encuentro de este sábado alegaron ante
Monserrate su supuesta detención por algunas horas. Sin embargo, ninguno de
los “luchadores por los Derechos Humanos” allí presentes se percató de que
hacían eso ante el representante del gobierno que administra en el
territorio cubano de Guantánamo la prisión donde hace más de diez años
-equivalentes a casi cien mil horas- permanecen, sometidos a tratos
degradantes y torturas, 171 detenidos sin cargos ni juicio.
Coincidiendo con el viaje de Benedicto XVI a la Isla, la Comisión
Interamericana de Derechos Humanos (CIDH) -que por primera vez impugna al
gobierno norteamericano-, junto al Centro de Derechos Constitucionales (CCR
por sus siglas en inglés) y el Centro por la Justicia y el Derecho
Internacional (CEJIL) decidieron solicitar a la Casa Blanca poner fin al
injusto cautiverio de del argelino Djamel Ameziane, uno de los prisioneros
recluidos en Guantánamo. Ameziane se trasladó de Canadá a Afganistán, poco
antes de la invasión de Estados Unidos, en octubre de 2001, huyendo de la
deportación hacia su país de origen; como otros miles de refugiados, escapó
a Pakistán para huir de la guerra, pero fue detenido y vendido a las fuerzas
estadounidenses a cambio de una recompensa y trasladado al único lugar de
Cuba donde se viola el derecho a un juicio justo: la Base Naval que EE.UU.
mantiene en contra de la voluntad de los cubanos.
Tampoco los presentes en Estado de SATS le solicitaron al gobierno de
Estados Unidos apoyo para sus colegas asentados en España, luego de
permanecer en las prisiones cubanas por servir a la estrategia
norteamericana de “cambio de régimen” en la Isla, a los que el gobierno
ibérico acaba de recortar las ayudas y que en su inmensa mayoría se
encuentran sin empleo. No hubo allí un minuto para recordar a una de esas
personas: Albert Santiago Du Bouchet Hernández, quien se suicidó
recientemente en La Palma, Islas Canarias, por no encontrar salida a su
situación económica y cuyo cadáver -según informaciones difundidas en sitios
de la contrarrevolución en Internet- permanece en congelación porque su
familia no tiene dinero para el sepelio.
Miles dólares, tecnología de punta y un puñado de personajes de opereta,
cumpliendo un guión escrito desde Miami, no bastaron para empañar la imagen
que vio el mundo de un pueblo libre que acogió respetuoso al Sumo Pontífice
de la Iglesia Católica. Pero la reunión de este sábado en Estado de SATS, sí
puede ser suficiente para conocer cuánto de servilismo y genuflexión llevan
en sí los títeres que, con la complicidad de algunos medios de comunicación,
el gobierno de Estados Unidos quiere vender al mundo como “disidencia
cubana”. |
|
In un'intervista concessa da Antonio
Rodiles, nell'ottobre dello
scorso anno, ad Alfredo Fernandez e
divulgata nel Blog Havana Times,
questi decifrò il significato del
nome del progetto che dirige: "Estado
de SATS ... è un termine usato in
teatro per descrivere il momento
prima dell'uscita dell'attore sul
palco. È l'istante in cui si
concentra tutta l'energia per
sfruttarla nello scenario, per
realizzare al fine ciò che si é
andato preparandosi per lungo
tempo".
Rodiles nell'intervista riferisce
che si é laureato in fisica, ha
viaggiato in altri paesi e al suo
ritorno nell'isola caraibica, si é
sentito illuminato e incoraggiato
nel fondare un progetto che mira a
cambiare la realtà cubana. I mentori
del "suo progetto" non stanno dietro
le quinte, non nascondono i loro
volti, è il governo degli Stati
Uniti che partecipa pubblicamente e
in modo attivo alle più importanti
performance.
Identificare il Progetto Estado de
Sats con il teatro è forse uno
dei più grandi successi del suo
"Direttore". Regolarmente si mette
in scena un'opera in cui i cattivi
sembrano i buoni e soprattutto, le
loro cattive intenzioni, non sono
altro che buone e "autentiche"
proposizioni.
Sabato scorso, la suntuosa casa di
Antonio Rodiles, é servita, ancora
una volta, da palcoscenico per una
nuova messa in scena; il pretesto,
stimolare un dibattito sugli
"interscambi culturali" tra Cuba e
gli Stati Uniti.
Il signor Rodiles difende con
veemenza il suo diritto, in nome
della democrazia, d'invitare a casa
sua i diplomatici statunitensi.
Il signor Rodiles Antonio oserà
biasimare, i suoi ospiti
nordamericani, su qual è la ragione
per cui, in nome della democrazia,
gli Stati Uniti negano a Cuba il suo
diritto a partecipare al Summit che
si svolgerà in quella Casa, alla
quale Cuba appartiene, e si chiama
America? |
Uno dei progetti con cui
l'abituale assedio interventista USA
pretende giustificare interventi militari a
Cuba, Estado de SATS, ha tenuto un
provocatorio e cinico incontro
questo 1 marzo.
