Il
sequestro di Haiti
è stato rapido e grossolano. Il 22 gennaio gli Stati Uniti hanno ottenuto il
“formale beneplacito” delle Nazioni Unite di impossessarsi dei porti ed
aeroporti di Haiti, e di “mettere in sicurezza” le strade. Nessun Haitiano
ha firmato questo accordo, che non ha niente di legale. Regna l'egemonia,
col blocco navale americano e l'arrivo di 13000 marines,
forze
speciali, spie e mercenari, nessuno
di questi addestrati ai soccorsi umanitari.
L'aeroporto della capitale Port-au-Prince è adesso una base militare
americana e i voli di soccorso sono stati dirottati sulla Repubblica
Dominicana. Per tre ore, tutti i voli sono stati sospesi all'arrivo di
Hillary Clinton. I feriti gravi haitiani hanno dovuto aspettare mentre 800
residenti americani di Haiti venivano sfamati ed evacuati. Sei giorni sono
trascorsi prima che l'aviazione statunitense paracadutasse bottiglie d'acqua
alla gente assetata e disidratata.
Le prime notizie televisive sono state fondamentali nel dare l'impressione
che ci fosse un diffuso caos criminale. Matt Frei, l'inviato della
BBC da Washington, sembrava sul
punto di soffocare mentre sbraitava circa la “violenza” e il bisogno di
“sicurezza”. Nonostante la manifesta dignità delle vittime del terremoto e
il visibile sforzo di gruppi di persone che da sole cercavano di soccorrere
la gente, e persino nonostante l'opinione di un generale americano secondo
cui gli episodi di violenza ad Haiti erano notevolmente diminuiti dopo il
terremoto, Frei affermava che “il saccheggio è la sola attività” e che “la
passata dignità di Haiti è ormai dimenticata”. In questo modo la provata
storia di aggressione e sfruttamento degli USA ad Haiti è passata alle
vittime. “Non c'è dubbio”, asseriva Frei dopo l'invasione americana
dell'Iraq nel 2003, “che il desiderio di portare il benessere, di portare i
valori americani al resto del mondo, e in questo particolare momento in
Medio Oriente... è ora sempre più legato al potere militare”.
In qualche modo aveva ragione. Non era mai successo che durante un periodo
di cosiddetta pace, le relazioni umane fossero militarizzate da un potere
così rapace. Mai prima d'ora un presidente americano e il suo governo erano
stati così subordinati all'establishment militare dei suoi screditati
predecessori com'è successo a Barack Obama. Nel proseguire la linea politica
di guerra e dominio di George W. Bush, Obama ha ottenuto dal Congresso un
budget militare senza precedenti, superiore ai 700 miliardi di dollari. Di
fatto Obama è diventato il portavoce per un golpe di tipo militare.
Per il popolo di Haiti i risvolti sono chiari, benché grotteschi. Con i
militari USA che controllano il loro Paese, Obama ha designato George W.
Bush come “coordinatore dei soccorsi”; una facezia certamente presa dal
libro “The Comedians” di Graham Greene, ambientato nell'Haiti di “Papa Doc”
Duvalier. Quand'era presidente, i soccorsi che Bush predispose dopo
l'uragano Katrina del 2005 si sono trasformati in una sorta di pulizia
etnica di molti abitanti neri di New Orleans. Nel 2004 Bush ordinò il
sequestro di Jean-Bertrand Aristide, il primo ministro di Haiti, eletto
democraticamente, e lo esiliò in Africa. Aristide aveva avuto la temerità di
promulgare modeste riforme, come il salario minimo per i lavoratori
sfruttati nei laboratori di Haiti.
L'ultima volta che mi trovai ad Haiti, vidi giovanissime ragazze prone
davanti a sibilanti e ronzanti macchinari dello stabilimento Superior
Baseball di Port-au-Prince. Molte avevano occhi gonfi e braccia lacere.
Estrassi la macchina fotografica e venni buttato fuori. Haiti è dove
l'America produce l'occorrente per il suo sacro sport nazionale, a costi
irrisori. Haiti è dove la
Disney
fabbrica i suoi Mickey Mouse pigiama, a costi irrisori.
Ad Haiti gli USA controllano lo zucchero,
la bauxite e la sisal. Alla coltivazione del riso è subentrato riso
americano d'importazione, così la gente dei campi ha dovuto traslocare nelle
città in case fatiscenti. Anno dopo anno Haiti è stata invasa da marines con
l'infame nomea di specialisti in atrocità dalle Filippine all'Afghanistan.
Un altro comico è Bill Clinton, dopo aver ottenuto di rappresentare le
Nazioni Unite ad Haiti. Un tempo il preferito della BBC, “Mr Nice Guy...
portatore di democrazia ad una triste e tribolata terra”, Clinton è il più
famoso filibustiere di Haiti; impose la deregolamentazione dell'economia a
beneficio dei baroni dello sfruttamento. Di recente ha promosso un accordo
di 55 milioni di dollari per trasformare il nord di Haiti in un parco-giochi
per turisti americani.
Ma la costruzione dell'edificio della quinta più grande ambasciata
statunitense a Port-au-Prince non è per turisti.
Decine di anni fa, nelle acque di Haiti è
stato trovato il petrolio, e gli USA lo stanno tenendo di scorta per quando
i pozzi del Medio Oriente cominceranno ad esaurirsi. Ma nell'immediato
un'Haiti occupata ha un'importanza strategica per i progetti di Washington
in America Latina. Lo scopo è di rovesciare le democrazie popolari di
Venezuela, Bolivia ed Ecuador, controllare le abbondanti riserve di petrolio
del Venezuela e sabotare il crescente consenso e la cooperazione che in
quelle zone ha dato a milioni di persone il loro primo assaggio di una
giustizia economica e sociale a lungo negata dai regimi sponsorizzati
dall'USA.
Il primo vantaggioso successo arrivò lo scorso anno con il golpe ai danni
del presidente dell'Honduras,
Jose Manuel Zelaya, che aveva “osato” introdurre il salario minimo e la
tassazione dei ricchi. Il sostegno segreto di Obama per il regime illegale è
un chiaro monito per i governi vulnerabili dell'America centrale.
Lo scorso ottobre il regime colombiano, da
tempo sul libro paga di Washington e protetto da squadroni della morte, ha
consegnato agli USA
sette basi militari
che, secondo documentazioni dell'aviazione americana, servirebbero per
“combattere i governi anti-USA sul territorio”.
La propaganda dei mezzi di comunicazione ha già preparato il terreno per
quella che potrebbe benissimo essere la prossima guerra di Obama.
Il 14 dicembre 2009, alcuni ricercatori
della UWE di Bristol hanno pubblicato per la prima volta uno studio sui
documentari della BBC sul Venezuela. Su 304 servizi della
BBC, soltanto tre indicavano le riforme storiche introdotte dal
governo Chavez, mentre la maggior parte screditava lo straordinario record
democratico di Chavez, al punto da paragonarlo ad Hitler.
