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M.Chossudovsky*  su www.globalresearch.ca del 30/04/2010 Traduzione a cura di l’Ernesto online

 

Un recente articolo di Stars and Stripes [http://www.stripes.com] rivela la natura dell’operazione militare statunitense ad Haiti. Sono state dispiegate ad Haiti unità di combattimento dell’Iraq e dell’Afghanistan sotto la bandiera di un’operazione umanitaria. In realtà, si sta utilizzando Haiti come campo di addestramento militare per forze senza esperienza in scenari di combattimento. Secondo l’articolo (14 marzo 2010), i marines dispiegati ad Haiti per portare aiuto di emergenza dopo il devastante terremoto di gennaio, si stanno già addestrando per combattere in Afghanistan.

L’Unità 22 del Corpo di Spedizione dei Marines, dispiegata ad Haiti immediatamente dopo il terremoto, sta per essere impiegata in Afghanistan. Di fatto, la decisione di inviarla in Afghanistan era stata presa prima del suo dispiegamento ad Haiti.

“Un piccolo gruppo di marines ha preso d’assalto vari piccoli edifici di cemento all’interno del loro campo recintato sulla costa, mentre loro compagni interpretavano il ruolo di insorgenti afgani, in una finzione di attacco a colpi di arma da fuoco. Il giorno seguente, quando il tenente generale Dennis J. Hejlik al comando della II Forza del Corpo di Spedizione dei Marines ha visitato i soldati sulla costa, ha lodato il buon lavoro fatto ad Haiti e ha chiesto: “Che cosa farete quando tornerete a casa?”. “Afghanistan”, è stata la risposta. Mentre gli elicotteri Huey ronzavano sulle loro teste, Hejlik ha parlato della recente offensiva di Mariah, e ha aggiunto che entro l’estate arriveranno 20.000 marines. “Voi vi unirete a questi entro la primavera”, ha detto ai marines di Carefour. Uno di loro, il sergente Timothy Kelly, 23 anni, di Johnston City, Illinois, ha affermato che i membri della sua unità erano stati addestrati per la missione in Afghanistan immediatamente prima di ricevere l’ordine del trasferimento ad Haiti.

L’addestramento ad Haiti “è indirizzato a tattiche di battaglia di prossimità”: solo un paio di marines del reparto di Kelly hanno fatto esperienze in Iraq e Afghanistan”, ha affermato. […] “Ad Haiti abbiamo molti che non sono destinati all’Afghanistan. In ogni caso, possiamo fare in modo che anch’essi entrino in questo modo di pensare”. Un altro marine di Carefour, il soldato di prima classe Keith Cobb ha dichiarato che, se inviato in Afghanistan, per la prima volta si troverebbe in una zona di guerra. Sono per liquidare i terroristi e contribuire a liberarci dai malvagi, ma preferirei restare qui, perché so che dopo me ne tornerei a casa”.

La battaglia di prossimità si sta svolgendo con piccole unità di combattimento “che attaccano il nemico con armi personali di gittata molto corta”. L’addestramento impartito ad Haiti si concentra sull’utilizzo di tali unità sia nella guerra urbana che in operazioni contro gli insorgenti.

Il ruolo dell’esercito canadese

L’esercito canadese ha adottato un modello simile. Si utilizza Haiti come piattaforma di lancio per una nuova destinazione delle truppe di combattimento nel teatro di guerra del Medio Oriente.

Le truppe canadesi, inizialmente dispiegate ad Haiti con un mandato umanitario, cominciano ad essere inviate in Afghanistan: “I soldati del 22° Reggimento Reale avranno solo due settimane prima di passare dalla fornitura degli aiuti di emergenza ad Haiti all’addestramento intenso di combattimento in vista della destinazione in Afghanistan, ha affermato il comandante delle truppe canadesi all’estero” (National Post, 23 febbraio 2010). Ma l’addestramento delle truppe canadesi ad Haiti verrà impartito in Canada, prima del loro trasferimento.

 

*Michel Chossudovsky è professore (emerito) di economia all’Università di Ottawa e direttore del Centro di Ricerca sulla Globalizzazione (www.globalresearch.ca). E’ autore del best seller
The Globalisation of Poverty and The New World Order e collaboratore dell’Enciclopedia Britannica. E’ membro della Commissione sui Crimini di Kuala Lumpur e ha ottenuto il Premio per i Diritti Umani della Società per la Protezione dei Diritti Civili e la Dignità Umana di Berlino. E’ stato consigliere di diversi governi di paesi in via di sviluppo e di organizzazioni intergovernative. Le sue opere sono state tradotte in più di venti lingue.

 

Haiti: riflessioni - la solidarietà di Cuba

Haiti, l’occupazione infinita

 

16-04-10 - G.Carotenuto www.giannimina-latinoamerica.it

 

A Port au Prince, la capitale di Haiti, dal terremoto in avanti, stanziano 20000 marines, uno ogni 20 abitanti. Costano più di un miliardo al mese e saranno pagati dal popolo di Haiti in un futuro lontano perché il popolo haitiano è tuttora impegnato a pagare a banche franco-statunitensi i costi della dittatura Duvalier che Francia e Stati Uniti vollero. Intanto l’aiuto cubano-venezuelano va avanti con costanza e nel silenzio: medici, ambulatori, ben sei ospedali attrezzati a tempo di record. Benzina solidale per il paese più occupato della storia.
 

Haiti, il primo paese nero a essersi liberato del colonialismo, ha vissuto quasi tutto il XX secolo occupato da molteplici invasioni straniere, quasi tutte statunitensi, e ha cominciato il XX secolo nella stessa maniera. Vent’anni consecutivi al tempo della prima guerra mondiale, poi la terribile dittatura sostenuta da Parigi e Washington del clan Duvalier. Lasciò 50000 morti ma soprattutto lasciò un paese indebitato per i secoli futuri verso quelle potenze che avevano voluto e sostenuto la dittatura. Nel quarto di secolo che ci separa da quando gli Stati Uniti consegnarono Duvalier al dorato esilio… parigino il debito è ulteriormente triplicato. Ad Haiti la notte neoliberale non ha mai dato alcun segnale di essere alla fine, con la parziale eccezione della breve stagione di Jean Bertrand Aristide, deposto da due golpe nel 1991 e nel 2004 e sequestrato e deportato infine in Africa. Anche Aristide, come nel 2009 l’honduregno Mel Zelaya, fu deposto la seconda volta per essersi avvicinato ai paesi dell’ALBA.


Dalla metà degli anni ’90 ad Haiti hanno costantemente stazionato missioni militari delle Nazioni Unite, con una media superiore alle diecimila presenze di soldati, soprattutto latinoamericani, e non c’è ONG che si rispetti che non abbia impiantato almeno una missione umanitaria nel paese. Si succedono conferenze di donatori ma Haiti ogni volta si ritrova più indebitata e con più truppe straniere sul territorio.


Oggi, a tre mesi dal distruttivo terremoto e con la stagione delle piogge iniziata a rendere ancora più disperata la situazione di chi ha perso tutto, la tendenza alla militarizzazione si accentua invece di diminuire.


Questa settimana è tornata da Haiti la portaerei Cavour. Come denuncia
Intersos si è trattata non di un’operazione umanitaria ma di una grande operazione di marketing per l’industria bellica italiana. Sulla portaerei hanno viaggiato aiuti alimentari e medici e sono stati effettuati interventi importanti. Ma per smuovere quel colosso ci vogliono 900 marinai al costo di 200000 Euro al giorno. Era proprio la miglior maniera di aiutare Haiti da parte del governo italiano?


Venezuelani e cubani sembrano indicare un’altra via: medici, infermieri, terapisti, nessuno di loro armato con un aiuto costante che va avanti dal 1993 e accresciuto col terremoto. Qualcuno sa spiegare perché vengono considerati dei paria internazionali?

 

Haiti: riflessioni - la solidarietà di Cuba

 

Priorità USA ad Haiti:blocco aeronavale

 

e occupazione militare per impedire

 

l'esodo verso la Florida

 

3 febbraio 2010 - Lucio Manisco su altre testate del 25/01/2010 www.luciomanisco.com

 

Incapacità degli Stati Uniti d’America di gestire l’assistenza umanitaria ad Haiti? A questo interrogativo si rifanno le critiche mosse dai mass media al governo di Washington per il caos del dopo terremoto che in due settimane ha aggiunto qualche decina di migliaia di morti ai 200000 del sisma.

I fatti, non le opinioni, dimostrano che le priorità degli Stati Uniti sono ben diverse, sacrificano anche se non azzerano gli intenti umanitari e si articolano su una mobilitazione di mezzi bellici senza precedenti in tempi di pace.

Al 24 gennaio erano 12000 i militari statunitensi sbarcati nella seconda più antica repubblica indipendente del continente americano; a fine mese saranno 15000 e entro la prima metà di febbraio si arriverà a 20000.

Non si tratta di riservisti della Guardia nazionale, agenti di polizia o altri corpi della difesa civile, bensì di truppe da combattimento e di pronto impiego: “marines”, 82ma aero trasportata, paracadutisti, corpi speciali come i “sea bees”, marinai e corpi da sbarco.

Tutti militari addestrati ad uccidere e non a distribuire medicinali, viveri ed acqua potabile.

Basta guardare all’imponente armada navale e aeronavale che entro il 21 gennaio aveva raggiunto le acque di Haiti: portaerei Carl Wilson, due porta-elicotteri – la Bataan e la Nassau -, due incrociatori lanciamissili – la Normandy e la Bunker Hill -, il cacciatorpediniere lanciamissili Higgins, cinque unità per il trasporto di mezzi da sbarco – la Messa Verde, la Ashland, la Gunston Hall, la Fort McHenry, la Carter Hall -, la fregata Underwood, tre navi porta contenitori di materiali militari che non richiedono moli di attracco, unità appoggio sommergibili e recuperi sottomarini, navi cisterna e da rifornimento, altre undici unità minori. Ed infine una nave ospedale da 1.000 letti.

Tutto quanto serve, secondo i materiali del Pentagono, per mantenere sul piede di guerra e in combattimento per 90 giorni un corpo di spedizione di 20000 uomini.