L'essere
presieduto dal vice capo della
SINA, Charles
Varklay, e a cui anche hanno assistito
anche i diplomatici Anna Bienkosz,
Consigliere Politica-Economica
dell'Ambasciata della Polonia, e Lars Gunnat,
Consigliere in transito dell'Ambasciata di
Svezia, rivela la sua
strategia e si smarca dalle pretese
intenzioni culturali della sua creazione.
Si tratta di una manovra di aperta
proiezione interventista.
La natura offensiva dell'azione non si
traduce in un ulteriori qualificazioni, per
quanto si preferisce evitare le serie di
insulti con sui si condiscono le divergenze
politiche tra il progetto rivoluzionario
cubano, in transizione socialista e con il
sostegno della maggioranza della popolazione
e il sempre fallito tentativo di rovesciarlo
dall'esterno.
Il suo organizzatore visibile, Antonio G.
Rodiles, pochi giorni fa ha partecipato
ad
uno di quegli incontri
in cui vengono discusse le tattiche e le
strategie sovversive e si assume l'aperto
carattere plattista di tale tipo di azione,
graficamente documentato dal blog Cambios en
Cuba.
Tra coloro che compongono il progetto o
assistono alle sua convocazioni, e qualcun
altro che volontariamente si aggiunge,
compongono una minoranza non quantificabile
anche in relazione ad un campione della
popolazione di intellettuali e artisti nella
stessa provincia de L'Avana, oserei
supporre,
con poco spazio per l'errore, anche in
relazione ad uno dei suoi meno favoriti
municipi.
Nessuno, per generoso che sia, può
considerarli statisticamente attendibili e,
molto meno, con capacità di convincimento e
di appeal culturale; dietro la facciata, non
per la rappresentatività legale che cercano
costruire ma per quella illegale sovversiva,
solo corre il denaro.
Né
cultura né politica.
Si tratta, naturalmente, un luogo comune,
strettamente comune, per i deserti gruppi
che si proclamano dissidenti.
Tuttavia, poiché si tratta di una strategia
da Guerra Fredda che prepara la strada per
legittimare, davanti all'opinione pubblica
internazionale, con la sua fanteria
mediatica, un'invasione militare di Cuba,
l'Unione Europea gli dedica tempo e risorse.
La testimonianza
Enemigo, di
Raul
Antonio Capote,
offre dettagli - rivelatori, tremendi,
dolorosi - sulle caratteristiche del modus
operandi dell'interventismo, in questo
stesso istante, a Cuba.
Inoltre, anche se è andato crescendo
l'interscambio culturale tra artisti e
intellettuali di Cuba e Stati Uniti, a
questi diplomatici - che mandano in
frantumi, con azioni simili, il ruolo della
diplomazia - poco gli importa e neppure
s'informano,
ma si concentrano su quelle persone che,
sotto salario, sono disposte a seguire le
loro strategie.
Come modello, tali condotte rispondono più
ad azioni dell'agente segreto che a quelle
di diplomatici.
Forse per questo, vale a dire, per la loro
ignoranza culturale e insufficienti fonti di
informazione diretta, non ottengono la
minima incidenza sulla popolazione neofita
cubana.
Durante la
Fiera del Libro,
ho preso la briga di citare il progetto
Estado de SATS a circa dieci o dodici
scrittori, di cui solo lo stesso Capote ha
potuto parlarmi con conoscenza di causa.
Nessuno degli altri avevano la più pallida
idea che esistessero.
Sottolineo: neppure la più pallida idea!
Alcuni,
anche, mi hanno osservato rivelando il
sospetto che stessi scherzando.
Tuttavia, come dice uno scrittore in un al
commento del blog La pupila insomne sono
"ben noti in Europa", suppongo che nei
circoli in cui si considera scaduta la
Rivoluzione cubana e per i quali solo si
ricicla lo stesso modello del giudizio
Plattista, o l'odio di ciò che significa
Cuba, per estensione alle proprie
frustrazioni per non aver raggiunto
sufficienti "meriti" oppositori.
Azioni come questa lavorano, tuttavia, al di
là del limite della legalità, sia in termini
di costituzionalità nazionale come in
relazione con le norme del diritto e la
diplomazia internazionale.
Vi è dunque una cinica impunità delle
potenze, economiche e mediatiche, che
configurano l'esistenza di gruppi come
Estado de SATS, la cui presenza sarebbe solo
virtuale - uno spettacolo per i migranti
sconfitti o per utenti mediatici ingannati -
se non facesse riferimento, in realtà, alla
per
nulla virtuale minaccia interventista del
plattismo.
Qui radica il perché, a mio parere, non deve
considerarsi innocuo e tollerare con passiva
indifferenza le loro azioni di un mal
dissimulato scenario sovversivo.
