La
lotta al terrorismo internazionale, alla quale l’Amministrazione USA dichiara
ispirare le sue politiche di sicurezza, sembra in realtà valere solo quando si
tratta di difendere le scelte della Casa Bianca. Quando sono gli Stati Uniti ad
essere vittime, il loro spionaggio si chiama antiterrorismo: quando invece è la
Casa Bianca ad ispirare le azioni terroristiche, la difesa delle vittime diventa
spionaggio. Dev’essere stato questo convincimento, profondo quanto iniquo, a
guidare i giudici della Corte d'appello dell'Undicesimo
circuito di Atlanta che hanno reso nota la sentenza sul caso dei
cinque agenti cubani arrestati dieci anni
fa. I giudici hanno sostanzialmente confermato le condanne pronunciate sette
anni fa dalla Corte d'assise di Miami: in particolare quella di "cospirazione
per commettere omicidio" nei confronti di Gerardo Hernandez e quelle di
"cospirazione per commettere spionaggio" nei confronti degli altri quattro
imputati: Renè Hernandez, Fernando Gonzalez, Antonio Guerrero, Ramon Labanino.
La serie di processi che da sette anni offendono la coscienza civile e il
diritto penale statunitense sulla pelle dei cinque cubani prigionieri è oggetto
di proteste di numerosi organismi per i diritti umani, prima fra tutti
Amnesty International. Ma a fare
giustizia non sono bastate le proteste di tutto il mondo contro dieci anni di
carcere da innocenti, processi farsa e detenzioni inumane, condanne
sproporzionate e sentenze in spregio alle stesse procedure dibattimentali
previste per i processi, occultamento di prove a discarico e indifferenza verso
le deposizioni dei testimoni della difesa. La storia dei processi contro i
cinque agenti cubani che si sono infiltrati nelle organizzazioni terroristiche
cubano-americane della Florida e che, una volta scoperti, invece di ricevere un
ringraziamento per l’attività svolta nello smascheramento delle attività
criminali sono stati arrestati e condannati, si fregia di un’altra tacca sullo
sperone dello Zio Sam. Per l’ennesima volta, i cubani sono vittime della doppia
morale statunitense, quella che combatte il terrorismo dei suoi nemici ma
incoraggia quello contro Cuba, che ha ormai trovato nelle aule di tribunale
l’applicazione giuridica della dottrina militare statunitense.
Non stiamo parlando di una repubblica delle banane, ma degli Stati Uniti.
Decenni dopo i processi a Sacco e Vanzetti e ai Rosemberg, nell’epoca di
Guantanamo e Abu Ghraib, la “culla della
democrazia” ripropone all’ordine del giorno la sua scarsissima affidabilità
democratica in tema di diritti umani. Lo fa attraverso sentenze ignobili, come
quelle di Miami e di Atlanta, emesse in barba ad ogni garanzia per la difesa e
ad ogni principio di terzietà dei giudici, riproponendo così sentenze
giudiziarie cucite su misura per gli obiettivi coperti dell’Amministrazione USA.
I cinque agenti dei servizi di sicurezza cubani detenuti e condannati negli USA
sono innocenti dei reati di cospirazione e di complicità in omicidio. Non hanno
commesso nessun reato in violazione della sicurezza nazionale degli USA, mentre
hanno messo Cuba nella condizione di potersi difendere dagli attacchi
terroristici che da Miami venivano e vengono finanziati, organizzati e
realizzati. I cinque cubani hanno svolto il loro compito smascherando prima ed
indicando poi al loro Paese, gli autori, le date, i modi, i mezzi, gli obiettivi
e le complicità con i quali il terrorismo made in USA colpisce l’isola
caraibica da decenni. Hanno svolto, insomma, il compito proprio di qualunque
agente di qualunque servizio di qualunque paese: la difesa della sua integrità
territoriale e dell’incolumità dei suoi cittadini, del suo gruppo dirigente e
dei suoi obiettivi sensibili; il compito cioè, che ogni persona addetta alla
sicurezza del proprio paese, indipendentemente da dove si trovi, è chiamato a
svolgere.
La storia non prevede quasi mai letture univoche, ma in alcuni casi, tra questi
Cuba, parla chiaro. Da 47 anni una superpotenza aggredisce una piccolissima
isola. Un blocco economico, commerciale,
politico e diplomatico cui si aggiunge l’iniziativa di tipo militare. Il governo
più potente al mondo realizza la politica nell’emisfero sotto la dettatura di
organizzazioni terroristiche cubano-americane. Queste, con l’aiuto, il denaro e
la copertura delle agenzie statunitensi, non solo si addestrano indisturbate ad
azioni armate nella Florida, ma organizzano attentati nell’isola e fuori.