Sotto questo aspetto non ci sono state disorganizzazioni, situazioni caotiche, interruzioni della catena di comando, carenze di altro tipo: tutto ha funzionato a meraviglia anche se ha richiesto di bloccare o dirottare 1340 voli umanitari dall’Europa, ritardare l’arrivo di 5800 uomini delle ONG dall’America Latina, la distribuzione di generi di prima necessità, l’allestimento della sua struttura logistica su un suo territorio di 27000 chilometri quadrati (2000 in più del Piemonte) con 9 milioni di abitanti (600000 meno della Lombardia).

Le priorità sottaciute di una sì vasta operazione militare sono altre. Prima tra tutte rendere impenetrabile un blocco aero-navale che impedisca l’esodo in massa dei sopravvissuti al terremoto dell’11 gennaio ed alla fame ed allo spietato sfruttamento economico di due secoli. E’ un fenomeno ricorrente degli ultimi settanta anni: l’ultima volta alla fine del secolo scorso questa politica dei respingimenti applicata con un certo ritardo portò alla deportazione temporanea a
Guantanamo ed al rimpatrio coercitivo ad Haiti di 21000 profughi approdati con mezzi di fortuna e con centinaia di vittime in mare sulle spiagge della Florida. Sotto traccia i pregiudizi razziali, sociali e storici: gli haitiani hanno la pelle più scura degli afro-americani, un livello intellettivo uguale se non più alto (sono altamente competitivi come ogni altra minoranza etnica). E poi ci sono le realtà e i miti storici dei cosiddetti “giacobini neri” guidati nel 1791 da Toussaint Louverture e da Jean-Jacques Dessalines che portarono al successo una rivolta di schiavi, la difesero dalla guerra scatenata da Napoleone con 30000 soldati francesi guidati dal famoso generale Leclerc e proclamarono nel 1804 l’indipendenza della prima repubblica nera del continente americano e forse del mondo intero. Non c’è dubbio che delle atrocità contro i bianchi vennero perpetrate in quei tredici anni e subito dopo, ma quelle atrocità vennero elevate all’ennesima potenza da una propaganda accanita di chi vedeva nell’abolizione della schiavitù un colpo mortale all’economia americana ed europea. Selvagge e senza fine le rappresaglie degli Stati Uniti, della Francia, della Gran Bretagna e degli altri paesi Europei: sanzioni economiche ammontanti a risarcimenti per 98 milioni di dollari di quei tempi, pari all’incirca al debito pubblico dell’Italia di oggi (l’ultima quota è stata pagata dalla Repubblica di Haiti nel 1947), blocco delle esportazioni agricole e quattro protratte invasioni militari.

E poi altre priorità: il controllo di un paese troppo vicino alla Cuba di Fidel Castro (1200 i medici cubani che operano da anni ad Haiti i cui abitanti non sono certo insensibili ai fermenti progressisti dell’America Latina – come dimostrato dal duplice avvento al potere del teologo della liberazione Aristide, due volte vittima dei colpi di stato allestiti dai servizi segreti USA).

 

Ed infine il pericolo di una rivolta popolare contro condizioni di vita inaccettabili in qualsiasi altro paese del mondo, una rivolta che nelle fantasie dei dottor Stranamore di Washington potrebbe seguire la falsariga gi quella guidata dai leggendari Toussaint Louverture e Jean-Jaques Dessalines.
 

Haiti: riflessioni - la solidarietà di Cuba

 

IL SEQUESTRO DI HAITI

 

1 febbraio 2010 - J.Pilger (www. johnpilger.com)  www.comedonchisciotte.org

 

Il sequestro di Haiti è stato rapido e grossolano. Il 22 gennaio gli Stati Uniti hanno ottenuto il “formale beneplacito” delle Nazioni Unite di impossessarsi dei porti ed aeroporti di Haiti, e di “mettere in sicurezza” le strade. Nessun Haitiano ha firmato questo accordo, che non ha niente di legale. Regna l'egemonia, col blocco navale americano e l'arrivo di 13000 marines, forze speciali, spie e mercenari, nessuno di questi addestrati ai soccorsi umanitari.

L'aeroporto della capitale Port-au-Prince è adesso una base militare americana e i voli di soccorso sono stati dirottati sulla Repubblica Dominicana. Per tre ore, tutti i voli sono stati sospesi all'arrivo di Hillary Clinton. I feriti gravi haitiani hanno dovuto aspettare mentre 800 residenti americani di Haiti venivano sfamati ed evacuati. Sei giorni sono trascorsi prima che l'aviazione statunitense paracadutasse bottiglie d'acqua alla gente assetata e disidratata.

Le prime notizie televisive sono state fondamentali nel dare l'impressione che ci fosse un diffuso caos criminale. Matt Frei, l'inviato della
BBC da Washington, sembrava sul punto di soffocare mentre sbraitava circa la “violenza” e il bisogno di “sicurezza”. Nonostante la manifesta dignità delle vittime del terremoto e il visibile sforzo di gruppi di persone che da sole cercavano di soccorrere la gente, e persino nonostante l'opinione di un generale americano secondo cui gli episodi di violenza ad Haiti erano notevolmente diminuiti dopo il terremoto, Frei affermava che “il saccheggio è la sola attività” e che “la passata dignità di Haiti è ormai dimenticata”. In questo modo la provata storia di aggressione e sfruttamento degli USA ad Haiti è passata alle vittime. “Non c'è dubbio”, asseriva Frei dopo l'invasione americana dell'Iraq nel 2003, “che il desiderio di portare il benessere, di portare i valori americani al resto del mondo, e in questo particolare momento in Medio Oriente... è ora sempre più legato al potere militare”.

In qualche modo aveva ragione. Non era mai successo che durante un periodo di cosiddetta pace, le relazioni umane fossero militarizzate da un potere così rapace. Mai prima d'ora un presidente americano e il suo governo erano stati così subordinati all'establishment militare dei suoi screditati predecessori com'è successo a Barack Obama. Nel proseguire la linea politica di guerra e dominio di George W. Bush, Obama ha ottenuto dal Congresso un budget militare senza precedenti, superiore ai 700 miliardi di dollari. Di fatto Obama è diventato il portavoce per un golpe di tipo militare.

Per il popolo di Haiti i risvolti sono chiari, benché grotteschi. Con i militari USA che controllano il loro Paese, Obama ha designato George W. Bush come “coordinatore dei soccorsi”; una facezia certamente presa dal libro “The Comedians” di Graham Greene, ambientato nell'Haiti di “Papa Doc” Duvalier. Quand'era presidente, i soccorsi che Bush predispose dopo l'uragano Katrina del 2005 si sono trasformati in una sorta di pulizia etnica di molti abitanti neri di New Orleans. Nel 2004 Bush ordinò il sequestro di Jean-Bertrand Aristide, il primo ministro di Haiti, eletto democraticamente, e lo esiliò in Africa. Aristide aveva avuto la temerità di promulgare modeste riforme, come il salario minimo per i lavoratori sfruttati nei laboratori di Haiti.

L'ultima volta che mi trovai ad Haiti, vidi giovanissime ragazze prone davanti a sibilanti e ronzanti macchinari dello stabilimento Superior Baseball di Port-au-Prince. Molte avevano occhi gonfi e braccia lacere. Estrassi la macchina fotografica e venni buttato fuori. Haiti è dove l'America produce l'occorrente per il suo sacro sport nazionale, a costi irrisori. Haiti è dove la
Disney fabbrica i suoi Mickey Mouse pigiama, a costi irrisori.

 

Ad Haiti gli USA controllano lo zucchero, la bauxite e la sisal. Alla coltivazione del riso è subentrato riso americano d'importazione, così la gente dei campi ha dovuto traslocare nelle città in case fatiscenti. Anno dopo anno Haiti è stata invasa da marines con l'infame nomea di specialisti in atrocità dalle Filippine all'Afghanistan.

Un altro comico è Bill Clinton, dopo aver ottenuto di rappresentare le Nazioni Unite ad Haiti. Un tempo il preferito della BBC, “Mr Nice Guy... portatore di democrazia ad una triste e tribolata terra”, Clinton è il più famoso filibustiere di Haiti; impose la deregolamentazione dell'economia a beneficio dei baroni dello sfruttamento. Di recente ha promosso un accordo di 55 milioni di dollari per trasformare il nord di Haiti in un parco-giochi per turisti americani.

Ma la costruzione dell'edificio della quinta più grande ambasciata statunitense a Port-au-Prince non è per turisti.

 

Decine di anni fa, nelle acque di Haiti è stato trovato il petrolio, e gli USA lo stanno tenendo di scorta per quando i pozzi del Medio Oriente cominceranno ad esaurirsi. Ma nell'immediato un'Haiti occupata ha un'importanza strategica per i progetti di Washington in America Latina. Lo scopo è di rovesciare le democrazie popolari di Venezuela, Bolivia ed Ecuador, controllare le abbondanti riserve di petrolio del Venezuela e sabotare il crescente consenso e la cooperazione che in quelle zone ha dato a milioni di persone il loro primo assaggio di una giustizia economica e sociale a lungo negata dai regimi sponsorizzati dall'USA.

Il primo vantaggioso successo arrivò lo scorso anno con il golpe ai danni del presidente dell'
Honduras, Jose Manuel Zelaya, che aveva “osato” introdurre il salario minimo e la tassazione dei ricchi. Il sostegno segreto di Obama per il regime illegale è un chiaro monito per i governi vulnerabili dell'America centrale.

 

Lo scorso ottobre il regime colombiano, da tempo sul libro paga di Washington e protetto da squadroni della morte, ha consegnato agli USA sette basi militari che, secondo documentazioni dell'aviazione americana, servirebbero per “combattere i governi anti-USA sul territorio”.

La propaganda dei mezzi di comunicazione ha già preparato il terreno per quella che potrebbe benissimo essere la prossima guerra di Obama.

 

Il 14 dicembre 2009, alcuni ricercatori della UWE di Bristol hanno pubblicato per la prima volta uno studio sui documentari della BBC sul Venezuela. Su 304 servizi della BBC, soltanto tre indicavano le riforme storiche introdotte dal governo Chavez, mentre la maggior parte screditava lo straordinario record democratico di Chavez, al punto da paragonarlo ad Hitler.