Queste falsificazioni e una servile attitudine nei confronti del potere
occidentale abbondano tra le corporazioni mediatiche anglo-americane. La
gente che lotta per una vita migliore, o per la vita stessa, dal Venezuela
all'Honduras, ad Haiti, merita il nostro sostegno.
John Pilger
Fonte: www.johnpilger.com/
Link:: http://www.johnpilger.com/page.asp?partid=564
28.01.2010
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da GIANNI ELLENA
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Arrestati 10 statunitensi per il
sequestro di 33 bambini di Haiti
1 febbraio 2010
Dieci cittadini degli Stati Uniti sono
stati arrestati dalla polizia di Haiti mentre, nel caos lasciato dal
terremoto, cercavano di far uscire dal paese 33 bambini, per
immetterli poi in un possibile circuito di adozioni illegali, hanno
informato le autorità, sabato 30.
Il gruppo, formato da cinque uomini e
cinque donne, è stato intercettato la notte di venerdì 29 a Malpasse,
il principale passaggio di frontiera di Haiti con la Repubblica
Dominicana.
Gli statunitensi non avevano documenti
che potessero dimostrare che per i 33 bambini tra i 2 e i 12 anni era
iniziato un regolare processo d’adozione.
Una delle arrestate ha detto
d’appartenere all’organizziamone chiamata “New Life Children’s Refuge”,
con sede nello Stato nordamericano dell’Idaho, ed ha negato d’aver
commessa alcun delitto.
Il Ministro di Haiti ai Temi Sociali,
Yves Cristalin, ha dichiarato invece che il fatto è assolutamente al
di fuori della legge.
“Nessun bambino haitiano può uscire da
Haiti senza regolare autorizzazione e queste persone non avevano
autorizzazioni alcune”, ha precisato.
Dopo il terremoto del 12 gennaio le
autorità hanno bloccato gran parte delle adozioni per evitare che i
bambini siano portai fuori dal paese in modo irregolare. |
Pensateci: un'intera città che un tempo
contava una popolazione di due milioni di persone. Adesso ci sono miglia e
miglia di edifici crollati a causa di quell’enorme terremoto. Ancora tante,
molte persone sono schiacciate da un enorme mucchio di cemento. Ma ci sono
anche molte altre persone, magari migliaia, ancora vive, intrappolate, che
gridano. Per giorni gli aiuti dall’estero non erano ancora arrivati e
persone disperate continuano a scavare tra le macerie a mani nude.
Sorprendentemente, anche dopo tre giorni, si sentono ancora voci umane
provenire dalle macerie. Ma poi, ce ne sono di meno e sempre più tenui. Col
tempo, un silenzio assordante circonda le case crollate quando la città di Port-au-Prince diventa un’immensa tomba.
Una donna continua a scavare nel cemento con una scopa. Crede che i suoi
quattro parenti dispersi siano sepolti là sotto e spera che le
risponderanno. Ma la speranza, alla fine, si trasforma in dolore. “Non c’è
più vita qui”, dice.
Un’altra donna si trova fuori una scuola
crollata dov’è sepolto suo fratello. Sta ascoltando eventuali segni di vita,
anche un flaccido gemito. I suoi occhi si riempiono di lacrime mentre chiama
al cellulare del fratello ancora e ancora. “Lui non c’è più”, dice.
Anche in assenza di lesioni gravi, le persone intrappolate sotto le macerie
moriranno probabilmente dopo 72 ore. Ma nessun mezzo pesante è arrivato e
mancano ancora forniture mediche per i feriti. Alcune squadre di soccorso
straniere sono ora sul terreno. Ma questa è solo una goccia nel mare di ciò
che è necessario.
A New York, nella comunità haitiana di East Flatbush, ci sono molti cuori
addolorati con intensa preoccupazione e pena. Molti di loro non sanno se i
loro cari ad Haiti sono vivi o morti. Una giovane donna che stava mangiando
in un ristorante vicino dice: “Ho pianto per tre giorni. Questa è la prima
volta che sono fuori di casa”. Nella lavanderia vicino, due donne anziane
sedute in attesa dei loro panni ad asciugare, fissavano la scena in TV della
carneficina della città che una volta era la loro casa. Sembrano essere in
uno stato di shock e lievemente dicono di aver provato a telefonare a casa
ma i telefoni non funzionano e non hanno idea di quel che è successo alla
loro famiglia. Un intenso dolore sta aspettando di essere buttato fuori, ma
nessuno può reperire tutte le informazioni, in modo da far rimanere un
frammento di speranza.
Si stima che ci siano almeno 100000 morti. E quando le macerie saranno
finalmente eliminate, questo numero potrebbe impennarsi ancora di più.
Nessun essere umano avrebbe potuto fermare il terremoto che ha colpito con
tale forza assassina il 12 gennaio. Ma molte delle persone che hanno perso
la vita a Port-au-Prince NON DOVEVANO MORIRE.
Il terremoto è stato un disastro naturale. Ma la situazione che ha portato a
così tante vittime non è stata naturale. Migliaia di persone che in realtà
avrebbero potuto essere salvate sono morte inutilmente, poiché i paesi
ricchi e potenti hanno le risorse per salvare le persone, specialmente gli
Stati Uniti, hanno omesso di fornire tali aiuti nel periodo immediatamente
successivo al terremoto. Infatti, i sopravvissuti che contro ogni
probabilità si sono salvati dalle macerie, sottolineando come molte altre
persone potevano essere salvate, sono invece morti, poiché gli Stati Uniti
non hanno fatto tutto il possibile per mandare immediatamente le squadre di
soccorso e le attrezzature ad Haiti. Questo equivale a niente meno che un
omicidio di massa.
L’Economist ha scritto: “La maggior parte delle vittime non è
morta durante i 35 secondi della scossa. Ted Constan di Partners in
Health, una ONG americana, dice che circa 200000 persone sono state
probabilmente ferite o intrappolate, ma non uccise dal terremoto. Si stima
che ulteriori 25000 di loro sono morti per ogni giorno trascorso dopo il
terremoto a causa di malattie curabili come emorragie, disidratazione,
soffocamento e infezioni.” (Economist.com, 18 gennaio 2010)
Gli USA non hanno portato soccorso
ma un mortale ritardo
Gli Stati Uniti sono il paese più potente della Terra. Si trova solo a poche
centinaia di miglia da Haiti. Ma nei giorni cruciali dopo il terremoto gli
Stati Uniti non sono riusciti a rifornire cibo, acqua, forniture mediche,
squadre di soccorso e personale medico così maledettamente necessario. E i
100 milioni di dollari che Obama ha promesso per gli aiuti sono un insulto
per la ricchezza degli Stati Uniti e l’enormità di questa tragedia. Questa
cifra è meno di un decimo dell’ 1% che gli USA spendono ogni anno per le
spese militari in Iraq e Afghanistan.
