E' arrivata la storiella:

"Io e Carromero"
 

 

 

07.10.2012 - Iroel Sanchez http://lapupilainsomne.jovenclub.cu/

 

 

Il Il "forte dispositivo di" sicurezza che secondo i grandi media si dispiegò intorno al tribunale che ha giudicato Carromero Angel. Foto: EFE

Il console generale di Spagna a Cuba, Tomas Rodriguez Pantoja, ha qualificato il processo contro Angel Carromero come "corretto", "pulito" e "processualmente impeccabile". "Si sono rispettate tutte le norme del processo", ha affermato il diplomatico ai giornalisti presenti nella città di Bayamo, dove é stato processato il politico spagnolo del Partito Popolare, accusato di essere responsabile della morte di due cubani in un incidente stradale.

Durante l'udienza sono cadute, come il proverbiale castello di carte, le speculazioni che i  grandi media di comunicazione avevano iniziato a far girare al momento dell'incidente ed é stata chiarita, davanti alla corte e ai media nazionali e stranieri, l'esclusiva responsabilità del conducente del veicolo nei fatti che inizialmente avevano cercato di manipolare a fini politici. Era qualcosa che già si vedeva arrivare e gli interessati a danneggiare il prestigio delle istituzioni cubane avevano bisogno di un'altra storia per raggiungere i propri obiettivi; Carromero ora non gli serviva se non per mostrare che a Cuba c'è uno stato di diritto, come ha testimoniato il console spagnolo.

Rimanevano senza storia quelli che avevano parlato di mancanza di garanzie nella giustizia cubana. Crollava il circo a coloro che volevano convertire l' irresponsabile, con una lunga storia di multe e violazioni fiscali in Spagna, inviato a Cuba per l'approvvigionamento della controrivoluzione finanziata dagli USA, in un martire della libertà. Come un Frankenstein mediatico, l'attenzione suscitata intorno al "Caso Carromero" si volgeva così contro coloro che lo avevano costruito.

Si doveva creare un nuovo caso, e niente di meglio che mettere davanti alle luci posizionate da loro stessi per lo spettacolo che ora non gli servivano più, un nuovo copione. Il quotidiano spagnolo El Pais - punta di lancia nella precedente campagna - ha inviato da L'Avana la sua "collaboratrice" Yoani Sanchez per "coprire" il processo in una manovra che era inaccettabile per le autorità cubane. Sanchez, che ha contribuito alla diffusione di falsità sul caso che ora si giudicava, è una creazione degli apparati di sovversione USA contro Cuba, con il sostegno di El Pais. Di ciò  si hanno ampie prove nei documenti pubblicati da Wikileaks, e nelle dichiarazioni degli stessi diplomatici USA. Accettare la sua presenza nel luogo del giudizio equivaleva a dichiarare valida l'ingerenza di un governo straniero in Cuba e la presenza di funzionari di quel paese nei processi sovrani dell'Isola.

La polizia cubana fermava Yoani Sanchez e suo marito Reinaldo Escobar la notte prima del processo già nella città di Bayamo, a 12 ore di Avana, e li hanno rispediti a L'Avana la mattina seguente. Quest'ultimo aveva incontrato poco prima - secondo quanto divulgato da un giornalista cubano - il capo della Sezione di Interessi degli Stati Uniti a Cuba per organizzare la provocazione. La breve detenzione era già sufficiente perché il Dipartimento di Stato esprimesse la sua "preoccupazione" ed El Pais avesse un nuovo caso.

Sabato, 6 ottobre, ne El Pais l'informazione sul processo al cittadino spagnolo Angel Carromero passa in secondo piano ed è subordinata alla
storiella che abbiamo già annunciato sopra la sua blogger cubana Yoani Sanchez. Il giornale di Madrid ha pubblicato un articolo, non firmato dal Messico, dove dice che questa signora la cercarono di denudare e "nella colluttazione ha sbattuto la testa al suolo, ciò che le ha causato lividi e la perdita di un dente" ed è ritornata a L'Avana scortata da "pattuglie di polizia, jeep dell'esercito e agenti motorizzati". In un successivo racconto, firmato dalla stessa  Yoani, già non c'é più il fatto dei denti e le contusioni, ma si titola col tema del denudare, impossibilitato dalla sua resistenza, e si confronta la sua storia con "l'arresto fatto contro una banda di narcos o la cattura di un assassino seriale".

Per i lettori abituati alle notizie provenienti dai paesi dell'America Latina, dove l'esercito occupa le strade in scene relative alla violenza e al traffico di droga, questi racconti forse possono funzionare, per chi conosce Cuba fanno ridere. Inoltre, le immagini delle prigioni degli sponsor USA della Sanchez, in Iraq, mostrano con troppa eloquenza che non c'é alcuna resistenza possibile quando si vuole denudare un detenuto. Inoltre, gli antecedenti si una storia simile, con protagonista la Sanchez nel novembre 2009, in cui si parlava di un "pestaggio" che mai ha potuto provare, oltre alle sue notizie sgonfiate su sparatorie e chiese assaltate a L'Avana, portano a prendere con molta prudenza le sue testimonianze.

Senza altra prova che non sia la sua già  dubbia parola, Yoani Sánchez dice di essere stata detenuta nello stesso luogo dello spagnolo e di essersi rifiutata di essere interrogata dalle stesse persone che interrogarono il politico del PP. Tuttavia, con il sostegno dei suoi contraenti di El Pais a 150 $ per articolo, ciò che sta cercando é  appollaiarsi sulla già inservibile storia di Angel Carromero e dire, ai suoi ogni volta meno creduli lettori: "il martire sono io".