Queste falsificazioni e una servile attitudine nei confronti del potere occidentale abbondano tra le corporazioni mediatiche anglo-americane. La gente che lotta per una vita migliore, o per la vita stessa, dal Venezuela all'Honduras, ad Haiti, merita il nostro sostegno.

 

John Pilger
Fonte: www.johnpilger.com/
Link:: http://www.johnpilger.com/page.asp?partid=564
28.01.2010
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da GIANNI ELLENA

 

Haiti: riflessioni - la solidarietà di Cuba

Haiti: gli sciacalli americani

 

30 gennaio 20101 - Anna Chiara Di Cagno www.kliggmagazine.com/?p=1876

 

Un’organizzazione dal nome orwelliano, International peace operations association (Ipoa, associazione internazionale per le operazioni di pace), non ha perso tempo: ha offerto i “servizi”delle sue società per potersi avventare su Haiti e fornire un po’ di “assistenza umanitaria” vecchio stile sottoforma di sfruttamento delle catastrofi.

 

A poche ore dal terremoto, aveva già creato una pagina web per i suoi potenziali clienti, in cui diceva: “Le nostre società sono pronte a offrire un’ampia gamma di servizi di assistenza alle vittime del tragico terremoto di Haiti”.

 

Alcune delle imprese associate all’Ipoa sono specializzate nei trasporti e nella rapida costruzione di abitazioni e tendopoli, altre sono società di sicurezza private attive anche in Iraq e in Afghanistan, come la Triple Canopy,che ha rilevato il lucroso contratto firmato dalla Blackwater con il dipartimento di stato in Iraq. 

 

La Blackwater ha svolto per anni un ruolo importante nell’Ipoa, finché, dopo il massacro del 2007  in piazza Nisour, a Baghdad, è stata costretta a lasciare il gruppo. Nel 2005, quando era ancora nell’Ipoa, la Blackwater (che oggi si chiama Xe Services) schierò le sue forze a New Orleans dopo la devastazione dell’uragano Katrina.

 

Non fu un atto di generosità: l’azienda rastrellò circa 70milioni di dollari in contratti con la protezione civile, a cominciare da quello senza gara d’appalto per proteggere i suoi operatori, mettendo in conto ai contribuenti americani 950 dollari al giorno per ogni uomo scortato.

 

Il programma in base al quale oggi le società di sicurezza armate lavorano per il dipartimento di stato in Iraq – il Worldwide personal protection program – è nato proprio ad Haiti durante l’amministrazione Clinton.

 

Nel 1994 le società di sicurezza private furono essenziali per le attività di Washington nel paese dopo l’estromissione di Jean-Bertrand Aristide a opera degli squadroni della morte appoggiati dalla CIA.

 

Quando invasero l’Iraq, il presidente Bush e la sua amministrazione estesero il programma e lo trasformarono nell’organizzazione paramilitare privatizzata che è oggi.

 

All’epoca del secondo colpo di stato contro di lui, nel 2004, Aristide era protetto dalla Steele Foundation, una società di sicurezza privata di San Francisco.

 

Ma le attività dell’industria dei mercenari ad Haiti non finiscono qui.

 

Il 15 gennaio la All Pro Legal Investigations ,una ditta con sede in Florida, ha registrato il sito Haiti-security.com. È una copia di quello che già ha negli Stati Uniti, ma si rivolge agli uomini d’affari haitiani, affermando: “Le società di costruzione e ricostruzione che stanno considerando l’idea di realizzare un progetto ad Haiti possono disporre della nostra professionalità in materia di sicurezza”.

 

L’azienda “fornirà servizi di sicurezza contro qualsiasi minaccia al benessere di Haiti. I luoghi di lavoro e i convogli dei rifornimenti saranno difesi da vandali e saccheggiatori. I dipendenti saranno protetti dalla violenza e dall’intimidazione delle bande criminali. Il paese si riprenderà con l’aiuto dei volenterosi di tutto il mondo”. L’azienda si vanta di aver portato a termine con successo “migliaia di missioni in Iraq e in Afghanistan”.

 

E il personale? “Tutti i membri delle nostre squadre sono ex poliziotti o ex militari”,afferma il sito. Sembra che i primi clienti stiano già arrivando.

 

Haiti: riflessioni - la solidarietà di Cuba

 

IL RUOLO DELL’AMERICA AD HAITI:

SABOTAGGIO ALLE ATTIVITÀ DI SOCCORSO?

 

25 gennaio 2010 - di LI ONESTO Revolution Online  www.comedonchisciotte.org

 

Arrestati 10 statunitensi per il
sequestro di 33 bambini di Haiti

 

1 febbraio 2010

 

Dieci cittadini degli Stati Uniti sono stati arrestati dalla polizia di Haiti mentre, nel caos lasciato dal terremoto, cercavano di  far uscire dal paese  33 bambini, per immetterli poi in un possibile circuito di adozioni illegali, hanno informato le autorità, sabato 30.

Il gruppo, formato da cinque uomini e cinque donne, è stato intercettato la notte di venerdì 29 a Malpasse, il principale passaggio di frontiera di Haiti con la Repubblica Dominicana.

Gli statunitensi non avevano documenti che potessero dimostrare che per i 33 bambini tra i 2 e i 12 anni era iniziato un regolare processo d’adozione. 

Una delle arrestate ha detto d’appartenere all’organizziamone chiamata  “New Life Children’s Refuge”, con sede nello Stato nordamericano dell’Idaho, ed ha  negato d’aver commessa alcun delitto.

Il Ministro di Haiti ai Temi Sociali, Yves Cristalin, ha dichiarato invece che il fatto è assolutamente al di fuori della legge. 

“Nessun bambino haitiano  può uscire da Haiti senza regolare autorizzazione  e queste persone non avevano autorizzazioni alcune”, ha precisato.

Dopo il terremoto del 12 gennaio le autorità hanno bloccato gran parte delle adozioni per evitare che i bambini siano portai fuori dal paese in modo irregolare.

Pensateci: un'intera città che un tempo contava una popolazione di due milioni di persone. Adesso ci sono miglia e miglia di edifici crollati a causa di quell’enorme terremoto. Ancora tante, molte persone sono schiacciate da un enorme mucchio di cemento. Ma ci sono anche molte altre persone, magari migliaia, ancora vive, intrappolate, che gridano. Per giorni gli aiuti dall’estero non erano ancora arrivati e persone disperate continuano a scavare tra le macerie a mani nude. Sorprendentemente, anche dopo tre giorni, si sentono ancora voci umane provenire dalle macerie. Ma poi, ce ne sono di meno e sempre più tenui. Col tempo, un silenzio assordante circonda le case crollate quando la città di Port-au-Prince diventa un’immensa tomba.

Una donna continua a scavare nel cemento con una scopa. Crede che i suoi quattro parenti dispersi siano sepolti là sotto e spera che le risponderanno. Ma la speranza, alla fine, si trasforma in dolore. “Non c’è più vita qui”, dice.
 

Un’altra donna si trova fuori una scuola crollata dov’è sepolto suo fratello. Sta ascoltando eventuali segni di vita, anche un flaccido gemito. I suoi occhi si riempiono di lacrime mentre chiama al cellulare del fratello ancora e ancora. “Lui non c’è più”, dice.

Anche in assenza di lesioni gravi, le persone intrappolate sotto le macerie moriranno probabilmente dopo 72 ore. Ma nessun mezzo pesante è arrivato e mancano ancora forniture mediche per i feriti. Alcune squadre di soccorso straniere sono ora sul terreno. Ma questa è solo una goccia nel mare di ciò che è necessario.

A New York, nella comunità haitiana di East Flatbush, ci sono molti cuori addolorati con intensa preoccupazione e pena. Molti di loro non sanno se i loro cari ad Haiti sono vivi o morti. Una giovane donna che stava mangiando in un ristorante vicino dice: “Ho pianto per tre giorni. Questa è la prima volta che sono fuori di casa”. Nella lavanderia vicino, due donne anziane sedute in attesa dei loro panni ad asciugare, fissavano la scena in TV della carneficina della città che una volta era la loro casa. Sembrano essere in uno stato di shock e lievemente dicono di aver provato a telefonare a casa ma i telefoni non funzionano e non hanno idea di quel che è successo alla loro famiglia. Un intenso dolore sta aspettando di essere buttato fuori, ma nessuno può reperire tutte le informazioni, in modo da far rimanere un frammento di speranza.

Si stima che ci siano almeno 100000 morti. E quando le macerie saranno finalmente eliminate, questo numero potrebbe impennarsi ancora di più.

Nessun essere umano avrebbe potuto fermare il terremoto che ha colpito con tale forza assassina il 12 gennaio. Ma molte delle persone che hanno perso la vita a Port-au-Prince NON DOVEVANO MORIRE.

Il terremoto è stato un disastro naturale. Ma la situazione che ha portato a così tante vittime non è stata naturale. Migliaia di persone che in realtà avrebbero potuto essere salvate sono morte inutilmente, poiché i paesi ricchi e potenti hanno le risorse per salvare le persone, specialmente gli Stati Uniti, hanno omesso di fornire tali aiuti nel periodo immediatamente successivo al terremoto. Infatti, i sopravvissuti che contro ogni probabilità si sono salvati dalle macerie, sottolineando come molte altre persone potevano essere salvate, sono invece morti, poiché gli Stati Uniti non hanno fatto tutto il possibile per mandare immediatamente le squadre di soccorso e le attrezzature ad Haiti. Questo equivale a niente meno che un omicidio di massa.

L’
Economist ha scritto: “La maggior parte delle vittime non è morta durante i 35 secondi della scossa. Ted Constan di Partners in Health, una ONG americana, dice che circa 200000 persone sono state probabilmente ferite o intrappolate, ma non uccise dal terremoto. Si stima che ulteriori 25000 di loro sono morti per ogni giorno trascorso dopo il terremoto a causa di malattie curabili come emorragie, disidratazione, soffocamento e infezioni.” (Economist.com, 18 gennaio 2010)
 


Gli USA non hanno portato soccorso

ma un mortale ritardo
 


Gli Stati Uniti sono il paese più potente della Terra. Si trova solo a poche centinaia di miglia da Haiti. Ma nei giorni cruciali dopo il terremoto gli Stati Uniti non sono riusciti a rifornire cibo, acqua, forniture mediche, squadre di soccorso e personale medico così maledettamente necessario. E i 100 milioni di dollari che Obama ha promesso per gli aiuti sono un insulto per la ricchezza degli Stati Uniti e l’enormità di questa tragedia. Questa cifra è meno di un decimo dell’ 1% che gli USA spendono ogni anno per le spese militari in Iraq e Afghanistan.