Il primo lancio di cibo e acqua degli USA non è avvenuto prima di Lunedì 18
gennaio, una settimana dopo il terremoto. E la CNN ha riferito che le
consegne sarebbero avvenute il giorno dopo poiché gli Stati Uniti stavano
ancora valutando le zone aeree di destinazione che potrebbero essere sicure.
Altri paesi con meno risorse e molto più lontani sono riusciti a mandare
subito i soccorsi sul campo. Entro 48 ore, l’International Search and
Rescue Team dall’Islanda, completamente attrezzato e autosufficiente
per un massimo di sette giorni sul campo, si è schierato subito con
tonnellate di strumenti e attrezzature, acqua, tende, apparecchiature di
telecomunicazioni avanzate e la capacità di depurare l’acqua.
Venerdì notte, più di tre giorni dopo il terremoto, è stato riferito che
tonnellate di forniture erano ferme e accatastate negli aeroporti. E mentre
i notiziari continuavano a mettere in guardia per i saccheggi e il caos, i
giornalisti di Port-au-Prince hanno detto che c’è poca violenza, che la
gente sta cercando di salvare i propri cari, aiutare i feriti e
sopravvivere.
Marguerite Laurent, una drammaturga pluripremiata e poetessa che vive negli
Stati Uniti, è stata in grado di raggiungere una donna di Haiti, che le ha
detto: “Con le mie mani nude, ho tirato le mie due figlie fuori dalle
macerie, ma non posso portarle in un ospedale funzionante. Ho cercato per
tutta la notte martedì, le trovai al buio e sotto il cemento. I miei altri
due sono morti. Non ho un modo per volare verso la Repubblica Dominicana per
le cure. I medici dicono che una gamba schiacciata deve essere amputata, ma
non hanno l’attrezzatura per farlo. Ci sono troppi morti in ospedale. Le sto
portando da qualche altra parte. Non so dove. Non c’è né acqua e né cibo da
dare loro. Non posso tornare a casa per recuperare qualcosa. Stiamo per le
strade”.
Ansel Herz, un giornalista indipendente che vive ad Haiti, riporta: “La
gente è per le strade. Gente nelle piazze, cercando, in attesa di un qualche
tipo di aiuto. Ma non c’è davvero nulla in arrivo a quanto ho visto. Sono
stato per le strade tutta la giornata di ieri e il giorno prima, da quando
c'è stato il terremoto. Non ho visto un singolo soccorritore o un convoglio
ufficiale di aiuti da parte del governo haitiano o da un’agenzia di aiuti o
dalle forze di mantenimento della pace che si trovano qui delle Nazioni
Unite”. (Democracy Now!, 14 gennaio 2010)
Nel frattempo, mentre i corpi erano ammucchiati per le strade, gli sforzi
degli USA NON venivano concentrati su come contribuire a facilitare le
migliaia di personale medico, soccorritori e altri provenienti dagli Stati
Uniti e da tutto il mondo che vogliono aiutare. Invece sono state le forze
armate USA a essere mobilitate come la principale forza per andare ad Haiti
in seguito a questa terribile catastrofe. Mentre oltre 10000 forze navali e
terrestri erano in procinto di essere inviati dal Pentagono, il governo ha
inviato solo 300 medici. Le squadre di soccorso USA hanno estratto solo 15
persone dalle macerie.
Il Christian Science Monitor ha riferito che fin dall’inizio,
il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti era concentrato sul “fare le
valutazioni iniziali”, invece di inviare i soccorsi alle persone.
Gli Stati Uniti hanno inviato circa 10000 soldati dell’esercito, flotte e
forze della Marina, una portaerei e le Special Forces sotto comando
del United States Southern Command (SOUTHCOM).
Il generale Douglas Fraser, comandante del SOUTHCOM ha
definito l’operazione d’emergenza ad Haiti come operazione di Comando,
Controllo e Comunicazioni (C3). Nel corso di una conferenza stampa, a Fraser
è stato chiesto di spiegare perché gli altri paesi sono stati in grado di
mandare rapidamente le squadre di soccorso ad Haiti, mentre gli Stati Uniti
non lo hanno fatto. Fraser ha risposto: “Dalla pratica, abbiamo riscontrato
che le valutazioni sono fondamentali per essere sicuri di inviare il giusto
equipaggiamento per gli sforzi di recupero delle vite, rendendo gli sforzi i
più efficienti possibile. Quindi la cosa peggiore che possiamo fare è
mandare un sacco di materiale in avanti senza sapere se ne avremo bisogno.”
Questo merita una replica: Fraser ha detto che la cosa peggiore in una tale
crisi è l’invio di troppo aiuto. In realtà la cosa peggiore, che gli Stati
Uniti hanno fatto certamente succedere, è che migliaia di persone sono morte
inutilmente, perché gli sforzi e le risorse non sono state indirizzate
immediatamente a dare aiuto medico e di soccorso in Haiti.
Il sabotaggio
USA
dei soccorsi
La totale mancanza di un governo funzionante ad Haiti è stato usato per
legittimare gli Stati Uniti ad andare, fondamentalmente, a mettere piede lì.
Rapidamente, gli USA hanno preso il controllo dell’aeroporto, il che
significa che sono loro a decidere cosa va dentro e fuori Haiti. E questo è
stato un modo fondamentale per gli Stati Uniti di ostacolare di fatto la
consegna di cibo e medicine.
Organizzazioni umanitarie hanno criticato gli Stati Uniti per le priorità
fuori luogo – dice un funzionario degli USA che gli sforzi si sono
concentrati non in materia di aiuti nel paese ma su come prelevare le
persone e le truppe insidiate e salvare i cittadini statunitensi.
L’UNICEF ha cercato di inviare un aereo pieno di kit medici,
coperte e tende, ma il permesso gli è stato negato ed è stato costretto a
tornare a Panama. Sabato 16 gennaio, il World Food Program è
stato finalmente in grado di far atterrare gli aerei col cibo, acqua e
medicine, dopo essere stato respinto giovedì e venerdì, per permettere agli
Stati Uniti di poter sbarcare con truppe e attrezzature per portare gli
Americani e gli altri stranieri al sicuro. Emmanuel Jarry, l’ufficiale della
logistica aerea per gli aiuti dell’agenzia di Haiti ha detto: “Ci sono 200
voli che entrano e escono ogni giorno, che è una quantità incredibile per un
paese come Haiti. Ma la maggior parte dei voli sono dell’esercito degli
Stati Uniti.” Emmanuel ha continuato a dire: “Le loro priorità sono di
rassicurare il paese, il nostro è di sfamare. Dobbiamo sincronizzare queste
priorità.”