 

Llegó la historieta: “Yo y Carromero”

Iroel Sánchez


El “fuerte dispositivo” de seguridad que segun la gran prensa se desplegó alrededor del tribunal que juzgó a Ángel Carromero. Foto: EFE


El cónsul general de España en Cuba, Tomás Rodríguez Pantoja, calificó el juicio contra Ángel Carromero de ”correcto”, “limpio” y “procesalmente impecable”. ”Se han respetado todas las normas del proceso”, afirmó el diplomático a los periodistas presentes en la ciudad de Bayamo, donde fue juzgado el político español del Partido Popular, acusado de ser responsable del fallecimiento de dos cubanos en un accidente de tránsito.

Durante la vista oral cayeron como naipes del consabido castillo las especulaciones que grandes medios de comunicación habían echado a rodar en el momento del accidente y quedó clara ante el tribunal y medios de prensa nacionales y extranjeros la exclusiva responsabilidad del conductor del vehículo en los hechos que inicialmente se trataron de manipular con fines políticos. Era algo que ya se veía venir y los interesados en dañar el prestigio de las instituciones cubanas necesitaban otra historia para cumplir sus objetivos, Carromero ya no les servía sino para mostrar que en Cuba existe un estado de derecho, como ha testimoniado el cónsul español.

Se habían quedado sin cuento los que hablaron de falta de garantías en la justicia cubana. Se les derrumbaba el circo a quienes quisieron convertir al irresponsable con un amplio historial de multas de tránsito y violaciones a fisco en España, enviado a Cuba en tareas de abastecimiento a la contrarrevolución financiada por Estados Unidos, en un mártir de la libertad. Como un Frankenstein mediático, la atención despertada alrededor del “Caso Carromero” se viraba así contra quienes lo habían construido.

Había que crear un nuevo caso, y nada mejor que colocar ante las luces colocadas por ellos mismos para el espectáculo que ya no les servía, un nuevo guión. El diario español El País -punta de lanza en la campañ
a anterior- envió desde La Habana a su “colaboradora” Yoani Sánchez para “cubrir” el juicio en una maniobra que sabían inaceptable para las autoridades cubanas. Sánchez, que contribuyó a la divulgación de falsedades sobre el caso que ahora se juzgaba, es una creación de los aparatos de subversión norteamericanos contra la Isla, con el apoyo de El País. De ello constan sobradas pruebas en los documentos revelados por Wikileaks, y declaraciones de los propios diplomáticos estadounidenses. Aceptar su presencia en el lugar del juicio equivaldría a declarar válida la injerencia de un gobierno extranjero en Cuba y la presencia de funcionarios de ese país en procesos soberanos de la Isla.

La policía cubana detuvo a Yoani Sánchez y su esposo Reynaldo Escobar la noche antes del juicio ya en la ciudad de Bayamo -a 12 horas de La Habana- y los enviaron de regreso a La Habana a la mañana siguiente. Este último se había reunido poco antes -según divulgó un periodista cubano- con el Jefe de la Sección de Intereses de Estados Unidos en Cuba para organizar la provocación. Con la breve detención ya era suficiente para que el Departamento de Estado expresara su “preocupación” y El País tuviera su nuevo caso.

El sábado 6 de octubre, en El País la información sobre el juicio al ciudadano español Ángel Carromero pasa a un segundo plano y se subordina a la historieta que ya habíamos anunciado sobre su bloguera cubana Yoani Sánchez. El periódico madrileño publicó un artículo sin firma desde México donde dice que a esta señora la intentaron desnudar y “en el forcejeo se golpeó la cabeza contra el suelo, lo que le provocó algunos hematomas y la pérdida de un diente” y regresó a La Habana escoltada por “patrullas policiales, jeeps del Ejército y agentes motorizados”. En un relato posterior firmado por la propia Yoani ya no está lo de los dientes y los hematomas pero se titula con el tema del desnudo, supuestamente imposibilitado por su resistencia, y se compara su historia con “el arresto hecho contra una banda de narcotraficantes o de la captura de un prolijo asesino en serie”.

Para lectores acostumbrados a las noticias que llegan de países latinoamericanos donde el ejército ocupa las calles en escenas relacionadas con la violencia y el narcotráfico, esos relatos quizá puedan funcionar, para quien conozca Cuba, dan risa. Por otra parte, las imágenes de las cárceles de los patrocinadores norteamericanos de Sánchez en Iraq muestran con demasiada elocuencia que no hay resistencia posible cuando se quiere desnudar a un detenido. Para más, los antecedentes de una historia similar protagonizada por Sánchez en noviembre de 2009 en que habló de una “golpiza” que jamás pudo probar, además de sus reportes desinflados sobre tiroteos e iglesias asaltadas en La Habana, llevan a tomar con mucha prudencia sus testimonios.

Sin otra prueba que no sea su ya muy dudosa palabra, Yoani Sánchez dice haber estado detenida en el mismo lugar que el español y haberse negado a ser interrogada por las mismas personas que lo hicieron con el político del PP. Sin embargo, con el apoyo de sus contratantes en El País por 150 dólares el artículo, lo que intenta es encaramarse sobre la ya inservible historia de Ángel Carromero y decir a sus cada vez menos crédulos lectores: “la mártir soy yo”.