Il primo lancio di cibo e acqua degli USA non è avvenuto prima di Lunedì 18 gennaio, una settimana dopo il terremoto. E la
CNN ha riferito che le consegne sarebbero avvenute il giorno dopo poiché gli Stati Uniti stavano ancora valutando le zone aeree di destinazione che potrebbero essere sicure.

Altri paesi con meno risorse e molto più lontani sono riusciti a mandare subito i soccorsi sul campo. Entro 48 ore, l’I
nternational Search and Rescue Team dall’Islanda, completamente attrezzato e autosufficiente per un massimo di sette giorni sul campo, si è schierato subito con tonnellate di strumenti e attrezzature, acqua, tende, apparecchiature di telecomunicazioni avanzate e la capacità di depurare l’acqua.

Venerdì notte, più di tre giorni dopo il terremoto, è stato riferito che tonnellate di forniture erano ferme e accatastate negli aeroporti. E mentre i notiziari continuavano a mettere in guardia per i saccheggi e il caos, i giornalisti di Port-au-Prince hanno detto che c’è poca violenza, che la gente sta cercando di salvare i propri cari, aiutare i feriti e sopravvivere.

Marguerite Laurent, una drammaturga pluripremiata e poetessa che vive negli Stati Uniti, è stata in grado di raggiungere una donna di Haiti, che le ha detto: “Con le mie mani nude, ho tirato le mie due figlie fuori dalle macerie, ma non posso portarle in un ospedale funzionante. Ho cercato per tutta la notte martedì, le trovai al buio e sotto il cemento. I miei altri due sono morti. Non ho un modo per volare verso la Repubblica Dominicana per le cure. I medici dicono che una gamba schiacciata deve essere amputata, ma non hanno l’attrezzatura per farlo. Ci sono troppi morti in ospedale. Le sto portando da qualche altra parte. Non so dove. Non c’è né acqua e né cibo da dare loro. Non posso tornare a casa per recuperare qualcosa. Stiamo per le strade”.

Ansel Herz, un giornalista indipendente che vive ad Haiti, riporta: “La gente è per le strade. Gente nelle piazze, cercando, in attesa di un qualche tipo di aiuto. Ma non c’è davvero nulla in arrivo a quanto ho visto. Sono stato per le strade tutta la giornata di ieri e il giorno prima, da quando c'è stato il terremoto. Non ho visto un singolo soccorritore o un convoglio ufficiale di aiuti da parte del governo haitiano o da un’agenzia di aiuti o dalle forze di mantenimento della pace che si trovano qui delle Nazioni Unite”. (
Democracy Now!, 14 gennaio 2010)

Nel frattempo, mentre i corpi erano ammucchiati per le strade, gli sforzi degli USA NON venivano concentrati su come contribuire a facilitare le migliaia di personale medico, soccorritori e altri provenienti dagli Stati Uniti e da tutto il mondo che vogliono aiutare. Invece sono state le forze armate USA a essere mobilitate come la principale forza per andare ad Haiti in seguito a questa terribile catastrofe. Mentre oltre 10000 forze navali e terrestri erano in procinto di essere inviati dal Pentagono, il governo ha inviato solo 300 medici. Le squadre di soccorso USA hanno estratto solo 15 persone dalle macerie.

Il
Christian Science Monitor ha riferito che fin dall’inizio, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti era concentrato sul “fare le valutazioni iniziali”, invece di inviare i soccorsi alle persone.

Gli Stati Uniti hanno inviato circa 10000 soldati dell’esercito, flotte e forze della Marina, una portaerei e le
Special Forces sotto comando del United States Southern Command (SOUTHCOM).

Il generale Douglas Fraser, comandante del
SOUTHCOM ha definito l’operazione d’emergenza ad Haiti come operazione di Comando, Controllo e Comunicazioni (C3). Nel corso di una conferenza stampa, a Fraser è stato chiesto di spiegare perché gli altri paesi sono stati in grado di mandare rapidamente le squadre di soccorso ad Haiti, mentre gli Stati Uniti non lo hanno fatto. Fraser ha risposto: “Dalla pratica, abbiamo riscontrato che le valutazioni sono fondamentali per essere sicuri di inviare il giusto equipaggiamento per gli sforzi di recupero delle vite, rendendo gli sforzi i più efficienti possibile. Quindi la cosa peggiore che possiamo fare è mandare un sacco di materiale in avanti senza sapere se ne avremo bisogno.”

Questo merita una replica: Fraser ha detto che la cosa peggiore in una tale crisi è l’invio di troppo aiuto. In realtà la cosa peggiore, che gli Stati Uniti hanno fatto certamente succedere, è che migliaia di persone sono morte inutilmente, perché gli sforzi e le risorse non sono state indirizzate immediatamente a dare aiuto medico e di soccorso in Haiti.
 


Il sabotaggio USA

dei soccorsi
 


La totale mancanza di un governo funzionante ad Haiti è stato usato per legittimare gli Stati Uniti ad andare, fondamentalmente, a mettere piede lì. Rapidamente, gli USA hanno preso il controllo dell’aeroporto, il che significa che sono loro a decidere cosa va dentro e fuori Haiti. E questo è stato un modo fondamentale per gli Stati Uniti di ostacolare di fatto la consegna di cibo e medicine.

Organizzazioni umanitarie hanno criticato gli Stati Uniti per le priorità fuori luogo – dice un funzionario degli USA che gli sforzi si sono concentrati non in materia di aiuti nel paese ma su come prelevare le persone e le truppe insidiate e salvare i cittadini statunitensi.

L’
UNICEF ha cercato di inviare un aereo pieno di kit medici, coperte e tende, ma il permesso gli è stato negato ed è stato costretto a tornare a Panama. Sabato 16 gennaio, il World Food Program è stato finalmente in grado di far atterrare gli aerei col cibo, acqua e medicine, dopo essere stato respinto giovedì e venerdì, per permettere agli Stati Uniti di poter sbarcare con truppe e attrezzature per portare gli Americani e gli altri stranieri al sicuro. Emmanuel Jarry, l’ufficiale della logistica aerea per gli aiuti dell’agenzia di Haiti ha detto: “Ci sono 200 voli che entrano e escono ogni giorno, che è una quantità incredibile per un paese come Haiti. Ma la maggior parte dei voli sono dell’esercito degli Stati Uniti.” Emmanuel ha continuato a dire: “Le loro priorità sono di rassicurare il paese, il nostro è di sfamare. Dobbiamo sincronizzare queste priorità.”

Gli USA affermano che stanno facendo il possibile per aiutare il popolo haitiano. Ma la verità che è emersa è che nei giorni cruciali immediatamente dopo il terremoto, gli Stati Uniti non solo non hanno fornito gli aiuti, ma hanno addirittura sabotato i soccorsi di quelli che cercavano di portare urgentemente medicine, cibo, acqua e le squadre di medici e di soccorritori in Haiti.

Medici Senza Frontiere/Médecins Sans Frontières (MSF) ha chiesto ufficialmente che i suoi aerei che trasportano occorrenze essenziali mediche e chirurgiche possano atterrare a Port-au-Prince. Essi sostengono che la priorità deve essere data immediatamente agli aerei che trasportano le attrezzature di salvataggio e il personale medico. Questo in risposta al fatto che, nonostante le garanzie fornite dalle Nazioni Unite e dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, un aereo cargo di MSF che trasportava un ospedale chirurgico mobile è stato bloccato allo sbarco a Port-au-Prince sabato. E’ stato re-indirizzato a Samana nella Repubblica Dominicana e il materiale è stato poi dovuto essere trasportato via camion da Samana. C’è bisogno di chiedere quante persone sono morte a causa di questo ritardo di 48 ore dell’arrivo dell’ospedale mobile?

Venerdì notte, un team medico belga evacua la zona, dicendo che era preoccupato per la sicurezza. La
CNN inizialmente annunciò, basandosi sulle conversazioni di alcuni medici, che l’ONU ha ordinato al team di pronto soccorso belga di evacuare la zona. Più tardi, Geert Gijs, medico 60enne, Coordinatore Capo del team, ha detto che era sua la decisione di ritirare la squadra per la notte. Ha detto che ha chiesto al personale di sicurezza delle Nazioni Unite di fornire del personale all’ospedale per la notte, ma gli è stato riferito che le forze di pace sarebbero state solo in grado di evacuare il team. Il Chief Medical Correspondent della CNN, Sanjay Gupta è rimasto come il solo medico nell’ospedale per ricevere i pazienti durante la notte. Fu assistito da altri membri dello staff della CNN e da un infermiere haitiano che si rifiutò di lasciare la zona, ma la squadra belga portò le attrezzature mediche con sé, limitando quello che potevano fare. La squadra belga tornò il mattino dopo.

Anche il Ten.Gen. in pensione dell’Esercito Russel Honoré, che è stato comandante della task force per i soccorsi dopo l’uragano Katrina nel 2005 – che di fatto ha presieduto la Guardia Nazionale puntando le pistole in faccia alla gente – ha criticato l’operato degli USA in Haiti. Giovedì ha detto: “Pensavo che avessimo imparato da Katrina, prendere cibo, acqua e iniziare ad evacuare le persone … pensavo che avremmo avuto un avvio più veloce.”

Honorè ha detto che anche nel caos di Katrina non aveva mai visto il personale medico a piedi. “Trovo sorprendente come siano stati lasciati quei medici”, ha detto. “La gente ha paura dei poveri”.

Così gli USA, mentre sabotano i soccorsi, hanno anche creato un complesso ambiente dove anche a coloro che cercano di aiutare viene data una falsa sensazione di pericolo imminente e di violenza che, nel caso del team medico belga, ha portato a sacrificare delle vite per “problemi di sicurezza”.