Gli USA affermano che stanno facendo il possibile per aiutare il popolo
haitiano. Ma la verità che è emersa è che nei giorni cruciali immediatamente
dopo il terremoto, gli Stati Uniti non solo non hanno fornito gli aiuti, ma
hanno addirittura sabotato i soccorsi di quelli che cercavano di portare
urgentemente medicine, cibo, acqua e le squadre di medici e di soccorritori
in Haiti.
Medici Senza Frontiere/Médecins Sans Frontières (MSF) ha
chiesto ufficialmente che i suoi aerei che trasportano occorrenze essenziali
mediche e chirurgiche possano atterrare a Port-au-Prince. Essi sostengono
che la priorità deve essere data immediatamente agli aerei che trasportano
le attrezzature di salvataggio e il personale medico. Questo in risposta al
fatto che, nonostante le garanzie fornite dalle Nazioni Unite e dal
Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, un aereo cargo di MSF che
trasportava un ospedale chirurgico mobile è stato bloccato allo sbarco a
Port-au-Prince sabato. E’ stato re-indirizzato a Samana nella Repubblica
Dominicana e il materiale è stato poi dovuto essere trasportato via camion
da Samana. C’è bisogno di chiedere quante persone sono morte a causa di
questo ritardo di 48 ore dell’arrivo dell’ospedale mobile?
Venerdì notte, un team medico belga evacua la zona, dicendo che era
preoccupato per la sicurezza. La CNN inizialmente annunciò,
basandosi sulle conversazioni di alcuni medici, che l’ONU ha ordinato al
team di pronto soccorso belga di evacuare la zona. Più tardi, Geert Gijs,
medico 60enne, Coordinatore Capo del team, ha detto che era sua la decisione
di ritirare la squadra per la notte. Ha detto che ha chiesto al personale di
sicurezza delle Nazioni Unite di fornire del personale all’ospedale per la
notte, ma gli è stato riferito che le forze di pace sarebbero state solo in
grado di evacuare il team. Il Chief Medical Correspondent
della CNN, Sanjay Gupta è rimasto come il solo medico
nell’ospedale per ricevere i pazienti durante la notte. Fu assistito da
altri membri dello staff della CNN e da un infermiere haitiano
che si rifiutò di lasciare la zona, ma la squadra belga portò le
attrezzature mediche con sé, limitando quello che potevano fare. La squadra
belga tornò il mattino dopo.
Anche il Ten.Gen. in pensione dell’Esercito Russel Honoré, che è stato
comandante della task force per i soccorsi dopo l’uragano Katrina nel 2005 –
che di fatto ha presieduto la Guardia Nazionale puntando le pistole in
faccia alla gente – ha criticato l’operato degli USA in Haiti. Giovedì ha
detto: “Pensavo che avessimo imparato da Katrina, prendere cibo, acqua e
iniziare ad evacuare le persone … pensavo che avremmo avuto un avvio più
veloce.”
Honorè ha detto che anche nel caos di Katrina non aveva mai visto il
personale medico a piedi. “Trovo sorprendente come siano stati lasciati quei
medici”, ha detto. “La gente ha paura dei poveri”.
Così gli USA, mentre sabotano i soccorsi, hanno anche creato un complesso
ambiente dove anche a coloro che cercano di aiutare viene data una falsa
sensazione di pericolo imminente e di violenza che, nel caso del team medico
belga, ha portato a sacrificare delle vite per “problemi di sicurezza”.
Voli umanitari provenienti da Francia, Brasile e Italia non hanno avuto il
permesso di atterrare e la Croce Rossa ha riferito che uno dei suoi aerei è
stato deviato a Santo Domingo, la capitale della vicina Repubblica
Dominicana.
L’ambasciatore Francese ad Haiti, Didier Le Bret, ha detto che il ministro
degli esteri francese Bernard Kouchner, ha presentato una protesta al
Dipartimento di Stato degli USA dopo che gli stessi Stati Uniti hanno
bloccato un volo francese che trasportava un ospedale da campo. Hanno detto
che l’aeroporto di Port-au-Prince non è “un aeroporto per la comunità
internazionale. E’ annesso a Washington … Ci è stato detto che erano in
estrema emergenza, e che necessitavano di un ospedale da campo. Potremmo
essere in grado di fare la differenza e salvare delle vite umane”.
Dei funzionari francesi hanno poi fatto marcia indietro su queste
dichiarazioni (ci si deve chiedere se non sono stati gli Stati Uniti a
esercitare pressioni su di loro). Il consulente presidenziale francese
Claude Gauéant ha riferito che “Gli Stati Uniti, che hanno molta sensibilità
per la comunità haitiana, hanno deciso di fare uno sforzo considerevole . .
. Adesso non è il tempo di esprimere rivalità tra i paesi”.
Con gli Stati Uniti al comando dei voli in uscita, una delle prime priorità
è stata quella di evacuare gli americani, anche se gli USA hanno bloccato le
attività dei funzionari canadesi e francesi per riportare a casa i propri
cittadini. Alla fine i soldati americani hanno alzato il loro cordone e
permesso agli altri di attraversare, ma non fino a che gli aerei militari
avessero portato più di 250 americani da Haiti alla McGuire Air Force Base
del New Jersey. In effetti, questo sembra essere perfettamente in linea con
quanto detto da Obama durante la sua conferenza stampa si Haiti: “Non
abbiamo priorità più alta che della sicurezza dei cittadini americani . . .
E dovete sapere che non troveremo pace finché non porteremo in salvo gli
Americani”.
Alla Casa di Cura Municipale di Port-au-Prince, ad appena un miglio
dall’aeroporto controllato dagli USA, 85 haitiani stanno morendo di fame e
iniziano ad essere attaccati dai topi. Un uomo, Joseph Julien, è già morto.
I funzionari hanno citato gli scontri per il cibo nel vicino stadio di
calcio, per giustificare il mancato invio delle forniture. L’Amministratore
della Casa di Cura, Jean Emmanuel ha detto all’Associated Press:”Sto
implorando tutti per far capire che c’è una tregua adesso, le strade sono
libere, quindi potete venire ad aiutarci”.
Si stanno ponendo le
basi per altri
crimini contro il popolo
haitiano
I media e le dichiarazioni del governo – che il vero problema è il pericolo
di saccheggio e il caos – vengono utilizzati per incolpare gli stessi
haitiani per il ritardo degli Stati Uniti.
Qui c’è bisogno di chiedersi: Qual è la definizione di saccheggio in una
crisi estrema come questa? E’ un crimine per le persone che sono
disperatamente in cerca di cibo e acqua andare in un negozio e prendere ciò
di cui hanno bisogno? La gente dovrebbe essere fucilata se, nel bel mezzo di
un collasso totale dei servizi e del commercio, prende ciò di cui ha bisogno
per non far morire se stessi e i propri figli?