Estado de SATS en la mirilla
Por Jorge Ángel Hernández
Uno de los proyectos con que el habitual
asedio injerencista estadounidense pretende
justificar intervenciones militares en Cuba,
Estado de SATS, ha celebrado un provocador y
cínico encuentro este primero de marzo. Al
estar presidido por el Jefe adjunto de la
SINA, Charles Varklay, y al que asistieron
además los diplomáticos Anna Bienkosz,
Consejera Política-Económica, de la Embajada
de Polonia, y Lars Gunnat, Consejero en
tránsito de la Embajada de Suecia, revela su
estrategia y se desmarca de las pretendidas
intenciones culturales de su creación. Se
trata de una maniobra de abierta proyección
injerencista. El carácter ofensivo de la
acción no da lugar otros calificativos, por
más que prefiera evitar las retahílas de
insultos con que se sazonan las divergencias
políticas entre el proyecto revolucionario
cubano, en transición socialista y con
respaldo poblacional mayoritario, y el
siempre fracasado intento de revertirlo
desde fuera.
Su organizador visible, Antonio G. Rodiles,
apenas unos días atrás asistió a uno de esos
encuentros donde se debaten tácticas y
estrategias subversivas y se asume el
abierto carácter plattista de este tipo de
acción, gráficamente documentado por el blog
Cambios en Cuba. Entre quienes conforman el
proyecto o asisten a sus convocatorias, y
algún otro que voluntariosamente se le añada,
completan una minoría no cuantificable ni
siquiera en relación con una muestra
poblacional de intelectuales y artistas en
la propia provincia de La Habana, me
atrevería a suponer, con poco margen de
error, que ni siquiera en relación con uno
de sus menos favorecidos municipios.
Nadie, por generoso que sea, puede
considerarlos estadísticamente atendibles y,
mucho menos, con capacidad de convencimiento
y llamado cultural; tras su fachada, no ya
para la representatividad legal que buscan
asentar sino para la ilegal de subversión,
apenas corre dinero. Ni cultura, ni política.
Es, por supuesto, un lugar común
estrictamente común para los despoblados
grupos que se proclaman como disidentes. Sin
embargo, y como se trata de una estrategia
de Guerra Fría que prepara el terreno para
legitimar ante la opinión pública
internacional, con su infantería mediática,
una invasión militar en Cuba, la Unión
Europea le dedica también tiempo y recursos.
El testimonio Enemigo, de Raúl Antonio
Capote, ofrece detalles —reveladores,
tremendos, dolorosos— acerca de las
características del modus operandi del
injerencismo en este mismo instante en Cuba.
Es más, a pesar de que se ha ido
incrementando el intercambio cultural entre
artistas e intelectuales de Cuba y los EEUU,
a estos diplomáticos que echan por tierra
con acciones semejantes el papel de la
diplomacia, apenas les importan, y ni
siquiera se dan por enterados, sino que
centran su atención en que aquellas personas
que, bajo salario, estén dispuestas a seguir
sus estrategias. Como patrón, tales
conductas responden más a acciones de agente
secreto que a las de diplomáticos. Tal vez
por eso, es decir, por su ignorancia
cultural y sus insuficientes fuentes de
información directa, no consiguen la más
mínima incidencia en la población neófita
cubana.
Durante la Feria del libro, me tomé el
trabajo de mencionarle el proyecto Estado de
SATS a unos diez o doce escritores, de los
cuales solo el propio Capote pudo hablarme
con conocimiento de causa. Ninguno de los
otros tenía ni la más remota idea de que
existiera. Recalco: ¡ni la más remota idea!
Algunos incluso me observaron revelando la
sospecha de lo que los estaba embromando.
Sin embargo, como lo asegura un escritor al
pie del comentario del blog La pupila
insomne, son “muy conocidos en Europa”,
supongo que en los círculos en los que se
considera vencida la Revolución cubana y por
los que solo se recicla el mismo patrón de
juicio plattista, o el odio a lo que
signifique Cuba, por extensión a sus propias
frustraciones por no haber alcanzado
suficientes “méritos” opositores.
Acciones como esta trabajan, no obstante,
más allá del borde de lo legal, tanto
respecto a la constitucionalidad nacional
como en relación con las normas del derecho
y la diplomacia internacionales. Hay, pues,
una cínica impunidad de las potencias,
económicas y mediáticas, que figuran la
existencia de grupos como Estado de SATS,
cuya presencia fuera apenas virtual, un
espectáculo para emigrantes derrotados, o
para usuarios mediáticos timados, si no
remitiera en realidad a la nada virtual
amenaza injerencista del plattismo. Ahí
radica el porqué, a mi entender, no debe
considerarse inofensivo y tolerar con pasiva
indiferencia sus acciones de mal disimulada
pantalla subversiva.
Tomado del Blog Ogún Guerrero
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