Voli umanitari provenienti da Francia, Brasile e Italia non hanno avuto il permesso di atterrare e la Croce Rossa ha riferito che uno dei suoi aerei è stato deviato a Santo Domingo, la capitale della vicina Repubblica Dominicana.

L’ambasciatore Francese ad Haiti, Didier Le Bret, ha detto che il ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, ha presentato una protesta al Dipartimento di Stato degli USA dopo che gli stessi Stati Uniti hanno bloccato un volo francese che trasportava un ospedale da campo. Hanno detto che l’aeroporto di Port-au-Prince non è “un aeroporto per la comunità internazionale. E’ annesso a Washington … Ci è stato detto che erano in estrema emergenza, e che necessitavano di un ospedale da campo. Potremmo essere in grado di fare la differenza e salvare delle vite umane”.

Dei funzionari francesi hanno poi fatto marcia indietro su queste dichiarazioni (ci si deve chiedere se non sono stati gli Stati Uniti a esercitare pressioni su di loro). Il consulente presidenziale francese Claude Gauéant ha riferito che “Gli Stati Uniti, che hanno molta sensibilità per la comunità haitiana, hanno deciso di fare uno sforzo considerevole . . . Adesso non è il tempo di esprimere rivalità tra i paesi”.

Con gli Stati Uniti al comando dei voli in uscita, una delle prime priorità è stata quella di evacuare gli americani, anche se gli USA hanno bloccato le attività dei funzionari canadesi e francesi per riportare a casa i propri cittadini. Alla fine i soldati americani hanno alzato il loro cordone e permesso agli altri di attraversare, ma non fino a che gli aerei militari avessero portato più di 250 americani da Haiti alla McGuire Air Force Base del New Jersey. In effetti, questo sembra essere perfettamente in linea con quanto detto da Obama durante la sua conferenza stampa si Haiti: “Non abbiamo priorità più alta che della sicurezza dei cittadini americani . . . E dovete sapere che non troveremo pace finché non porteremo in salvo gli Americani”.

Alla Casa di Cura Municipale di Port-au-Prince, ad appena un miglio dall’aeroporto controllato dagli USA, 85 haitiani stanno morendo di fame e iniziano ad essere attaccati dai topi. Un uomo, Joseph Julien, è già morto. I funzionari hanno citato gli scontri per il cibo nel vicino stadio di calcio, per giustificare il mancato invio delle forniture. L’Amministratore della Casa di Cura, Jean Emmanuel ha detto all’
Associated Press:”Sto implorando tutti per far capire che c’è una tregua adesso, le strade sono libere, quindi potete venire ad aiutarci”.
 


Si stanno ponendo le basi per altri

crimini contro il popolo haitiano
 


I media e le dichiarazioni del governo – che il vero problema è il pericolo di saccheggio e il caos – vengono utilizzati per incolpare gli stessi haitiani per il ritardo degli Stati Uniti.

Qui c’è bisogno di chiedersi: Qual è la definizione di saccheggio in una crisi estrema come questa? E’ un crimine per le persone che sono disperatamente in cerca di cibo e acqua andare in un negozio e prendere ciò di cui hanno bisogno? La gente dovrebbe essere fucilata se, nel bel mezzo di un collasso totale dei servizi e del commercio, prende ciò di cui ha bisogno per non far morire se stessi e i propri figli?

L’effettiva verità è che nell’intero tempo che gli USA erano impegnati a dire questo, ci sono stati pochissimi casi di violenza tra la gente. Invece, nonostante non ricevessero alcun aiuto, masse di persone hanno lavorato insieme per cercare di salvare la gente, a scavare tra le macerie con le mani nude, cercando di badare ai feriti e di aiutarsi reciprocamente per sopravvivere in mezzo alle macerie. Ci sono arrivate segnalazioni di molti haitiani venuti a piedi a Port-au-Prince, provenienti da molte zone di Haiti, per aiutare le persone. E’ stato lo stesso popolo haitiano – molti di loro sono rimasti feriti – che ha cercato di fare il possibile nelle prime 72 ore per salvare chi era rimasto intrappolato sotto le macerie, mentre gli USA non erano nemmeno sulla scena.

Quando il segretario di Stato degli USA, Hillary Clinton, ha visitato Port-au-Prince il sabato, ha discusso per un decreto d’emergenza per Haiti, che permetterebbe l’imposizione di coprifuoco e legge marziale condizionati dalle forze statunitensi. Ha spiegato la Clinton che: “Il decreto dovrebbe dare al governo una grande autorità, che in pratica verrebbe delegata a noi”.

E dovremmo ricordare: Questo è l’unico esercito che ha invaso, occupato e brutalizzato il popolo haitiano per decenni. Questo è l’esercito americano, lo stesso che a New Orleans, dopo l’uragano Katrina, puntava le pistole in faccia alla gente che cercava di sfuggire all’inondazione, e impediva alla gente di andare a New Orleans ad aiutare. Questo è lo stesso esercito statunitense che fa piovere le bombe in Afghanistan e Iraq, che uccide e imprigiona persone innocenti in tutto il mondo.

Venerdì scorso due funzionari militari sono stati citati dalla stampa spiegando che le forze USA in Haiti saranno operative nell’ambito di un adeguamento delle regole militari standard – il che vuol dire che possono sparare alla gente per autodifesa. I soldati USA a Port-au-Prince, hanno riferito che gli è stato chiesto di essere discreti nel portare i fucili d’assalto M4. Ma dobbiamo chiederci: Perché gli Stati Uniti hanno fatto uno sforzo maggiore per gli uomini con fucili d’assalto in Haiti che per i medici, soccorritori e attrezzature di soccorso?

Gli Stati Uniti hanno anche annunciato che gli Haitiani che cercano di raggiungere gli Stati Uniti, in questa crisi non potranno beneficiare del
TPS (Status di Protezione Temporanea – Temporary Protected Status), il che vuol dire che saranno immediatamente espulsi. L'Homeland Security ha annunciato di voler spostare 400 detenuti dal centro di detenzione di Krome in una località segreta, per liberare spazio nel caso in cui qualche haitiano riesca a raggiungere le coste degli Stati Uniti. Ciò fa parte dell’ “Operation Vigilant Security”, che chiede per la compensazione di spazio al centro di detenzione Krome di Miami, spostando i detenuti in altre strutture. E funzionari USA hanno detto che alcune persone potrebbero essere ospitate temporaneamente nella base US Navy nella baia di Guantanamo, a Cuba.

Gli Stati Uniti sono il paese più ricco del mondo. Esso dispone di risorse enormi per tenere delle persone che hanno cercato di lasciare una situazione orrenda e invivibile. Ma invece ha promesso di bloccare e deportare tutti gli haitiani che cercano sicurezza negli Stati Uniti. Nel frattempo il presidente Abdoulaye Wade, del povero paese del Senegal, ha proposto che le nazioni africane offrissero la possibilità ai sopravvissuti haitiani di trasferirsi in Africa, “la terra dei loro antenati”. “L’Africa dovrebbe offrire agli haitiani la possibilità di tornare a casa. E’ loro diritto.”, ha detto Wade sul suo sito web. Funzionari senegalesi hanno riferito di aver offerto ai rifugiati haitiani appezzamenti di terreno fertile.

Gli USA stanno dando, o almeno hanno promesso, un aiuto sufficiente in modo da non essere criticati com’è successo dopo lo tsunami nello Sri Lanka del 2004 e l’uragano Katrina. Ma anche stavolta gli aiuti non sono giunti nei giorni cruciali dopo il terremoto. Come Toby O’Ryan chiede nel suo articolo,
“Sette domande su Haiti”: “State dando questo aiuto in così piccole quantità e così lentamente perché siete più concentrati sul mantenere l’autorità repressiva di governo in Haiti chenel venire incontro alle esigenze urgenti e immediate del popolo haitiano portando l’aiuto direttamente alle persone e permettendo loro di organizzarsi collettivamente per distribuirlo in un momento di crisi, quando le autorità ordinarie non hanno il controllo totale?”

Per arrivare a questo punto un po’ più importante, la questione potrebbe essere esaminata da un’altra angolazione: I cuori delle persone di tutto il mondo si sono sconvolti quando hanno visto l’orrore rivelarsi in Haiti. Sono stati versati contributi di denaro, medicine e attrezzature. Medici, squadre di soccorso, operatori umanitari e gente comune sono venuti per l’urgente necessità di salvare vite umane. Così, mentre è assolutamente scandaloso ed esasperante vedere quello che sono gli Stati Uniti e cosa non stanno facendo, può sembrare incomprensibile. Per alcuni sembra che gli Stati Uniti siano solo goffi, un’inetta macchina burocratica. Che il problema è la corruzione o l’incompetenza. La gente potrebbe chiedere cosa potrebbe essere più semplice del riconoscere che le persone stanno morendo, hanno bisogno di aiuto, e in particolare che i paesi ricchi con tante risorse dovrebbero fare tutto il possibile per salvare vite umane?

Ma tutte le prove dimostrano che salvare le vite NON è la preoccupazione e i calcoli che disciplinano le azioni degli Stati Uniti, in risposta a questa terribile tragedia umana.

Questa loro risposta al terremoto di Haiti dimostra che prima di tutto gli USA si sono occupati di mantenere lo status quo dell’attuale controllo economico oppressivo su Haiti e le politiche repressive richieste per rispettare tale status. Essi si preoccupano di mantenere il controllo e la stabilità della situazione in modo che le cose non si sviluppino minacciando la dominazione degli USA. Si occupano di prevenire l’immigrazione incontrollata verso gli Stati Uniti. Si tratta di agire per salvaguardare e promuovere i loro interessi economici e geo-politici nella regione dei Caraibi. Ogni mossa degli Stati Uniti in Haiti è governata da questi freddi calcoli imperialistici, senza nessuna considerazione per la vita umana.

Quando i Marines hanno assunto il controllo dell’aeroporto di Port-au-Prince, il messaggio è stato: gli Stati Uniti hanno il potere e abbiamo intenzione di fissare le modalità per tutto quello che succede qui.
 


Perché Haiti è così povero?

Perché ci sono stati così tanti morti?
 