L’effettiva verità è che nell’intero tempo che gli USA erano impegnati a
dire questo, ci sono stati pochissimi casi di violenza tra la gente. Invece,
nonostante non ricevessero alcun aiuto, masse di persone hanno lavorato
insieme per cercare di salvare la gente, a scavare tra le macerie con le
mani nude, cercando di badare ai feriti e di aiutarsi reciprocamente per
sopravvivere in mezzo alle macerie. Ci sono arrivate segnalazioni di molti
haitiani venuti a piedi a Port-au-Prince, provenienti da molte zone di
Haiti, per aiutare le persone. E’ stato lo stesso popolo haitiano – molti di
loro sono rimasti feriti – che ha cercato di fare il possibile nelle prime
72 ore per salvare chi era rimasto intrappolato sotto le macerie, mentre gli
USA non erano nemmeno sulla scena.
Quando il segretario di Stato degli USA, Hillary Clinton, ha visitato
Port-au-Prince il sabato, ha discusso per un decreto d’emergenza per Haiti,
che permetterebbe l’imposizione di coprifuoco e legge marziale condizionati
dalle forze statunitensi. Ha spiegato la Clinton che: “Il decreto dovrebbe
dare al governo una grande autorità, che in pratica verrebbe delegata a
noi”.
E dovremmo ricordare: Questo è l’unico esercito che ha invaso, occupato e
brutalizzato il popolo haitiano per decenni. Questo è l’esercito americano,
lo stesso che a New Orleans, dopo l’uragano Katrina, puntava le pistole in
faccia alla gente che cercava di sfuggire all’inondazione, e impediva alla
gente di andare a New Orleans ad aiutare. Questo è lo stesso esercito
statunitense che fa piovere le bombe in Afghanistan e Iraq, che uccide e
imprigiona persone innocenti in tutto il mondo.
Venerdì scorso due funzionari militari sono stati citati dalla stampa
spiegando che le forze USA in Haiti saranno operative nell’ambito di un
adeguamento delle regole militari standard – il che vuol dire che possono
sparare alla gente per autodifesa. I soldati USA a Port-au-Prince, hanno
riferito che gli è stato chiesto di essere discreti nel portare i fucili
d’assalto M4. Ma dobbiamo chiederci: Perché gli Stati Uniti hanno fatto uno
sforzo maggiore per gli uomini con fucili d’assalto in Haiti che per i
medici, soccorritori e attrezzature di soccorso?
Gli Stati Uniti hanno anche annunciato che gli Haitiani che cercano di
raggiungere gli Stati Uniti, in questa crisi non potranno beneficiare del
TPS (Status di Protezione Temporanea – Temporary Protected Status),
il che vuol dire che saranno immediatamente espulsi. L'Homeland
Security ha annunciato di voler spostare 400 detenuti dal centro di
detenzione di Krome in una località segreta, per liberare
spazio nel caso in cui qualche haitiano riesca a raggiungere le coste degli
Stati Uniti. Ciò fa parte dell’ “Operation Vigilant Security”,
che chiede per la compensazione di spazio al centro di detenzione
Krome di Miami, spostando i detenuti in altre strutture. E funzionari
USA hanno detto che alcune persone potrebbero essere ospitate
temporaneamente nella base US Navy nella baia di Guantanamo, a
Cuba.
Gli Stati Uniti sono il paese più ricco del mondo. Esso dispone di risorse
enormi per tenere delle persone che hanno cercato di lasciare una situazione
orrenda e invivibile. Ma invece ha promesso di bloccare e deportare tutti
gli haitiani che cercano sicurezza negli Stati Uniti. Nel frattempo il
presidente Abdoulaye Wade, del povero paese del Senegal, ha proposto che le
nazioni africane offrissero la possibilità ai sopravvissuti haitiani di
trasferirsi in Africa, “la terra dei loro antenati”. “L’Africa dovrebbe
offrire agli haitiani la possibilità di tornare a casa. E’ loro diritto.”,
ha detto Wade sul suo sito web. Funzionari senegalesi hanno riferito di aver
offerto ai rifugiati haitiani appezzamenti di terreno fertile.
Gli USA stanno dando, o almeno hanno promesso, un aiuto sufficiente in modo
da non essere criticati com’è successo dopo lo tsunami nello Sri Lanka del
2004 e l’uragano Katrina. Ma anche stavolta gli aiuti non sono giunti nei
giorni cruciali dopo il terremoto. Come Toby O’Ryan chiede nel suo articolo,
“Sette domande su Haiti”: “State dando questo aiuto in così
piccole quantità e così lentamente perché siete più concentrati sul
mantenere l’autorità repressiva di governo in Haiti chenel venire incontro
alle esigenze urgenti e immediate del popolo haitiano portando l’aiuto
direttamente alle persone e permettendo loro di organizzarsi collettivamente
per distribuirlo in un momento di crisi, quando le autorità ordinarie non
hanno il controllo totale?”
Per arrivare a questo punto un po’ più importante, la questione potrebbe
essere esaminata da un’altra angolazione: I cuori delle persone di tutto il
mondo si sono sconvolti quando hanno visto l’orrore rivelarsi in Haiti. Sono
stati versati contributi di denaro, medicine e attrezzature. Medici, squadre
di soccorso, operatori umanitari e gente comune sono venuti per l’urgente
necessità di salvare vite umane. Così, mentre è assolutamente scandaloso ed
esasperante vedere quello che sono gli Stati Uniti e cosa non stanno
facendo, può sembrare incomprensibile. Per alcuni sembra che gli Stati Uniti
siano solo goffi, un’inetta macchina burocratica. Che il problema è la
corruzione o l’incompetenza. La gente potrebbe chiedere cosa potrebbe essere
più semplice del riconoscere che le persone stanno morendo, hanno bisogno di
aiuto, e in particolare che i paesi ricchi con tante risorse dovrebbero fare
tutto il possibile per salvare vite umane?
Ma tutte le prove dimostrano che salvare le vite NON è la preoccupazione e i
calcoli che disciplinano le azioni degli Stati Uniti, in risposta a questa
terribile tragedia umana.
Questa loro risposta al terremoto di Haiti dimostra che prima di tutto gli
USA si sono occupati di mantenere lo status quo dell’attuale controllo
economico oppressivo su Haiti e le politiche repressive richieste per
rispettare tale status. Essi si preoccupano di mantenere il controllo e la
stabilità della situazione in modo che le cose non si sviluppino minacciando
la dominazione degli USA. Si occupano di prevenire l’immigrazione
incontrollata verso gli Stati Uniti. Si tratta di agire per salvaguardare e
promuovere i loro interessi economici e geo-politici nella regione dei
Caraibi. Ogni mossa degli Stati Uniti in Haiti è governata da questi freddi
calcoli imperialistici, senza nessuna considerazione per la vita umana.