Esagerazioni? Dal 1959 al 2001
Cuba ha subito un’invasione (fallita), 3478 morti, 2099 feriti, 294 tentativi di
dirottamenti marittimi ed aerei, 697
atti terroristici, 600
tentativi di assassinio di Fidel Castro, quasi 2000 miliardi di dollari di
danni diretti e dimostrati procurati all’economia dell’isola.
Il governo degli Stati Uniti incoraggia – o perlomeno permette – le attività
terroristiche delle organizzazioni criminali anticubane coordinate dalla
FNCA della Florida. La
fondazione, che vide la sua nascita sotto la presidenza Reagan e che è legata a
triplice filo con la famiglia Bush, organizza attentati sull’isola e fuori
contro installazioni, personale e dirigenti cubani. E’ a Miami che si
pianificano e si organizzano le azioni terroristiche contro Cuba ed è quindi a
Miami che l’attività del controspionaggio cubano aveva deciso di attivarsi.
L’operato dei cinque agenti cubani ha evitato 44 attentati nell’isola e
smascherato le attività, le complicità ed i legami tra i terroristi
cubano-americani e le strutture federali e statali governative.
Grazie al loro lavoro, Cuba ha consegnato alle autorità statunitensi dossier
contenenti informazioni dettagliate su operazioni terroristiche in
programmazione a Miami. Gli USA si sono subito dati da fare: i terroristi sono
liberi, i cinque cubani sono stati condannati oltre le massime pene previste con
l'accusa di cospirazione. Per questo e non per altro i cinque sono stati
condannati sotto montagne di anni di carcere: la loro liberazione
significherebbe un riconoscimento della necessità di Cuba d’infiltrare suoi
agenti tra i gruppi anticubani per ridurne il pericolo e comporterebbe, da parte
del governo statunitense e delle autorità della Florida, il riconoscimento che,
mentre dicono di combattere il terrorismo in ogni posto del mondo, si rifiutano
di perseguirlo e combatterlo a casa loro.
La FNCA raccoglie fondi pubblici e occulti con i quali finanzia le attività
criminali contro Cuba e negli ultimi anni vede anche uno dei suoi esponenti -
Josè Pepe Cardenas - al vertice delle operazioni di finanziamento dagli Stati
Uniti al cosiddetto “dissenso interno”. Operazioni che contano su
45 milioni di dollari l’anno e
che vengono distribuite attraverso l’USAID,
la NED e la FREEDOM HOUSE ad alcuni
individui e ONG europee, che s’incaricano
di trasferire i fondi nell’isola, dove vengono assegnati alle operazioni di
destabilizzazione ed ai robusti salari dei mercenari locali. A testimoniare
ulteriormente quanto stretti e operativi siano i legami tra la Casa Bianca,
Langley e la FNCA e di come i tribunali USA ne tengano conto, si deve poi
rammentare la liberazione di Luis
Posada Carriles - definito dagli organismi per i diritti umani statunitensi
“il Bin Laden latinoamericano – implicato in un numero spaventoso di attentati
contro Cuba e i cubani, il più grave dei quali, il
6
ottobre 1976, l’esplosione sui cieli delle Barbados del
volo 455 della Cubana de aviaciòn con 73 persone a bordo.
Come emerso dai processi, l’attentato venne organizzato da Luis Posada Carriles
e Orlando Bosh. Eppure, forse a
spiegare quanto la famiglia Bush sia intimamente legata a questa coppia
criminale, serve ricordare che Orlando Bosh (che gira libero per le vie di
Miami) venne officiato del “perdono presidenziale” da Bush padre. E ora pare che
il figlio, prima di lasciare la Casa Bianca, stia pensando a concedere un nuovo
“perdono presidenziale” proprio a
Luis Posada Carriles. Alcuni congressisti statunitensi, infatti, hanno già
rilasciato dichiarazioni circa l’intenzione del Presidente Bush di concedere
l’indulto a Posada Carriles, che gli consentirebbe di chiudere il processo per
ingresso clandestino nel paese, avvenuto dopo il suo rilascio da Panama (dov’era
sotto processo per tentata strage) per ordine della ex presidente
Mireya Moscoso.
Posada ha ucciso a Cuba, Venezuela, Nicaragua, El Salvador e Guatemala; su di
lui pende inutilmente da tre anni una richiesta di estradizione da parte del
Venezuela, ma Bush sta pensando di liberarlo.
Contro le belve come Posada Carriles e Orlando Bosh, contro il terrorismo
anticubano e le manovre occulte contro l'isola, i cinque agenti cubani
lavoravano. La loro detenzione è straordinariamente somigliante alla politica
USA contro l’isola degli ultimi 49 anni: criminale quanto inutile.
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