Con gli occhi del mondo su Haiti, molte persone stanno vedendo come la povertà sia stata intensamente moltiplicata dal terremoto. Ma la gente ha bisogno di chiedere: perché è così povero Haiti? E PERCHE’ si dispone di una città come Port-au-Prince dove così tante persone sono così vulnerabili agli effetti devastanti di un terremoto simile?

Prima di tutto, Haiti è povero e impoverito a causa di una lunga storia di dominazione e oppressione da parte degli Stati Uniti. I marines americani hanno invaso e occupato Haiti dal 1915 fino al 1934. Gli USA si impossessarono delle terre e le distribuirono a società americane. E la resistenza eroica che insorse contro gli Stati Uniti venne brutalmente soppressa. A partire dal 1957 gli Stati Uniti appoggiarono i governi dittatoriali Duvalier – prima Papa, poi Baby Doc – e gli assassini militari haitiani, che terrorizzavano la gente con le bande Tontons Macoute. Dopo insurrezioni popolari, vennero scacciati questi dittatori e gli USA intervennero combattendo le forze che minacciavano gli interessi degli Stati Uniti e lavorarono per mantenere un governo fantoccio al potere. Nel 2004 gli Stati Uniti vennero coinvolti direttamente nel rovesciamento del presidente eletto dal popolo, Jean-Bertrand Aristide. Attraverso tutto questo, le strutture economiche e sociali di Haiti sono state distorte e orientate per soddisfare le esigenze della politica estera, gli investimenti in particolare degli Stati Uniti. Tutto ciò è il motivo per cui Haiti è così povero e dipendente.

Oltre l’80% della popolazione di Haiti vive in estrema povertà. Oltre la metà della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. Oltre l’80% delle persone non ricevono la razione giornaliera minima di cibo, come definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Meno del 45% ha accesso all’acqua potabile. L’aspettativa di vita in Haiti è di 53 anni. Un solo abitante su 100000 haitiani ha accesso a un medico.

Parlando del ruolo degli Stati Uniti ad Haiti, Bill Quigley, direttore legale presso il Centro dei Diritti Costituzionali, ha dichiarato: “Abbiamo mantenuto il paese dipendente. Abbiamo mantenuto il paese militarizzato. E abbiamo mantenuto il paese impoverito. Abbiamo gettato via il nostro riso in eccesso, le eccedenze che producono le nostre coltivazioni, di conseguenza sono stati tagliati fuori i piccoli agricoltori che volevano essere la spina dorsale del luogo . . . Noi non abbiamo creato il terremoto, ma abbiamo creato delle circostanze tali da far divenire il terremoto così devastante . . . “ (
Democracy Now! 14, 2010)

Le condizioni estremamente povere di Haiti, inclusa la mancanza di infrastrutture - questo ha creato la situazione in cui il terremoto è stato così devastante – è a causa della lunga storia di dominazione degli Stati Uniti.
 


Meccanismo di

Dominazione Imperialista
 


Trent’anni fa il mercato interno haitiano sussisteva sul mais, patate dolci, manioca e riso, insieme ai suini domestici e la produzione di altri animali. Poi nel 1986, il Fondo Monetario Internazionale
(FMI) prestò ad Haiti 24,6 milioni di dollari, ma ad una sola condizione, che Haiti riducesse le tasse di protezione sul riso, gli altri prodotti agricoli e alcune industrie. Questa legge mirava ad aprire i mercati del paese alla concorrenza di altre nazioni. Gli agricoltori haitiani non potevano competere coi produttori di riso statunitensi, che sono stati oggetto di convenzioni da parte del governo degli Stati Uniti. Del riso a buon mercato inondò Haiti sottoforma di “aiuti alimentari”. Il mercato locale del riso crollò e migliaia di cittadini sono stati costretti a trasferirsi in città a cercare lavoro.

Intorno a questo stesso periodo, gli Stati Uniti insistettero sul fatto che i contadini haitiani dovevano liberarsi del loro patrimonio di suini – visto come un'ipotetica minaccia ai suini degli USA.

Questo è il fattore chiave del perché c’è così tanta fame ad Haiti oggi. Questa fu espressa con forza nelle rivolte per il cibo nel 2008. Il riso importato, che era ormai diventato la base della dieta haitiana, raddoppiò il prezzo e la gente non poteva permettersi di mangiare. Molti sono stati costretti a mangiare e vendere torte fatte di fango e olio vegetale per tenere lontani i dolori della fame.

Nel 1994 gli Stati Uniti hanno reso possibile per Jean-Bertrand Aristide, che era stato costretto a lasciare il paese, di riprendere la sua presidenza, ma solo a condizione dell’attuazione delle politiche del
FMI e della Banca Mondiale (World Bank – WB) volte ad aprire i mercati di Haiti e ancor di più al commercio internazionale.

Ecco come l’economia di Haiti è stata distrutta e com’è diventata dipendente dagli alimenti di importazione, in particolare del riso dagli Stati Uniti e in pochi decenni centinaia di migliaia di persone sono state spinte ad abbandonare le zone rurali in Port-au-Prince, e costrette a vivere nelle condizioni di vita più povere, dove la disoccupazione di alcune zone è più del 90%.

Part-au-Prince negli anni ’50 aveva solo 50000 abitanti. Ma quando il terremoto ha colpito, più di 2 milioni di persone vivevano nella capitale. E decine di migliaia sono morti perché si trovavano in baraccopoli, alloggiamenti, scuole e altri edifici che sono crollati perché erano strutture pessime e scadenti.

Brian Concannon, direttore dell’
Institute for Justice & Democracy in Haiti, ha parlato del perché così tante persone vivevano sulle colline dove erano vulnerabili agli effetti di un terremoto: “ Sono arrivati lì perché loro o i loro genitori o nonni, furono spinti fuori dalla campagna di Haiti, che la maggior parte degli haitiani utilizzavano per vivere. E loro furono spinti fuori di lì dalle politiche di trent’anni fa, quando fu deciso dagli esperti internazionali che la salvezza economica di Haiti stava negli impianti di fabbricazione e montaggio. E al fine di anticipare questo, fu deciso che Haiti necessitava di una forza lavoro nelle città.

Quindi un insieme di procedimenti di aiuto, commerciali e politici sono stati attuati volti a spostare le persone dalla campagna a luoghi come Martissant e le colline – colline che abbiamo visto in quelle foto [della devastazione].” (
Democracy Now!, 14 gennaio 2010)
 


Pericolose condizioni

di impoverimento
 


Come parte per far valere i rapporti di dominazione imperialista, la
Banca Mondiale e il FMI hanno imposto politiche di adeguamento strutturale su Haiti, che richiede al governo di ridurre o eliminare molti programmi di servizio sociale, al fine di rimborsare il debito estero.

L’aumento della povertà nelle campagne ha gravemente colpito il paesaggio, aggravando le condizioni che rendono più pericolosi eventi come terremoti o gli uragani. Per esempio, meno del 2% delle foreste di Haiti è rimasto, la maggior parte è stato tagliato per l’esportazione o per l’industria del carbone. Alcune sono state distrutte a causa dei poveri che tagliavano gli alberi per fare il carbone per sopravvivere. Quando gli uragani hanno colpito Haiti nel 2008 sono morte oltre 1000 persone intorno alla città di Gonaives. Questo è stato causato in gran parte dalle inondazioni e dalle frane causate dalla deforestazione. Il dottor Paul Framer, che dirige un'organizzazione chiamata
Partners in Health, ha fatto notare come l’assenza di alberi abbia creato inondazioni flash che hanno spazzato via la gente. Farmer ha detto: “E’ il disastro ecologico che sottende l’intero processo. E ancora, il caos e il disastro ecologico è causato dagli umani e non dall’ira di Dio.”

Molti degli agricoltori e contadini costretti a Port-au-Prince negli ultimi decenni hanno finito per diventare disoccupati e vivono in baraccopoli costruite a basso costo con blocchi di cemento, stagno e qualche volta paglia. Quando il terremoto ha colpito, queste e altre strutture, come scuole fatte di cemento senza acciaio rinforzato, sono stati gli edifici più vulnerabili che si sono trasformati rapidamente in una trappola mortale.

Per più di un decennio, i geologi hanno avvertito del rischio della probabilità di una forte scossa nel sud di Haiti, dove la faglia tra il Nord America e la placca tettonica dei Caraibi si muoveva. E di recente, nel 2008, il sindaco di Port-au-Prince ha stimato che il 60% degli edifici della capitale sarebbe a rischio in caso di un terremoto di rilievo. Ma in un paese povero come Haiti non ci sono i soldi per rendere le strutture resistenti ai terremoti. L’anno scorso una scuola di Pétionville, un ricco sobborgo di Port-au-Prince, è crollata da sé.
 


Gli interessi e piani

degli USA per Haiti
 


Sulla scia di questa enorme tragedia ad Haiti, gli USA continuano a portare avanti i loro piani per dominare e sfruttare ulteriormente il popolo haitiano. Obama ha messo George W. Bush e Bill Clinton in carica per gli aiuti degli Stati Uniti ad Haiti. Il ritorno di Bush per questo lavoro è dato dal fatto che lui ha presieduto i crimini contro la popolazione di New Orleans dopo l’uragano Katrina. Le credenziali di Bill Clinton invece sono che lui è l’uomo di punta per un piano tanto lodato per Haiti, che prevede la creazione di zone turistiche e fabbriche schiavistiche in cui gli haitiani verranno pagati 38 centesimi l’ora.

Se si vuole parlare davvero di saccheggi su grande scala, questo è quello che Bill Clinton aveva da dire dopo il terremoto: “Appena avremo affrontato la crisi immediata, i piani di sviluppo che il mondo sta già sviluppando dovranno essere attuati in modo più rapido e su una scala più ampia. Mi interessa solo andare avanti con questo piano. Haiti non è condannata. Non dimentichiamo che i danni del terremoto sono in gran parte concentrati nella zona di Port-au-Prince. Questo ha significato una grave perdita di vite, ma significa che esiste la possibilità di ricostruire in altre parti dell’isola. Quindi tutti i progetti di sviluppo, l’agricoltura, la riforestazione, il turismo, l’aeroporto che ha bisogno di essere ricostruito nella parte settentrionale di Haiti, tutto il resto deve rimanere nei tempi previsti. Poi dovremmo semplicemente raddoppiare i nostri sforzi, una volta passata l’emergenza si passerà a fare il giusto tipo di ricostruzione a Port-au-Prince e usarlo per continuare a costruire meglio di prima”.