Quando i Marines hanno assunto il controllo dell’aeroporto di Port-au-Prince,
il messaggio è stato: gli Stati Uniti hanno il potere e abbiamo intenzione
di fissare le modalità per tutto quello che succede qui.
Perché Haiti è così
povero?
Perché ci sono stati così
tanti morti?
Con gli occhi del mondo su Haiti, molte persone stanno vedendo come la
povertà sia stata intensamente moltiplicata dal terremoto. Ma la gente ha
bisogno di chiedere: perché è così povero Haiti? E PERCHE’ si dispone di una
città come Port-au-Prince dove così tante persone sono così vulnerabili agli
effetti devastanti di un terremoto simile?
Prima di tutto, Haiti è povero e impoverito a causa di una lunga storia di
dominazione e oppressione da parte degli Stati Uniti. I marines americani
hanno invaso e occupato Haiti dal 1915 fino al 1934. Gli USA si
impossessarono delle terre e le distribuirono a società americane. E la
resistenza eroica che insorse contro gli Stati Uniti venne brutalmente
soppressa. A partire dal 1957 gli Stati Uniti appoggiarono i governi
dittatoriali Duvalier – prima Papa, poi Baby Doc – e gli assassini militari
haitiani, che terrorizzavano la gente con le bande Tontons Macoute. Dopo
insurrezioni popolari, vennero scacciati questi dittatori e gli USA
intervennero combattendo le forze che minacciavano gli interessi degli Stati
Uniti e lavorarono per mantenere un governo fantoccio al potere. Nel 2004
gli Stati Uniti vennero coinvolti direttamente nel rovesciamento del
presidente eletto dal popolo, Jean-Bertrand Aristide. Attraverso tutto
questo, le strutture economiche e sociali di Haiti sono state distorte e
orientate per soddisfare le esigenze della politica estera, gli investimenti
in particolare degli Stati Uniti. Tutto ciò è il motivo per cui Haiti è così
povero e dipendente.
Oltre l’80% della popolazione di Haiti vive in estrema povertà. Oltre la
metà della popolazione vive con meno di un dollaro al giorno. Oltre l’80%
delle persone non ricevono la razione giornaliera minima di cibo, come
definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Meno del 45% ha accesso
all’acqua potabile. L’aspettativa di vita in Haiti è di 53 anni. Un solo
abitante su 100000 haitiani ha accesso a un medico.
Parlando del ruolo degli Stati Uniti ad Haiti, Bill Quigley, direttore
legale presso il Centro dei Diritti Costituzionali, ha dichiarato: “Abbiamo
mantenuto il paese dipendente. Abbiamo mantenuto il paese militarizzato. E
abbiamo mantenuto il paese impoverito. Abbiamo gettato via il nostro riso in
eccesso, le eccedenze che producono le nostre coltivazioni, di conseguenza
sono stati tagliati fuori i piccoli agricoltori che volevano essere la spina
dorsale del luogo . . . Noi non abbiamo creato il terremoto, ma abbiamo
creato delle circostanze tali da far divenire il terremoto così devastante .
. . “ (Democracy Now! 14, 2010)
Le condizioni estremamente povere di Haiti, inclusa la mancanza di
infrastrutture - questo ha creato la situazione in cui il terremoto è stato
così devastante – è a causa della lunga storia di dominazione degli Stati
Uniti.
Meccanismo di
Dominazione Imperialista
Trent’anni fa il mercato interno haitiano sussisteva sul mais, patate dolci,
manioca e riso, insieme ai suini domestici e la produzione di altri animali.
Poi nel 1986, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) prestò
ad Haiti 24,6 milioni di dollari, ma ad una sola condizione, che Haiti
riducesse le tasse di protezione sul riso, gli altri prodotti agricoli e
alcune industrie. Questa legge mirava ad aprire i mercati del paese alla
concorrenza di altre nazioni. Gli agricoltori haitiani non potevano
competere coi produttori di riso statunitensi, che sono stati oggetto di
convenzioni da parte del governo degli Stati Uniti. Del riso a buon mercato
inondò Haiti sottoforma di “aiuti alimentari”. Il mercato locale del riso
crollò e migliaia di cittadini sono stati costretti a trasferirsi in città a
cercare lavoro.
Intorno a questo stesso periodo, gli Stati Uniti insistettero sul fatto che
i contadini haitiani dovevano liberarsi del loro patrimonio di suini – visto
come un'ipotetica minaccia ai suini degli USA.
Questo è il fattore chiave del perché c’è così tanta fame ad Haiti oggi.
Questa fu espressa con forza nelle rivolte per il cibo nel 2008. Il riso
importato, che era ormai diventato la base della dieta haitiana, raddoppiò
il prezzo e la gente non poteva permettersi di mangiare. Molti sono stati
costretti a mangiare e vendere torte fatte di fango e olio vegetale per
tenere lontani i dolori della fame.
Nel 1994 gli Stati Uniti hanno reso possibile per Jean-Bertrand Aristide,
che era stato costretto a lasciare il paese, di riprendere la sua
presidenza, ma solo a condizione dell’attuazione delle politiche del
FMI e della Banca Mondiale (World Bank – WB) volte ad
aprire i mercati di Haiti e ancor di più al commercio internazionale.
Ecco come l’economia di Haiti è stata distrutta e com’è diventata dipendente
dagli alimenti di importazione, in particolare del riso dagli Stati Uniti e
in pochi decenni centinaia di migliaia di persone sono state spinte ad
abbandonare le zone rurali in Port-au-Prince, e costrette a vivere nelle
condizioni di vita più povere, dove la disoccupazione di alcune zone è più
del 90%.
Part-au-Prince negli anni ’50 aveva solo 50000 abitanti. Ma quando il
terremoto ha colpito, più di 2 milioni di persone vivevano nella capitale. E
decine di migliaia sono morti perché si trovavano in baraccopoli,
alloggiamenti, scuole e altri edifici che sono crollati perché erano
strutture pessime e scadenti.
Brian Concannon, direttore dell’ Institute for Justice & Democracy
in Haiti, ha parlato del perché così tante persone vivevano sulle colline
dove erano vulnerabili agli effetti di un terremoto: “ Sono arrivati lì
perché loro o i loro genitori o nonni, furono spinti fuori dalla campagna di
Haiti, che la maggior parte degli haitiani utilizzavano per vivere. E loro
furono spinti fuori di lì dalle politiche di trent’anni fa, quando fu deciso
dagli esperti internazionali che la salvezza economica di Haiti stava negli
impianti di fabbricazione e montaggio. E al fine di anticipare questo, fu
deciso che Haiti necessitava di una forza lavoro nelle città.