In altre parole, Clinton adesso vede la massiccia distruzione di Haiti come un’opportunità per far avanzare i suoi piani di costruzione di fabbriche schiavistiche remunerative e zone turistiche. Clinton ha già arruolato
Royal Caribbean Cruise Lines per investire 55 milioni di dollari per costruire un pontile lungo le coste del Labadee, che ha preso in affitto fino al 2050. Secondo il Miami Herald:

Il piano di 40 milioni di dollari comporta la trasformazione di varie piccole città in villaggi turistici, eco-turismo, esplorazioni archeologiche e visite ai riti Vudù. Il piano di Clinton include anche una grande espansione del settore delle fabbriche clandestine in Haiti e gli USA hanno già a disposizione un posto esente da franchigia per l’esportazione di abbigliamento haitiano.

Il governo americano e i media principali continuano a dipingere gli Stati Uniti come il paese più generoso e attento a “non dimenticare il popolo haitiano”. Nel suo discorso, promettendo aiuti al popolo haitiano, Obama ha detto: “La nostra nazione ha una capacità unica di raggiungere velocemente e fornire l’assistenza che può salvare vite umane”.

Ma tutto ciò che gli USA hanno fatto era mirato NON al salvataggio e al soccorso, NON ad aiutare il popolo haitiano, ma ha di fatto significato molti più morti e sofferenza.

Come
dichiara il giornale Revolution del 13 gennaio: “Ci deve essere una lotta contro questo sistema per chiedere che i bisogni delle masse vengano soddisfatti e che NON ci sia la soppressione delle masse”.
 


Titolo originale: "America's Role in Haiti: Sabotage of Relief Efforts?"
Fonte: http://revcom.us/
Link 19.01.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di M.IOVINELLA
 

 

Haiti: riflessioni - la solidarietà di Cuba

E arrivarono

“gli americani”…

 

25.01.20101 - Luis Luque Alvarez un giornalista di Juventud Rebelde

 

“Questo lo sistemano gli americani o non lo sistema nessuno”.

 

E’ stato quello che dice di avere ascoltato il corrispondente del quotidiano spagnolo El Pais in Porto Principe, capitale mondiale delle macerie e del lamento, in questi giorni di gennaio. C'è fame. Sete. Tutti nervosi per quelli che sono seppelliti, e per la propria sopravvivenza. Secondo il giornalista spagnolo, c'è un non-so-che di speranza negli americani, benché non sembra che abbia effettuato un sondaggio tra la popolazione haitiana, ma sembra avere scritto la frase —se è vero che qualcuno l’ha pronunciata realmente—con un'aria di ammirazione…  

Se gli americani sono la soluzione, la sistemazione, dove sono stati durante gli ultimi… mmm… 200 anni? Che impronta archeologica hanno lasciato lì i loro medici, i loro maestri…? Che rilucenti strutture e magnifici edifici sono quelli che, eretti dalla mano generosa di Washington, si sono polverizzati?  

Si potrebbe domandare come i presunti responsabili di ristrutturare un paese intero — nello stesso in cui intervennero moltissime volte, come un chirurgo rozzo che apre e riapre la stessa ferita —hanno appoggiato tanto tempo ad individui della taglia dei Duvalier che hanno torto il paese fino alla mendicità, protetti nell'artiglio del Tonton Macoutes col il suo “carico” di 150000 morti.  

Non si capisce neanche che ordini sono quelli che gli americani rendono effettivi, quando sia il Brasile che la Francia hanno criticato la loro gestione dell'aeroporto di Porto Principe, nel quale si ammucchia l'aiuto internazionale mentre stomachi e ferite rimangono scoperti. E neanche come è possibile che, coi suoi elicotteri caduti dal cielo sul prato del Palazzo Presidenziale, con suoi marines pattugliando, a soli quattro isolati più in là ci siano tumulti, saccheggi…  

“È un'occupazione. Il Palazzo è il paese, rappresenta il nostro potere; è il nostro viso, il nostro orgoglio”, critica un passante citato da AFP. “Non li ho visti distribuendo cibo nel centro della città, dove la gente ha bisogno urgentemente di acqua, di alimenti e di medicine”. “Questa sembra di più un'occupazione”, afferma uno studente.  

Ed in effetti: se ha i baffi, quattro zampe e miagola, è un gatto. Ora bisognerà vedere se il felino è capace di mettere ordine nella casa. Per di là sono scappati Iraq ed Afghanistan. Che gli speranzosi — incluso il corrispondente de
El Pais — domandino a loro…

 

Haiti: riflessioni - la solidarietà di Cuba

Saccheggiatori per le strade di Haiti

 

22 gennaio 2010 - www.cdr-roma.org

 

Risulta ormai evidente che il devastante terremoto di Haiti è divenuto il pretesto dell’ennesima invasione militare statunitense.

 

Di fronte a questa plateale operazione militare, ordinata da Sant’Obama con i soliti collaudati pretesti umanitari, qualcuno si è spinto addirittura ad ipotizzare che lo stesso sisma sia stato l’effetto di super-armi segrete di cui gli USA sarebbero in possesso. Ma se in tal modo ci si spinge nel campo della pura speculazione fantascientifica, laddove invece c’è poco da immaginare, ma solo da constatare, è a proposito del ruolo che ancora una volta stanno svolgendo i media di tutto il mondo, impegnati a fornire giustificazioni alla presenza militare a stelle e strisce. I toni con cui i media enfatizzano presunti episodi di banditismo, rappresentano la scontata giustificazione della presenza dei marines per le strade della capitale haitiana; perciò, dietro il paravento del pietismo mediatico, si è immediatamente potuto scorgere l’intento di criminalizzare un intero popolo, presentandolo come vittima e carnefice di se stesso, in base ad uno schema precostituito e ricorrente di psico-guerra colonialistica.


Inoltre nessun commentatore ha neppure provato a spiegare i motivi logistici per i quali è presente di fronte alle coste haitiane anche una portaerei statunitense, che, chiaramente, può servire da supporto solo per velivoli da caccia e non per il trasporto di mezzi di soccorso. Si tratta di un’omissione significativa, ed anch’essa indica un atteggiamento di complicità dei media.


È scomparso inoltre dai mezzi di comunicazione quello che avrebbe dovuto costituire l’ovvio interlocutore di qualsiasi iniziativa di soccorso, e cioè il governo haitiano, come se il crollo delle cupole del palazzo presidenziale avesse cancellato di colpo la presenza di qualsiasi autorità civile sul posto. Non risulta infatti che l’intervento militare statunitense sia stato in nessun modo concordato, e la solita ONU si è soltanto affannata a legittimarlo a posteriori. Una razza subalterna di ex schiavi non ha neanche il diritto di chiedere aiuto, ma altri devono pensarci per loro, perciò oggi i militari statunitensi controllano l'aeroporto di Port-au-Prince, e il criminale Clinton coordina gli "aiuti", tra cui si annoverano le ONG, e persino Bertolaso, il che è una garanzia.


Le ipotesi giornalistiche sul numero delle vittime del sisma sono state improntate da subito ad un allarmismo privo di riscontri, e che appariva soltanto mirato a giustificare il fatto che si scavalcasse ogni procedura del diritto internazionale.


La super-arma di cui gli USA sicuramente dispongono sono i media mondiali, che possono creare l’emergenza anche laddove non ci sia, oppure presentare una vera emergenza con i contorni adatti a far apparire le scelte statunitensi come le sole possibili per far fronte alla tragedia in atto. Dato che catastrofi naturali non mancano mai, ne deriva la legittimazione di un colonialismo “umanitario”, il quale in sé non rappresenterebbe una novità, poiché da sempre il colonialismo ha accampato pretesti umanitari, spacciandosi per “aiuto” o “civilizzazione” di popoli barbari.


Nella propaganda dei media appare poi particolarmente sospetta l’insistenza sulla miseria degli haitiani, come se due secoli di ingerenze, aggressioni e massacri da parte statunitense fossero stati dettati unicamente dal pio desiderio di soccorrere dei bisognosi. In realtà nessuno è così povero da non poter essere ancora derubato.


In effetti Haiti risulta interessante per il colonialismo statunitense sia per le sue risorse di materie prime (scienziati francesi vi hanno anche scoperto recentemente giacimenti di petrolio, e ciò spiega perché della missione "umanitaria" italiana faccia parte anche l'ENI), sia per la sua posizione geografica strategica sul piano militare e commerciale, sia per la sua riserva di manodopera a costo quasi zero. I predecessori di Obama, Bush e Clinton, non hanno mai allentato la morsa su Haiti, ed hanno sempre posto come condizione per il ritorno del Paese alla “normalità democratica” la consueta ondata di privatizzazioni a vantaggio delle multinazionali.

 

Il presidente haitiano Aristide, inviso alle multinazionali, dovette svolgere il suo mandato tra l'ostilità degli organismi finanziari internazionali, ed anche dei media "progressisti" del sedicente Occidente, che gli rimproveravano di non essere sufficientemente puro e immacolato da risultare "degno" di opporsi alle aggressioni statunitensi (come se per opporsi alle rapine occorresse una patente rilasciata dal rapinatore); così i media "progressisti" hanno plaudito al colpo di Stato che ha cacciato definitivamente Aristide nel 2004. 


La povertà non è uno spiacevole effetto collaterale del sistema affaristico, ma costituisce, al contrario, il fondamento di tutto il sistema. Il filosofo anglo-olandese Bernard de Mandeville, vissuto tra il ‘600 ed il ‘700, affermava che per gli affari i poveri sono la principale risorsa, la materia prima basilare, perché è più facile derubare i poveri che i ricchi, e perché li si può costringere più agevolmente a condizioni di lavoro umilianti e sottopagate: “La fame è una piaga spaventosa, senza dubbio, ma chi può prosperare e digerire senza di essa?” (La Favola delle Api).


Per quanto avvolte di retorica autocelebrativa, le tesi di Mandeville erano però troppo esplicite e rischiavano di aprire gli occhi alle vittime del sistema degli affari. Dalla seconda metà del ‘700, con il filosofo scozzese Adam Smith, la propaganda affaristica – o sedicente scienza economica – ha scelto perciò una strada diversa, più sottile e insinuante, ed invece di limitarsi a celebrare l’esistente, ha confezionato, ad uso delle vittime dell’affarismo, il mito di un “mercato” governato saggiamente da una “mano invisibile”. La dottrina esoterica della “mano invisibile” aveva lo scopo di confondere le idee alle vittime dell’affarismo, e di convincerle che sarebbero potute accedere ai vantaggi del paradiso del “mercato”, se solo avessero abbassato le difese e si fossero aperte fiduciosamente all’aggressione  del colonialismo.


Nasceva così l’utopia del cosiddetto “capitalismo”, uno slogan fumoso e contraddittorio, che conferiva alle rapine affaristiche la dimensione impersonale di una ineluttabile legge dell’economia. Il termine "mercato" è così radicato nell'immaginazione delle persone, che oggi queste davvero credono che i rapporti affaristici internazionali siano regolati dalla compravendita, quando invece sono ancora la pirateria ed il saccheggio la prassi abituale delle multinazionali in molti Paesi, come il Congo, ed ora, di nuovo, anche ad Haiti.


Quando però la propaganda non basta, e le vittime di turno non si lasciano convincere dei vantaggi di un “libero mercato” inesistente e mai esistito, ecco che allora si torna alle aggressioni militari in grande stile, sempre con il pretesto di grandi e nobili ideali, ma sempre con lo scopo preciso di derubare gli affamati.


Un proverbio cinese, che fu reso famoso da Mao Tse Tung, dice: “Se qualcuno ha fame, non dargli un pesce, ma insegnagli a pescare”. Ma probabilmente il proverbio sarebbe più realistico se consigliasse di insegnare all’affamato come non farsi fregare il pesce.   

 

Haiti: riflessioni - la solidarietà di Cuba

Gli Stati Uniti inviano altri

 

4000 militari in Haiti

 

21 gennaio 2010 - www.granma.cu (abc)

 

Una fonte militare statunitense ha annunciato l’invio di altri 4000 militari addizionali in Haiti, dove il governo di Washington dice di occuparsi della sicurezza nazionale, dopo il devastante terremoto di una settimana fa.

 

I militari erano destinati a missioni in Europa  ed in Medio Oriente.

 

Nonostante le critiche internazionali per l’esagerata  presenza militare in Haiti nella capitale ed in altre località vicine, che sono state semi distrutte dal terremoto, altri militari andranno a Port au Prence, il cui aeroporto è dominato dai soldati del Pentagono.

 

Le truppe dell’unità d’intervento anfibio, stazionate a Nassau, nelle Bahamas, e del 24º Corpo di spedizione dei marins, hanno ricevuto l’ordine d’andare ad Haiti, ha informato la Seconda Flotta nordamericana.

 

La missione, dicono, è appoggiare gli sforzi d’assistenza agli haitiani che necessitano disperatamente acqua, cibo e assistenza sanitaria, otto giorni dopo il cataclisma.

 

Sino ad ora Washington ha mandato più di 12000 soldati, molte navi, una portaerei ed una nave ospedale.

 

I soldati degli USA hanno anche occupato il Palazzo Nazionale di Haiti, semidistrutto dal disastro naturale.

 

Paesi come Venezuela, Brasile, Nicaragua e Francia hanno protestato presso la comunità internazionale e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’attuazione del presidente Barack Obama,  perchè appare come un intervento militare in Haiti, approfittando delle condizioni di disastro.

 

 

VIA I GIORNALISTI

 

 

I militari del Pentagono hanno sloggiato i giornalisti dall’aeroporto internazionale di Port au Prence, ed hanno ordinato l’espulsione – si suppone su richiesta del governo di Haiti - degli inviati speciali accampati nell’aeroporto  della capitale e di quelli alloggiati nella sede della missione della ONU.

 

L’organismo incaricato di trasmettere l’ordine di sgombero ai giornalisti spagnoli è stata l’Agenzia spagnola di Cooperazione Internazionale per lo sviluppo (AECID): “Avete  due ore di tempo per sloggiare”. 

 

Il segretario di Stato spagnolo per l’America Latina, Juan Pablo de la Iglesia, assicura che il fatto sembra molto grave  ed ha chiesto un incontro con il presidente Preval per far cancellare l’ordine.

 

I marines hanno anche impedito ai giornalisti venezuelani di fare riprese in vari punti della capitale haitiana.

 

Haiti: riflessioni - la solidarietà di Cuba

Gli USA contro gli haitiani nell’

aeroporto di Port au Prence

 

20 gennaio 2010 - www.granma.cu (PL)

 

Quando non è ancora possibile contare il totale dei morti, le forze di occupazione reprimono le proteste popolari in Haiti con armi provviste di pallottole di gomma e gas lacrimogeni.

 

Gli USA contro gli haitiani  nell’aeroporto di Port au Prence  La Televisione Cubana ha registrato il momento in cui le truppe degli USA che hanno occupato l’aeroporto internazionale della capitale aggredivano la popolazione che cercava lavoro e cibo per sopravvivere.

 

I soldati del Pentagono  che controllano l’aeroporto internazionale principale di Haiti e decidono chi entra e chi parte, hanno finalmente abilitato uno spazio per l’arrivo degli aerei con gli aiuti umanitari, dopo le forti critiche ricevute per la priorità data ai loro voli militari.

 

La mancanza di coordinamento fa sì che si accumulino gli aiuti inviati da diversi punti del pianeta e lì giungono centinaia di persone in cera di alimenti per le famiglie e di lavoro, ma la consegna, per via dell’occupazione degli Stati Uniti  è stata ritardata per tutto il fine settimana, bloccando acqua e medicinali disponibili.

 

Il Ministro di Cooperazione della Francia, Alain Joyandet, ha presentato una protesta formale contro il governo di Obama  attraverso l’ambasciata degli  USA di Parigi. “Si tratta di aiutare Haiti, non di occupare Haiti”, ha dichiarato.

 

Un funzionario alla logistica aerea del Programma Mondiale degli Alimenti (PMA) ha criticato che la priorità dei militari nordamericani è “offrire sicurezza” al paese, ma la nostra è alimentare e dobbiamo sincronizzare queste priorità, ha sottolineato.

 

Benoit Leduc, coordinatore delle emergenze di Medici Senza Frontiere (MSF), ha detto in una teleconferenza da Haiti, che non è stato permesso l’atterraggio di tre aerei carichi, di questa organizziamone non governativa, e di altri due, che portavano personale espatriato, che sono atterrati quindi a Santo Domingo, ritardando di 48 ore la consegna degli aiuti umanitari.

 

Dopo questo incidente, i militari del Pentagono hanno “concesso finalmente” di dare priorità agli arerei che trasportano aiuti umanitari.

 

Haiti: riflessioni - la solidarietà di Cuba

Unione Europea: Haiti necessita

coordinamento e non militari 

 

19 gennaio 2010 - www.granma.cu (PL)

 

“La popolazione di Haiti necessita un maggior coordinamento, perchè l’appoggio giunga alle vittime del terremoto, più che aiuti militari”, ha dichiarato la ministra degli Esteri dell’Unione Europea (UE), Catherine Ashton.

 

Parlando della possibilità che gli Stati Uniti, con un contingente militare in Haiti, organizzino l’assistenza d’emergenza  europea, la diplomatica ha affermato che la UE lavora in forma vicina agli Stati Uniti, ma che la ONU ed il governo haitiano necessitano avere un controllo chiaro e totale della situazione.

 

Questo criterio  rivela chiaramente il malessere dell’Europa per il protagonismo militare nordamericano, dopo il disastro avvenuto in Haiti, e questo è già stato affermato più volte nel detto vecchio continente.

 

La responsabile della politica estera europea ha assicurato che nella riunione per il coordinamento delle azioni d’assistenza si valuteranno anche le richieste delle Nazioni Unite, ma non ha specificato quali.

 

Al suo arrivo nella sede della riunione, il ministro spagnolo agli Esteri,  Miguel Angel Moratinos, ha detto che studieranno la petizione della ONU, d’inviare navi, elicotteri, polizia e ingegneri militari per distribuire meglio gli aiuti alla popolazione ed ha segnalato che è necessaria questa diffusione  e che il Comitato Politico e di Sicurezza discuterà in una riunione speciale l’invio di  150 poliziotti per garantire la sicurezza  dall’aeroporto di Haiti, sino a Port au Prence e le zone circostanti.

 

I responsabili tedesco e olandese allo Sviluppo, hanno coinciso con la Ashton che la priorità va data al coordinamento degli aiuti, ma hanno evitato di fare commenti sul possibile invio di militari europei.

 

La Francia vuole proporre la protezione dell’assistenza ad un contingente della Forza della Gendarmeria Europea, composta da corpi di polizia militarizzati, per aiutare in una distribuzione ordinata, ha indicato il segretario di Stato francese per la Cooperazione, Alain Joyandet.

 

Haiti: riflessioni - la solidarietà di Cuba

 

CARICOM protesta: i nordamericani

impediscono di portare aiuti ad Haiti 

 

18 gennaio 2010 - www.granma.cu

 

La Comunità dei Caraibi, (CARICOM), ha presentato una protesta dopo l’impossibilità di far giungere ad Haiti una missione umanitaria dell’ organizzazione degli Stati dei Caraibi anglofobi e francofoni. 

 

La missione, guidata da vari Capi di Governo della regione e dal Segretario Generale di CARICOM, non ha ottenuto il permesso d’atterraggio nell’ Aeroporto di Port au Prence, che è controllato dall’esercito degli Stati Uniti. 

 

I partecipanti hanno dovuto ritornare in Giamaica e da lì nei loro rispettivi paesi.

 

Varie nazioni, come Francia, Brasile, Nicaragua e altre, hanno già protestato per la gestione arbitraria che gli Stati uniti applicano nel controllo dell’ aeroporto haitiano. 

 

Il Primo Ministro della Giamaica, Bruce Holding, ha offerto l’Aeroporto Internazionale “Michael Manley” de Kingston perchè sia il centro delle operazioni fondamentali per gli aiuti internazionali, data la sua ubicazione a soli 45 minuti di volo da Haiti.