Quindi un insieme di procedimenti di aiuto, commerciali e politici sono
stati attuati volti a spostare le persone dalla campagna a luoghi come
Martissant e le colline – colline che abbiamo visto in quelle foto [della
devastazione].” (Democracy Now!, 14 gennaio 2010)
Pericolose condizioni
di impoverimento
Come parte per far valere i rapporti di dominazione imperialista, la
Banca Mondiale e il FMI hanno imposto politiche di
adeguamento strutturale su Haiti, che richiede al governo di ridurre o
eliminare molti programmi di servizio sociale, al fine di rimborsare il
debito estero.
L’aumento della povertà nelle campagne ha gravemente colpito il paesaggio,
aggravando le condizioni che rendono più pericolosi eventi come terremoti o
gli uragani. Per esempio, meno del 2% delle foreste di Haiti è rimasto, la
maggior parte è stato tagliato per l’esportazione o per l’industria del
carbone. Alcune sono state distrutte a causa dei poveri che tagliavano gli
alberi per fare il carbone per sopravvivere. Quando gli uragani hanno
colpito Haiti nel 2008 sono morte oltre 1000 persone intorno alla città di
Gonaives. Questo è stato causato in gran parte dalle inondazioni e dalle
frane causate dalla deforestazione. Il dottor Paul Framer, che dirige
un'organizzazione chiamata Partners in Health, ha fatto notare
come l’assenza di alberi abbia creato inondazioni flash che hanno spazzato
via la gente. Farmer ha detto: “E’ il disastro ecologico che sottende
l’intero processo. E ancora, il caos e il disastro ecologico è causato dagli
umani e non dall’ira di Dio.”
Molti degli agricoltori e contadini costretti a Port-au-Prince negli ultimi
decenni hanno finito per diventare disoccupati e vivono in baraccopoli
costruite a basso costo con blocchi di cemento, stagno e qualche volta
paglia. Quando il terremoto ha colpito, queste e altre strutture, come
scuole fatte di cemento senza acciaio rinforzato, sono stati gli edifici più
vulnerabili che si sono trasformati rapidamente in una trappola mortale.
Per più di un decennio, i geologi hanno avvertito del rischio della
probabilità di una forte scossa nel sud di Haiti, dove la faglia tra il Nord
America e la placca tettonica dei Caraibi si muoveva. E di recente, nel
2008, il sindaco di Port-au-Prince ha stimato che il 60% degli edifici della
capitale sarebbe a rischio in caso di un terremoto di rilievo. Ma in un
paese povero come Haiti non ci sono i soldi per rendere le strutture
resistenti ai terremoti. L’anno scorso una scuola di Pétionville, un ricco
sobborgo di Port-au-Prince, è crollata da sé.
Gli interessi e piani
degli USA per Haiti
Sulla scia di questa enorme tragedia ad Haiti, gli USA continuano a portare
avanti i loro piani per dominare e sfruttare ulteriormente il popolo
haitiano. Obama ha messo George W. Bush e Bill Clinton in carica per gli
aiuti degli Stati Uniti ad Haiti. Il ritorno di Bush per questo lavoro è
dato dal fatto che lui ha presieduto i crimini contro la popolazione di New
Orleans dopo l’uragano Katrina. Le credenziali di Bill Clinton invece sono
che lui è l’uomo di punta per un piano tanto lodato per Haiti, che prevede
la creazione di zone turistiche e fabbriche schiavistiche in cui gli
haitiani verranno pagati 38 centesimi l’ora.
Se si vuole parlare davvero di saccheggi su grande scala, questo è quello
che Bill Clinton aveva da dire dopo il terremoto: “Appena avremo affrontato
la crisi immediata, i piani di sviluppo che il mondo sta già sviluppando
dovranno essere attuati in modo più rapido e su una scala più ampia. Mi
interessa solo andare avanti con questo piano. Haiti non è condannata. Non
dimentichiamo che i danni del terremoto sono in gran parte concentrati nella
zona di Port-au-Prince. Questo ha significato una grave perdita di vite, ma
significa che esiste la possibilità di ricostruire in altre parti
dell’isola. Quindi tutti i progetti di sviluppo, l’agricoltura, la
riforestazione, il turismo, l’aeroporto che ha bisogno di essere ricostruito
nella parte settentrionale di Haiti, tutto il resto deve rimanere nei tempi
previsti. Poi dovremmo semplicemente raddoppiare i nostri sforzi, una volta
passata l’emergenza si passerà a fare il giusto tipo di ricostruzione a
Port-au-Prince e usarlo per continuare a costruire meglio di prima”.
In altre parole, Clinton adesso vede la massiccia distruzione di Haiti come
un’opportunità per far avanzare i suoi piani di costruzione di fabbriche
schiavistiche remunerative e zone turistiche. Clinton ha già arruolato
Royal Caribbean Cruise Lines per investire 55 milioni di dollari
per costruire un pontile lungo le coste del Labadee, che ha preso in affitto
fino al 2050. Secondo il Miami Herald:
Il piano di 40 milioni di dollari comporta la trasformazione di varie
piccole città in villaggi turistici, eco-turismo, esplorazioni archeologiche
e visite ai riti Vudù. Il piano di Clinton include anche una grande
espansione del settore delle fabbriche clandestine in Haiti e gli USA hanno
già a disposizione un posto esente da franchigia per l’esportazione di
abbigliamento haitiano.
Il governo americano e i media principali continuano a dipingere gli Stati
Uniti come il paese più generoso e attento a “non dimenticare il popolo
haitiano”. Nel suo discorso, promettendo aiuti al popolo haitiano, Obama ha
detto: “La nostra nazione ha una capacità unica di raggiungere velocemente e
fornire l’assistenza che può salvare vite umane”.
Ma tutto ciò che gli USA hanno fatto era mirato NON al salvataggio e al
soccorso, NON ad aiutare il popolo haitiano, ma ha di fatto significato
molti più morti e sofferenza.
Come
dichiara il giornale Revolution del
13 gennaio: “Ci deve essere una lotta contro questo sistema per chiedere che
i bisogni delle masse vengano soddisfatti e che NON ci sia la soppressione
delle masse”.
Titolo originale: "America's Role in Haiti:
Sabotage of Relief Efforts?"
Fonte: http://revcom.us/
Link
19.01.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di M.IOVINELLA
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Risulta ormai evidente che il
devastante terremoto
di Haiti è divenuto il pretesto dell’ennesima invasione militare
statunitense.
Di fronte a questa plateale operazione
militare, ordinata da Sant’Obama con i soliti collaudati pretesti umanitari,
qualcuno si è spinto addirittura ad ipotizzare che lo stesso sisma sia stato
l’effetto di super-armi segrete di cui gli USA sarebbero in possesso. Ma se
in tal modo ci si spinge nel campo della pura speculazione fantascientifica,
laddove invece c’è poco da immaginare, ma solo da constatare, è a proposito
del ruolo che ancora una volta stanno svolgendo i media di tutto il mondo,
impegnati a fornire giustificazioni alla presenza militare a stelle e
strisce. I toni con cui i media enfatizzano presunti episodi di banditismo,
rappresentano la scontata giustificazione della presenza dei marines per le
strade della capitale haitiana; perciò, dietro il paravento del pietismo
mediatico, si è immediatamente potuto scorgere l’intento di criminalizzare
un intero popolo, presentandolo come vittima e carnefice di se stesso, in
base ad uno schema precostituito e ricorrente di psico-guerra
colonialistica.
Inoltre nessun commentatore ha neppure provato a spiegare i motivi logistici
per i quali è presente di fronte alle coste haitiane anche una portaerei
statunitense, che, chiaramente, può servire da supporto solo per velivoli da
caccia e non per il trasporto di mezzi di soccorso. Si tratta di
un’omissione significativa, ed anch’essa indica un atteggiamento di
complicità dei media.
È scomparso inoltre dai mezzi di comunicazione quello che avrebbe dovuto
costituire l’ovvio interlocutore di qualsiasi iniziativa di soccorso, e cioè
il governo haitiano, come se il crollo delle cupole del palazzo
presidenziale avesse cancellato di colpo la presenza di qualsiasi autorità
civile sul posto. Non risulta infatti che l’intervento militare statunitense
sia stato in nessun modo concordato, e la solita ONU si è soltanto affannata
a legittimarlo a posteriori. Una razza subalterna di ex schiavi non ha
neanche il diritto di chiedere aiuto, ma altri devono pensarci per loro,
perciò oggi i militari statunitensi controllano l'aeroporto di
Port-au-Prince, e il criminale Clinton coordina gli "aiuti", tra cui si
annoverano le ONG, e persino Bertolaso, il che è una garanzia.
Le ipotesi giornalistiche sul numero delle vittime del sisma sono state
improntate da subito ad un allarmismo privo di riscontri, e che appariva
soltanto mirato a giustificare il fatto che si scavalcasse ogni procedura
del diritto internazionale.
La super-arma di cui gli USA sicuramente dispongono sono i media mondiali,
che possono creare l’emergenza anche laddove non ci sia, oppure presentare
una vera emergenza con i contorni adatti a far apparire le scelte
statunitensi come le sole possibili per far fronte alla tragedia in atto.
Dato che catastrofi naturali non mancano mai, ne deriva la legittimazione di
un colonialismo “umanitario”, il quale in sé non rappresenterebbe una
novità, poiché da sempre il colonialismo ha accampato pretesti umanitari,
spacciandosi per “aiuto” o “civilizzazione” di popoli barbari.
Nella propaganda dei media appare poi particolarmente sospetta l’insistenza
sulla miseria degli haitiani, come se due secoli di ingerenze, aggressioni e
massacri da parte statunitense fossero stati dettati unicamente dal pio
desiderio di soccorrere dei bisognosi. In realtà nessuno è così povero da
non poter essere ancora derubato.
In effetti Haiti risulta interessante per il colonialismo statunitense sia
per le sue risorse di materie prime (scienziati francesi vi hanno anche
scoperto recentemente giacimenti di petrolio, e ciò spiega perché della
missione "umanitaria" italiana faccia parte anche l'ENI), sia per la sua
posizione geografica strategica sul piano militare e commerciale, sia per la
sua riserva di manodopera a costo quasi zero. I predecessori di Obama, Bush
e Clinton, non hanno mai allentato la morsa su Haiti, ed hanno sempre posto
come condizione per il ritorno del Paese alla “normalità democratica” la
consueta ondata di privatizzazioni a vantaggio delle multinazionali.
Il presidente haitiano Aristide, inviso
alle multinazionali, dovette svolgere il suo mandato tra l'ostilità degli
organismi finanziari internazionali, ed anche dei media "progressisti" del
sedicente Occidente, che gli rimproveravano di non essere sufficientemente
puro e immacolato da risultare "degno" di opporsi alle aggressioni
statunitensi (come se per opporsi alle rapine occorresse una patente
rilasciata dal rapinatore); così i media "progressisti" hanno plaudito al
colpo di Stato che ha cacciato definitivamente Aristide nel 2004.
La povertà non è uno spiacevole effetto collaterale del sistema affaristico,
ma costituisce, al contrario, il fondamento di tutto il sistema. Il filosofo
anglo-olandese Bernard de Mandeville, vissuto tra il ‘600 ed il ‘700,
affermava che per gli affari i poveri sono la principale risorsa, la materia
prima basilare, perché è più facile derubare i poveri che i ricchi, e perché
li si può costringere più agevolmente a condizioni di lavoro umilianti e
sottopagate: “La fame è una piaga spaventosa, senza dubbio, ma chi può
prosperare e digerire senza di essa?” (La Favola delle Api).
Per quanto avvolte di retorica autocelebrativa, le tesi di Mandeville erano
però troppo esplicite e rischiavano di aprire gli occhi alle vittime del
sistema degli affari. Dalla seconda metà del ‘700, con il filosofo scozzese
Adam Smith, la propaganda affaristica – o sedicente scienza economica – ha
scelto perciò una strada diversa, più sottile e insinuante, ed invece di
limitarsi a celebrare l’esistente, ha confezionato, ad uso delle vittime
dell’affarismo, il mito di un “mercato” governato saggiamente da una “mano
invisibile”. La dottrina esoterica della “mano invisibile” aveva lo scopo di
confondere le idee alle vittime dell’affarismo, e di convincerle che
sarebbero potute accedere ai vantaggi del paradiso del “mercato”, se solo
avessero abbassato le difese e si fossero aperte fiduciosamente
all’aggressione del colonialismo.
Nasceva così l’utopia del cosiddetto “capitalismo”, uno slogan fumoso e
contraddittorio, che conferiva alle rapine affaristiche la dimensione
impersonale di una ineluttabile legge dell’economia. Il termine "mercato" è
così radicato nell'immaginazione delle persone, che oggi queste davvero
credono che i rapporti affaristici internazionali siano regolati dalla
compravendita, quando invece sono ancora la pirateria ed il saccheggio la
prassi abituale delle multinazionali in molti Paesi, come il Congo, ed ora,
di nuovo, anche ad Haiti.
Quando però la propaganda non basta, e le vittime di turno non si lasciano
convincere dei vantaggi di un “libero mercato” inesistente e mai esistito,
ecco che allora si torna alle aggressioni militari in grande stile,
sempre con il pretesto di grandi e nobili ideali, ma sempre con lo scopo
preciso di derubare gli affamati.
Un proverbio cinese, che fu reso famoso da Mao Tse Tung, dice: “Se qualcuno
ha fame, non dargli un pesce, ma insegnagli a pescare”. Ma probabilmente il
proverbio sarebbe più realistico se consigliasse di insegnare all’affamato
come non farsi fregare il pesce.
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